Tag - droni

La guerra cercata
Nel momento in cui l’Unione Europea annuncia ai quattro venti un piano di riarmo epocale e la NATO incassa la promessa di un aumento delle spese militari al 5% del PIL per gli stati membri, sta mostrando l’arma ai suoi avversari ma soprattutto al suo pubblico, quello che la dovrà pagare. Il copione prevede che queste armi dovranno essere usate, se non altro a scopo deterrente, in futuri conflitti con nemici sempre più potenti. L’antagonista è fondamentale nello sviluppo di una narrazione, non se ne può fare a meno. L’antagonista è essenziale anche nella costruzione dell’identità, le guerre rinsaldano la comunità nazionale attorno ai leader, anche ai peggiori. Continua a leggere→
Fincantieri e LUISS, insieme per ‘normare’ la guerra sui fondali marini
Fondazione Fincantieri e l’università privata LUISS Guido Carli hanno annunciato, lo scorso 9 luglio, l’avvio di una collaborazione dal nome SUBCAP (SUBsea CAbles Protection, ovvero Protezione dei Cavi Sottomarini). L’obiettivo, si legge sul sito dell’ateneo, è quello della “individuazione del quadro regolatorio per la protezione delle infrastrutture critiche sottomarine“. Il […] L'articolo Fincantieri e LUISS, insieme per ‘normare’ la guerra sui fondali marini su Contropiano.
Le frontiere belliche dell’intelligenza artificiale
Immagine in evidenza: il drone ucraino R18 da Wikimedia Nei primi mesi del 2023, una risoluzione proposta dall’allora ministro della Difesa Oleksii Reznikov ha portato all’introduzione del software Delta nelle forze di difesa ucraine. Delta è un software di situational awareness, progettato per offrire una panoramica della situazione tattica e operativa di una porzione del fronte in un dato momento. Lo fa attraverso un’interfaccia che assomiglia molto a quella di un videogame RTS (real time strategy), offrendo in tempo reale una panoramica della situazione a tutti i livelli della catena di comando, con particolare utilità per gli ufficiali intermedi e superiori. Nel 2022, Delta era stato presentato alla NATO Consultation, Command and Control Organisation (NC3O), organismo fondato nel 1996 con l’obiettivo di garantire capacità di comunicazione, comando e controllo coerenti, sicure e interoperabili tra i membri dell’alleanza. Durante la presentazione, Delta ha suscitato notevole interesse per la sua capacità di trasferire informazioni in tempo reale, facilitando decisioni più rapide e consapevoli da parte dei comandanti. Nel 2024, l’interoperabilità di Delta con i sistemi NATO è stata testata durante la CWIX (NATO Allied Command Transformation’s Coalition Warrior Interoperability eXploration, eXperimentation, eXamination eXercise) e, a oggi, è noto che almeno un paese dell’alleanza sta trattando con l’Ucraina l’acquisto del software. Al momento, oltre alle capacità di situational awareness, Delta permette servizi di streaming per gli UAV (Unmanned Aerial Vehicle, veicolo aereo a pilotaggio remoto) e videocamera fisse; chat sicure per la comunicazione; strumenti di pianificazione e matrici di sincronizzazione per il riconoscimento e l’acquisizione di bersagli; integrazione con sistemi robotici e altre funzionalità in corso di sviluppo. RETI E SENSORI Alla base delle prestazioni offerte da Delta nel presentare in tempo reale la situazione di una specifica porzione del fronte c’è la crescente digitalizzazione del campo di battaglia. Come accaduto in contesti civili, anche sul campo di battaglia l’introduzione di connettività e dispositivi digitali ha avuto come conseguenza la diffusione di sensori in grado di generare e raccogliere grandi quantità di dati. Una volta trasformati in informazioni, i dati così raccolti e generati permettono di migliorare la consapevolezza e i processi decisionali. La dottrina militare ha recepito questa trasformazione attraverso il concetto di network centric warfare (“guerra centrata sulle reti”). Questo concetto rappresenta la capacità delle organizzazioni militari di raccogliere dati e distribuire informazioni in tempo reale attraverso dispositivi e reti ad alta velocità. Una capacità che continua a evolversi grazie a quella che Mick Ryan, divulgatore militare e generale in pensione dell’esercito australiano, definisce la “rete a maglie di sensori civili