Minori sedati, non visti e allontanati
Jessica Lorenzon 1
Giudicato colpevole da un branco di pecore
Hanno provato a rendermi debole
Solo perché non sto alle loro regole, ma
Non ho niente da perdere, come un’amichevole
Mandami un bacio attraverso le lettere
Voglio uscire al più presto e smettere, ma
Voglio cambiare vita, mamma
Ya, habibi-bibi, yalla
Rincorso dai casini, dalla
Non siamo noi i cattivi, wallah
Mi trattano male, scioperi di fame
Sto in isolamento e voglio solo cantare, cantare
Siamo quei ragazzi che mamma ci ha fatto pure da papà
Sognavo un diploma all’università
Ora sogno un futuro lontano da qua e
Mi dicono in tanti, “Ti prego, cambia quella mentalità”
Ma finché non cambia questa società
Rimango lo stesso ribelle di sempre
Liberi, liberi, liberi, liberi, liberi, liberi, ah, ah…
Baby gang – Liberi
Questa presa di parola propone una riflessione sulla condizione dei minori
stranieri nelle carceri italiane, in particolare su una preoccupante tendenza le
cui spiegazioni risultano sempre più nitide in relazione all’attuale clima
politico, ovvero la gestione e la neutralizzazione dei MSNA – minori stranieri
non accompagnati – attraverso la reclusione penale, in carcere. Sappiamo da
tempo che, a parità di reato, i minori stranieri vengono più spesso puniti con
l’isolamento tramite la reclusione rispetto agli italiani; su questo punto le
statistiche offrono una prospettiva chiara che a breve verrà discussa.
L’Associazione Antigone già nel 2011, anno della pubblicazione del primo
Rapporto sulla detenzione minorile, sottolineava come “a mano a mano che ci si
addentra nei luoghi di privazione della libertà, la selettività a danno dei
minori stranieri è sempre più forte”. Ad oggi, dopo la pubblicazione del c.d.
Decreto Caivano (dell’autunno 2023) la situazione è peggiorata
significativamente, sia in termini di numeri delle detenzioni, nonché in termini
di trattamento e qualità della custodia.
> Un quadro mai visto in 30 anni di esperienza penitenziaria, una tensione mai
> vista. La chiave è tutta repressiva. L’OSCE in una nota formale dice
> chiaramente che è messo in discussione lo Stato di diritto.
>
> Osservatorio minori di associazione Antigone, 2024
Si premette che chi scrive considera la detenzione intramoenia sempre foriera di
sofferenza e mancato rispetto per la dignità umana; andrebbe quindi superata
definitivamente. Se fino a qualche anno fa la detenzione minorile in Italia
fungeva da modello per altri Paesi, la recente accelerata pan-penalistica,
militarizzante, razzializzante e legata a modelli familistici e tradizionali di
chiara impronta etero-patriarcale, ha declassato il nostro Paese lasciandolo al
vertice solo per quanto riguarda i numeri delle detenzioni dei minori 2.
L’Italia è infatti uno dei Paesi europei con il maggior numero di minori
detenuti in carcere, seguita solo da Polonia, Svizzera, Regno unito e Galles 3.
Il passato è quindi d’obbligo e monito, ci troviamo in una fase politica che in
tema di penale sta distruggendo le garanzie e le riforme conquistate tra la fine
del Secolo scorso e l’inizio degli anni Duemila. Come anticipato, lo scritto ha
l’obbiettivo di mettere in luce un processo che ancora non trova una forma
chiara nei dati quantitativi ma che è apparso più volte nel recente discorso
pubblico prodotto da coloro che, a vario titolo, si impegnano nel monitoraggio
delle condizioni di detenzione e nello studio dei processi di criminalizzazione
a danno dei e delle migranti e, in particolare, di coloro che provengono da
rotte migratorie estreme. Non è possibile infatti riferirsi alle statistiche per
conoscere i movimenti in campo penitenziario dei minori stranieri non
accompagnati, i quali ad oggi non sono differenziati da parte del Ministero di
Giustizia e si collocano nel grande insieme degli “stranieri”.
