Al Sud boom d’occupazione, ma cresce la povertà lavorativa e continua l’esodo dei giovani

Pressenza - Saturday, November 29, 2025

Il nostro Mezzogiorno vive una stagione di forti contrasti: cresce come non mai l’occupazione, soprattutto tra i giovani, ma al contempo continua l’esodo che svuota il Sud di competenze e futuro. Tra il 2021 e il 2024, quasi mezzo milione di posti di lavoro è stato creato nel Mezzogiorno, spinto da PNRR e investimenti pubblici. Ma negli stessi anni 175 mila giovani lasciano il Sud in cerca di opportunità. La “trappola del capitale umano” si rinnova: la metà di chi parte è laureato; le migrazioni dei laureati comportano per il Mezzogiorno una perdita secca di quasi 8 miliardi di euro l’anno. I giovani che restano, troppo spesso, trovano lavori poco qualificati e mal retribuiti.

Con i salari reali che calano aumentano i lavoratori poveri: un milione e duecentomila lavoratori meridionali, la metà dei lavoratori poveri italiani, è sotto la soglia della dignità. Si evidenzia, inoltre, una emergenza sociale nel diritto alla casa. É quanto si legge nel recente Rapporto SVIMEZ 2025. L’Italia rimane così in coda in Europa per quota di giovani laureati (30,6% contro 43% Ue). Gli atenei meridionali attraggono più studenti e si riduce la migrazione ante-lauream, ma dopo la laurea il quadro torna critico: oltre 40mila giovani meridionali si trasferiscono ogni anno al Centro-Nord, mentre 37mila laureati italiani emigrano all’estero.

Con l’emigrazione di questi laureati, una parte del rendimento potenziale dell’investimento pubblico sostenuto per la loro formazione viene dispersa. Il bilancio economico di questo movimento è pesante: dal 2000 al 2024 il Mezzogiorno perde di investimenti 132 miliardi di euro di capitale umano, contro un saldo positivo di 80 miliardi per il Centro-Nord. Poli esteri, si legge nel Rapporto, che attraggono giovani italiani altamente formati, il Centro-Nord che perde verso l’estero ma recupera grazie alle migrazioni interne di laureati da Sud, il Mezzogiorno che li forma e continua a perderli. Nel Mezzogiorno, nel 2021-2024, sei nuovi occupati under 35 su dieci sono laureati, contro meno di cinque nel resto del Paese.

Tuttavia, la prima porta d’ingresso al lavoro rimane il turismo: oltre un terzo dei nuovi addetti giovani si colloca nella ristorazione e nell’accoglienza, settori a bassa specializzazione e bassa remunerazione. Al tempo stesso, crescono i giovani laureati nei servizi ICT e nella pubblica amministrazione, grazie al PNRR e alla riforma degli organici pubblici. La qualità delle opportunità resta però insufficiente: il mercato del lavoro meridionale continua a offrire sbocchi concentrati nei comparti tradizionali, con scarsa domanda di competenze avanzate.

“Per trattenere i giovani, propone la SVIMEZ, il Sud deve attivare filiere produttive ad alta intensità di conoscenza, rafforzare la base industriale innovativa e integrare formazione superiore, ricerca e politiche industriali. Senza un salto di qualità nella domanda di competenze, la mobilità giovanile continuerà a essere una scelta obbligata”.

Il Rapporto evidenzia come i salari reali continuino ad essere in calo soprattutto al Sud e come la povertà lavorativa debba necessariamente tornare nell’agenda politica. Dal 2021 al 2025 i salari reali italiani hanno perso potere d’acquisto, con una caduta più forte nel Sud: -10,2% contro – 8,2% nel Centro-Nord. Inflazione più intensa e retribuzioni nominali più stagnanti accentuano il divario. L’in-work poverty, aumentata rispetto all’anno precedente, tocca nel 2024 il 19,4% nel Mezzogiorno, quasi tre volte il valore del Centro-Nord (6,9%). In Italia i lavoratori poveri sono 2,4 milioni, di cui 1,2 milioni al Sud. Tra il 2023 e il 2024 aumenta il numero dei lavoratori poveri: +120mila in Italia, +60mila al Sud.

Non basta avere un’occupazione per uscire dalla povertà: bassi salari, contratti temporanei, part-time involontario e famiglie con pochi percettori ampliano la vulnerabilità. Nel 2024 le famiglie povere crescono nel Mezzogiorno dal 10,2% al 10,5%. Centomila persone in più scivolano nella povertà assoluta, per effetto di un aumento delle famiglie che risultano in povertà assoluta anche se con persona di riferimento occupata. La relazione tra lavoro e benessere è quindi sempre più debole, segnale di una crescita quantitativa dell’occupazione non accompagnata da qualità e stabilità.

Il Rapporto, prendendo spunto dalle analisi Svimez-Ifel/Anci ritorna sulla forte correlazione tra affitto e vulnerabilità economica. Nel Centro-Nord la povertà assoluta colpisce il 21% delle famiglie in affitto, contro il 3,6% delle famiglie proprietarie; nel Mezzogiorno raggiunge il 24,8% tra gli inquilini e il 7% tra i proprietari. Le città metropolitane rivelano ulteriori squilibri: a Napoli le case di proprietà sono appena il 48%, molto meno che a Roma, Milano o Torino. Nel Sud è inoltre elevata la quota di abitazioni non utilizzate — oltre il 20% a Reggio Calabria, Messina e Palermo — segnale di abbandono, uso discontinuo o scarsa attrattività urbana, mentre le città del Centro-Nord mostrano mercati più dinamici.

“Il rafforzamento dell’edilizia residenziale pubblica, si sottolinea nel Rapporto, è essenziale: oltre 650mila famiglie attendono un alloggio e ogni anno 40mila sfratti coinvolgono 120mila persone. L’offerta di edilizia residenziale pubblica resta limitata (2,6% dello stock nazionale), con concentrazioni più alte nelle aree metropolitane del Centro-Nord: Milano e Torino (3,4%), Roma (3,3%) e Genova (3,2%). Nel Sud i valori sono più bassi, con Napoli al 3% e Reggio Calabria appena all’1,3%. Questo quadro conferma la necessità di politiche strutturali e coordinate per garantire il diritto alla casa e la coesione sociale sul territorio nazionale”.

Qui per scaricare il Rapporto: https://www.svimez.it/rapporto-svimez-2025/.

Giovanni Caprio