Il governo di Tripoli arresta il torturatore Almasri liberato dal governo Meloni

Pressenza - Thursday, November 6, 2025

1. Su espressa richiesta della Corte Penale Internazionale, e su ordine della Procura generale di Tripoli, forze di sicurezza legate al “governo provvisorio” guidato dal premier Dbeibah hanno arrestato il torturatore Almasri, già capo della polizia giudiziaria libica, dopo che lo scorso gennaio il governo Meloni, con la complicità della Corte di Appello di Roma, lo aveva rimesso in libertà per cavilli formali privi di base legale, per rimandarlo in Libia con un volo di Stato, malgrado il mandato di cattura internazionale pendente sul suo capo. Un arresto che viene dopo il recente pronunciamento della Camera preliminare della Corte dell’Aja per la violazione da parte dell’Italia degli obblighi internazionali di cooperazione sanciti dall’art. 87(7) dello Statuto di Roma.

L’arresto di Almasri potrebbe essere inquadrato nell’ambito di un ennesimo regolamento di conti tra le milizie libiche che nel tempo hanno sostenuto Dbeibah, con il consenso della comunità internazionale. In particolare la milizia RADA, Forza Speciale di Deterrenza per la Lotta al Terrorismo e alla Criminalità Organizzata, alla quale appartiene Almasri, era in contatto diretto con le autorità italiane, in quella che si definisce come “lotta all’immigrazione illegale”, anche se si rivolge verso richiedenti asilo e persone vulnerabili che in Libia, tanto in Tripolitania, che nel Fezzan e nella Cirenaica, governate da diverse entità politiche e militari, sono soggette ad ogni tipo di abuso. 

Come avvertivano, ancora pochi mesi fa, i servizi segreti italiani, nel corso dell’indagine del Tribunale dei ministri, anticipando una linea sulla quale è ancora attestato il governo Meloni, la liberazione di Almasri era imposta dall’esigenza di non mettere a rischio la «collaborazione molto proficua» in campo giudiziario che l’Aise ha con la Rada per il contrasto ai «traffici di esseri umani, oli, combustibili e stupefacenti, o attività terroristiche».

2. Le più recenti dichiarazioni del governo italian, che afferma di essere a conoscenza da gennaio di un mandato di cattura a carico di Almasri emesso dalle autorità di Tripoli, sono una conferma delle menzogne e delle contraddizioni sulle quali si è basato il rifiuto del Parlamento di fronte alla richiesta di autorizzazione a procedere richiesta del Tribunale dei ministri nei confronti dei politici che avevano liberato Almasri e con la loro inerzia ne avevano favorito il rientro in Libia da trionfatore. Successivamente la missione delle Nazioni Unite in Libia (UNSMIL) aveva chiesto alle autorità tripoline “di arrestarlo e di aprire un’indagine su questi crimini per garantire la piena responsabilità, oppure di trasferirlo alla CPI”.

A luglio la Corte penale internazionale emetteva un mandato di cattura per “Al Buti”, altro capo-milizia libico, che veniva arrestato dalla polizia tedesca a Francoforte per i crimini commessi in Libia al fianco del generale Almasri. Mentre in Italia si cercava di bloccare, ed alla fine si chiudeva con un voto del Parlamento, esclusa la posizione di una funzionaria ministeriale, l’indagine del Tribunale dei ministri sui possibili reati commessi da membri del governo italiano che avevano contribuito al ritorno di Almasri, a piede libero, a Tripoli.

3. La Corte d’appello di Roma ha sollevato questione di legittimità costituzionale sul ruolo attribuito al ministro della Giustizia dalla legge italiana di recepimento dello statuto della Corte penale internazionale (la 237/2012). Si attende anche il pronunciamento della Corte Costituzionale, investita per opposte ragioni, dal governo italiano e da una vittima del torturatore libico, per risolvere un grave conflitto di attribuzioni determinato dal voto del Parlamento su un caso che andava rimesso all’esame dell’autorità giudiziaria italiana. Anche perché il reato di tortura è un reato universale, che può essere perseguito in base al codice penale italiano (art. 613 c.p.), ovunque sua stato commesso.

Nel frattempo una vittima di Almasri, detenuta illegalmente in Libia, ha presentato ricorso alla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo contro l’Italia per la mancata cooperazione alle indagini e al procedimento avviato dalla Corte Penale Internazionale (CPI). Anche se la giustizia italiana sarà costretta a bloccare le sue indagini per ragioni politiche, si può attendere che le giurisdizioni internazionali chiariscano tutte le responsabilità e le complicità che hanno prodotto in centinaia di casi sparizioni forzate, torture, estorsioni e ricatti incrociati che hanno raggiunto, per sua stessa ammissione, persino il governo italiano. Almasri avrà sicuramente molte nefandezze da raccontare, e potrebbe essere scoperta una fitta rete di contatti a livello internazionale, che ne hanno favorito le attività illegali, se sarà consegnato alla Corte Penale internazionale.

