Disturbi dello spettro autistico (ASD) e disbiosi intestinale

Pressenza - Tuesday, July 8, 2025

I disturbi dello spettro autistico (ASD) sono un insieme di diverse alterazioni del neurosviluppo che si presentano in modo molto variabile, ma in generale caratterizzati dalla compromissione della comunicazione e dell’interazione sociale e dalla presenza di interessi e comportamenti ristretti e ripetitivi.

La prevalenza stimata è di circa 1 su 31 bambini (CDC, 2023) in netto aumento rispetto a 1 su 36 di soli due anni prima. Tra i maschi il tasso è ancora più allarmante: 1 su 20 a livello nazionale in USA, mentre in California, dove i sistemi di tracciamento sono più sofisticati, raggiunge addirittura 1 su 12,5.

Fino all’80% dei soggetti con ASD presenta anche sintomi gastrointestinali (GI), spesso associati a disbiosi intestinale.

Numerosi studi (sia cross-sectional sia longitudinali) hanno evidenziato alterazioni significative nel microbiota intestinale nei soggetti con ASD rispetto ai controlli neurotipici. Le alterazioni più frequentemente riportate includono riduzione di Bifidobacterium e Prevotella, aumento di Clostridia spp., Desulfovibrio e Bacteroides fragilis e riduzione della diversità alfa e modifiche nella composizione funzionale (es. metabolismo degli acidi grassi a catena corta, SCFA).

Studi recenti hanno collegato i Proteobatteri alla modulazione dell’asse intestino-cervello. Queste alterazioni sono associate a un aumento della permeabilità intestinale (“leaky gut”), infiammazione subclinica, e disfunzione della barriera emato-encefalica.

L’asse microbiota–intestino–cervello è sempre più riconosciuto come mediatore nella patogenesi di diverse malattie neuropsichiatriche.

In ASD, i meccanismi proposti includono:

  • Attivazione immunitaria cronica (↑ citochine pro-infiammatorie: IL-6, IL-1β, TNF-α)
  • Alterazioni nella sintesi e nel metabolismo dei neurotrasmettitori (GABA, serotonina, dopamina)
  • Modulazione epigenetica attraverso metaboliti microbici (SCFA, indoli)
  • Produzione di metaboliti neurotossici (es. p-cresolo, ammine biogene)

Numerosi studi su topi (es. modello MIA – maternal immune activation) hanno dimostrato che: la disbiosi intestinale può indurre comportamenti tipo-autistico nei topi; il trapianto fecale da soggetti con ASD può trasferire fenotipi comportamentali in modelli murini; la modulazione del microbiota (probiotici, prebiotici, antibiotici o trapianto di microbiota fecale) può migliorare i sintomi comportamentali e GI. La disbiosi intestinale rappresenta una componente potenzialmente modulabile nel contesto dell’ASD. Tuttavia, non esistono ad oggi biomarcatori microbiologici o interventi standardizzati validati da trial clinici su larga scala. Servono ulteriori studi randomizzati controllati (RCT) e approcci sistemici (metagenomica, metabolomica, neuroimaging) per validare il ruolo causale e terapeutico del microbiota nei disturbi dello spettro autistico.

Un recente studio, frutto di una collaborazione interdisciplinare che ha coinvolto la Scuola Superiore Sant’Anna, la Scuola Normale Superiore (Laboratorio BIO@SNS), l’Università di Pisa, l’Istituto di Neuroscienze del CNR, e il Max Planck Institute di Berlino, pubblicato su Cell Reports, ha evidenziato un legame causale tra disbiosi intestinale e sintomi neurologici nel CDD.

Il disturbo da deficit di chinasi ciclina-dipendente di tipo 5 (CDKL5) (CDD) è un’encefalopatia a esordio precoce legata al cromosoma X causata da mutazioni nel gene CDKL5. La prevalenza stimata di questa condizione è compresa tra 1 su 40.000 e 1 su 60.000 nati vivi. I soggetti con CDD presentano gravi ritardi dello sviluppo globale, tra cui encefalopatia epilettica a esordio precoce, disabilità intellettiva, deficit visivi e motori, grave ipotonia, disturbi del sonno e stereotipie manuali.

La disbiosi presente in diversi disturbi neuropsichiatrici, nei modelli murini è stata collegata a compromissioni comportamentali e funzionali cerebrali. Utilizzando modelli murini con deficit di CDKL5, i ricercatori hanno osservato che la composizione del microbiota intestinale era significativamente alterata rispetto ai controlli sani, soprattutto nelle fasi precoci dello sviluppo.

Le alterazioni del microbiota intestinale contribuiscono alla gravità dei sintomi neurologici nella CDD. Interventi mirati, come la somministrazione di antibiotici per modulare il microbiota, hanno portato a un miglioramento delle risposte neuronali e del comportamento nei modelli affetti. La manipolazione del microbiota intestinale guidata da cocktail di antibiotici (ABX) influenza il fenotipo della microglia nei topi CDKL5 KO. Inoltre, il trapianto del microbiota da topi CDKL5-deficienti a topi sani ha indotto in questi ultimi sintomi neurologici simili, confermando il ruolo attivo della disbiosi nella patogenesi del disturbo, dimostrando che la manipolazione microbica potrebbe rappresentare una strategia innovativa e non invasiva per migliorare i sintomi nei pazienti con CDD.

L’ esperimento multi-sito ha evidenziato un’interazione significativa tra il background genetico murino —l’assenza della proteina CDKL5 — e le variabili ambientali, rappresentate da due differenti centri di allevamento situati in aree geografiche distinte, nel modellare la composizione del microbiota intestinale.

I risultati ottenuti indicano che, nonostante la componente genetica contribuisca alla definizione del profilo microbico, l’ambiente riveste un ruolo predominante.

Questo dato è in linea con precedenti evidenze sperimentali che dimostrano come fattori ambientali, quali dieta, esposizione microbica e condizioni di stabulazione, possano esercitare un’influenza maggiore rispetto alla genetica sull’assetto del microbiota intestinale.

Le conclusioni dello studio rafforzano tale concetto, suggerendo che in modelli genetici murini come quello CDKL5-KO, l’ambiente può modulare in maniera sostanziale le caratteristiche microbiche intestinali, potenzialmente influenzando anche i fenotipi neurologici e sistemici associati.

AsSIS