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La politica della violenza e il futuro di Zohran Mamdani
Il tragico assassinio dell’attivista di destra Charlie Kirk ha scosso il panorama politico americano. Innanzitutto chiariamo una cosa: un atto di violenza del genere è assolutamente orribile e indifendibile. Come persona che crede profondamente nella nonviolenza gandhiana, lo condanno con la massima fermezza. Nessun disaccordo politico, per quanto profondo, dovrebbe mai sfociare in violenza fisica. La violenza non solo ruba una vita, ma danneggia anche la democrazia stessa. Ma una volta superato lo shock iniziale e il dolore, dobbiamo anche porci alcune domande difficili: come viene presentato questo crimine dai potenti mezzi di comunicazione e dai politici dell’establishment? E quale effetto potrebbe avere sul futuro di candidati progressisti come Zohran Mamdani, che ora è sotto i riflettori come serio contendente per la carica di sindaco di New York City? Da vittima a simbolo: la costruzione mediatica di Kirk Alcuni grandi media hanno già iniziato a elevare Kirk a figura simbolica, un martire dell’estrema destra, dipinto come un difensore quasi santo della “libertà” e dei “valori tradizionali”. Per una contorta ironia, coloro che hanno tratto il massimo vantaggio dalla politica divisiva e spesso incendiaria di Kirk ora stanno per ottenere ulteriori vantaggi politici dalla sua morte. Da morto, Kirk diventa più utile per loro di quanto non lo sia mai stato in vita. Il quadro è chiaro: Kirk è presentato come una vittima di una società che, secondo loro, è diventata “troppo radicale”, “troppo violenta” e “troppo intollerante”. Questa narrazione non è casuale, ma ha uno scopo ben preciso: associare l’ascesa della politica progressista al caos e alla violenza, indipendentemente da chi abbia commesso il crimine o quali fossero le reali motivazioni. La legge e l’ordine come arma politica L’establishment usa da tempo la retorica “legge e ordine” come arma politica. Da Nixon negli anni Sessanta a Giuliani negli anni Novanta, il tema è stato sempre lo stesso: la paura vende. Amplificando la criminalità – reale o esagerata – chi detiene il potere crea un senso di insicurezza tra la gente comune, che poi giustifica misure repressive e scoraggia la sperimentazione politica. In questo caso, l’assassinio di Kirk rischia di diventare l’ultimo strumento di questo arsenale. I leader progressisti come Mamdani, che parlano di giustizia economica, uguaglianza razziale e socialismo democratico, potrebbero essere dipinti come parte del problema: troppo “radicali”, troppo “indulgenti nei confronti della criminalità” o addirittura indirettamente responsabili di alimentare un “clima di violenza”. Nessuna di queste accuse avrebbe un fondamento fattuale, ma nel mondo della manipolazione mediatica, la percezione spesso conta più della verità. La sfida di Mamdani: rimanere fedele ai propri valori Zohran Mamdani è emerso come una rara voce di autentico socialismo democratico nella politica cittadina americana. La sua campagna per la carica di sindaco trova riscontro nei newyorkesi stanchi dell’aumento vertiginoso degli affitti, della crescente disuguaglianza e del controllo delle aziende sul governo cittadino. Tuttavia, proprio per questo motivo, l’establishment lo vede come una minaccia. All’indomani dell’assassinio di Kirk, la sfida di Mamdani sarà duplice. In primo luogo, dovrà prendere inequivocabilmente le distanze – insieme all’intero movimento progressista – da qualsiasi associazione con la violenza. Ciò è essenziale non solo dal punto di vista etico, ma anche politico. Deve ricordare ai newyorkesi che la tradizione della sinistra è radicata nella nonviolenza, nella solidarietà e nell’organizzazione di base, non nello spargimento di sangue. In secondo luogo, Mamdani deve smascherare l’ipocrisia dei politici dell’establishment e dei loro alleati nei media. Mentre versano lacrime di coccodrillo per Kirk, rimangono in silenzio sulla violenza sistematica: sfratti di massa, brutalità della polizia, profilazione razziale, detenzione degli immigrati, distruzione dell’ambiente. La violenza della povertà e della disuguaglianza uccide molte più persone di qualsiasi assassinio politico. Eppure quelle vittime raramente vengono trasformate in martiri nei programmi televisivi in prima serata. Questo danneggerà le sue prospettive? La domanda rimane: l’assassinio di Kirk danneggerà le possibilità di Mamdani di diventare sindaco? La risposta dipende in gran parte dall’efficacia con cui lui e i suoi alleati riusciranno a controllare la narrazione. Se prevarrà la visione dell’establishment, che dipinge i progressisti come radicali irresponsabili, allora Mamdani potrebbe davvero trovarsi in difficoltà. La paura, dopotutto, è un potente motivatore in politica. Ma se Mamdani riuscirà a spostare il dibattito sulla violenza strutturale più profonda della disuguaglianza e sui fallimenti della leadership dell’establishment, potrebbe neutralizzare la propaganda e persino uscirne più forte. In effetti, la storia dimostra che quando i progressisti rimangono radicati nella verità e nel potere della base, possono superare tali sfide. La chiave è non ritirarsi per paura, ma parlare con più coraggio del tipo di società che desideriamo costruire: una società basata sulla giustizia, la compassione e la sicurezza reale per tutti. L’assassinio di Charlie Kirk è una tragedia che non deve mai ripetersi, ma è anche un momento che rivela il cinico funzionamento dei media politici. Le forze dell’establishment stanno già utilizzando questo crimine per cercare di delegittimare la politica progressista. Il compito di Zohran Mamdani è quello di superare questa manipolazione, riaffermare il suo impegno per la nonviolenza e connettersi con i newyorkesi comuni sulle loro reali preoccupazioni: alloggi, lavoro, assistenza sanitaria, istruzione e dignità. Se riuscirà a farlo, nessuna manipolazione mediatica potrà far deragliare la sua campagna. Alla fine, saranno le persone a decidere se sarà la paura o la speranza a guidare il futuro di New York City. Riferimenti: ⁠Chomsky, Noam. Media Control: The Spectacular Achievements of Propaganda. Seven Stories Press, 2002. West, Cornel. Democracy Matters: Winning the Fight Against Imperialism. Penguin, 2005. Nixon, Richard. “Law and Order” campaign speeches, 1968 U.S. Presidential Election. Mamdani, Zohran. Campaign speeches and policy statements, 2024–2025. Gitlin, Todd. The Whole World Is Watching: Mass Media in the Making and Unmaking of the New Left. University of California Press, 1980. Herman, Edward S. and Noam Chomsky. Manufacturing Consent: The Political Economy of the Mass Media. Pantheon, 1988. Traduzione dall’inglese di Anna Polo Partha Banerjee
New York, l’ascesa di Zohran Mamdani tra paura, esclusione e alleanze