Riannodiamo qualche filo per rendere più chiara la riflessione proposta,
offrendo alcune specifiche soprattutto per le persone non socializzate al
lessico penale e penitenziario. La condizione dei minori stranieri in carcere,
nonché di tutti i minori detenuti, riguarda gli spazi degli IPM – Istituti di
pena per minori -. In Italia questi sono 17, di cui 15 interamente dedicati alla
detenzione maschile, uno misto e uno femminile dove le detenute presenti sono
poche unità.
Queste carceri non ospitano solo minorenni in senso stretto, ma anche giovani
adulti, ossia ragazzi processati per titoli di reato compiuti prima della
maggiore età. Questi ultimi dovrebbero essere detenuti in IPM fino ai 25 anni di
età al fine di promuovere le pratiche educative che il legislatore ha
storicamente considerato primarie alla punizione, soprattutto nel caso dei
giovani. Una ulteriore tendenza che si sta riscontrando a seguito dell’entrata
in vigore del Decreto Caivano è che sempre più, però, i giovani adulti vengono
trasferiti dal carcere minorile al carcere per adulti, con tutti i risvolti
legati al caso e con buona pace di qualsiasi volontà educativa e di cura. Un
dato ancora più perturbante è che, nonostante i numerosi trasferimenti, i numeri
delle detenzioni in IPM stanno continuando a salire, raggiungendo picchi mai
visti prima. Se fino a qualche anno fa il dato sulle presenze non aveva
storicamente superato le 300 unità, oggi le tendenze sono in ascesa. Alla fine
dell’anno 2021 erano 281 le persone detenute in IPM, a settembre 2023 erano
presenti invece 550 detenuti a fronte di una capacità totale di 516 posti, con
un tasso di affollamento del 107%. Per quanto riguarda le caratteristiche dei
giovani detenuti risulta chiaro che a subire la detenzione, nella maggioranza,
non sono coloro che in virtù del reato ascritto possiamo considerare i più
pericolosi, bensì:
> Negli IPM ci vanno i marginali, quelli per cui il sistema non riesce o non
> vuole trovare collocazione. Il nuovo mandato alle carceri per minori non è
> “preparateli all’uscita” ma teneteceli perché non sappiamo dove mandarli,
> dall’insediamento del nuovo governo in poi il mandato è chiaro.
>
> Osservatorio minori di associazione Antigone, 2024
Arrivando all’oggi, secondo i dati dell’ultimo rapporto fornito dal Ministero
della giustizia 4, a febbraio 2025 sono 587 le persone detenute negli IPM
italiani, di questi 561 ragazzi e 26 ragazze. La divisione relativa alla
nazionalità parla di 294 italiani e 293 stranieri. Per quanto riguarda le
provenienze, 36 provengono da Paesi d’Europa (Croazia, Romania, Albania e
Serbia); gli altri 234 provengono principalmente da: Algeria, Egitto, Marocco,
Senegal e Tunisia (in ordine decrescente rispetto ai dati del Rapporto). 13
ragazzi provengono dall’ “America” (dicitura generica dal Rapporto del
Ministero) e 10 dal continente asiatico (di cui 5 dalla Cina). Le classi d’età
sono state raggruppate nell’elaborazione di chi scrive in due macro insiemi: i
ragazzi tra i 14 e i 17 anni, quindi minorenni, sono 359 (di cui 163 italiani e
196 stranieri); i ragazzi tra i 18 e i 24 anni, c.d. giovani adulti, sono 228
(di cui 131 italiani e 97 stranieri).
I dati quantitativi poc’anzi narrati non andrebbero considerati come assoluti,
bensì dovrebbero fungere da strumento per un inquadramento generale della
situazione. Sappiamo infatti che risulta molto complesso raccogliere
informazioni statistiche attraverso la comunicazione con gli istituti di pena
per minori. Chi scrive ha avuto esperienza diretta, durante una visita di
monitoraggio, della discrezionalità con cui talvolta vengono classificati e
qualificati detenuti italiani e stranieri. Emblematica a questo proposito la
conversazione con un Direttore che segnalava come italiano il detenuto C., il
quale era nato in un Paese dell’Unione europea, non aveva documenti e per lui
era prevista l’espulsione dall’Italia a fine pena. Di fronte a una richiesta di
chiarimento, il Direttore rispose che “C. è come noi, parla perfettamente
italiano e ha anche l’accento del posto”. Una piccola nota etnografica a
testimonianza di come, lo stigma che spesso viene associato al migrante, porta
con sé uno scotoma su quelli che sono elementi strutturali di differenza come
l’accesso ai servizi pubblici e sanitari, la possibilità di avere una residenza
sul territorio. Requisiti essenziali e, tra i pochi riconosciuti ufficialmente
nella letteratura scientifica di settore, come elementi prodromici di una scelta
di desistenza ai circuiti collegati alla devianza; quindi volti all’abbassamento
delle tendenze recidivanti.