Altrimenti, se resterà in custodia a Tripoli, qualcuno potrebbe chiudergli definitivamente la bocca, come hanno fatto lo scorso maggio con il capo milizia Abdel Ghani al-Kikli, altro alleato dell’Italia, come capo dell’Apparato di supporto alla stabilità (SSA), prima vicino al premier Dbeibah, nel contrasto all’immigrazione irregolare (anche lui accusato di gravi violazioni dei diritti umani), ucciso al suo rientro in Libia, dopo un soggiorno a Roma, ed anche dopo la rottura dei suoi rapporti con il governo di Tripoli.

4. La proroga del Memorandum d’intesa tra Italia e governo di Tripoli si presenta così come una ennesima ratifica di un modello di esternalizzazione dei controlli di frontiera che produce illegalità, un modello di cooperazione di polizia che parte da lontano, addirittura dal Protocollo aggiuntivo tecnico-operativo del 2007 (governo Prodi) poi recepito dal Trattato di amicizia tra Berlusconi e Gheddafi del 2008, e che ha ampiamente dimostrato di produrre migliaia di vittime innocenti, nei territori libici ed in acque internazionali, e di favorire la proliferazione di milizie criminali che utilizzano i corpi dei migranti per guadagnare vantaggi politici e utilità economiche. Con la complicità dell’Unione Europea, sempre più impegnata nella collaborazione con i libici attraverso l’agenzia Frontex, che adesso sta aprendo anche al generale Haftar, ma soprattutto con la connivenza delle autorità italiane che hanno collaborato e continuano a collaborare in Libia con soggetti accusati di avere commesso gravissimi reati, veri e propri crimini contro l’umanità.

La situazione di costante violazione dei diritti umani caratterizza anche la parte del territorio libico controllata dal generale Haftar, corteggiato dal governo italiano e dalle cancellerie europee malgrado la sua dipendenza dalla Russia ed i crimini contro l’umanità che gli vengono contestati. Il generale, spalleggiato dai figli, ha persino bandito l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR).

Secondo quanto comunicato dall’agenzia NOVA, l’Agenzia di sicurezza interna della Libia (Asi), legata alle autoproclamate Forze armate arabe libiche (Faal), una entità militare operante nell’est e nel sud del paese, guidata adesso da Ousama Al-Dressi ed in passato da Saddam Haftar, figlio del generale Khalifa Haftar, storicamente vicino alla Russia, una agenza di sicurezza riconosciuta con la stessa denominazione anche dal governo di Tripoli, ha annunciato la “sospensione” delle attività di dieci organizzazioni non governative internazionali, tra cui anche diverse ONG italiane, e dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr)

L’Asi accusa queste entità di “attività ostili” volte a minare la sovranità dello Stato libico, alterarne l’equilibrio demografico e favorire il radicamento dei migranti irregolari nel Paese. Sul piano delle violazioni e degli abusi commessi ai danni delle persone migranti entrambi i governi paralleli che si dividono la Libia sembrano trovare una intesa armata, dietro una apparente legalità.

5. Le dichiarazioni del premier libico Dbeibah di volere ripristinare lo Stato di diritto e di bloccare le milizie che gestiscono centri di detenzione extragiudiziaria non corrispondono ai fatti, perché anche nei centri “governativi” continuano gravissimi abusi ai danni delle persone migranti. Le attività di ricerca e salvataggio che sarebbero delegate alla sedicente Guardia costiera libica assumono sempre più il caratterere di intercettazioni violente, se non di aggressioni vere e proprie in acque internazionali, come testimoniano inequivocabilmente i corpi dei migranti che riescono ad essere soccorsi dalle ONG o che raggiungono in autonomia Lampedusa, mentre l’impegno degli assetti navali italiani si limita ormai alle acque territoriali ed a una parte della zona SAR di loro competenza. Per non parlare della sistematica omissione di soccorso imputabile alle autorità maltesi, sulla base di accordi di polizia marittima in cooperazione con i libici.

Negli ultimi mesi in diverse occasioni i guardiacoste libici hanno aperto il fuoco sui barconi e sulle navi umanitarie per uccidere, e si stratta di forze direttamente collegate al governo di Tripoli guidato da Dbeibah che adesso si erge a paladino della legalità. La Corte di Appello di Catanzaro ha annullato definitivamente un fermo amministrativo imposto ad una ONG in base al decreto Piantedosi del 2023, affermando che la Guardia Costiera libica non è un soggetto legittimo per le operazioni SAR“. Ma quella stessa Guardia costiera è un pilastro fondamentale del governo di Tripoli nella gestione dei rapporti politici ed economici con l’Italia e con l’Unione europea.

Non stupisce che in questa situazione anche le autorità di Tripoli abbiano imposto ad organizzazioni umanitarie come Medici senza frontiere (MSF) di abbandonare il paese, circostanza che conferma come l’arresto di Almasri non corrisponda affatto ad un ripristino della legalità in Libia, o quantomeno nella Tripolitania.

E bene hanno fatto le Organizzazioni non governative che operano attività di soccorso nel Mediterraneo centrale a creare finalmente un fronte unico, avvertendo che da oggi in poi non comunicheranno più con la sedicente Guardia costiera libica, responsabile nelle sue diverse articolazioni di avere intercettato in acque internazionali decine di migliaia di persone, e di averle rigettate nelle mani di criminali come Almasri e Al-Kikli, con la complicità manifesta delle autorità europee ed italiane.

 

Fulvio Vassallo Paleologo