Legami di pace

Comune-info - Sunday, October 12, 2025
Marcia Perugia-Assisi, 12 ottobre 2025. Foto di Riccardo Troisi per Comune

In queste ultime settimane sono stata “fuori gioco” per cause forzate ma anche se in una condizione di fragilità, i movimenti e l’attivismo dal basso nazionali e internazionali che si sono succeduti, sono stati per me elemento di sostegno e nutrimento. Una forma di rinascita che partendo dallo sterminio del popolo palestinese e fino all’azione giusta, legittima e umana della Flotilla, ha raggiunto popoli interi senza distinzione alcuna, né per età, per provenienza, per ceto sociale o altro.

Una risposta universale, mondiale, che ha messo al centro contemporaneamente il contrasto e il rifiuto di ogni genocidio, delle logiche di guerra e dei suoi riarmi, per l’affermazione di una democrazia civile che nasce e si afferma dal basso, di una responsabilità verso una pace che non nasce dopo le guerre ma prima, dentro l’affermazione del diritto internazionale. Una pace come espressione di una reale e libera volontà umana che si traduce nella politica del disarmo che secondo Norberto Bobbio rappresenta il pacifismo attivo nella sua forma più elementare insieme al pacifismo sociale che muove da una critica dello stato quale sistema di oppressione. Un pacifismo sociale attivo, diffuso, partecipato, con una sua radice storica collegata anche al periodo del dopo guerra, quando al suo termine fu messo in discussione il principio di sovranità degli stati, auspicando la costituzione di istituzioni sovranazionali efficaci nel riconoscimento giuridico del diritto internazionale.

Praticare azioni di pace come è stato per la Global Sumud Flotilla vuol dire riconoscerle attraverso il diritto riconosciuto dalle istituzioni sovranazionali che hanno il compito di applicare sanzioni contro singoli individui responsabili di illeciti internazionali. La giurista Francesca Albanese ha svolto in questa direzione un’azione continuativa, informativa, forte e chiara, mettendo al centro il riconoscimento del diritto internazionale e i criteri di legittimità delle azioni e dei movimenti che si oppongono ai genocidi dei popoli.

“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”, non è solo una frase o un principio, non è un’aspirazione, è un valore costituzionale, un valore che si è affermato come un nuovo ordine civile, politico, umano dopo la tragedia della dittatura fascista, come volontà di non subire mai più una guerra.

Eppure ancora oggi risuonano come verità le parole di Simone Weil quando alla fine degli anni Trenta denunciava il fatto che circolassero in Europa parole prive di contenuto ma gonfie di sangue e di lacrime.

Parole vuote le sentiamo ancora oggi e proprio perché svuotate di ogni etica, di ogni morale, fallisce il tentativo vergognoso di screditare e dileggiare chi, al contrario, è portatore di valori, di giustizia e di umanità.

Ciò che è stato permesso a Israele verso la distruzione del popolo palestinese, specialmente donne e bambini, ha rafforzato un modello di impunità, indebolendo a livello mondiale il sistema di protezione dei civili. Ha creato e legittimato un modello ripetibile, ha determinato un’assenza, una complicità, un vuoto che vuoto non è, quando invece doveva esserci una risposta forte e chiara da parte dei governi perché urgente umanamente e perché giuridicamente necessaria. Contro le dichiarazioni israeliane che nessuno a Gaza é innocente.

Una risposta che non è arrivata ma è diventata corale e potente in tutto il mondo come antidoto all’uso dei poteri bellicisti e al collasso del diritto umanitario. Può essere l’inizio di un’altra storia e seguiremo le prossime ore e i prossimi giorni in Palestina con trepidazione e incertezza.

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