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Una donna emancipata assassinata a Tripoli e le notizie da Gaza, Cisgiordiania e Libano
Rassegna delle informazioni oggi raccolte e divulgate su Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo. Un crimine contro una donna moderna e indipendente, assassinata in pieno giorno a Tripoli: la 34enne Khansaa Al-Mujahid era una blogger molto apprezzata che molto probabilmente è stata uccisa per il fatto di essere la moglie di un politico di Zawia, Muadh al-Manfukh. La campagna promossa da AssoPace Palestina per salvare Marwan Barghouti, “il Mandela palestinese”, da 23 anni imprigionato nelle carceri israeliane, verrà lanciata il prossimo 28 novembre, alla vigilia della Giornata Internazionale di solidarietà con il popolo palestinese indetta dall’ONU. Oggi  presso la Corte di cassazione palestinese si apre il procedimento nei confronti di Hisham Harb, il colonnello in pensione della polizia palestinese arrestato a Ramallah, il 15 settembre scorso, pochi giorni prima del riconoscimento dello Stato palestinese da parte della Francia, che ne chiede l’estradizione perché accusato di aver compiuto l’attacco contro un ristorante ebraico a Parigi nell’agosto 1982. Situazione umanitaria a Gaza – Piogge e maree hanno reso la vita un inferno alle famiglie palestinesi accampate nella spiaggia di Khan Younis, Al-Mawassi. Centinaia di tende sono crollate sulla testa degli abitanti nella notte, mentre dormivano. Per l’ennesima volta, le famiglie colpite hanno perso tutto. Volontari e protezione civile hanno lavorato tutta la notte a salvare le persone in difficoltà, soprattutto bambini e anziani. Genocidio a Gaza – L’aggressione israeliana su Gaza non è cessata neanche un giorno. Bombardamenti continui su Khan Younis e Gaza città. Artiglieria, elicotteri e droni hanno compiuto attacchi con missili. I cecchini completano il lavoro con la mira agli sfollati che si avvicinano alle postazioni dell’esercito. Due ragazzi minorenni sono stati assassinati ieri mentre cercavano legna ad est di Gaza città. L’esercito israeliano ha esteso la cosiddetta linea gialla, che segna, sulle carte i limiti del ritiro, rioccupando vaste zone soprattutto nei pressi dei ruderi dei “centri urbani”. Secondo i rapporti giornalistici, sono stati uccisi ieri 23 civili e altri 87 sono rimasti feriti. Le squadre della protezione civile hanno estratto 8 persone uccise da un bombardamento israeliano nei giorni precedenti. Le vittime sono i componenti della stessa famiglia. La loro casa di tre piani era stata presa di mira da un drone con un missile che l’ha distrutta completamente. Le vittime sono 6 bambini e 2 donne. Cisgiordania – Scontri ieri a Nablus tra militanti palestinesi e truppe speciali dell’occupazione israeliana. L’esercito ha fatto intervenire l’aeronautica, bombardando una casa con gli elicotteri. È stato ucciso un combattente palestinese e catturati altri due. I rastrellamenti hanno toccato la maggior parte delle città e villaggi palestinesi. Particolarmente violenti sono stati gli attacchi dell’esercito nella provincia di el-Khalil ed a Hawwara (un villaggio a sud di Nablus incendiato dai coloni nel febbraio 2023, prima ancora del 7 ottobre). Stamattina, in un villaggio vicino a Jenin, l’esercito dopo un lungo assedio ha centrato una casa con un razzo anti carro, uccidendo gli abitanti. In due anni, le aggressioni israeliane compiute dall’esercito e dai coloni ebrei hanno causato l’uccisione di 1066 persone e il ferimento di oltre 10 mila. Sono stati arrestati oltre 20 mila palestinesi tra i quali 1600 minorenni. Libano – L’esercito israeliano sta preparando una nuova invasione del sud Libano. I segnali sono evidenti nei preparativi dell’esercito di Tel Aviv e nelle dichiarazioni dei “garanti” della tregua. L’amministrazione Trump ha collaborato all’attacco per l’uccisione del capo militare di Hezbollah, Tabtabayi con un bombardamento sulla capitale libanese Beirut. Il commento del presidente francese è stato molto chiaro: non una condanna dell’aggressione israeliana, ma un incitamento a colpire Hezbollah. Il presidente del parlamento libanese ha fotografato i contatti diplomatici tra il vertice libanese e i due paesi garanti della tregua, USA e Francia: “Non ci sono garanzie per la fine degli attacchi israeliani sulla capitale”. Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo / 25 NOVEMBRE 2025 * Blogger libica assassinata a Tripoli * Campagna internazionale per la liberazione dei prigionieri politici palestinesi * Il caso Hisham Harb e gli scheletri negli armadi dell’ANP. ANBAMED
98 palestinesi morti in carcere tra torture, abusi e omissioni
Lo rileva un rapporto della ong israeliana Medici per i diritti umani di cui riferisce Michele Giorgio su Il Manifesto. 98 prigionieri politici palestinesi morti negli ultimi due anni. È il dato più alto degli ultimi decenni di decessi tra i palestinesi rinchiusi nelle carceri e nei centri di detenzione israeliani. Questo numero include 94 casi documentati tra il 7 ottobre 2023 e l’agosto 2025 e altri quattro registrati tra ottobre e novembre. Queste e altre cifre, pubblicate ieri da Medici per i diritti umani (PHRI) nel rapporto Deaths of Palestinians in Israeli custody: enforced disappearances, systematic killings and cover-ups, fotografano un sistema carcerario che, già criticato e sotto accusa prima del 7 ottobre 2023, ha mostrato con l’inizio della reazione di Israele all’attacco di Hamas un’escalation senza precedenti. PHRI sottolinea che la maggioranza dei palestinesi provenienti da Gaza e deceduti in detenzione non era classificata dalle stesse autorità israeliane come combattente: erano semplici civili. Inoltre, questi dati lanciano l’allarme sui rischi in carcere per gli altri prigionieri, alla luce anche della politica del pugno di ferro nelle prigioni di massima sicurezza voluta dal ministro della Sicurezza Itamar Ben Gvir, promotore di una proposta di legge per la condanna a morte dei “terroristi palestinesi”. Nel corso dei primi otto mesi dopo il 7 ottobre 2023, un prigioniero palestinese è morto in media ogni quattro giorni, scrive PHRI. E la cifra ufficiale potrebbe essere più bassa del numero reale. Di centinaia di persone arrestate a Gaza non si hanno informazioni certe e in passato l’esercito ha negato detenzioni poi diventate pubbliche con la morte degli arrestati. 