La campagna ribelle di Zohran Mamdani mette alla prova la capacità del movimento popolare di resistere ai media mainstream, alla politica delle élite e a un clima di paura artificiale, con i principali sindacati e i rappresentanti progressisti che fungono da contrappeso. In una città da tempo prigioniera dei meccanismi dell’establishment, la storica vittoria di Zohran Mamdani alle primarie per il sindaco di New York, ottenuta nonostante una spesa elettorale nettamente inferiore a quella degli avversari, è un segnale forte: l’insurrezione progressista è arrivata. Ora che le elezioni generali si avvicinano, la domanda è: la coalizione  di Mamdani riuscirà a respingere le forze dell’esclusione mediatica, dell’allarmismo delle élite e del consolidamento centrista? I sindacati si schierano con il Secondo Cerchio Dipinti dalla narrativa abituale come conservatori con una grande influenza, questa volta i sindacati si sono schierati con l’insurrezione. Il più grande sindacato sanitario del Paese, l’1199SEIU United Healthcare Workers East, che a New York ha 200.000 membri, ha formalmente appoggiato Mamdani, citando il suo impegno per l’accessibilità economica, l’edilizia popolare e i servizi pubblici. Nel frattempo, il New York City Central Labor Council (AFL-CIO), che riunisce 300 sindacati locali, lo ha appoggiato alla fine di giugno, elogiando la capacità della sua campagna di mobilitare volontari e di parlare direttamente ai lavoratori . Ampliando ulteriormente la sua base sindacale, il 32BJ SEIU, che inizialmente aveva sostenuto Andrew Cuomo, dopo le primarie è passato pubblicamente a Mamdani. Anche il DC37, il più grande sindacato dei lavoratori della città, si è schierato a suo favore. Questi appoggi non servono solo come capitale politico, ma confermano che la coalizione di Mamdani  comprende tutte le classi e tutti i settori, incarnando il Secondo Cerchio.  Il giornalismo dell’esclusione all’attacco Anche se il potere dei lavoratori sta cambiando, i cani da guardia dei media – il New York Times, la CNN e la Fox – continuano a svolgere il loro ruolo abituale: descrivere Mamdani come un pericoloso radicale non eleggibile. Il Times, ad esempio, lo ha definito “troppo inesperto” e una “versione turbo della sconcertante amministrazione di De Blasio”. Questo è il classico giornalismo dell’esclusione: eliminare le voci dei newyorkesi a favore dei salvatori dell’élite. È un déjà vu: le campagne di Bernie Sanders sono state sistematicamente emarginate – copertura mediatica distorta, tempo di trasmissione negato – anche se la sua base ha dato energia a intere regioni.  Mamdani ora affronta lo stesso atteggiamento dei media mainstream.  L’allarmismo sulla fuga dei ricchi – e la sua smentita Entra in gioco la prossima arma: la paura. I titoli dei giornali metteranno in guardia dalla fuga dei newyorkesi ricchi, dal crollo delle imprese e dall’evaporazione delle basi imponibili sotto un sindaco progressista. Questa narrativa è in sintonia con l’ansia dell’élite, ma ignora due realtà: 1.⁠ ⁠Le città governate da una leadership progressista, come Berlino o Amsterdam, spesso mantengono o aumentano gli investimenti attraverso politiche e pianificazioni infrastrutturali eque. 2.⁠ ⁠La vera resilienza economica deriva dall’inclusione, non dall’esclusione. Le proposte di Mamdani (autobus pubblici, congelamento degli affitti, cooperative alimentari) non sono generatrici di caos, ma ammortizzatori per le famiglie lavoratrici e gli ecosistemi locali. Possiamo introdurre questo concetto come segue: Sì, il piano di Mamdani comporta meno agevolazioni fiscali e più regolamentazione, ma la storia dimostra che le politiche basate sull’equità e la pianificazione non allontanano la ricchezza, ma rafforzano sia le comunità che le imprese. Non si tratta di un esodo, ma di un cambiamento verso una prosperità condivisa. Cronologia delle proiezioni settimana per settimana Ecco uno schema per una cronologia settimana per settimana che si può tradurre in grafici o infografiche: Settimane e sviluppi chiave Da ora a metà settembre (settimane 1-3): Circolano voci sull’incarico di ambasciatore in Arabia Saudita che Trump potrebbe offrire all’attuale sindaco di New York Eric Adams. Il sostegno dei sindacati a Mamdani guadagna terreno. Cuomo si appoggia a figure dell’establishment come Bill Clinton. Metà settembre (settimana 4): I media intensificano le narrazioni allarmistiche: fuga dei ricchi, allarmismo fiscale, panico sulla governance. Fine settembre – inizio ottobre (settimane 5-6): La campagna di Mamdani punta i riflettori sulla coalizione sindacale, rivela la parzialità dei media, confuta i timori economici con fatti e storie. Metà ottobre (settimana 7): Attenzione a potenziali cambiamenti di sostegno, in particolare da parte del senatore democratico Chuck Schumer. Un sostegno che darebbe credibilità a Mamdani in tutti gli schieramenti dell’establishment. Fine ottobre (settimana 8): Ultima ondata di tattiche allarmistiche: storie spaventose su legge e ordine, panico finanziario. Mamdani deve sostenere il messaggio della base. Inizio novembre (settimana delle elezioni): Se il pubblico capisce che si tratta di una messinscena, il Secondo Cerchio potrebbe resistere. Schumer: silenzioso o strategico? Nel nostro ultimo articolo abbiamo sottolineato la posizione cauta di Chuck Schumer. Finora il suo silenzio continua, descritto dalle fonti della campagna come “nessun sostegno immediato”, mentre sono in corso discussioni. Questo vuoto è importante: la voce di Schumer potrebbe influenzare i moderati che cercano legittimità. Senza di essa, quella fascia rimane politicamente orfana. Conclusione: il lungo arco dell’inclusione Questa competizione per la carica di sindaco di New York è ben lungi dall’essere un duello politico a breve termine. È una prova per verificare se la democrazia americana è ancora in grado di intrattenere un’unità e una speranza radicali, o se i nostri poteri istituzionali chiuderanno ancora una volta le porte. Una vittoria di Mamdani convaliderebbe simbolicamente e materialmente il Secondo Cerchio, dimostrando che i lavoratori, i giovani, gli immigrati e i newyorkesi comuni possono strappare il potere alle élite centriste. Anche se fosse sconfitta, la coalizione ribelle ha già smascherato il giornalismo dell’esclusione e gettato le basi per future conquiste. Traduzione dall’inglese di Anna Polo       Partha Banerjee
Il candidato sindaco di New York Zohran Mamdani si unisce alla “Marcia su Wall Street” del reverendo Al Sharpton
Il reverendo Al Sharpton ha guidato giovedì centinaia di manifestanti nella “Marcia su Wall Street” per protestare contro l’attacco del presidente Trump ai programmi di diversità, equità e inclusione e contro i suoi tentativi di controllare le città guidate dai democratici e dai sindaci neri. Il membro dell’Assemblea dello Stato di New York e candidato sindaco Zohran Mamdani ha marciato al fianco del reverendo Sharpton e di Martin Luther King III. Gli altri candidati sindaco, il governatore Andrew Cuomo e l’attuale sindaco Eric Adams, non hanno partecipato alla marcia. “Mentre siamo qui, nella città più ricca del Paese più ricco della storia del mondo, mentre siamo qui a Wall Street, dove l’anno scorso sono stati distribuiti più di 40 miliardi di dollari in bonus, ci chiediamo: com’è possibile che un newyorkese su quattro viva ancora in povertà? Ci chiediamo: com’è possibile che non abbiamo ancora risposto alla domanda che il dottor King ha posto decenni fa? Perché quello che ha detto allora e a cui dobbiamo rispondere ora, è: a che serve avere il diritto di sedersi al bancone di una tavola calda se non ci si può permettere di comprare un hamburger?” Così Zohran Mamdani si è rivolto alla folla a Lower Manhattan.         Democracy Now!
