Serbia: Vučić rafforza l’alleanza con PutinNonostante gli avvertimenti dell’UE il presidente serbo Aleksandar Vučić ha
deciso di recarsi a Mosca per partecipare alle celebrazioni della Giornata della
Vittoria, in occasione degli 80 anni di sconfitta del nazifascismo. Fallito il
tentativo di incontrare il presidente americano Donald Trump in Florida qualche
giorno prima, l’ipotesi di mancare anche la visita a Mosca non era
contemplabile, tanto più alla luce del motivo principale della sua trasferta
moscovita ventilato da molti: rafforzare l’immagine di alleato russo del
presidente serbo.
Vučić sembra quindi essere convinto del fatto che per ora l’unica mossa a
disposizione dell’UE sia la sospensione dei negoziati di adesione, già congelati
a causa del rifiuto del presidente serbo di aderire alle sanzioni occidentali
contro Mosca, e in forte stallo anche a causa dei mancati miglioramenti nel
processo di normalizzazione delle relazioni con il Kosovo. Vučić deve avere
anche pensato che la maggior parte dei cittadini serbi, e in particolare la sua
base elettorale, non si curi troppo delle ripercussioni in arrivo da Bruxelles.
Forse il presidente serbo dà per scontato che nonostante il suo ammiccamento a
Mosca l’UE non adotterà misure radicali come il congelamento dei fondi o degli
investimenti dell’unione.
Da sempre fautore del doppiogiochismo, con un piede in Europa e lo sguardo verso
Mosca, il presidente serbo vola da Putin sperando che le potenze europee
continuino a mantenere relazioni pragmatiche e a concludere vantaggiosi accordi
bilaterali (come la vendita degli aerei da combattimento Rafale da parte della
Francia di Emmanuel Macron o il potenziale sfruttamento del litio per alimentare
la transizione elettrica dell’industria automobilistica tedesca). Tuttavia, il
fatto che Vučić sia stato l’unico leader europeo presente alla parata di Mosca
insieme al primo ministro slovacco Robert Fico, rischia di apparire una
provocazione troppo grande perché Bruxelles possa fingere di nulla, tanto più
ora che i 21 maratoneti serbi sono giunti al Parlamento europeo per portare la
loro lotta alle istituzioni del vecchio continente, sempre più consapevole di
quanto sia necessario agire in Serbia per cambiare lo status delle cose. Dopo
sei mesi di blokade, un governo caduto, università occupate, risse in
parlamento, manifestazioni gigantesche, maratone e biciclettate a Bruxelles e
Strasburgo, sembra che sia rimasto solo il presidente serbo l’unico a non capire
quanto la sua leadership sia corrosiva per il paese che si ostina a guidare.
Ma Vučić capisce benissimo, solo non vuole mollare la poltrona. Ed è proprio
questa sua ostinazione che l’ha spinto ad azzardare tanto, volando a Mosca:
Vučić pare convinto che l’integrazione della Serbia all’UE non sia più una leva
politica necessaria per garantire la continuità del suo potere. Gli ultimi sei
mesi di avvenimenti nel suo paese hanno infatti rivelato la vera natura del suo
regime e l’inconsistenza del suo filo-europeismo. Vučić vuole solo una cosa:
continuare ad essere Vučić. E per farlo deve boicottare le riforme dello Stato
di diritto e della libertà dei media richieste dall’UE per il processo di
integrazione, altrimenti il monopolio del potere sarebbe messo a repentaglio.
Esemplificativa di questa strategia è la questione della creazione di un
organismo indipendente per la regolamentazione dei media audiovisivi (REM), una
delle richieste principali di Bruxelles. Se Vučić accettasse, la presa del
governo sui media diventerebbe troppo debole, e questo è un elemento che il
regime non è disposto ad accettare. Vučić sa anche che non può contare sul
sostegno dell’UE per reprimere le proteste interne o applicare misure repressive
contro i cittadini. In tal senso l’appoggio di Mosca e Pechino risulta essere
fondamentale.
La retorica anti-occidentale e le risposte dell’UE
La Russia ha nuovamente dimostrato la propria solidarietà al fratello serbo
quando i suoi servizi segreti, su richiesta delle autorità di Vučić, hanno
pubblicato un rapporto secondo cui alla maxi-protesta del 15 marzo a Belgrado
nessuna arma proibita (il cannone sonico) è stata utilizzata, nonostante le
testimonianze di centinaia di cittadini affermassero il contrario. La visita a
Mosca è quindi accompagnata da un inevitabile rafforzamento della retorica
antioccidentale, come espresso da Vučić stesso nella Piazza Rossa in merito alle
ingiustizie dell’Occidente nei confronti della Serbia, dalle guerre degli anni
Novanta alle attuali pressioni per imporre sanzioni alla Russia.
Dopo aver sfilato accanto a Putin, sono in molti a credere che Vučić abbia
oltrepassato il limite e non sia più nella posizione di aprire nuovi capitoli di
negoziati a tempo indeterminato. Oltre a ribadire gli impegni di Belgrado verso
l’Europa, la Commissione europea ha espresso un “profondo rammarico” per la
presenza di Vučić a Mosca, presenza che “legittima l’aggressione della Russia
contro l’Ucraina”. I Socialisti e Democratici europei si spingono oltre e
chiedono una rivalutazione dei negoziati di adesione con Belgrado.
L’eurodeputato croato Tonino Picula, relatore per la Serbia al Parlamento
europeo, ritiene che questa visita rappresenti un “chiaro allineamento con
Putin”, dal momento che la politica di Vučić “congela” il cammino del paese
verso l’UE.
Dal primo novembre 2024 la Serbia è percorsa da una movimento di protesta senza
precedenti, che è diventato una vera e propria rivendicazione nazionale e
transnazionale, investendo anche altri paesi della regione che appoggiano la
lotta alla corruzione e chiedono il rispetto dello stato di diritto. Come
sostengono da mesi gli attivisti, la lotta non riguarda più soltanto la Serbia,
ma interessa l’impegno di tutta Europa per la democrazia, la giustizia e la
dignità. Per ora le reazioni di Bruxelles sono state molto blande. Per ottenere
quanto richiesto da buona parte della popolazione serba in protesta da sei mesi
è essenziale il sostegno dell’Unione Europea. Gli unici che sembrano averlo
capito davvero sono ancora una volta gli studenti serbi. E ancora una volta è
tutto nelle loro mani.
East Journal