18 cittadini di Gaza morti in custodia restano tuttora senza identità e molte famiglie non hanno informazioni sulla sorte dei propri cari. I referti medici consultati dai ricercatori di PHRI descrivono un insieme di pratiche che includono percosse violente, malnutrizione, rifiuto delle cure, mancata somministrazione di farmaci per malattie gravi e condizioni di detenzione insopportabili. I risultati di dieci autopsie parlano chiaro: costole rotte e lacerazioni interne. “Siamo di fronte a una politica ben precisa – osserva Oneg Ben Dror, che ha partecipato all’inchiesta svolta da PHRI – Lo indicano le prove di decessi causati da tortura e mancato intervento medico. Queste morti vanno descritte per quello che sono: uccisioni di palestinesi durante la detenzione. E le mancate indagini sui responsabili di queste morti trasformano la legge israeliana in una foglia di fico e in uno strumento di occultamento”. Il centro di detenzione di Sde Teiman emerge come quello con il più alto numero di decessi: 29. Di questo luogo si è parlato molto nelle ultime settimane per la vicenda dei cinque soldati incriminati per torture e lesioni aggravate, dopo la diffusione di un video che documenta abusi sessuali su un prigioniero palestinese, autorizzata dalla procuratrice militare Yifat Tomer Yerushalmi. Quest’ultima è stata arrestata a inizio mese con l’accusa di aver permesso la pubblicazione di immagini segrete e di aver procurato un danno allo Stato di Israele. Oltre ai cinque incriminati, soltanto un altro soldato è stato finora condannato a una pena di sette mesi per aggressione a detenuti. Sde Teiman è seguito, per numero di palestinesi deceduti, dalle prigioni di Ketziot, Megiddo e Nitzan. Cinque detenuti sono morti dopo essere stati trasferiti all’ospedale Soroka di Beersheva. L’elenco delle vittime include 68 prigionieri di Gaza, 23 della Cisgiordania e tre palestinesi di Israele, oltre a sette casi avvenuti prima del trasferimento in carcere. Nel carcere di Megiddo le autopsie hanno rivelato emorragie interne e traumi compatibili con cadute violente o con aggressioni fisiche. Omar Daraghmeh, 58 anni, è morto nel 2023 a causa di una grave emorragia. Un mese dopo Abdul Rahman Marai è stato ucciso da fratture alle costole e allo sterno. Secondo un testimone era stato picchiato da un gruppo di quindici agenti per diversi minuti con colpi concentrati alla testa. Lo scorso marzo è morto Walid Ahmed, 17 anni, in uno stato di denutrizione estrema, con ferite trascurate e infezioni intestinali. Un destino simile ha subito Mohammed Al Sabbar, 21 anni, deceduto nel febbraio 2024.   Osservatorio Repressione
“Tremate, tremate, le streghe son tornate…” a sostegno di Francesca Albanese e del popolo palestinese
“TUTT3 DALLA PARTE DELLE STREGHE, CON LA PALESTINA LIBERA!”, esorta il Global Movement to Gaza Italia. L’invito rivolto a manifestanti e attivisti è di mobilitarsi in questi giorni in solidarietà con la giurista italiana e con il popolo palestinese e, specialmente nella giornata del 31 ottobre, esprimersi con la rappresentazione del sostegno mediante la scenografica impersonificazione delle figure emblematiche dell’emancipazione femminile. Un’esperta di diritto internazionale e specializzata in diritti umani che il Committee on the Exercise of the Inalienable Rights of the Palestinian People ha incaricato, con ripetute conferme della sua autorevolezza, recentemente Francesca Albanese ha riferito, presentando la documentazione e le testimonianze raccolte nei rapporti elaborati allo scopo, in merito alla Situazione dei diritti umani in Palestina e negli altri territori arabi occupati alla 59ª Sessione del Consiglio per i Diritti Umani riunito a Ginevra dal 16 giugno al 9 luglio 2025 e il 20 ottobre scorso all’Assamblea Generale dell’ONU riunita in concomitanza con l’80° anniversario dell’entrata in vigore della Carta (Statuto) delle Nazioni Unite. A seguito dei fatti accaduti in questa occasione, il 30 ottobre  Global Movement to Gaza Italia ha lanciato questo appello: > Commentando alle Nazioni Unite l’ultimo rapporto sul genocidio pubblicato dal > gruppo di ricerca della relatrice speciale per la Palestina occupata *, il > rappresentante di Israele all’ONU, Danny Danon, ha detto che Francesca > Albanese è una “strega fallita”: > > Signora Albanese, lei è una strega. Questo rapporto è un’altra pagina del suo > libro degli incantesimi. Ogni accusa è un incantesimo che non funziona, perché > lei è una strega fallita. […] Possiamo solo sperare che la sua stregoneria > fallisca ancora una volta. Possano le sue maledizioni continuare a ritorcersi > contro > > Manco a dirlo è un uomo che dà della strega a una donna, quando vuole > squalificare il suo pensiero. Un meccanismo vecchio secoli, per fortuna oggi > ri-significato dal transfemminismo fin dai tempi del Witches are back **. > > Non ci sorprendono le “accuse di stregoneria” da parte di chi è convinto di > essere proprietario della terra palestinese per volontà divina. Ancora una > volta non permetteremo che venga demonizzato chi indaga sulla verità del > genocidio a Gaza, chi denuncia con prove e puntualità la pulizia etnica, il > regime di apartheid e l’occupazione illegittima della Palestina. > > Per questo lanciamo un appello a chi in questi giorni scenderà in piazza per > le mobilitazioni contro il genocidio organizzate in tante città italiane, e > anche a chi semplicemente attraverserà le strade e le piazze delle città per > la serata di Halloween: indossiamo tutti e tutte un cappello da strega, come > forma di complicità e vicinanza a Francesca Albanese, e soprattutto al popolo > palestinese che si trova in una condizione lontana anni luce dalla pace. > > Dimostriamo ancora che gli italiani e le italiane sono al fianco della > Palestina Libera, in ogni occasione, evento e momento della quotidianità, > compresi quelli di socialità e di festa. > > Mostriamo ancora