e militari” che avvolge oggi il campo di battaglia. L’invasione dell’Ucraina mostra come, accanto alle reti militari, alla generazione e raccolta di dati contribuiscano oggi anche reti civili. L’open source intelligence o OSINT, l’analisi dei conflitti da parte di civili attraverso dati recuperati dai social network, è possibile grazie alla diffusione di sensori non militari. Sono loro che registrano e trasmettono in tempo reale ciò che accade dentro e intorno al campo di battaglia. Questa trasformazione rende i teatri bellici più trasparenti e amplia le fonti a disposizione delle forze armate. Le reti che nascono da questo intreccio di capacità civili e militari si distinguono per una serie di elementi, caratteristiche e funzionalità: la diffusione di sensori che raccolgono dati su quanto accade, la capacità di condividere e comunicare i dati dal sensore agli operatori, sistemi sicurezza che impediscono ai dati di essere intercettati o inquinati, interfacce capaci di presentare i dati raccolti e trasmessi per dare forma al processo decisionale e infine la presenza di personale umano a cui spetta la responsabilità di trasformare le informazioni in azione, generando effetti sul campo di battaglia. È attraverso reti di questo tipo che le forze armate rispondono all’elevato livello di complessità raggiunto oggi dallo scontro bellico. Un contesto rischioso e competitivo, in cui, per avere successo, le organizzazioni militari devono coordinare tra di loro le risorse a disposizione in tutti e cinque i domini del campo di battaglia: aereo, terrestre, marittimo, spaziale e cyber. Delta fa proprio questo: raccoglie i dati dal fronte e li trasforma in informazioni utili. È così che migliora le decisioni della catena di comando e favorisce un’azione più efficace e coordinata. Il sistema tuttavia presenta un limite di cui tenere conto: la presenza e il ruolo che gli operatori umani svolgono in questo processo. DATI, INFORMAZIONE E INTELLIGENZA ARTIFICIALE La principale caratteristica della “rete a maglie di sensori civili e militari” descritta da Mick Ryan è la sua estensione. Questa rete non è solo ampia, è anche ampiamente distribuita nello spazio. Di conseguenza altrettanto ampia è la quantità di dati che essa è in grado di generare, raccogliere e trasmettere in tempo reale a un sistema che, come Delta, ha il compito di trasformarli in informazioni capaci di influenzare i processi decisionali e determinare le azioni di una forza militare. Il problema è che, per quanto complesso, il cervello umano ha capacità limitate nel processare informazioni. Maggiore è la quantità di informazioni a sua disposizione e minore sarà la capacità di una persona di percepire, ricordare e agire nel mondo in base a essa. Di fronte a questo limite, il rischio che si corre è che l’ampia disponibilità di informazioni finisca per essere d’ostacolo invece che di aiuto per i processi decisionali e la capacità d’azione degli operatori sul campo. Questo rovesciamento avviene non soltanto per la quantità di informazioni che software come Delta riescono a presentare, ma anche per la rapidità con cui lo fanno: più sono rapidi nel trasmettere un’informazione, più gli strumenti di comunicazione accelerano il ritmo con cui gli eventi si susseguono. Lo stress di chi ha la responsabilità di reagire al modo in cui evolvono gli eventi aumenta insieme al loro ritmo. All’esigenza di affrontare e superare i limiti umani nella capacità di gestire l’informazione risponde lo sviluppo e l’integrazione di sistemi di intelligenza artificiale, che ha nei campi di battaglia ucraini uno dei suoi principali laboratori. La rapida e progressiva introduzione di questi sistemi risponde alla visione strategica del paese, che mira a sostituire con sistemi autonomi il maggior numero possibile di personale umano. L’obiettivo finale di questa innovazione è ridurre il numero delle perdite e limitare l’impatto demografico del conflitto. L’autonomia dei principali sistemi d’arma, logistici e di supporto è dunque l’orizzonte ultimo dello sviluppo tecnologico ucraino, ma non è l’unico ambito in cui l’intelligenza artificiale gioca un ruolo chiave. Il caso di Delta mostra quanto questi sistemi siano coinvolti anche nei processi di comando e controllo. In