Provando a scendere ancora più nel dettaglio rispetto all’oggetto di questa
riflessione, ovvero l’intersezione tra detenzione penale e percorso biografico
dei MSNA, il Ministero ha recentemente reso pubbliche le tabelle sulle classi di
reato e le caratteristiche generali delle persone detenute in IPM ad essi
collegate. Il dato generale è che su 59.696 reati registrati nell’anno 2024, il
69,12% è a carico di italiani. La distribuzione delle condanne tra IPM e altre
misure mette in evidenza le sproporzioni dei percorsi. Senza pretesa di
esaustività emerge che, per quanto riguarda le varie classi di reato, le
detenzioni sono così distribuite:
Percentuale sul totale delle persone in detenzione in IPM – istituto penale per
minori – per classi di reatoPercentuale sul totale delle persone in carico ai
Servizi della giustizia minorile per classi di reato
NazionalitàitalianistranieriitalianistranieriContro la persona
57,242,874,5725,43Contro la moralità pubblica, la famiglia e il buon costume
78,3321,6785,4114,59Contro il patrimonio
45,6954,3161,1638,84Contro l’incolumità pubblica
69,9630,478,8521,15Contro la fede pubblica
307067,8432,16Contro Stato, altre istituzioni, ordine pubblico
47,1852,8267,5532,45
Elaborazione dell’autrice sui dati forniti dal Ministero di Giustizia (2025)
Dalla tabella notiamo che, per tutte le classi di reato, sia quelle connotate
dal senso comune come “gravi” che quelle “lievi”, la percentuale degli italiani
coinvolti è superiore. Le stesse tendenze tuttavia non si registrano in
relazione alla scelta punitiva, infatti si nota in modo chiaro come più spesso
siano gli stranieri a parità di reato ad essere detenuti in carcere.
Approfondendo ulteriormente le classi di reato in relazione alla gravità
percepita appare altresì che, per i reati considerati di grave entità, come ad
esempio l’omicidio volontario (sia esso agito o tentato) la percentuale di
italiani sul totale è nettamente superiore. Le stesse tendenze si registrano
anche per quei reati che sono correlabili alla violenza maschile e di genere. Lo
stesso dicasi per i reati contro la moralità pubblica, la famiglia e il buon
costume, come ad esempio i maltrattamenti in famiglia; di questi (898) il 78,40%
è imputato a italiani. La classe di reati che più significativamente possiamo
accostare alla giovane identità migrante è quella “contro il patrimonio”, furto
e rapina in primis. Più in generale possiamo dire che le tendenze vedono i reati
collegati al possesso di soldi e all’uso o allo spaccio di droga quelli che
coinvolgono maggiormente gli stranieri (non in senso assoluto poiché abbiamo
visto come le percentuali più alte nelle statistiche coinvolgano sempre il
gruppo degli italiani). Nel primo caso si tratta di reati che rientrano nei c.d.
reati economici, non di rado correlati alla povertà; nel secondo si tratta di
reati spesso in comorbidità con una situazione di abuso e dipendenza. Una
ulteriore questione non trova facili risposte, ovvero se nel percorso biografico
del minore sia arrivata prima l’abitudine all’uso di sostanze, oppure lo spaccio
e gli atti di devianza volti al procurarsi quest’ultima. Quello che è chiaro è
che è in corso, all’interno degli IPM, una vera e propria sedazione di massa – a
danno nuovamente degli stranieri in particolare – attraverso l’uso massiccio di
psicofarmaci, come riportato dall’inchiesta condotta dall’associazione Antigone
in collaborazione con Altreconomia 5. A seguito della pubblicazione
dell’inchiesta è stata aperta una interrogazione parlamentare. L’utilizzo
smodato di talune sostanze è infatti correlato al mantenimento della condizione
di dipendenza che talvolta i ragazzi presentano già al momento dell’ingresso.