una volta a Israele e ai governi complici come quello > italiano che ogni atto di bullizzazione politica e ostilità violenta nei > confronti di Francesca Albanese verrà sanzionato dalla popolazione. > > Global Movement to Gaza Italia   * GAZA: A COLLECTIVE CRIME (UN General Assembly, 2025 – A/80/492) – (SUMMARY) The ongoing genocide in Gaza is a collective crime, sustained by the complicity of influential Third States that have enabled longstanding systemic violations of international law by Israel. Framed by colonial narratives that dehumanize the Palestinians, this live- streamed atrocity has been facilitated through Third States’ direct support, material aid, diplomatic protection and, in some cases, active participation. It has exposed an unprecedented chasm between peoples and their governments, betraying the trust on which global peace and security rest. The world now stands on a knife-edge between the collapse of the international rule of law and hope for renewal. Renewal is only possible if complicity is confronted, responsibilities are met and justice is upheld. ** Otto marzo 1972: tremate tremate le streghe son tornate – … c’è anche Jane Fonda, nota come attrice ma soprattutto per l’impegno sui diritti civili, femminista: prende la parola brevemente “infiammando” la manifestazione. La grande partecipazione di quell’otto marzo nasce da una straordinaria capacità di tutte quelle donne di mettersi insieme pur con idee e pensieri differenti, col comune obiettivo di costruire la forza di ognuna e quindi di tutte “per cambiare il mondo”. C’è una carica della polizia, immotivata se non da alcuni slogan “trasgressivi” ma pacifici delle manifestanti; insultate invece da un gruppo di maschi non solo di destra. Alcune donne sono ferite, anche Alma Sabatini lo è: con una manganellata in testa e il ricovero in ospedale. Redazione Italia
L’appello di docenti, amministrativi e studentesse dell’UPO – Università del Piemonte Orientale
Siamo docenti, amministrativi e studentesse e studenti dell’Università del Piemonte Orientale convinte/i che la gravità di ciò che accade a Gaza e nella Palestina tutta non possa vedere la nostra comunità e la nostra istituzione silente. Per questo abbiamo preparato un appello con l’obiettivo di sollecitare una presa di posizione ferma e decisa del nostro Ateneo. L’Università del Piemonte Orientale, all’articolo 1, secondo comma, del suo Statuto, proclama che essa «è sede primaria di libera ricerca e di libera formazione ed è luogo di apprendimento ed elaborazione critica delle conoscenze; opera combinando in modo organico ricerca e didattica, nell’interesse della società e nel rispetto dei diritti inviolabili della persona». Tale missione fondamentale acquista un’urgenza inedita nel momento storico odierno. A ogni livello della vita associata, violenza e brutalità sembrano diventare gli strumenti più usati per la risoluzione delle controversie. Il mondo assiste, con senso di impotenza, al crescente proliferare di guerre che coinvolgono estesamente persone innocenti e popolazioni civili. Quando la vita umana è calpestata e vilipesa si realizza la negazione dei principi su cui si fondano le comunità universitarie. Alla fiducia nella ragione, nella scienza e nella cultura subentra una tenebra, che segna la dissoluzione di tutto quanto può definirsi umano. Mai come oggi, dunque, occorre riaffermare, in ogni sede possibile, che la pace non si costruisce attraverso la violenza. Nella Striscia di Gaza e nei Territori illegittimamente occupati il Governo israeliano sta continuando a violare sistematicamente le norme del diritto internazionale, ponendosi di fatto fuori dalla comunità internazionale. La reazione contro le brutali azioni terroristiche di Hamas del 7 ottobre 2023 (culminata nell’uccisione di 1200 civili e militari israeliani e nella detenzione di 250 ostaggi innocenti)si è trasformata in una guerra dimassacro, condotta senza alcun limite, coinvolgendo in modo indiscriminato la popolazione civile palestinese (il numero dei morti è incommensurabile, ma ad oggi sono circa 65.000, di cui 20.000 bambini). Nei lunghi mesi di guerra, il Governo israeliano, nel respingere i numerosi appelli per la fine delle operazioni militari e per la moderazione, ha mostrato alla comunità internazionale che il suo obiettivo ultimo è l’annessione della Striscia di Gaza e di parti sempre più ampie della Cisgiordania, e l’espulsione della popolazione residente, ridotta alla fame con il blocco degli aiuti umanitari. Data la drammaticità della situazione, Corti internazionali, due Commissioni indipendenti delle Nazioni Unite, la Relatrice Speciale per i Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, oltre che numerose ONG per i diritti umani, nonché diversi intellettuali israeliani tra cui Raz Segal, Amos Goldberg, Ilan Pappé e Omer Bartov, hanno apertamente usato il termine “genocidio”. Anche il Presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha affermato che «la situazione a Gaza diviene, di giorno in giorno, drammaticamente più grave e intollerabile», esprimendo «allarme per la semina di sofferenza e di rancore che si sta producendo, che, oltre ad essere iniqua, contrasta con ogni vera esigenza di sicurezza». Sebbene non si possa che accogliere favorevolmente la recente tregua, gli attuali negoziati sollevano numerosi dubbi in ordine alla necessità di assicurare giustizia per le vittime, anche attraverso la repressione di crimini internazionali, nonché piena realizzazione del principio di autodeterminazione dei popoli nel perseguimento di una pace duratura e giusta. Noi firmatarie e firmatari, membri della Comunità dell’Università del Piemonte Orientale, condanniamo – il massacro posto in essere dal Governo israeliano sulla popolazione civile palestinese inerme; – le gravissime e ripetute violazioni del diritto internazionale commesse dal Governo israeliano nella Striscia di Gaza e in parti sempre più ampie della Cisgiordania; – l’uccisione di civili e la detenzione di ostaggi innocenti da parte di Hamas e ogni altra azione violenta condotta da organizzazioni terroristiche palestinesi contro il popolo