Storia di un albero scomparso e di un parco divenuto sfondo-cartolina

Comune-info - Monday, August 25, 2025

Luciana Bertinato, insegnante nota ai lettori di queste pagine, è tornata al parco Zanella di Soave a salutare il “Pino di Aleppo”, che i bambini avevano trapiantato con la Carovana dei Pacifici, nel settembre 2020, per ricordare i piccoli siriani e tutti i loro coetanei che nel mondo vivono in zone di guerra. Le parole con le quali Emanuela Bussolati, scrittrice, spiegò a bambini e bambine la storia e l’importanza botanica, nonché simbolica, di quella pianta speciale sono un manifesto potentissimo. Eppure oggi di quel pino non c’è alcuna traccia…

Qualche settimana fa sono tornata al parco Zanella di Soave (borgo a venti chilometri da Verona) a salutare il “Pino di Aleppo”, la pianta che i bambini avevano messo a dimora con la Carovana dei Pacifici, nel settembre 2020, per ricordare i piccoli siriani e tutti i loro coetanei che nel mondo vivono in zone di guerra.

Ne rammentavo la crescita rigogliosa (due metri!) avvenuta in un ambiente di armonia, biodiversità e bellezza.

Ho cercato… inutilmente. Nessuna traccia dell’albero! Il volto del parco mi è parso cambiato: tutt’intorno un silenzio muto, gli spazi verdi curati alla perfezione, scomparso ogni segno di gioiosa selvatichezza, assenti le voci e i giochi dei bambini. Soprattutto in estate, il cuore verde del borgo era animato da molteplici iniziative: presentazioni di libri e spettacoli teatrali, serate di cinema e laboratori di didattica ambientale, festival della Scienza, incontri di musica, arte, poesia e visite guidate al giardino botanico curato dall’associazione Veronautoctona. I prati, oggi falciati in modo impeccabile, ospitavano gli anni scorsi alcune bellissime specie di Tulipani (di Clusius e Tulipa Raddii), divenuti spontanei, e Orchidee (Ophrys sphegodes e Anacamptis pyramidalis) che, minacciate sulle colline veronesi, qui avevano trovato un sito di conservazione adatto, grazie all’applicazione di un attento regime di sfalcio che permetteva di esaltare la biodiversità. Qualcuno, evidentemente, ha inteso tutto ciò come disordine, in realtà vi era una progettazione volta a favorire la diversità di specie floristiche, insetti e microfauna.

Ora il parco è uno spazio bello, ma reso sfondo-cartolina, vuoto di esperienze collettive – mi dicono i volontari – È aperto ai turisti, ma è privo d’incontri, gesti e attività condivise che da sempre hanno favorito, tra i cittadini e in molte associazioni, un senso di appartenenza alla comunità. Serate infinite di chiacchiere, cene e aperitivi insieme, occasioni per trovarsi tra amici, cucinare e condividere tutti i progetti, i pensieri, arrabbiarsi ma poi ridere…”.

Dopo oltre trent’anni d’impegno, cura quotidiana e coinvolgimento della cittadinanza, dunque, il circolo Legambiente Fuori Nota APS è stato allontanato dal luogo. “Non per volontà nostra – scrivono con amarezza i soci – ma per decisione dell’Amministrazione comunale di non rinnovare la convenzione che ci permetteva di prenderci cura del parco come spazio naturale e collettivo. Perché un parco pubblico non è un prato da affittare, ma un bene comune da coltivare insieme, nella tutela della biodiversità importante per la nostra sopravvivenza”. È accaduto così che, durante i lavori di ripristino degli spazi, siano state rimosse alcune piante, tra le quali il Pino d’Aleppo di cui i volontari si erano presi cura accompagnandone la crescita. “Dove sarà finito?, chiedono i bambini e i giovani che, bambini quando fu piantato, ora hanno maggiore consapevolezza sul significato di quell’albero.