particolare essi assolvono a importanti funzioni sia nella cosiddetta ISR (Intelligence, Surveillance, Reconnaissance ovvero intelligence, sorveglianza e ricognizione), che nella ATR (Automatic Target Recognition, ovvero riconoscimento automatico dei bersagli). L’IMPATTO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SULLE FUNZIONI ISR Nell’ambito delle funzioni di ISR,  l’intelligenza artificiale aiuta il personale umano a superare i propri limiti in termini di capacità di gestire le informazioni, permette di analizzare grandi quantità di dati in tempo reale e di superare le complessità che derivano dalla necessità di sintetizzare dati provenienti da fonti differenti. L’IA rileva, riconosce e classifica in modo automatico obiettivi a partire dall’analisi di video e immagini provenienti da satelliti, droni in volo ad alta e bassa quota, feed di videocamere fisse. Inoltre, applica lo stesso principio anche all’analisi dei pattern sonori provenienti da sistemi acustici. Infine, trascrive metadati ed estrae key entities e insight, analizzando i testi di comunicazioni intercettate, messaggi pubblicati su chat di gruppo o report inoltrati dai civili a chatbot dedicati alla raccolta di informazioni. Un buon esempio di come sistemi di intelligenza artificiale vengano oggi integrati all’interno di Delta per aiutare gli operatori a gestire le funzioni ISR è Zvook, un sistema di analisi sonora usato nella difesa aerea. Sviluppato in collaborazione con Respeecher, una startup ucraina che prima della guerra lavorava alla generazione di voci tramite intelligenza artificiale, Zvook rileva e identifica attraverso il loro suono minacce aeree in volo a quote a cui i radar sono meno efficaci. Per farlo utilizza microfoni ad alta qualità, specchi acustici curvi per concentrare le onde sonore e un computer compatto grande quanto una scatola da scarpe Una stazione Zvook è più economica di un radar tradizionale. Il suo costo è di circa 500 dollari, funziona senza emettere segnali rilevabili e il suo raggio di scoperta è di 4,8 chilometri per i droni e di 6,9 chilometri per i missili da crociera. Il tempo necessario a una stazione Zvook per elaborare e trasmettere i suoi dati a Delta, con il quale è integrata, è di circa 12 secondi e il tasso di falsi positivi dell’1,6%. Tra le informazioni trasmesse da Zvook ci sono il tipo di bersaglio, il suo suono, il luogo in cui è stato rilevato e la direzione in cui si sta muovendo, facilitando così il compito di allertare i sistemi di difesa aerea che hanno il compito di intercettare la minaccia. L’IMPATTO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE SULLE FUNZIONI ATR Per quanto riguarda le funzioni di ATR (riconoscimento automatico dei bersagli), l’intelligenza artificiale aiuta il personale umano a distinguere esche e camuffamenti, permette ai sistemi di operare anche in ambienti densi di contromisure elettroniche e contribuisce a migliorare la performance dei sensori in condizioni di scarsa visibilità (nebbia, pioggia, neve, durante la notte) e in ambienti ricchi di infrastrutture come quelli urbani. Per svolgere le funzioni di ATR i sistemi di intelligenza artificiale possono anche essere integrati a bordo dei veicoli senza pilota, operando per migliorare la velocità, la precisione e l’efficacia del processo di acquisizione e tracciamento dei bersagli. Tali sistemi aiutano anche gli operatori umani a determinare quali siano i bersagli prioritari, basandosi su variabili analizzate in tempo reale come il livello di pericolosità, la vicinanza alle unità amiche e gli obiettivi di una missione. Addestrato con dati open source, il sistema di ATR e basato su intelligenza artificiale noto come ZIR, dell’azienda ZIR System, è in grado di identificare un’ampia gamma di bersagli. Tra questi ci sono  personale di fanteria, automobili, minivan, camion, sistemi di difesa aerea, di artiglieria, veicoli blindati e carri armati. Una volta identificato il proprio bersaglio, ZIR, che viene montato direttamente su droni d’attacco, si aggancia a esso da un chilometro di distanza e comanda autonomamente il drone fino a 3 chilometri anche in ambienti densi di contromisure elettroniche. BREVE GUIDA ALL’ECOSISTEMA TECNOLOGICO UCRAINO Oltre all’integrazione dell’intelligenza