Una presa in carico istituzionale che passa quindi attraverso gli stessi
processi associabili ai reati forieri dell’ingresso in carcere.
Infine, la tabella non riporta la classe che il Ministero definisce “altri
delitti” e che comprende il traffico d’armi e le violazioni in materia di
immigrazione. Sul totale di 108 casi registrati a questo titolo, 98 sono a
carico di italiani e si legano al traffico illecito di armi. Il dato
interessante per la nostra riflessione è che per i reati che violano le norme in
materia di immigrazione vi sono 8 persone detenute in IPM. Questi ragazzi (tutti
maschi) sono con buona probabilità stati definiti “scafisti”. Il giovane
scafista è stato recentemente presentato a fini propagandistici come uno dei
nuovi nemici pubblici d’elezione, insieme ad altre figure che non vengono qui
citate per ragioni di spazio come ad esempio i “raver”.
“Prima di partire l’uomo arabo con la pistola mi ha detto che avrei dovuto
tenere la bussola mentre a quello in fila dietro di me (eravamo l’ultimo ed il
penultimo della fila) è stato dato il comando dell’imbarcazione, sotto minaccia
di essere sparati. Solo dopo ho scoperto che quella sera per tutte e tre le
barche che sono partite, gli ultimi due della fila erano stati scelti per
condurre la barca. Non si può fare nulla, tutti sono armati in Libia. Non è
possibile opporsi a quello che comanda. 6”
Così come si registra per le tendenze detentive degli adulti, anche nel caso
delle detenzioni in IPM, gli stranieri vengono più spesso trattenuti in carcere
anche nella fase di custodia cautelare, ovvero prima di ricevere la condanna
definitiva. Anche in questo caso il primo elemento di spiegazione è sociale e
non penale e spesso riferito all’assenza di capitale materiale.
Sono stati fino a qui forniti alcuni elementi utili al proseguo dell’ipotesi che
ha guidato questa presa di parola, ovvero che la detenzione in carcere per i
minori stranieri appare sempre più come un dispositivo di controllo sociale e
neutralizzazione di una eccedenza difficilmente collocabile e scarsamente
tollerata, quindi oppressa. Una neutralizzazione che agisce in due direzioni: in
un primo momento attraverso l’isolamento e il contenimento architettonico in
carcere, poi nella presa in carico istituzionale quotidiana attraverso la
sedazione con l’utilizzo di psicofarmaci. Molti degli elementi considerati non
sono nuovi agli addetti ai lavori, la novità è l’avanzata spietata in Italia del
richiamo al campo penale per risolvere qualsiasi questione di matrice sociale,
nel caso dei minori tutto ciò risulta ancora più perturbante rispetto all’ideale
risocializzante che ha sempre guidato, almeno nelle parole, la detenzione
minorile.
1. Jessica Lorenzon è attivista e osservatrice con Antigone, di cui coordina la
sede veneta. Psicologa e criminologa critica, si è dottorata a Padova
studiando i percorsi di uscita dai circuiti penali e penitenziari. ↩︎
2. L’approfondimento di Stroppa (Antigone 2024) a questo link. ↩︎
3. Per approfondire: Children of Prisoners Europe. ↩︎
4. Minorenni e giovani adulti in carico ai Servizi minorili – Analisi
statistica dei dati 2024 (provvisori); Minorenni e giovani adulti in carico
ai Servizi minorili – Analisi statistica dei dati 2024 (convalidati). ↩︎
5. Per approfondire:
Gli psicofarmaci negli Istituti penali per i giovani reclusi, di Luca
Rondi – 1 ottobre 2023;
Psicofarmaci all’Ipm “Beccaria” di Milano: l’altra faccia di abusi e
torture, di Luca Rondi – 14 maggio 2024;
Fine pillola mai. Psicofarmaci negli IPM, di Luca Rondi. ↩︎
6. Per approfondire l’indagine condotta da ARCI Porco Rosso e Alarm Phone: “Dal
mare al carcere“. ↩︎