israeliano; sollecitiamo il governo italiano a riconoscere lo Stato Palestinese e ad assumere, anche a livello europeo e internazionale, ogni iniziativa necessaria e legittima per contrastare le azioni illecite commesse delle autorità israeliane nella striscia di Gaza e nei territori occupati di Cisgiordania, in nome della Costituzione Italiana che, all’articolo 11, «ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»; chiediamo alle Istituzioni competenti, in conformità alle norme cogenti di diritto internazionale, l’adozione immediata di sanzioni adeguate verso lo Stato d’Israele e l’applicazione dell’obbligo giuridico di non cooperazione dello Stato italiano; esprimiamo solidarietà alle colleghe e ai colleghi e alle studentesse e agli studenti palestinesi coinvolti nella violenza perpetrata dalle forze armate dello Stato di Israele; pieno sostegno altresì alle colleghe e ai colleghi, alle studentesse e agli studenti e a tutte le cittadine e i cittadini israeliani che, con coraggio e determinazione, si sono opposti alla guerra e alle politiche dell’attuale Governo israeliano, auspicando che la loro voce possa smuovere la loro società e le loro istituzioni e possa contagiare altre piazze e altri popoli per la salvaguardia di una società aperta e libera; formuliamo l’impegno a contribuire con tutte le risorse scientifiche e culturali a disposizione di questo Ateneo a un dibattito pubblico onesto verso la realtà,scevro da parole d’odio, sorretto dal linguaggio della giustizia e della pace, generativo di una società di persone libere, egualmente degne, solidali nella comune appartenenza alla famiglia umana; e invitiamo il Consiglio di Amministrazione e il Senato Accademico a * sospendere ogni forma di collaborazione scientifica e didattica, nazionale e nell’ambito dell’Unione Europea, con gli atenei dello Stato di Israele che abbia anche in forma implicita un collegamento con attività belliche. Tale sospensione si configura quale gesto politico e strumento di pressione affinché lo Stato di Israele si adoperi per la duratura cessazione delle ostilità, nonché per il ripristino di un processo di pace giusto e sostenibile nella Striscia di Gaza e nei territori occupati di Cisgiordania e Gerusalemme Est; * adottare ogni misura necessaria, finanziaria, didattica e di ricerca, destinata all’apertura di corridoi umanitari per studiose e studiosi e studentesse e studenti palestinesi, affinché il più alto numero fra loro possa essere accolto presso il nostro Ateneo; tutto il corpo docente e amministrativo a dimettersi da organi di fondazioni, società, associazioni, comitati che abbiano direttamente o indirettamente rapporti con il Governo israeliano; il personale docente a dare lettura della presente mozione, ivi comprese le premesse che ne formano parte integrante, in occasione dell’avvio dei corsi.   Per il Dipartimento di Giurisprudenza, Scienze politiche, economiche e sociali (DIGSPES): Rocco Alessio Albanese, Elisabetta Grande, Stefano Saluzzo, Chiara Tripodina, Giorgio Barberis, Elena Allegri, Alba Angelucci, Pierfrancesco Arces, Giacomo Balduzzi, Fabio Berca, Margherita Benzi, Chiara Bertone, Marta Buffoni, Domenico Carbone, Francesca Chiarotto, Paolo Chirico, Flavia Coda Moscarola, Daniele Ferrari, Amal Khadir, Roberto Mazzola, Anna Menozzi, Massimiliano Piacenza, Andrea Pogliano, Marta Regalia, Silvana Robone, Daniele Scarscelli, Davide Servetti, Giuseppe Verrigno, Massimo Vogliotti, Francesca Zaltron e Roberto Zanola. Seguono (al 28/10/25) altre 281 firme. Redazione Piemonte Orientale
Radere al suolo Gaza
Secondo l’agenzia di stampa palestinese, ieri, a Gaza sono stati uccisi 98 civili. Dall’alba di oggi ne sono stati assassinati altri 21. I bombardamenti di ieri si sono concentrati sul quartiere Sabra. I carri armati a terra avanzano verso ovest, ma lentamente. Prima di occupare il territorio, dopo gli intensi bombardamenti, l’esercito manda bulldozer e robot imbottiti di esplosivo, per radere al suolo tutte le costruzioni, anche i ruderi. Non è una guerra. Non ci sono due eserciti che si combattono. È un’aggressione di un esercito, armato fino ai denti da USA e Ue, per annientare un popolo. Il piano – secondo la stampa israeliana – è di completare il “lavoro” entro il 7 ottobre 2025. Radere al suolo Gaza città e cacciarne la popolazione è il trofeo che Netanyahu intende alzare, per conquistare il consenso della popolazione israeliana. I rapporti dell’Onu affermano che un terzo dei bambini palestinesi di Gaza vanno a letto senza mettere nulla sotto i denti da oltre 24 ore. “Affamare la popolazione civile per fini militari è una violazione del diritto internazionale – scrive l’ONU – ma a distanza di 2 anni non riusciamo a mettere fine all’azione dell’esercito occupante”. Assediare le città palestinesi in Cisgiordania per distruggerne l’economia, oltre ad uccidere e arrestare militanti e attivisti: l’occupazione israeliana mira a colpire tutta la popolazione, minando la fragile economia agricola. Stamattina, senza un motivo di azione resistenziale, le truppe israeliane hanno bloccato ogni strada nella provincia di Ramallah. Posti di blocchi, barriere metalliche fisse, aggressioni contro i passeggeri delle auto e fermo per intere giornate dei camion con la verdura e la frutta per farla marcire. Un’operazione capillare che ha bloccato perfino la strada di ingresso all’università di Beir Zeit. A Salfit è andata peggio. Le truppe israeliane hanno invaso la città e devastato diverse case di attivisti. I rastrellamenti hanno portato all’arresto di 5 genitori fino alla resa dei figli, ricercati dall’esercito occupante. Ma la solidarietà in Italia non si ferma. Il 2 ottobre davanti a tutti gli ospedali d’Italia, Sanitari per Gaza organizzano dei flash-mob per sensibilizzare sulla situazione umanitaria nella Striscia. Sarano letti i nomi dei 1677 sanitari palestinesi assassinati da Israele (home – #DigiunoGaza). Gli attivisti e le attiviste di Ultima Generazione e Piazza Palestina, a Torino e Roma, continuano uno sciopero della fame ad oltranza, a supporto della Global Sumud Flotilla e per denunciare il genocidio. A Milano continua dal 16 giugno il presidio in piazza Duomo dalle 18:30 alle 19:30, con flash-mob e letture di poesie. E numerosi presidi si tengono quotidianamente in decine di città. Il 26/09/2025 si è svolta l’inaugurazione a Torino della mostra IllustrAzioni per Gaza (IllustrAzioni per Gaza. Una mostra a Torino – Anbamed) A Modena si terrà il 3-4-5 ottobre il premio Stefano Chiarini nella sua edizione 16esima. Sarà assegnato allo storico israeliano antisionista, Ilan Pappè. Continua da 4 mesi e 12 giorni lo sciopero della fame a staffetta, dall’avvio della campagna di Digiuno x Gaza, l’iniziativa lanciata a maggio da Anbamed. Oggi, domenica 28 settembre, prosegue incessantemente l’azione nonviolenta di sciopero della fame di ventiquattro ore. ANBAMED