artificiale per rispondere alle esigenze dei moderni contesti di guerra, ZIR, Zvook e Delta hanno un’altra cosa in comune: sono stati sviluppati tutti e tre in Ucraina, come alcune delle più avanzate soluzioni apparse fin dall’inizio del conflitto nel 2014. Delta, per esempio, nasce nel 2016 grazie al lavoro di Aerozvidka, un gruppo di volontari impegnato a supportare le truppe ucraine impiegate nella difesa del Donbass. Anche prima di venir adottato dalle forze di difesa ucraine, Delta è stato caratterizzato da uno sviluppo costante nel tempo e da un approccio do it yourself basato su un continuo confronto con i militari impegnati al fronte, che fornivano agli sviluppatori riscontri costanti sulle prestazioni del software. Questo approccio è alla base dell’intero ecosistema dell’IA militare ucraino. Un ecosistema di cui l’iniziativa privata, autonoma e spesso volontaria, è stata una componente fondamentale. Molte di queste tecnologie nascono infatti da applicazioni sviluppate per usi civili e commerciali, che solo in seguito all’invasione su larga scala sono state adattate a usi bellici. La dinamica industria tecnologica ucraina e l’aggressione russa sono perciò alla base del rapido sviluppo che le più avanzate tecnologie militari stanno vivendo nel corso di questo conflitto. Un’accelerazione che sta determinando il modo in cui verranno combattute le guerre del futuro. L’invasione ha avuto dunque come effetto indesiderato quello di fare da volano all’industria militare ucraina che, oggi, è una delle più innovative al mondo. Questo ha fatto sì che, mano a mano che l’invasione su larga scala proseguiva, il governo ucraino si è trovato di fronte alla necessità di riconoscere il valore strategico del comparto e regolarlo di conseguenza. Sia i servizi segreti che diversi ministeri – tra cui quello della difesa, quello degli affari interni e quello della trasformazione digitale – gestiscono oggi iniziative e infrastrutture dedicate ad accelerare lo sviluppo e l’adozione di tecnologie militari basate su intelligenza artificiale. Per quanto autonomi e, in parte, indipendenti l’uno dall’altro, tutti questi sforzi condividono lo stesso approccio dal basso verso l’alto all’innovazione, rispettoso dell’indipendenza e della natura fai da te dell’ecosistema tecnologico ucraino. PRESENTE E FUTURO DELL’INTELLIGENZA ARTIFICIALE BELLICA L’analisi del caso ucraino mostra come i conflitti siano il principale motore di sviluppo e adozione di nuove tecnologie militari. La più avanzata di queste è l’intelligenza artificiale e in merito al suo uso bellico è oggi possibile isolare tre tendenze distinte. La prima mostra come l’integrazione dell’intelligenza artificiale nelle organizzazioni militari sia un processo in crescita. La seconda che la sua adozione non può essere predeterminata, ma segue piuttosto logiche contingenti. La terza e ultima è che l’uso delle macchine non dovrebbe rimpiazzare gli operatori umani nelle funzioni di comando e controllo. Priva di supervisione umana, libera di prendere decisioni per suo conto, l’intelligenza artificiale diventerebbe di fatto un attore strategico autonomo. L’intelligenza artificiale non è infatti un semplice moltiplicatore di forze, bensì una tecnologia che approfondisce ed evolve la natura dell’interazione umano-macchina. In questo modo, l’intelligenza artificiale è in grado di riscrivere profondamente i meccanismi psicologici che garantiscono la deterrenza reciproca degli stati. Ciononostante, il dibattito sul grado di autonomia da concedere ai sistemi d’arma dotati di intelligenza artificiale è aperto e si struttura intorno a due posizioni opposte: quella che vede nella piena automazione dell’uso della forza un pericolo con notevoli implicazioni etiche; e quella che per cui l’autonomia condurrà a un futuro di guerre meno distruttive e sanguinose. L’intelligenza artificiale, al crocevia tra opportunità tattiche e rischi strategici, solleva interrogativi che nessuna tecnologia può risolvere da sola. Il futuro della guerra – e forse anche della pace – si giocherà nella capacità delle società democratiche di regolarne lo sviluppo prima che siano forze diverse a farlo. L'articolo Le frontiere belliche dell’intelligenza artificiale proviene da Guerre di Rete.