Appoggi ebraici a Mamdani e il cambiamento della bussola morale della politica newyorkese
La sfida per la carica di sindaco di New York City è sempre stata più di una semplice competizione elettorale: è un referendum sui valori. Con il recente sostegno a Zohran Mamdani espresso da eminenti leader ebrei come Ruth Messinger, Jerry Nadler e persino Chuck Schumer, un tempo improbabile sostenitore, la bussola politica della città sembra essersi ricalibrata. Questi gesti, provenienti da figure profondamente radicate nella tradizione civica ebraica della città, non sono solo appoggi tattici, ma indicatori morali che stanno ridefinendo la corsa contro Andrew Cuomo ed Eric Adams. Gli appoggi come simboli etici Nella politica moderna, gli appoggi sono spesso interpretati come transazioni. Tuttavia, le voci di Messinger e Nadler trascendono ogni calcolo. Messinger, che un tempo portava avanti la bandiera della leadership ebraica progressista come candidata democratica a sindaco negli anni ’90, ha dichiarato il suo sostegno a Mamdani sulla base dell’accessibilità economica, dei diritti degli immigrati e della giustizia inclusiva. Nadler, che rappresenta il cuore ebraico di Manhattan, ha rafforzato lo stesso spirito. La loro scelta dimostra che Mamdani non è solo il candidato dei quartieri popolati di immigrati o dei giovani attivisti, ma il legittimo erede della coscienza ebraica progressista di New York. Il più sorprendente di tutti è stato Chuck Schumer. Da tempo legato all’establishment, la volontà del leader del Senato di schierarsi con Mamdani segnala il riconoscimento che il futuro politico risiede in un’ampia coalizione multiculturale. Ciò suggerisce che la leadership ebraica, un tempo istintivamente cauta nei confronti dei movimenti di sinistra, ora vede Mamdani come un veicolo di stabilità civica attraverso la giustizia, e non nonostante essa. Dal punto di vista filosofico, questi appoggi incarnano il concetto di Hannah Arendt di responsabilità morale nella vita pubblica: la volontà di allineare la propria autorità con coloro che ampliano il cerchio dell’inclusione, piuttosto che restringerlo. Cuomo: il passato che non vuole andarsene Le ripercussioni sulla candidatura di Andrew Cuomo sono sorprendenti. Un tempo volto del controllo dell’establishment, la candidatura indipendente di Cuomo dopo la sconfitta alle primarie sembra sempre più un ritorno al passato, un’eco di una politica che si basava su manovre autoritarie e lealtà istituzionale. Non riceve più sostegno non perché il suo curriculum manchi di peso, ma perché il suo capitale morale è evaporato. Gli scandali che hanno posto fine al suo mandato di governatore – accuse di molestie e abusi di potere – riaffiorano ogni volta che gli elettori valutano il contrasto etico. L’appoggio dei leader ebrei a Mamdani dimostra anche che Cuomo non può essere riabilitato come custode della fiducia civica. Anche i tentativi della sua campagna di dipingere Mamdani come “troppo morbido nei confronti della criminalità” suonano vuoti se visti sullo sfondo di questi appoggi morali. In termini filosofici, Cuomo rappresenta l’obsolescenza della legittimità separata dall’etica. Adams: il presente in crisi etica Se Cuomo è il passato che si rifiuta di andarsene, l’attuale sindaco di New York Eric Adams è il presente che si sta sgretolando. Gli scandali che hanno coinvolto la sua amministrazione, con accuse di corruzione e influenza dei donatori, hanno gettato una lunga ombra sulla sua figura. La sua campagna elettorale ha cercato di riproporlo come difensore pragmatico della sicurezza pubblica, contrapponendolo sia a Cuomo che a Mamdani. Tuttavia, quando i leader ebrei, storicamente considerati i pilastri di una politica moderata e favorevole all’establishment, si spostano verso Mamdani, l’equilibrio che Adams tenta di mantenere crolla. Ciò che Adams offre è un paradosso: la stabilità promessa attraverso relazioni contaminate dagli scandali. In una prospettiva filosofica, egli incarna la nozione di decadenza nella leadership presente in Nietzsche, dove l’apparenza di vigore maschera un nucleo morale svuotato. Mamdani: il mio candidato del “Secondo Cerchio” Al contrario, la campagna di Mamdani non è solo politica, ma anche esistenziale per il futuro della città. Parla il linguaggio della giustizia abitativa, della dignità degli immigrati e della governance inclusiva con una fluidità che nasce dall’esperienza diretta. Ora, sostenuto dai leader ebrei, il suo discorso acquista un’universalità morale. Infatti, la coalizione di Mamdani riflette ciò che ho descritto come il Secondo Cerchio, un modello di alleanza che trascende le rigide divisioni tra destra e sinistra unendo il 99% dei lavoratori moderati di ogni razza, religione e classe sociale. La sua base riunisce attivisti progressisti, lavoratori immigrati, leader ebrei laici e giovani professionisti, gruppi che possono differire su alcune questioni, ma che convergono su valori fondamentali: equità, accessibilità, dignità e pace. Questa è l’incarnazione pratica del Secondo Cerchio: una coalizione abbastanza resiliente da resistere agli attacchi delle élite radicate, ma abbastanza inclusiva da avere legittimità morale. Il silenzio dei media e il giornalismo dell’esclusione Tuttavia, anche se Mamdani raccoglie diversi consensi, non si può ignorare il silenzio dei cosiddetti “media liberali”. Testate come il New York Times e la CNN, mentre dedicano ampio spazio al ritorno di Cuomo o alle controversie di Adams, hanno costantemente marginalizzato l’ascesa di Mamdani. Il sostegno di personaggi come Bernie Sanders, Messinger e Schumer normalmente dominerebbe i titoli dei giornali e invece è relegato nelle colonne laterali. Questo è un caso da manuale di quello che io chiamo giornalismo dell’esclusione, un modello mediatico in cui le notizie che sfidano la narrativa dell’élite al