Cittadinanza per residenza: la valutazione del reddito deve tener conto dell’invalidità e dell’impegno nel reinserimento lavorativo

Progetto Melting Pot Europa - Wednesday, September 10, 2025

Il Consiglio di Stato è ritornato a pronunciarsi sui poteri discrezionali della P.a. in merito alla concessione della cittadinanza italiana, ovvero dei criteri che quest’ultima deve tenere in considerazione ai sensi dell’art. 3 d.l. 25 novembre 1989, n. 382, conv. in l. 25 gennaio 1990, n. 8.

Nel caso di specie, il cittadino extracomunitario aveva presentato l’istanza a settembre del 2014, allegando – tra l’altro – anche la documentazione relativa ai redditi dell’ultimo triennio.

Tuttavia, il Ministero dell’Interno – con il decreto del 7 agosto 2019 – aveva negato la concessione della cittadinanza per carenza dei criteri reddituali, poiché “lo straniero deve dimostrare di possedere una certa stabilità e continuità nel possesso del requisito, che va mantenuto fino al momento del giuramento”.

Invero, l’Amministrazione non aveva tenuto in debita considerazione la circostanza che l’istante, in data 3 dicembre 2013, fosse stato giudicato invalido con riduzione permanente della capacità lavorativa dal 74% al 99%, con decorrenza dal 14 giugno 2013, risultando anche iscritto nell’elenco degli aventi diritto all’assunzione obbligatoria.

Inoltre, avanzato ricorso avverso il suddetto provvedimento, il Tar – rigettando la domanda -aveva annunciato che “l’erogazione a titolo di pensione di invalidità “non assume rilievo ai fini del calcolo e della formazione del reddito, avendo di contro la funzione solidaristica di sostegno al reddito”.

Ebbene, il Tribunale Amministrativo Regionale aveva omesso di considerare nella sua interezza il contenuto del ricorso introduttivo, con il quale si evidenziava che il cittadino – nonostante le condizioni di salute – aveva cercato di inserirsi nel mondo del lavoro, essendo stato iscritto dal 15 maggio 2015 nell’elenco di cui all’art. 8 l. n. 68/1999; difatti, successivamente si era iscritto al Centro d’Impiego; aveva svolto un percorso di tirocinio formativo, fino ad essere nuovamente e regolarmente assunto nel 2020.

Il Consiglio di Stato, difatti, ha ritenuta la censura meritevole di accoglimento poiché “l’Amministrazione appellata – ha omesso di attribuire rilevanza, ai fini dell’accertamento del requisito reddituale che concorre ad integrare i presupposti per la concessione della cittadinanza italiana, alla peculiare condizione di inabilità al lavoro concretizzatasi in data antecedente alla presentazione della domanda”.

Pertanto, il criterio reddituale di cui all’art. 3 d.l. 25 novembre 1989, n. 382,, se rigidamente applicato senza tenere conto della peculiare condizione di inabilità dell’istante, assumerebbe carattere discriminatorio, in contrasto con il principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3, comma 2, Cost.

Quindi, il Giudice di Secondo Grado – accogliendo totalmente l’appello – ha evidenziato che “l’Amministrazione avrebbe dovuto vagliare, nel rispetto di un esercizio costituzionalmente orientato del relativo potere e per evitare che il riscontro del dato reddituale si risolva indirettamente in un elemento illegittimamente discriminatorio, la prospettiva di inserimento lavorativo del ricorrente, in specifica relazione alle peculiari condizioni dello stesso”.

Consiglio di Stato, sentenza n. 6090 dell’11 luglio 2025

Si ringrazia l’Avv. Gentian Alimadhi per la segnalazione e il commento.