La barca Madleen della Freedom Flotilla minacciata da droni di nazionalità ignota
La barca Madleen della Freedom Flotilla si trova nelle acque internazionali al largo della Grecia. È continuamente minacciata da droni di nazionalità ignota che sorvolano il percorso dell’imbarcazione solidale con la causa palestinese. Gli attivisti sono molto preoccupati e vivono momenti di tensione, ma sono pronti a ogni eventualità. “Se ci sarà un attacco delle forze navali israeliane, abbandoneremo la barca”, ha dichiarato Avila, uno dei 12 attivisti a bordo. L’attivista per l’ambiente Greta Thunberg ha scritto sul suo account social: “Non importa quanto sia pericolosa questa missione, non c’è niente di più pericoloso del silenzio del mondo intero davanti a un genocidio trasmesso in diretta.” Clicca per ascoltare le parole dell’equipaggio prima di partire da Catania (in inglese con sottotitoli in italiano) Segui la rotta della Freedom Flotilla per aumentare la sicurezza dell’equipaggio. Diventa testimone di questo coraggioso viaggio per rompere l’assedio di Gaza. Clicca sul link: https://live.garmin.com/…/515FCF27FB35A7ECF2CB9391BF812F1   ANBAMED
GAZA: BLOCCO TOTALE DEGLI AIUTI E BOMBE SULLA FREEDOM FLOTILLA. LE UDIENZE ALL’AJA NON FERMANO I CRIMINI ISRAELIANI
Attende ancora di poter riparare in acque territoriali maltesi la nave Conscience della Freedom Flotilla Coalition, colpita alle 00.23 di venerdì 2 maggio 2025 da un doppio attacco di droni – con ogni probabilità israeliani – mentre si trovava in acque internazionali non lontano dall’isola. A bordo ci sono 30 attiviste e attivisti, illesi per puro caso. La nave imbarca acqua, rischia di affondare, ed è senza energia elettrica perché gli attacchi hanno colpito, a prua, il generatore di corrente. Malta ha inviato un rimorchiatore a controllare la situazione. La nave era pronta a salpare per Gaza carica di aiuti umanitari e materiale medico-sanitario. Su Radio Onda d’Urto l’aggiornamento di sabato 3 maggio con l’attivista di Freedom Flotilla Simone Zambrin, che si trova a Malta dove doveva salire sull’imbarcazione. Ascolta o scarica Dopo l’attacco, la Freedom Flottilla aveva lanciato un segnale di SOS che era stato ignorato da tutti gli stati raggiunti con l’unica eccezione di Cipro del sud, che ha inviato una barca in soccorso della Conscience. Attiviste e attivisti hanno anche chiesto a vari Paesi occidentali di convocare gli ambasciatori israeliani affinchè spieghino diversi dettagli, a partire dal tracciato – raccolto dal sito specializzato in traffico aereo, ADS-B Exchange – che mostra un C-130 Hercules dell’Aeronautica Militare israeliana sorvolare per 7 ore e a bassa quota la zona orientale di Malta poco prima dell’attacco alla nave umanitaria. Nessuno stato ha risposto nemmeno a questo appello. Poche ore prima del raid, tra l’altro, lo stato di Palau aveva deciso di revocare alla nave la propria bandiera, lasciando l’imbarcazione in acque internazionali e senza alcune protezione formale. Su questo aspetto – e non solo – è intervenuta sulle frequenze di Radio Onda d’Urto Chantal Meloni, docente di Diritto penale internazionale all’Università Statale di Milano. Ascolta o scarica. L’attacco alla Freedom Flotilla si inserisce in un contesto di blocco totale degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza imposto da Israele da ormai due mesi. Di questo si sta discutendo nelle udienze alla Corte Internazionale di Giustizia (CIG) dell’Aja. Dei dibattimenti in corso alla Corte internazionale di giustizia dell’Aja abbiamo parlato con il docente di diritto internazionale alla Liverpool John Moores University, avvocato delle vittime di Gaza, Triestino Mariniello. Ascolta o scarica Il tutto mentre nella notte tra venerdì 2 e sabato 3 maggio 2025 a Tel Aviv il gabinetto di guerra israeliano ha deciso di intensificare ancora le “operazioni militari”, cioè il genocidio, nella Striscia di Gaza. Nelle ultime ore un bombardamento israeliano sul campo profughi di Khan Yunis ha ucciso almeno 11 persone, tra cui tre bambini, uno dei quali neonato. Il portavoce della protezione civile di Gaza riferisce che è queste persone si trovavano nella casa della famiglia Al-Bayram. Otto delle vittime, infatti, appartenevano alla stessa famiglia.  
