
98 palestinesi morti in carcere tra torture, abusi e omissioni
Pressenza - Tuesday, November 18, 2025Lo rileva un rapporto della ong israeliana Medici per i diritti umani di cui riferisce Michele Giorgio su Il Manifesto.
98 prigionieri politici palestinesi morti negli ultimi due anni. È il dato più alto degli ultimi decenni di decessi tra i palestinesi rinchiusi nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani. Questo numero include 94 casi documentati tra il 7 ottobre 2023 e l’agosto 2025 e altri quattro registrati tra ottobre e novembre.
Queste e altre cifre, pubblicate ieri da Medici per i diritti umani (PHRI) nel rapporto Deaths of Palestinians in Israeli custody: enforced disappearances, systematic killings and cover-ups, fotografano un sistema carcerario che, già criticato e sotto accusa prima del 7 ottobre 2023, ha mostrato con l’inizio della reazione di Israele all’attacco di Hamas un’escalation senza precedenti.
PHRI sottolinea che la maggioranza dei palestinesi provenienti da Gaza e deceduti in detenzione non era classificata dalle stesse autorità israeliane come combattente: erano semplici civili.
Inoltre, questi dati lanciano l’allarme sui rischi in carcere per gli altri prigionieri, alla luce anche della politica del pugno di ferro nelle prigioni di massima sicurezza voluta dal ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, promotore di una proposta di legge per la condanna a morte dei “terroristi palestinesi”.
Nel corso dei primi otto mesi dopo il 7 ottobre 2023, un prigioniero palestinese è morto in media ogni quattro giorni, scrive PHRI. E la cifra ufficiale potrebbe essere più bassa del numero reale. Di centinaia di persone arrestate a Gaza non si hanno informazioni certe e in passato l’esercito ha negato detenzioni poi diventate pubbliche con la morte degli arrestati.
18 cittadini di Gaza morti in custodia restano tuttora senza identità e molte famiglie non hanno informazioni sulla sorte dei propri cari.
I referti medici consultati dai ricercatori di PHRI descrivono un insieme di pratiche che includono percosse violente, malnutrizione, rifiuto delle cure, mancata somministrazione di farmaci per malattie gravi e condizioni di detenzione insopportabili. I risultati di dieci autopsie parlano chiaro: costole rotte e lacerazioni interne.
“Siamo di fronte a una politica ben precisa – osserva Oneg Ben Dror, che ha partecipato all’inchiesta svolta da PHRI – Lo indicano le prove di decessi causati da tortura e mancato intervento medico. Queste morti vanno descritte per quello che sono: uccisioni di palestinesi durante la detenzione. E le mancate indagini sui responsabili di queste morti trasformano la legge israeliana in una foglia di fico e in uno strumento di occultamento”.
Il centro di detenzione di Sde Teiman emerge come quello con il più alto numero di decessi: 29.
Di questo luogo si è parlato molto nelle ultime settimane per la vicenda dei cinque soldati incriminati per torture e lesioni aggravate, dopo la diffusione di un video che documenta abusi sessuali su un prigioniero palestinese, autorizzata dalla procuratrice militare Yifat Tomer Yerushalmi. Quest’ultima è stata arrestata a inizio mese con l’accusa di aver permesso la pubblicazione di immagini segrete e di aver procurato un danno allo Stato di Israele. Oltre ai cinque incriminati, soltanto un altro soldato è stato finora condannato a una pena di sette mesi per aggressione a detenuti.
Sde Teiman è seguito, per numero di palestinesi deceduti, dalle prigioni di Ketziot, Megiddo e Nitzan.
Cinque detenuti sono morti dopo essere stati trasferiti all’ospedale Soroka di Beersheva.
L’elenco delle vittime include 68 prigionieri di Gaza, 23 della Cisgiordania e tre palestinesi di Israele, oltre a sette casi avvenuti prima del trasferimento in carcere.
Nel carcere di Megiddo le autopsie hanno rivelato emorragie interne e traumi compatibili con cadute violente o con aggressioni fisiche. Omar Daraghmeh, 58 anni, è morto nel 2023 a causa di una grave emorragia. Un mese dopo Abdul Rahman Marai è stato ucciso da fratture alle costole e allo sterno. Secondo un testimone era stato picchiato da un gruppo di quindici agenti per diversi minuti con colpi concentrati alla testa. Lo scorso marzo è morto Walid Ahmed, 17 anni, in uno stato di denutrizione estrema, con ferite trascurate e infezioni intestinali. Un destino simile ha subito Mohammed Al Sabbar, 21 anni, deceduto nel febbraio 2024.