potere vengono omesse o minimizzate, mentre l’agenda dell’establishment viene amplificata. La campagna di Mamdani, che minaccia i poteri finanziari e politici consolidati, è soggetta a questa visibilità selettiva. Il silenzio dei media non è neutralità, è complicità. L’arco etico di queste elezioni Il cuore filosofico di questo momento risiede nella ridefinizione della legittimità. Per decenni, la politica del sindaco di New York ha oscillato tra tecnocrati manageriali e rappresentanti dell’apparato. Appoggi come questi destabilizzano questo modello, mostrando che la legittimità non è più radicata nel potere commerciale o nella forza amministrativa, ma nella coerenza morale e nell’immaginazione civica. Per Cuomo, gli appoggi ebraici costituiscono un ripudio silenzioso ma decisivo. Per Adams, minano la pretesa di rappresentare il centro moderato e per Mamdani sono sia un’incoronazione che una sfida: il riconoscimento che la sua candidatura incarna il desiderio della città di una politica etica e la prova che la macchina del giornalismo dell’esclusione continuerà a lavorare contro di lui. Conclusione Ciò che questi appoggi ci dicono è che la bussola morale di New York sta cambiando. I leader ebrei, un tempo punti di riferimento del centro prudente, ora si stanno allineando con un candidato della sinistra progressista e audace. Questo cambiamento dice più su Cuomo e Adams che su Mamdani: sottolinea la loro bancarotta etica mentre eleva la sua legittimità. In questa ottica, la candidatura di Mamdani è più di una campagna elettorale: è un movimento del Secondo Cerchio, una proposta filosofica secondo cui il potere a New York deve tornare a servire le persone nella loro diversità, non le macchine dell’interesse personale. Se questa proposta lo porterà alla vittoria, la città potrebbe ritrovarsi non solo con un nuovo sindaco, ma anche con una rinnovata base morale, nonostante le esclusioni dei media d’élite che cercano di negargli un posto nella storia. Traduzione dall’inglese di Anna Polo con l’ausilio di un traduttore automatico   Partha Banerjee
Zohran Mamdani, la violenza e il dibattito su “legge e ordine”
Le recenti sparatorie a Manhattan due settimane fa e a Brooklyn questa settimana hanno riacceso il familiare dibattito su “legge e l’ordine” nella politica newyorkese. Com’era prevedibile, le voci dell’establishment – il sindaco Eric Adams, l’ex governatore Andrew Cuomo e i loro alleati nei grandi media – si sono affrettate a presentare queste tragedie come una giustificazione per espandere i poteri della polizia. Il messaggio è vecchio quanto la politica americana stessa: in tempi di disordini sociali, gli elettori devono voltare le spalle ai riformatori e schierarsi con il pugno di ferro dello Stato di polizia. Per i progressisti come Zohran Mamdani, che ha coraggiosamente chiesto di ripensare il ruolo e il finanziamento della polizia di New York, questa narrativa rappresenta sia una sfida immediata che un’opportunità. L’establishment non perderà l’occasione di strumentalizzare la paura. Sosterrà che un “principiante” come Mamdani non è adatto al ruolo di sindaco in un momento di crescente violenza. Insisterà che ridurre il budget gonfiato della polizia di New York è un invito al caos e non affronterà mai le vere cause sistemiche della violenza: il facile accesso alle armi, l’aggravarsi delle disuguaglianze, la disperazione economica, l’insicurezza abitativa e l’alienazione dei giovani. La sua “ricetta” resterà la stessa: più potere alla polizia, più sorveglianza, più prigioni, più miliardi sottratti alle scuole, alla sanità, all’edilizia popolare e all’occupazione. Questo copione è ben collaudato. Ogni volta che i candidati dell’establishment si sentono con le spalle al muro, agitano lo spettro del disordine pubblico per respingere gli sfidanti progressisti. Lo abbiamo visto negli anni ’90, quando “tolleranza zero” è diventato lo slogan vincente. Lo abbiamo visto dopo l’11 settembre con il Patriot Act, una legge che ha sostanzialmente distrutto le libertà civili degli americani. E lo vediamo ora, con un budget della polizia di New York superiore a quello militare di molti Paesi, mentre le scuole pubbliche lottano per ottenere risorse e la crisi degli alloggi peggiora. L’establishment prospera sulla paura, perché la paura disorienta gli elettori e li spinge verso la falsa promessa di una sicurezza autoritaria. Per Mamdani la posta in gioco è alta. Non è solo un candidato, è anche il simbolo di una visione diversa per New York, una visione in cui le comunità non sono criminalizzate ma responsabilizzate, in cui i soldi pubblici sono investiti nelle persone invece che nella militarizzazione della polizia. Per sopravvivere e vincere, la sua campagna deve contrastare preventivamente la narrativa dell’ordine pubblico dell’establishment prima che questa attecchisca completamente. È una questione urgente. In primo luogo, Mamdani deve affrontare direttamente le sparatorie con empatia, chiarezza e convinzione. Deve riconoscere il dolore delle vittime e delle loro famiglie, insistendo sul fatto che la soluzione non può essere semplicemente “più polizia”. Deve ribadire con forza che la presenza della polizia non ha impedito queste sparatorie a Manhattan o a Brooklyn. Ciò che impedirà la prossima tragedia è frenare il flusso di armi a New York, affrontare la povertà e la disoccupazione e costruire programmi di prevenzione della violenza basati sulla comunità. In secondo luogo, la sua campagna dovrebbe evidenziare esempi in cui l’eccessiva presenza della polizia non è riuscita a garantire la sicurezza e contrapporli a iniziative guidate dalla comunità che hanno avuto successo. Ad esempio, i programmi Cure Violence, il tutoraggio dei giovani, i progetti di edilizia popolare e i servizi di salute mentale hanno tutti dimostrato una riduzione misurabile della violenza, senza