Droni sulla Flottiglia: attacco alla solidarietà e all’informazione, mentre a Gaza si completa il genocidio
Dopo il discorso di Trump all’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a fronte del riconoscimento internazionale sempre più vasto dello Stato di Palestina, Israele intensifica la sua aggressione alla popolazione civile di Gaza, di fatto una deportazione forzata a colpi di bombe, e va all’attacco della Sumud Global Flotilla, colpendo nei pressi di Creta in acque internazionali le imbarcazioni con droni incendiari e gas urticanti, e mettendo a rischio la vita dei volontari a bordo. Ancora decine di morti nel centro di Gaza City sotto le bombe dell’IDF, nel mirino anche gli ospedali, mentre si può attendere una nuova pioggia di fuoco sulle imbarcazioni civili, in violazione del diritto umanitario e delle Convenzioni internazionali sul diritto marittimo. In mare, come a terra. Adesso Israele sta lanciando anche droni incendiari sulle tende degli sfollati. Le nuove tecnologie stanno permettendo quello che fino a ieri sembrava impensabile. Questi attacchi armati sono stati preceduti da una capillare campagna mediatica, di grande impatto, che mescolando ipocrisia, disinformazione e violenza verbale, anche quando si criticavano i “discorsi d’odio”, ha sfruttato le inevitabili difficoltà organizzative della flottiglia, e le polemiche interne che non potevano mancare in una missione tanto numerosa ed eterogenea, con evidenti rischi di impreparazione, e di infiltrazione. La scelta delle imbarcazioni più piccole, con numerosi equipaggi non professionali, se corrisponde ad una vastissima mobilitazione su scala globale, anche con “equipaggi di terra”, non permette certo quella compattezza e quella rapidità decisionale che hanno caratterizzato precedenti missioni. D’altra parte mai come in questi giorni la situazione a Gaza era stata tanto critica, tanto da configurare un vero e proprio genocidio in corso, sotto gli occhi di tutti, a reti unificate, che Israele e i suoi complici vorrebbero giustificare attribuendo a coloro che resistono e si oppongono alla deportazione forzata, la qualifica di “terroristi”. Stesso termine che si adotta adesso per i componenti della Flottiglia, per anticipare il trattamento che li attende quando saranno arrestati. Continua a pesare il sostanziale disimpegno dei paesi arabi, come la Tunisia, che al di là di una solidarietà formale, nulla hanno fatto per sostenere la missione, sotto attacco già nei giorni di transito nel porto tunisino di Sidi Bou Said, da cui le imbarcazioni, prima di ripartire verso Gaza, venivano costrette ad allontanarsi per ritornare indietro a Biserta. Dopo che la Guardia nazionale tunisina aveva addirittura messo in dubbio l’esistenza del primo attacco con droni incendiari, mentre poi da ambienti vicini al presidente Saied partivano polemiche velenose contro singoli componenti degli equipaggi. Né si poteva prevedere un diverso atteggiamento da parte dell’Egitto, dopo che alla fine della precedente missione del battello Handala, già sotto attacco in acque internazionali da parte delle imbarcazioni militari israeliane, aveva rifiutato l’ingresso nelle proprie acque territoriali.  Come adesso le autorità greche rimangono in silenzio rispetto all’invasione di droni che, seppure in acque internazionali, si sta verificando a ridosso dei suoi confini marittimi. E non è neppure certo che le stesse autorità greche non ostacolino con espedienti burocratici il transito delle imbarcazioni della Flottiglia che, dopo gli attacchi incendiari, dovessero cercare un rifugio in porto. Qualcuno dovrebbe spiegare da dove partono questi droni, e chi ne controlla il volo, o ne tollera le intrusioni, a conferma di un Mediterraneo non solo del tutto militarizzato, come sapevamo da tempo per il contrasto delle traversate di profughi, ma dove evidentemente prevalgono logiche di guerra, e di spartizione economica, che arrivano a condizionare l’operato dei governi, sotto ricatto da parte di Israele, e degli Stati Uniti che ne coprono tutte le più infami operazioni militari. Secondo il diritto internazionale rimane illegale dichiarare o stabilire un blocco che “abbia il solo scopo di affamare la popolazione civile o di negarle altri obiettivi essenziali per la sua sopravvivenza”. Indipendentemente dallo scopo dell’operazione, si può ritenere vietato stabilire o dichiarare un blocco in un contesto in cui “il danno alla popolazione civile è, o ci si può aspettare che sia, eccessivo in relazione al concreto e diretto vantaggio militare previsto dal blocco”. L’Unione Europea, e gli Stati di bandiera delle imbarcazioni della Flottiglia, dunque anche Giorgia Meloni ed i suoi ministri, devono condannare gli attacchi con i droni e garantire protezione effettiva ai partecipanti della Flottiglia, assumendo iniziative concrete come la convocazione dei rappresentanti diplomatici israeliani e la sospensione, non solo della fornitura di armamenti, ma anche dei rapporti commerciali in corso. Qualunque altra dichiarazione di solidarietà formale e di generica protezione diplomatica si tradurrebbe in apertà complicità con l’operato del governo israeliano, non solo nei confronti delle persone attaccate in acque internazionali, a bordo di mezzi che non costituiscono alcun pericolo per Israele, ma anche rispetto alla soluzione finale che si sta consumando nella Striscia, e nei territori