Sciopero dell’università contro la precarietà

ROARS - Monday, May 12, 2025
Lunedì 12 maggio, le assemblee precarie delle università italiane hanno indetto uno sciopero, con l’adesione di diverse sigle sindacali.   Rivendicano la fine dei tagli e del precariato, il riconoscimento della loro condizione di lavoratrici e lavoratori, il rifinanziamento dell’università – oggi ben al di sotto della media europea – invece che quello agli armamenti.   Richieste ragionevoli che, in tempi straordinari, possono sembrare assurde. E tempi straordinari, questi, lo sono davvero.   Il precariato universitario è ai massimi storici, rappresenta oltre il 35% del personale accademico. [si veda qui]   Nel 2022 la riforma del preruolo universitario ha abolito gli assegni di ricerca, riconoscendo finalmente a chi dopo il dottorato fa ricerca di mestiere la condizione di lavoratore dipendente, tramite l’introduzione dei contratti di ricerca.   La transizione ai nuovi contratti non è però avvenuta. La possibilità di aprire nuove posizioni da assegnista è stata prorogata ad oltranza. E così l’afflusso di fondi del PNRR, che sarebbe potuto servire a facilitare questa transizione ammortizzando i costi, è stato invece impiegato per aprire una cascata di nuove posizioni precarie. Tra il 2023 e il 2024 il numero di persone titolari di assegni di ricerca è aumentato del 51%, arrivando alla cifra record di 24.000 [si veda ancora qui]. Nello stesso periodo è cresciuto in maniera importante anche il numero di RTDA ed il numero di borse di dottorato erogate.   Invece di preoccuparsi di un reclutamento pianificato e del futuro occupazionale delle migliaia di nuovi precari, il governo Draghi (ministra Messa) e, in perfetta continuità, il governo Meloni (ministra Bernini), con il consenso dei rettori delle università, sono riusciti nel miracolo di usare una montagna di soldi per creare un problema più grave di quello di partenza.   La riforma Bernini, che avrebbe reintrodotto diverse nuove forme di lavoro precario non riconosciuto, è stata bloccata da un ricorso in sede europea. Di recente sono stati depositati due nuovi emendamenti di segno equivalente a quello della naufragata riforma. Uno, di parte governativa, presentato da Adriano Galliani e firmato anche dalla senatrice a vita Elena Cattaneo, è in sostanza la riproposizione delle figure precarie della riforma Bernini, senza nemmeno la dignità di un contratto di lavoro [lo si legge qua] . Il secondo, a firma Francesco Verducci per il PD, mira a ridurre la durata minima del contratto di ricerca da due ad un anno per ridurne i costi [lo si legge qua].   Entrambe le alternative sembrano andare incontro alle preoccupazioni espresse dalla CRUI e dagli interessi che questa rappresenta. Il problema che mirano a risolvere è quello di avere abbastanza forza lavoro, flessibile (ovvero precaria), al minor costo possibile, non certo quello di garantire un futuro in accademia alle migliaia di persone precarie che pure, l’accademia, contribuiscono a tenerla in piedi.   Per questo il 12 scioperiamo, contro tagli, guerra e precarietà, per il rifinanziamento dell’università pubblica.