i cicli di brutalità e sfiducia generati dalla politica del pugno di ferro. In terzo luogo, Mamdani deve rivendicare il linguaggio della sicurezza. Troppo spesso i progressisti cedono questo argomento ai conservatori, ma la sicurezza non è semplicemente l’assenza di criminalità; è la presenza di stabilità, opportunità e dignità. I quartieri sicuri sono quelli in cui i giovani hanno programmi doposcuola, i genitori hanno un lavoro stabile e le famiglie possono contare sull’assistenza sanitaria e sulla sicurezza abitativa. Riformulando il dibattito, Mamdani può dimostrare che la sua visione non è “morbida con la criminalità”, ma genuinamente dura con le cause profonde della violenza, spiegando alla gente che è così che funzionano oggi i Paesi avanzati di tutto il mondo. Infine, la sua campagna dovrebbe mobilitare gli alleati e le voci della comunità per parlare con coraggio di questo tema. I sopravvissuti, le organizzazioni di base, i leader degli immigrati e i newyorkesi comuni devono essere in prima linea e dire: “Vogliamo sicurezza reale, non esibizioni poliziesche”. Questa coalizione può smorzare la narrativa dell’establishment e ricordare agli elettori che lo status quo li ha più volte delusi. Le prossime settimane metteranno alla prova la campagna di Mamdani. L’establishment ha dalla sua parte il denaro, i media e la paura, ma Mamdani ha la gente, i principi e una visione di giustizia. Se la sua campagna riuscirà a trasformare questo momento di paura in una conversazione sulle soluzioni reali, potrebbe cambiare il dibattito non solo nel suo distretto, ma nella politica newyorkese in generale. E questo avrà un enorme impatto positivo in tutta l’America. Traduzione dall’inglese di Anna Polo, con l’ausilio di un traduttore automatico   Partha Banerjee
Riuscirà Zohran Mamdani a sconfiggere le forze oscure?
La vittoria a sorpresa di Zohran Mamdani alle primarie democratiche per la carica di sindaco di New York ha fatto scalpore; ora si trova a dover affrontare un’alleanza di avversari ben finanziati e con ottime conoscenze. La situazione sta degenerando con l’entrata in gioco di ingenti somme di denaro. Il sindaco in carica Eric Adams si candida come indipendente, l’ex governatore Andrew Cuomo sta tentando un ritorno con una propria lista elettorale, e ricchi donatori e gruppi imprenditoriali si stanno schierando al loro fianco per fermare il programma di Mamdani, di orientamento socialista. Gli addetti ai lavori descrivono un clima di inquietudine tra gli imprenditori immobiliari, Wall Street e i gestori di hedge fund dopo la vittoria di Mamdani alle primarie: alcuni hanno persino convocato riunioni strategiche per capire come fermarlo. La coalizione non ha esitato ad alzare i toni. I repubblicani e i media conservatori stanno già dipingendo Mamdani come troppo radicale, e un gruppo di giovani repubblicani è arrivato al punto di chiedere al Congresso di squalificarlo in base al 14° emendamento, accusandolo di dare “aiuto e sostegno” ai nemici, accuse che riecheggiano sui social media e negli spot elettorali. I media di estrema destra come il New York Post stanno persino proponendo agevolazioni fiscali come incentivo per le aziende a lasciare New York City se Mamdani dovesse vincere. Il percorso di Mamdani non è tutto in salita. Ha condotto una campagna energica e popolare che ha attirato il sostegno di icone progressiste come Alexandria Ocaso-Cortez, Bernie Sanders ed Elizabeth Warren, e ha stimolato la Generazione Z e i giovani elettori attraverso un’operazione di sensibilizzazione tecnologicamente avanzata. L’ondata di ottimismo si è diffusa a livello nazionale: oltre 10.000 persone si sono candidate alle elezioni dopo la sua vittoria alle primarie, un’ondata senza precedenti che dimostra il suo fascino tra gli aspiranti candidati. Cosa deve fare il team di Mamdani per contrattaccare? Deve sostenere e amplificare l’energia della base. Sarà fondamentale sfruttare lo slancio digitale che ha alimentato le primarie e trasformarlo in un esercito di volontari più ampio. Un messaggio chiaro e pieno di speranza, basato su politiche concrete – autobus gratuiti, controllo degli affitti, cooperative alimentari, assistenza all’infanzia a prezzi accessibili – deve risplendere più delle diffamazioni. La sua campagna ha già fissato l’obiettivo di 8 milioni di dollari di finanziamento pubblico e il rafforzamento dei PAC[1] alleati dovrebbe apportare un ulteriore contributo. Il suo sostegno è in continuo aumento tra i potenti sindacati e i gruppi ambientalisti di New York. Il New York Central Labor Council, organizzazione che riunisce la maggior parte dei sindacati della città e dello Stato, ha deciso di appoggiarlo. Mamdami deve formare una coalizione laica e progressista che superi le divisioni razziali. La costruzione di una coalizione sarà fondamentale. Ho sempre sostenuto con forza una coalizione ampia di sinistra moderata e destra moderata, basata sui loro molti punti in comune, che ora ho definito il Secondo Cerchio. Mamdani deve andare oltre la sua base, rassicurando gli elettori neri ed ebrei diffidenti, i leader sindacali e i progressisti moderati che la sua visione è inclusiva e realizzabile. Si è già assicurato l’appoggio di sindacati progressisti come SEIU 32BJ e la State Nurses Association: sfruttare ulteriormente questo sostegno nei quartieri e nelle comunità di colore potrebbe cambiare le carte in tavola. Mamdani dovrebbe rispondere in modo rapido e intelligente agli attacchi. I tentativi di delegittimarlo attraverso tentativi di squalifica o allarmismo richiedono confutazioni misurate, sicure, calme e basate sui principi, senza lasciarsi trascinare in scontri polarizzanti. Trasformare le elezioni a sindaco di novembre in una vetrina nazionale per l’America progressista di base potrebbe essere d’aiuto. Inquadrarle come un referendum sulla politica dei