occupati della Cisgiordania. Il blocco navale delle coste di Gaza, con la falsa offerta israeliana di fare attraccare la Flottiglia, per la consegna degli aiuti, nel porto di Ashdod, rimane una ennesima violazione del diritto internazionale, perchè in presenza di un genocidio, anche per fame e per mancanza di cure mediche, e di una deportazione forzata della popolazione civile, con un sostanziale impedimento alla distribuzione degli aiuti in quella che viene considerata soltanto come una zona di guerra, cadono tutti i presupposti che possono giustificare il blocco navale. Ed è per questa ragione che accanto alle imbarcazioni civili della Flottiglia dovrebbero esserci navi di missioni internazionali per portare aiuti direttamente a Gaza, dove in passato è stato possibile farli arrivare via mare anche in assenza di un porto. Perchè Israele e la organizzazione che dovrebbe distribuire gli aiuti alla popolazione civile hanno ampiamente dimostrato di permettere a Netanyahu di utilizzare la fame e la carenza di medicine, come il ricorso ai bombardamenti, per eliminare la popolazione, ormai identificata per intero come “nemica” e costringere civili innocenti, tra cui donne, bambini, malati, alla deportazione ed al confinamento. Senza un immediato cessate il fuoco, non sarà possibile fare arrivare aiuti tanto consistenti da alleviare il calvario inflitto ai Gazawi, ma le poche scorte a bordo della Flottiglia hanno un valore immenso, che va ben oltre la loro consistenza materiale, perchè danno la misura della necessità di rompere l’isolamento fisico e l’apartheid del popolo palestinese, su cui si basa il genocidio in corso, e di battere l’onda mediatica che non riesce ancora ad andare oltre gli attacchi del 7 ottobre 2023. Come se prima di quel giorno non fosse successo nulla. Non si può permettere che sul piano della informazione, anche attraverso lo sfruttamento di contraddizioni e disfunzioni che sono emerse in questa missione della Flottiglia, del tutto diversa rispetto alle altre che la hanno preceduta, prevalga, con la rassegnazione al diritto della forza, il progetto genocidario di Israele, al quale Trump sta garantendo totale copertura. La resistenza sarà ovunque. Per Gaza e la Palestina, per la democrazia, per la pace. I milioni di persone che nel mondo scendono in piazza per difendere il diritto ad esistere del popolo palestinese difendono anche le residue possibilità di vivere nel rispetto dello Stato di diritto, attaccato da autocrazie e populismi, e di ridurre i rischi di una guerra totale, oggi sempre più vicina. Non saranno certo episodi isolati, o polemiche interne, comunque inevitabili, che potranno spegnere un gigantesco impegno costituente, mirato a nuove solidarietà internazionali ed alla difesa dei diritti fondamentali della persona, in qualunque tempo ed in qualunque luogo si trovi. N.B. ricordiamo a tutt* di contattare gli attivisti della propria città per partecipare alle iniziative che numerosissime si stanno moltiplicando in tutta Italia e di aderire alla campagna di email bombing “scrivete a unita.crisi@esteri.it  e gabinetto@esteri.it” (ndR) Fulvio Vassallo Paleologo
Le piazze mobilitate da CGIL: sabato 6 settembre prossimo manifestazioni in tutta Italia
L’iniziativa annunciata da CGIL lo scorso 27 agosto ha raccolto adesioni in numerose città e da tante associazioni locali, in particolare molte sedi e sezioni di ACLI, AMNESTY INTERNATIONAL, ANPI, ARCI, EMERGENCY, LEGAMBIENTE, LIBERA, PAX CHRISTI,… Viene anche promossa da FIOM, che nel comunicato diffuso ieri esorta i propri iscritti a coordinarsi con i rappresentanti delle Camere del Lavoro territoriali e partecipare alle manifestazioni.      Sulle pagine di COLLETTIVA, l’organo di stampa della confederazione sindacale, è riferito: > La Cgil chiama alla mobilitazione nazionale per sabato 6 settembre in tutte le > città italiane per chiedere “che si fermi la barbarie in corso” e che il > governo italiano “si schieri dalla parte della pace, della giustizia e del > diritto internazionale”. > > Per questo “invitiamo lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate, > studenti e studentesse, il mondo associativo, artisti, intellettuali e > giornalisti a unirsi – si legge in una nota – per chiedere che si fermi la > barbarie in corso”. > > Non solo denuncia e appelli. La Cgil rilancia il proprio impegno > umanitario, sostenendo la Global Sumud Flotilla, iniziativa nonviolenta nata > dal basso per rompere l’embargo e l’isolamento della popolazione palestinese. > > Cgil per Gaza: “Fermiamo la barbarie”. Manifestazione il 6 settembre / > COLLETTIVA – 27 AGOSTO 2025 Nel proprio comunicato, FIOM dichiara: > L’ignobile massacro nei confronti della popolazione civile palestinese, il > blocco degli aiuti umanitari, i bombardamenti, la pulizia etnica perpetrata > dal governo Israeliano sta continuando a mietere vittime innocenti: donne, > uomini e bambini di Gaza, che hanno la sola colpa di essere nati e vivere in > quel luogo. Siamo in presenza di un vero e proprio genocidio nei confronti dei > Palestinesi che occorre fermare, anche allargando la mobilitazione. > > FIOM in piazza al fianco del popolo palestinese / FIOM – 2 SETTEMBRE 2025 Le manifestazioni e iniziative coordinate dalle sedi territoriali della CGIL verranno svolte tutte all’insegna dello stesso slogan: FERMIAMO LA BARBARIE Attualmente, sono disponibili informazioni di presidi, cortei e flash-mob a * ROMA – piazza del Campidoglio, alle 18 * ABRUZZO : Pescara – flash mob con raduno alle 17:30 presso la Madonnina del Porto / Ciascunə dovrà indossare una t-shirt bianca e portare una bandiera della pace o della Palestina, formeremo due catene umane a rappresentare un corridoio umanitario sul ponte del mare e alle 18 al suono della sirena il corridoio umanitario sul ponte del mare verrà attraversato da 10 bambini e bambine che sventolano le bandiere della pace. * BASILICATA : Potenza (piazza Mario Pagano alle 17) * EMILIA ROMAGNA : Bologna, Cervia, Ferrara, Forlì-Cesena, Imola, Modena, Parma, Piacenza, Ravenna, Reggio Emilia, Rimini,… Monte Sole * CALABRIA : Catanzaro (piazza Prefettura, alle 10:30), Cosenza (Camere del Lavoro di Cosenza e Pollino Sibaritide Tirreno / piazza XI Settembre, h 17:30), Crotone (piazzale Berlinguer – lungomare, alle 17), Reggio Calabria (scalinata Teatro Cilea / corso Garibaldi, alle 18) e Vibo (corso Vittorio Emanuele, alle 10:30) * CAMPANIA : Napoli (largo Berlinguer alle 17) * LIGURIA: Genova (davanti alla Prefettura, alle 17:30), La Spezia (piazza Mentana, alle 18), Savona (concentramento in piazza Mameli alle 19 e corteo verso Piazza Sisto IV) e Imperia (porto Turistico / Maurizio alle 16.30 – partenza simbolica di una barca come gesto di solidarietà per testimoniare il sostegno alle centinaia di volontari di oltre 80 paesi diversi impegnati nella missione della Global Sumud Flotilla) * LOMBARDIA : Brescia (Campo Marte, alle 12), Lecco (piazza XX Settembre, alle 17), Mantova (piazza Martiri di Belfiore, alle 18), Legnano (piazza San Magno, alle 17), Milano (piazza Santo Stefano, alle 10) … e altre che si stanno organizzando * MARCHE : San Benedetto del Tronto (Giardino Nuttate de Lune / viale delle Tamerici, alle 17:30) * PIEMONTE : Asti * PUGLIA : Taranto (davanti alla Prefettura, dalle 9:30 alle 12:30) * SARDEGNA : Cagliari (piazza Ravot, alle 17:30) * SICILIA : Palermo (concentramento in lungomare Yasser Arafat / Foro Italiaco alle 17 e corteo fino a lungomare dei Migranti / Albeggiani – Cala), Trapani (concentramento in piazza Municipio alle 19 e corteo per le vie Garibaldi e Torrearsa fino a via Ammiraglio Staiti, davanti al molo dove è ormeggiata la nave Mediterranea Saving Humans – ai partecipanti è chiesto di portare con sé una barchetta di carta, anche dipinta con i colori della bandiera palestinese, simbolo di libertà, di resistenza e di pace) * TOSCANA : Firenze (flash-mob / ponte Santa Trinita alle 11), Pisa (Logge dei Banchi, dalle 17 alle 19), Pontedera (piazza Curtatone, dalle 17 alle 19), Siena (Lizza nel piazzale adiacente la sede CGIL, alle 17), Volterra (piazza dei Priori, dalle 17 alle 19) * UMBRIA: Perugia (presidio – piazza Italia, dalle 11) e Terni (concentramento alle 9 in piazzale Briccialdi e marcia fino a piazza Europa / arrivo previsto alle 11:30) * VALLE D’AOSTA : Aosta (presidio – piazza Roncas, dalle 17) Maddalena Brunasti
Don Nandino Capovilla: obiettore di coscienza, in Israele e in Italia
Dopo l’arresto all’aeroporto di Tel Aviv e l’espulsione da Israele, subito dopo il ritorno in Italia il sacerdote ha convocato una conferenza stampa. Nel messaggio divulgato appena era stato rilasciato, aveva chiesto ai giornalisti di non parlare di lui e della vicenda che lo ha reso un protagonista delle cronache omettendo di riferire corrette informazioni sul genocidio dei palestinesi. «Non puntate riflettori e microfoni su di me, guardate il motivo per il quale stavo andando in Palestina – ha sollecitato don Nandino Capovilla – Poniamo l’attenzione su ciò che sta accadendo lì». L’incontro con lui nella sua comunità, la parrocchia della Resurrezione a Maghera, e insieme a Betta Tusset, coordinatrice della campagna “Ponti e non muri” e con don Nandino Capovilla autrice di Sotto il cielo di Gaza pubblicato il marzo scorso e una serie di libri editi dal 2005, inoltre al consigliere nazionale di Pax Christi, don Renato Sacco, e a monsignor Giovanni Ricchiuti, presidente del movimento dei cristiani pacifisti che è intervenuto in collegamento dalla Cisgiordania, si è svolto in modalità telematica coinvolgendo molte persone, non solo giornalisti. «Ovviamente tutti mi stanno chiedendo di raccontare i fatti accaduti – ha esordito don Nandino Capovilla – Ebbene, è successo che mentre io venivo fermato e arrestato, trattenuto in detenzione amministrativa, intanto a Gaza morivano tante persone e molti bambini…». Don Nandino Capovilla ha spiegato che, come cita l’atto di espulsione, è stato allontanato dal paese perché ritenuto “un pericolo per lo Stato di Israele” e commentato: «Eppure invece Benjamin Netanyahu, per cui il 21 novembre 2024 la Corte penale internazionale ha emesso un mandato d’arresto, può risiedere e muoversi in Israele e persino viaggiare all’estero senza impedimenti…». Delle 7 ore trascorse all’aeroporto di Tel Aviv don Nandino Capovilla ha riferito: «Con me c’erano altre due persone, di altri paesi, e insieme eravamo controllate dagli agenti israeliani. Non ci veniva data risposta alle nostre richieste di informazioni su cosa ci stesse accadendo e perché. Quando chiedevamo il permesso di andare in bagno ci veniva detto: “Non adesso, dopo”. Infine mi è stato perentoriamente ordinato di firmare un documento…». Il sacerdote italiano ha soffermato l’attenzione sulla reazione dell’agente della polizia israeliana al suo rifiuto di firmare un documento: «Ha veementente protestato asserendo che io fossi obbligato a firmare quell’atto, così mostrando che in un sistema autoritario la libertà di scelta non è ammessa e, oltre a venire ostacolata o impedita, non è nemmeno pensata possibile dalle persone sottomesse ai potenti». E ha concluso proclamando: «Dichiaro la mia obiezione di coscienza qualora al Parlamento italiano sia varato il disegno di legge in base al quale verranno proibite le riunioni e manifestazioni di solidarietà con i palestinesi». Betta Tusset ha ricordato che il titolo della campagna Ponti non muri avviata il 9 ottobre 2004 è ispirato alla frase di papa Giovanni XXIII, “Non di muri, ma di ponti ha bisogno la Terra Santa” e che i pellegrinaggi organizzati da Pax Christi in Palestina sono realizzati per incontrare il popolo perseguitato e dare voce alle persone oppresse nel rispetto del loro dolore, della loro storia e della loro cultura. Don Renato Sacco ha focalizzato l’attenzione sull’ipocrisia dei governanti italiani: «L’Italia è il terzo maggiore fornitore di armi a Israele, e il ministro Crosetto lo sa bene… A giugno scorso avevamo chiesto che l’accordo commerciale per i trasferimenti d’armi e tecnologie militari con Israele fosse annullato, invece è stato rinnovato… L’UE, con 72 miliardi di euro investiti, molti più degli USA, è il maggiore partner di Israele…». E, ricordando gli attacchi che hanno colpito Taybeh, don Sacco ha rammentato che questa