La loro domanda, rivolta al sindaco, Matteo Pressi (candidato dalla civica “Cambiamo Soave”, iscritto alla Lega), con una lettera sottoscritta da un gruppo di cittadini, ha ricevuto una risposta, tanto rapida quanto vaga: “Agli atti non risulta nulla, motivo per il quale solo ora vengo a conoscenza della vostra attività, peraltro meritoria. Credo che l’albero sia stato rimosso e non ne conosco – al momento – la sorte”. Peccato che l’iniziativa della piantumazione sia stata documentata nel giornale comunale (“Pacifici al parco Zanella” – Soave informa, dicembre 2020) e realizzata con il patrocinio del Comune. Quel giorno tantissimi bambini giocarono a costruire le loro sagome pacifiche e ad assegnare un nome agli alberi: a quelli che stavano crescendo, per vivere insieme alle prossime generazioni, e a quelli che hanno fatto compagnia ai loro nonni e bisnonni.

Proprio una nonna, Emanuela Bussolati, spiegò ai piccoli la storia e l’importanza botanica, nonché simbolica, di quella pianta speciale:

“Quando ci si presenta a qualcuno, e si dice il proprio nome, ci si conosce a poco a poco ed è più facile essere pacifici gli uni con gli altri. Allora perché il nome “Pino di Aleppo” è cosi importante? Perché identifica un pino che cresce soprattutto vicino ad Aleppo, una città siriana, molto grande. Pensate… quando un tempo c’erano le vecchie carovane che portavano in Europa la seta, i vestiti o i tappeti, Aleppo era una città magica, da mille e una notte! Purtroppo, qualche anno fa in quella città è arrivata la guerra che, quando arriva, distrugge e non guarda in faccia nessuno, non conosce il nome di nessuno. È ancora peggio di una bufera perché è fatta da persone che uccidono altre persone. Non è facile essere pacifici perché la guerra, prima di tutto, è un atteggiamento che c’è dentro di noi… Ma possiamo coltivare la pace! È più vantaggioso! Invece Aleppo è stata completamente distrutta. Le foreste dei suoi pini, che un tempo erano ambiti perché sono alberi profumati, hanno un bel legno, e addirittura sono entrati nella mitologia, sono andate quasi del tutto perdute. Oramai i pini di Aleppo sono più diffusi in Europa, trapiantati nei giardini, che non in Siria dove sono stati tagliati in tutte le epoche per costruire navi da guerra e, oggi, sono stati bombardati. Questo piccolo pino dovrà affrontare le bufere, la pioggia, il caldo troppo forte, perciò va curato. Quando verrete nel parco guardatelo: osservate se è in buona salute, e poi toccatelo e lui sentirà che gli volete bene, che qui può crescere bene. Le piante sentono quello che noi sentiamo perché sono Natura come noi, che come loro siamo fatti di liquidi e di cellule solide. L’impasto di tutto il mondo è lo stesso. Quindi prendetevi cura del vostro amico albero. Questa è la cosa che sta alla base della volontà di essere Pacifici e anche delle leggi della Natura. È la Natura che ci permette di vivere bene tutti quanti su questa Terra, l’unica che abbiamo”. 

Parole in sintonia con quelle pronunciate da Federico, alunno della Scuola Primaria: “Noi non possiamo parlare con le piante perché non conosciamo la loro lingua, il ‘piantese’, però possiamo entrare in contatto con tutte usando l’energia, il silenzio e l’ascolto”. Quelle di Giulia in visita al parco: “Qui gli alberi hanno più di cento anni e ci danno la pace. L’aria è fresca, le cicale cantano forte, la terra è morbida e i rami si muovono leggeri”. E di Luca che aveva colto l’utilizzo dello spazio come laboratorio creativo: “Abbiamo giocato con la natura senza aver bisogno di giochi”.

Si dirà: “Era soltanto un piccolo pino!”. Eppure, ci sono gesti che custodiscono un grande valore simbolico e pedagogico, perché parlano di attenzione, cura e speranza, valori oggi fondamentali in qualsiasi ambito. Gesti piccolissimi, collettivi, quelli che noi volontari continueremo a fare in Natura con le bambine e i bambini: piantare semi che germoglieranno anche dove ora c’è il buio.

Luciana Bertinato, insegnante e socia di Legambiente

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