grandi capitali contro le riforme guidate dalle comunità potrebbe ampliare la sua attrattiva in una città diversificata e profondamente democratica come New York, per poi ottenere sostegno in tutto il Paese. Zohran Mamdani si trova ora a un bivio. Ha conquistato la base democratica grazie alla sua autenticità, alle sue politiche coraggiose e alla mobilitazione di base. Ora deve affrontare un intenso fuoco di fila da parte del potere costituito: ricchi donatori, pesi massimi della politica e opposizione organizzata. Per avere successo a novembre, dovrà mantenere viva la fiamma della base, espandere la sua coalizione, contrastare gli attacchi con compostezza e ricordare ai newyorkesi che la sua visione progressista offre una speranza e un cambiamento reale. Non vediamo l’ora di assistere a questa vittoria storica. Traduzione dall’inglese di Anna Polo con l’ausilio di un traduttore automatico [1] Negli Stati Uniti un PAC, acronimo di Political Action Committee, è un’organizzazione che raccoglie fondi da donatori per sostenere candidati o partiti politici durante le campagne elettorali. I PAC possono essere associati a imprese, sindacati, organizzazioni professionali o gruppi di interesse, e svolgono un ruolo significativo nella politica americana, influenzando il finanziamento delle campagne e, potenzialmente, l’esito delle elezioni.  Partha Banerjee
New York, la battaglia di Zohran Mamdani
Nell’odierno panorama politico polarizzato, leader in ascesa come Zohran Mamdani si trovano ad affrontare il fuoco di entrambi gli estremi: l’estrema destra e i centristi sostenuti dalle aziende. Accuse di antisemitismo, comunismo ed estremismo gli vengono rivolte in una campagna diffamatoria coordinata. Naturalmente, queste accuse sono infondate, ma come la storia ci ricorda – da Joseph Goebbels ai moderni troll della disinformazione – le voci spesso si diffondono più velocemente dei fatti, soprattutto nell’era dei social media virali. Ciò che rende la recente vittoria di Mamdani davvero storica è che ha sconfitto alle primarie l’establishment del Partito Democratico e il suo candidato di alto profilo, Andrew Cuomo. Sostenuto dai Clinton, dal ricchissimo ex sindaco Michael Bloomberg e da grandi interessi economici, Cuomo rappresentava la vecchia guardia della politica newyorkese. Eppure gli elettori democratici, soprattutto milioni di giovani, hanno scelto Mamdani con un netto margine, quasi dieci punti percentuali. Si è trattato di un coraggioso rifiuto della politica “business-as-usual”. E l’establishment politico dello status quo non è contento. I suoi media non sono contenti. Pertanto, la lotta non è finita. Con Cuomo che si rifiuta di cedere e l’attuale sindaco Eric Adams che si presenterà al voto di novembre, la posta in gioco è più alta che mai. Sia Cuomo che Adams hanno ora un chiaro bersaglio: il crescente movimento socialista democratico rappresentato da Mamdani e da altri in tutti gli Stati Uniti. Per Trump e i suoi, qualsiasi politica che parli di civiltà e uguaglianza viene automaticamente bollata come radicale, di estrema sinistra, comunista… persino terrorista. Purtroppo, molti americani della classe operaia – compresi quelli a cui ho insegnato per molti anni – credono alle loro bugie. Le tensioni sono aumentate ulteriormente in seguito alla recente sparatoria di massa a Manhattan, dove un uomo armato ha ucciso quattro persone, tra cui l’agente di polizia Didarul Islam. All’indomani della tragedia, la richiesta di Mamdani di “tagliare i fondi alla polizia”, avanzata da tempo, è stata distorta e strumentalizzata. I media di destra, il candidato repubblicano e conduttore radiofonico Curtis Sliwa e la macchina Cuomo-Adams non hanno perso tempo per sfruttare la tragedia, accusando Mamdani di essere contro la polizia e ignorando convenientemente la crisi delle armi in America e l’influenza tossica della NRA. Siamo chiari: Mamdani non si è mai espresso contro le forze dell’ordine in quanto tali. Ciò che ha criticato, giustamente, è la militarizzazione della polizia di New York e gli abusi sistematici che hanno portato all’omicidio di George Floyd e di innumerevoli altre persone. Chiede riforme, responsabilità e ridistribuzione dei fondi pubblici a sostegno dell’istruzione, dell’edilizia popolare e della sanità, non brutalità. La stessa distorsione è evidente nella sua posizione sulla Palestina. Mamdani non ha mai parlato contro il popolo ebraico. Anzi, un gran numero di ebrei liberali, tra cui alcuni che conosco personalmente, lo sostengono. Si è espresso contro i crimini di guerra e le politiche di apartheid del regime di Benjamin Netanyahu. Per questo è stato etichettato come antisemita dai difensori dell’estrema destra israeliana, che ignorano la sua chiarezza morale e la sua posizione di principio a favore dei diritti umani. La reazione non è venuta solo dai gruppi filoisraeliani. Anche le forze di destra indù, in particolare i sostenitori del regime indiano di Modi e dell’RSS, sono entrate nella mischia. Il New York Times ha recentemente riportato come questi gruppi stiano conducendo una campagna attiva contro Mamdani. Lo vedono come un critico aperto dell’ultranazionalismo indù e un difensore della democrazia laica, sia in India che negli Stati Uniti e questo lo rende un loro nemico naturale. Con l’avvicinarsi delle elezioni di novembre, Zohran Mamdani dovrà affrontare una dura battaglia. Le diffamazioni si intensificheranno. Gli attacchi diventeranno più personali. Ma ciò che egli rappresenta – un movimento popolare per la giustizia, l’uguaglianza e la pace – è più potente di qualsiasi macchina politica. Seguiremo da vicino la situazione. E gli resteremo accanto. Traduzione dall’inglese di Anna Polo Questo articolo fa parte di una serie dedicata alle importantissime elezioni di novembre per scegliere il prossimo sindaco di New York. Il dottor Banerjee è uno scrittore, educatore e attivista per i diritti umani che vive a New York. Ex membro dell’RSS, organizzazione di estrema destra indù, ha in seguito denunciato il loro programma fascista globale attraverso i suoi libri e articoli. Email: thescriptline@yahoo.com       Partha Banerjee