ATTACCO DI DRONI CONTRO LA NAVE DELLA FREEDOM FLOTILLA. DOVEVA PARTIRE PER GAZA, ORA RISCHIA DI AFFONDARE CON 30 ATTIVISTI/E A BORDO
Nel cuore della notte tra giovedì 1 maggio e venerdì 2 maggio 2025, la nave della Freedom Flottilla Coalition per Gaza è stata colpita da un attacco di droni. La prua è stata colpita due volte. Le esplosioni hanno provocato un incendio e hanno aperto una breccia nello scafo. Colpito in particolare il generatore di corrente che alimenta l’imbarcazione. La nave, attraccata in acque internazionali al largo di Malta, rischia di affondare e a bordo ci sono 30 attiviste e attivisti per i diritti umani. Al segnale di soccorso SOS da loro inviato a diveri paesi, soltanto Cipro del sud ha risposto inviando una nave in loro soccorso. Nessun altro paese ha risposto alla richiesta di aiuto. La Freedom Flotilla era pronta a salpare per Gaza, carica di aiuti umanitari. “Condanniamo fermamente questa azione criminale, terroristica, tendente a impedire l’arrivo di aiuti alla popolazione di Gaza”, afferma il coordinatore di Freedom Flotilla in Italia Zaher Darwish ai microfoni di Radio Onda d’Urto. “Purtroppo ci sono molti paesi che concorrono in vario modo ad agevolare le azioni terroristiche israeliane, a partire dal governo italiano che conferma ancora rapporti di collaborazione con Israele”, aggiunge Zaher Darwish. Rispetto a questo attacco, il portavoce della Freedom Flotilla Coalition in Italia spiega: “sembrerebbe che ci sia un’alleanza del crimine trasversale, che attraverso tutto l’Occidente e non soltando: il regime turco di Erdogan ha impedito all’imbarcazione di partire con gli aiuti per Gaza (eravamo pronti già da mesi). Gli attivisti sono stati bloccati per mesi al porto di Istanbul e 9 attivisti sono stati arrestati per una decina di giorni. C’è un’alleanza criminale che ha il centro in Israele e che attraversa gli Stati Uniti, l’Occidente, ma anche la Turchia, finalizzata a impedire persino una solidarietà umana alla popolazione di Gaza“. “Questo attacco poteva uccidere le persone a bordo. È andata bene perché i due colpi hanno colpito la chiglia di punta. Se avesse colpito la parte centrale avrebbe fatto una strage”, aggiunge sempre ai nostri microfoni Michele Borgia, attivista del Media group di Freedom Flotilla, in contatto in queste ore con la Coalizione internazionale della campagna. Tutto questo accade mentre la Croce rossa internazionale fa sapere che “l’intervento umanitario a Gaza è sull’orlo del collasso totale” e l’esercito israeliano prosegue il genocidio: nelle ultime ore i bombardamenti su tutta la Striscia hanno ucciso oltre 30 palestinesi. Uno di questi raid ha preso di mira il campo profughi di al Bureij uccidendo almeno sette persone in un solo attacco. Le corrispondenze e i commenti sulle frequenze di Radio Onda d’Urto: * Zaher Darwish, coordinatore della Freedom Flotilla Coalition in Italia. Ascolta o scarica. * Michele Borgia, attivista del Media group di Freedom Flotilla, in contatto in queste ore con la Coalizione internazionale della campagna. Ascolta o scarica.
Masters of Cyberwar
"La società civile ha introiettato profondamente l’idea che le tecnologie dell’informazione e comunicazione siano semplici merci, strumenti a nostra disposizione. Gli esempi che abbiamo toccato mostrano in maniera lampante il contrario. " Leggi l'articolo di Stefano Borroni Barale. In nemmeno 50 anni le aziende della Silicon Valley sono passate dal sognare la pace al realizzare sistemi in grado di sorvegliare silenziosamente qualsiasi smartphone e sistemi d’arma automatici che uccidono con un minimo o nessun intervento umano, i “killer robots”. E sembrano ben felici di mettere queste tecnologie a disposizione di nazioni in guerra e dittatori alla ricerca di sistemi di controllo del dissenso. Stefano Borroni Barale da qualche mese cura la rubrica “Scatole oscure. Intelligenza artificiale e altre tecnologie del dominio” su altraeconomia.it. Il suo ultimo articolo è qui.