comunità palestinese è cristiana, “non un covo di estremisti fondamentalisti terroristi musulmani” e affermato: «La guerra si nutre di bugie e la verità è l’arma più forte con cui debellare la guerra». Citando Hannah Arendt, il coordinatore nazionale di Pax Christi, Antonio De Lellis, ha osservato che i regimi oppressivi si reggono su cecità, complicità e obbedienza e affermato che per non esser ciechi e complici delle atrocità commesse dal governo israeliano in Palestina si devono applicare le sanzioni e si possono fare azioni pacifiche, come boicottare il commercio di prodotti ‘made in Israele’ che viene promosso dalla campagna di BDS e sostenere le lotte dei lavoratori che, come i portuali di Genova, denunciano e impediscono il trasporto di armi in Israele. Riprendendo gli accenni di don Nandino Capovilla e Antonio De Lellis, il presidente della Fondazione Lelio e Lisli Basso, Filippo Landi, ha messo in evidenza il parallelismo tra l’espulsione da Israele ingiunta al sacerdote italiano e a dei funzionari del presidio a Gerusalemme dell’OCHA. Nandino Capovilla e Betta Tusset: “Continuiamo a dare voce al popolo palestinese oppresso” / FAMIGLIA CRISTIANA – 13 AGOSTO 2025 Maddalena Brunasti
Aggressioni israeliane a macchia d’olio
Siria Israele domina i cieli della Siria e controlla praticamente tutto il sud. Un reparto di soldati israeliani drusi si trova nella zona rurale di Damasco, con il pretesto di garantire la sicurezza dei villaggi drusi siriani. Il sud è sotto gli attacchi di caccia e droni israeliani, oltre alla presenza di  alcune milizie minoritarie druse vendute al nemico. Il governo islamista di Damasco affiliato alla Turchia aspira ad ottenere la benevolenza statunitense, come ai primi tempi dei talibani afghani negli anni ottanta e novanta. Ahmad Sharaa ha obbedito a tutte i diktat di Washington, a partire dal ritiro dell’esercito da Suweidaa. Gli scontri però tra milizie islamiste e milizie druse filo-israeliane non sono cessati e le due parti si accusano delle più indicibili atrocità. Situazione umanitaria a Gaza La fame e la sete sono attualmente la principale causa di morte dei palestinesi di Gaza. Molto  più delle bombe. Secondo i dati forniti dal ministero della sanità, sono 370 i ricoverati nella giornata di ieri con gravi sindromi di malnutrizione. Da una settimana non mangiavano nulla e hanno bevuto solo alcune gocce di acqua sporca. I bambini morti per carestia registrati negli ospedali sono finora 67, ma il numero sicuramente è più alto, per le difficoltà di raggiungere le strutture mediche. Sono cadute nel rifiuto dei generali israeliani le richieste di introdurre una parte dei 6 mila camion fermi nel Sinai egiziano a due passi del valico di Rafah. Il criminale di guerra ricercato, Netanyahu, in una telefonata al papa Leone XIV ha detto che si raggiungerà presto un accordo per il cessate il fuoco, quando è stato lui in verità finora l’ostacolo all’accordo. Ptosegue intanto l’uso della fame come arma da guerra. Trattative La stampa israeliana sostiene che Netanyahu adesso, visto che non ha più la maggioranza in parlamento, ha fretta di giungere ad un accordo con Hamas. Si accinge a spedire a Doha una delegazione più autorevole di negoziatori ed è disponibile ad abbandonare il corridoio tra i ruderi di Rafah e Khan Younis. Il suo ufficio si copre il fianco sostenendo che l’ipotetica svolta è il risultato delle pressioni dell’amministrazione Trump. Il motivo reale invece è tutto elettorale. Il criminale di guerra ricercato vuole intestarsi l’atto di riportare a casa gli ostaggi, da spendere nella campagna politica che si annuncia per ottobre. Fonti egiziane vicine al negoziato rivelano in anonimato che si è passati alla discussione sul numero dei detenuti palestinesi da liberare in cambio dei 10 ostaggi vivi e 18 morti. Cisgiordania Gli abitanti di Yaabad, a sud-ovest di Jenin, sono rimasti sconvolti dall’assassinio di un ragazzo di 14 anni per mano delle nuove SS israeliane. Una massa di popolo ha accompagnato il feretro di Amr Qabha all’ultima dimora. Il ragazzo era stato colpito alla testa da una pallottola sparata dai soldati di occupazione che stavano avanzando nella cittadina protetti dai loro mezzi corazzati. È stato lasciato a terra ferito e sanguinante, impedendo l’arrivo dei soccorsi fino al decesso. Un’esecuzione di piazza extragiudiziale da criminali incalliti. Non è un avvenimento eccezionale, ma una pratica consuetudinaria che applica anche in Cisgiordania il genocidio. Libano Israele sta dominando il sud Libano militarmente, con attacchi giornalieri, uccidendo civili e coprendo i propri crimini con falsità su obiettivi di Hezbollah da colpire. Una pressione militare accompagnata dalla diplomazia statunitense che spinge per il riconoscimento reciproco tra Libano e Israele. Ieri sono stati uccisi due contadini in un attacco con droni a Nabatyie. Le dichiarazioni dell’inviato speciale statunitense per la Siria e il Libano, Thomas Barrack, sono una minaccia alla stessa esistenza indipendente del paese. Barrack ha avvertito che il Libano potrebbe cadere nella morsa delle potenze regionali e dover affrontare una minaccia esistenziale se non verrà risolta la questione delle armi di Hezbollah. Ha avvertito che se il Libano non agirà e non si unirà al treno del cambiamento, potrebbe tornare sotto la tutela della Grande Siria (il Levante; ha usato il termine Bilad Sham in arabo). Libia/CPI La Germania non è l’Italia del governo delle destre. Il governo Merz ha arrestato un miliziano libico ricercato dalla CPI. La vergogna di Meloni, Piantedosi e Nordio è così doppia. Khaled Mohamed Ali El Hishri, alias Al Buti, è stato fermato all’aeroporto di Berlino-Brandeburgo in procinto di imbarcarsi per un volo per Tunisi. Era ricercato, con un mandato di cattura della CPI, per crimini contro l’umanità e crimini di guerra commessi nella prigione di Mitiga a Tripoli, dove sono state detenute migliaia di persone. Non è un militare libico, come scrive certa stampa, ma un miliziano come il suo capo Al-Masri, lasciato fuggire (anzi accompagnato a Tripoli su un volo di Stato italiano) dal governo di Roma. ANBAMED