Campagna elettorale per il sindaco di New York City: le sfide di Zohran Mamdani
Zohran Mamdani deve affrontare diverse importanti sfide nella sua candidatura a sindaco di New York. Eccone un elenco. Nei prossimi giorni se ne aggiungeranno di certo altre. A mio parere, il vero problema è che i grandi media, come il New York Times, la CNN, il New York Post e altri creeranno una raffica di bugie per minare la candidatura di Zohran. L’opposizione della comunità imprenditoriale e dell’establishment: il programma democratico-socialista di Mamdani – come il blocco degli affitti, la gratuità dei trasporti, i negozi di alimentari gestiti dalla città e l’aumento delle tasse per chi guadagna di più e per le aziende – ha provocato una forte resistenza da parte della comunità imprenditoriale e dell’establishment di questa potente città, che teme che queste misure possano allontanare gli investimenti e gravare sui contribuenti. I principali interessi economici non si sono consolidati dietro a un unico rivale, ma i gruppi stanno mobilitando ingenti fondi per opporsi a Mamdani. Nelle prossime settimane potrebbero trovare il loro candidato comune, e temo che potrebbe essere il conduttore radiofonico di estrema destra Curtis Sliwa. Wall Street, la lobby della polizia e il potente status quo di Bloomberg e Clinton non avrebbero grandi problemi a sostenere un portavoce della destra radicale, se lo ritengono vincente. Scetticismo sulla fattibilità delle sue politiche: le proposte anti-establishment di Mamdani sono popolari tra la classe operaia e gli elettori più giovani, ma vengono criticate come costose e potenzialmente irrealizzabili senza il sostegno dello Stato, soprattutto perché leader come la governatrice dello Stato di New York Kathy Hochul si oppongono ai suoi piani fiscali. Mamdani avrebbe bisogno della cooperazione statale per attuare parti significative del suo programma. Questa potrebbe essere una sfida seria, dal momento che la legislatura statale, a parte alcuni leader progressisti come Jessica Gonzalez-Rojas, è profondamente radicata nella politica aziendale. Debolezza demografica: Mamdani ha faticato a ottenere l’appoggio degli elettori neri e latini, che rimangono settori chiave nella politica di New York. I rapporti degli analisti suggeriscono che  la sua popolarità è maggiore tra gli elettori bianchi più giovani, progressisti e benestanti, mentre i gruppi di base, come gli elettori neri, hanno appoggiato Andrew Cuomo, il suo rivale alle primarie. Tuttavia, il lato positivo è che gli elettori neri sarebbero divisi tra Eric Adams e Cuomo, mentre la base di Mamdani è solida. Pregiudizio religioso-etnico e attacchi alla sicurezza nazionale: Mamdani, musulmano dell’Asia del Sud e sostenitore dei diritti dei palestinesi, deve affrontare campagne diffamatorie che lo accusano di essere contro Israele o di voler imporre la legge islamica, narrazioni amplificate da milioni di pubblicità negative che prendono di mira la sua identità e le sue opinioni. Una parte di elettori ebrei e moderati lo guarda con diffidenza a causa delle polemiche sulle sue passate dichiarazioni riguardo alla politica mediorientale. Anche in questo caso, i grandi media, che avrebbero potuto smentire questa propaganda, hanno deciso di proposito di rimanere in silenzio o, peggio, di prendere una posizione anti-Zohran, proprio come hanno trattato Bernie Sanders nel 2016. Opposizione frammentata: gruppi repubblicani, democratici centristi e indipendenti si stanno unendo per impedire la vittoria di Mamdani, con figure come Andrew Cuomo ed Eric Adams (il sindaco in carica che si candida come indipendente) che attirano risorse e attenzione nel tentativo di negare a Mamdani la maggioranza. Questo ha il potenziale per creare dinamiche imprevedibili nelle elezioni generali di novembre. Il più grande punto di forza di Mamdani è la sua base giovanile, attiva durante le primarie democratiche. Ora dovrà impegnarsi ancora di più per mobilitarla. Inesperienza politica: i critici sostengono che la scarsa esperienza legislativa di Mamdani e la sua giovane età lo rendano impreparato a gestire le complesse realtà del governo di New York, alimentando ulteriormente le resistenze dell’establishment. È uno stratagemma che hanno usato contro altri politici di nuova generazione, come Barack Obama. Eppure, Obama ha dimostrato che si sbagliavano tutti. L’altro punto a favore di Mamdani è il sostegno ottenuto dai grandi sindacati come quello degli infermieri. Anche il New York City Labor Council, organizzazione ombrello di tutti i sindacati AFL-CIO, si è fatto avanti per sostenerlo. In sintesi, Zohran Mamdani si presenta alle elezioni per il sindaco di New York come candidato di punta in una città profondamente democratica, ma deve superare le resistenze dell’establishment, lo scetticismo nei confronti dei suoi programmi, gli attacchi identitari, le debolezze demografiche e un’opposizione ampia e ben finanziata determinata a bloccare la sua campagna.   Io sostengo questo politico progressista giovane, onesto e brillante affinché diventi il mio prossimo sindaco. Traduzione dall’inglese di Anna Polo. Partha Banerjee è autore di Gandhi’s Killers India’s Rulers (RBE, Kolkata, 2020) e In the Belly of the Beast: Hindu Supremacist RSS and BJP of India (Ajanta Books International, Delhi, 1998). Banerjee ha conseguito il dottorato di ricerca in biologia presso la Southern Illinois University e il master in giornalismo presso la Columbia University. Vive a Brooklyn, New York.   Pressenza New York
Mamdani, il volto di una nuova sinistra statunitense?
La vittoria di Zohran Mamdani, originario dell’Uganda, alle primarie per il candidato sindaco di New York sembra aver confermato l’avanzamento nella sinistra statunitense di politici con background migratorio. Il risultato sembra inoltre riflettere l’emergere di una nuova visione politica rivolta alle persone migranti della classe operaia e radicata in una dura critica alle disuguaglianze sociali e influenzata da esperienze personali di instabilità, austerità e repressione nel Sud del mondo. Il vincitore delle primarie democratiche per l’elezione del sindaco di New York è il socialista Zohran Mamdani, di origini indiane-ugandesi trasferitosi a New York all’età di sette anni. Il candidato democratico ha condotto una campagna elettorale incentrata sulle questioni relative all’accessibilità economica con un’attenzione incessante al costo della vita, una presenza online affidabile e un esercito di volontari forte di decine di migliaia di persone. In campagna elettorale, Mamdani ha dato spazio ai newyorkesi della classe operaia, spesso costretti a lasciare la città a causa dell’inaccessibilità economica e dell’aumento dei costi, specie delle abitazioni: dalle zone più dense di Manhattan ai quartieri sul lungomare di Brooklyn e Queens, i prezzi sono infatti cresciuti esponenzialmente negli ultimi anni. Nella sua difesa della giustizia abitativa, dei diritti delle persone con background migratorio e delle persone migranti, oltre alle richieste di parità di trattamento, Mamdani veicola non solo l’urgenza dei movimenti sociali, ma anche la chiarezza della critica postcoloniale. Quella del candidato democratico è una politica informata non solo dalla protesta, ma da una vita immersa nella teoria, nella storia e nello studio dei sistemi che emarginano ed escludono: su questo versante appare preponderante l’influenza intellettuale che Zohran ha ricevuto dal padre Mahmood, il cui pensiero e ricerca rimangono fondamentale nello studio del colonialismo, dell’autoritarismo e della politica della conoscenza: gli scritti di Mamdani senior continuano infatti a influenzare il modo in cui accademici e politici interpretano le eredità durature del governo coloniale e della violenza di stato. Sul piano politico, la vittoria di Mamdani ha confermato una tendenza che era in atto da tempo all’interno del Partito Democratico: quella di una nuova politica per le persone migranti o con background migratorio della classe operaia, radicata nell’organizzazione, nella solidarietà e in una dura critica alle disuguaglianze. Questomovimento travalica la città di New York. Ilhan Omar, rifugiata, ex guardia giurata, prima donna di origini somale e una delle prime due donne musulmane ad essere elette al Congresso, ha contribuito a definire questa nuova sinistra. Insieme a lei c’è Rashida Tlaib, la prima e unica donna palestinese americana a far parte del Congresso, che ha voluto autodefinirsi “una madre che lavora per la giustizia per tutti”. Tlaib, Omar e Mamdani rappresentano una politica plasmata non solo dalla disuguaglianza negli Stati Uniti, ma anche da esperienze personali di instabilità, austerità e repressione nel Sud del mondo. Sono emersi come volti pubblici di una tendenza più ampia: politici provenienti da contesti di immigrazione che costituiscono la spina dorsale di una sinistra democratica in ascesa. D’altra parte non mancano le sfide che dovrà affrontare l’aspirante sindaco democratico. Oltre a consolidare il successo ottenuto in alcuni quartieri, come Kensington a Brooklyn, Mamdani dovrà cercare di mobilitare un elettorato più ampio. La sua attenzione all’accessibilità economica ha permesso di conquistarsi il sostegno dei bianchi progressisti e liberali ma non è stato sufficiente per ottenere quello degli afroamericani, che hanno scelto di votare per lo sfidante Andrew Cuomo. Mamdani dovrà cercare di invertire questa tendenza visto che ripone anche sulla conquista di questa fetta di elettori le sue possibilità di vittoria. Il programma di spesa pubblica proposto da Mamdani, che si basa sull’aumento delle tasse per i ricchi e le aziende, sembra infatti non aver ancora convinto gli elettori neri più anziani e più abbienti, tra i quali quelli proprietari di casa, che temono che un candidato come Mamdani possa non condividere le loro priorità; sempre questi risultano essere scettici nei confronti delle proposte populiste di Mamdani visto che le misure, che includenderebbero piani per offrire un servizio di autobus e asilo nido gratuito, supermercati di proprietà comunale e il congelamento degli affitti degli appartamenti a canone regolamentato, sarebbero finanziate con tasse più alte per l’1% dei redditi più alti. Per cercare di conquistare l’elettorato nero (ma anche quello latino) è possibile che Mamdani ripeta già quanto fatto durante la campagna delle primarie, quando è apparso regolarmente su media incentrati sulla comunità black, tra i quali programmi radiofonici con un vasto pubblico di colore come “The Breakfast Club” e “Ebro in the Morning“. In questa ottica si inquadra la scelta del democratico che dopo la vittoria alle primarie ha parlato all’Harlem del National Action Network del reverendo Al Sharpton del suo disegno per New York come un luogo in cui i lavoratori possano vivere con dignità. Visitare Harlem potrebbe aver giovato a Mamdani per iniziare a superare la diffidenza nei suoi confronti dell’elettorato nero. Al tempo stesso, Mamdani proverà a intercettare il voto degli elettori neri, ispanici e giovani newyorchesi che avevano votato per Donald Trump alle ultime elezioni presidenziali. Il democratico proverà a portare dalla sua parte “nuovi” Malik Zindani, trentenne, residente a Morris Park nel Bronx e arrivato negli Stati Uniti dallo Yemen a 15 anni, che ha dichiarato di aver votato per Trump a novembre e per Mamdani alle primarie. Africa Rivista
“Non accetteremo intimidazioni.”Il candidato sindaco di New York Zohran Mamdani respinge le minacce di Trump
A New York, i funzionari elettorali hanno dichiarato Zohran Mamdani vincitore delle primarie democratiche del mese scorso per la carica di sindaco di New York. La pubblicazione dei risultati delle votazioni a scelta differenziata mostra che Mamdani, membro dell’Assemblea dello Stato di New York e socialista democratico, ha sconfitto facilmente il secondo classificato ed ex governatore dello Stato di New York Andrew Cuomo, con il 56% dei voti rispetto al 44% di Cuomo. Mamdani ha vinto con oltre 545.000 voti, più di quanto abbiano ottenuto 27 senatori degli Stati Uniti nelle loro ultime elezioni. Martedì scorso, Donald Trump ha minacciato di arrestare Mamdani per l’impegno preso in campagna elettorale a non collaborare con gli agenti federali dell’immigrazione che eseguono gli ordini di deportazione di massa del Presidente. “Beh, allora dovremo arrestarlo. Sentite, non abbiamo bisogno di un comunista in questo Paese, ma se ne abbiamo uno, lo sorveglierò molto attentamente a nome della nazione. … Molti dicono che è qui illegalmente. Controlleremo tutto” ha dichiarato Trump. Zohran Mamdani ha condannato la provocazione di Trump come un attacco alla democrazia affermando: “Non accetteremo questa intimidazione”. “Quello che stiamo vedendo nella retorica del Presidente Trump è un tentativo di concentrarsi su chi sono, da dove vengo, come appaio, come parlo, in contrapposizione a ciò per cui sto effettivamente combattendo, perché farlo significherebbe mostrare lo stridente contrasto con la nostra sincerità e il nostro impegno per i lavoratori che sono stati abbandonati dalla sua politica” ha replicato Zohran Mamdani in un’intervista con il canale televisivo NY1. Traduzione dall’inglese di Anna Polo     Democracy Now!