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Informazione: vince ancora la TV e si fa sempre più strada la prossimità
Nonostante il drastico calo dell’interesse per le notizie, sceso da oltre il 70% a meno del 40% in un decennio, gli italiani e le italiane restano sorprendentemente legati al flusso informativo, interrogando costantemente i propri dispositivi e consultando le notizie con grande frequenza. Anche se il modo in cui fruiamo le news risulta  frammentario, rapido e spesso guidato dall’algoritmo più che dalla sostanza. E’ quanto si legge nel Digital News Report Italia, realizzato da Alessio Cornia (assitant professor a Dublin City University e già responsabile della parte italiana del Reuters Institute Digital News Report) e Marco Ferrando, Paolo Piacenza e Celeste Satta del Master in Giornalismo “Giorgio Bocca” di Torino, che mette a disposizione degli addetti ai lavori e del pubblico dati e analisi di assoluta rilevanza per comprendere i principali cambiamenti in corso nel mondo dell’informazione, sia dal punto di vista della domanda che dell’offerta. Il Report conferma che la televisione mantiene una solida leadership – oltre la metà del pubblico la considera fonte primaria, nonostante un lento declino – mentre l’online fatica a trovare slancio. “Non si tratta di rifiuto tecnologico, si sottolinea, ma di abitudini radicate nella centralità storica del mezzo televisivo. Eppure emergono eccezioni virtuose: alcune testate native digitali hanno conquistato un pubblico significativo grazie a formati agili, community profilate e strategie mirate sulle piattaforme, dimostrando che l’innovazione può ancora prosperare in un mercato maturo. Ci sono inoltre esempi di testate storiche che, rinnovandosi, continuano a soddisfare i loro lettori tradizionali e a conquistarne di nuovi”. La fiducia nell’informazione risale lievemente al 36%, ma cresce l’allarme verso influencer e figure politiche come vettori di disinformazione, un segnale che evidenzia come la sfiducia non sia diretta solo contro il giornalismo tradizionale, ma investa l’intero ecosistema informativo. Uomini, anziani e persone con livelli di reddito e istruzione elevati mostrano maggiore interesse per le notizie. Anche chi si colloca a sinistra registra un interesse particolarmente marcato. In generale, gli italiani consultano spesso le notizie: il 59% lo fa più volte al giorno, delineando un “paradosso ”: siamo ultimi per interesse ma secondi per frequenza di fruizione, dietro la Finlandia. L’81% degli italiani sono poi interessati all’informazione di prossimità con la cronaca nera in testa con il 58%. Come si diceva, la TV rimane un importante punto di riferimento per gli italiani: il 66% la usa settimanalmente e il 51% la considera la propria fonte principale. Tra i media online, i social guidano al 17%, seguiti da testate native digitali e giornalisti indipendenti al 9%, mentre i siti di quotidiani e di testate radiotelevisive si fermano all’8% e al 5%. La carta stampata è fonte principale solo per il 2%. L’Italia è l’unico tra i sei paesi in cui la TV è la fonte principale. Ultimo nell’uso dei media cartacei, il nostro Paese si distingue per il ricorso a testate native digitali e giornalisti alternativi. L’uso di fonti online, tuttavia, è inferiore a tutti gli altri mercati tranne la Francia. Podcast e chatbot di intelligenza artificiale si affermano poi come fonti aggiuntive (usati settimanalmente dal 6% e dal 4%), ma restano fonte principale per una quota trascurabile di italiani (1%). L’uso settimanale delle fonti informative mostra un calo in tutti i media: la TV scende al 65% (era all’85% nel 2017) e le fonti online al 66% (dall’81%), mentre radio e stampa cartacea registrano riduzioni ancora più marcate. Tra le fonti online, l’impiego di social media diminuisce, l’accesso tramite siti e app di emittenti radiotelevisive si riduce di un terzo rispetto al 2017 e quello dei quotidiani web quasi si dimezza, mentre le testate native digitali e giornalisti indipendenti resistono con solo un lieve calo. Facebook resta la piattaforma più usata per le notizie, ma il suo ruolo informativo è in netta flessione: se nel 2020 il 56% degli utenti lo impiegava per le news, oggi è il 36%, con un calo ancora più marcato tra gli under 35 (da 62% a 21%). Guadagnano invece terreno le piattaforme “visual”, usate ora dal 40% degli italiani per informarsi: Instagram (22%) e YouTube (20%) mantengono il primato, mentre TikTok cresce rapidamente (dal 2% al 10% in cinque anni), spinto soprattutto dagli under 35.  Solo il 5% degli italiani usa X (Twitter) per informarsi (era il 10% fino al 2018) e, a differenza degli Stati Uniti, non è particolarmente popolare tra il pubblico di destra.  Pur essendo usate dall’85% degli italiani, le app di messaggistica servono per informarsi solo al 26%. Il loro impiego per le news è in calo, con WhatsApp che scende dal 27% al 21% e Telegram dal 9% al 6% tra 2023 e 2025. Anche sui social il 52% degli utenti presta principalmente attenzione alle fonti professionali (testate e giornalisti tradizionali e nativi digitali), il 37% si affida a creator e personalità online e il 28% a contributi di persone comuni.  X, Facebook e, in parte, YouTube restano spazi dominati da fonti professionali, mentre Istagram e TikTok puntano maggiormente su creatori di contenuti e giornalisti nativi digitali. Solo il 9% degli italiani ha però pagato per accedere alle notizie online (−1 punto rispetto al 2024), il livello più basso di sempre e fanalino di coda tra i paesi di riferimento. Chi paga per le notizie online è soprattutto un giovane uomo con reddito e istruzione elevati, politicamente centrista o di centrosinistra, con alto interesse per la politica e abituato a informarsi tramite testate tradizionali online. Qui per scaricare il Digital News Report Italia 2025: https://mastergiornalismotorino.it/progetti/digital-news-report-italia/.   Giovanni Caprio
Gaza: colpito un operatore di Gazaweb. La situazione nella striscia precipita
Nei settori più a Sud della striscia di Gaza sono ancora attivi gli alberi della rete che consentono di connettersi a internet. A Deir Balah, l'albero della rete gestito da Nour funziona regolarmente e continua a fornire accesso soprattutto ai più giovani che, grazie alla connessione seguono le lezioni e danno esami a distanza. Nelle zone a nord la situazione sta precipitando. Il palazzo dal quale Youssef attiva uno degli alberi della rete di Gaza City è stato colpito due volte in due giorni. Youssef e sua moglie sono stati feriti e trasportati a sud per essere curati poiché in quella zona gli ospedali sono tutti fuori uso. Le loro scorte di cibo sono andate distrutte. Non lasciamo sole i nostri fratelli e sorelle, coltiviamo solidarietà! Sottoscrivi al croudfunding: https://aiutagazaweb.vado.li
Si va sempre meno in negozio e quasi 1 persona su 2 fa acquisti online
Tra il 2023 e il 2024 sono in crescita gli acquisti via web: la quota di persone che hanno effettuato acquisti online è aumentata di 2,2 punti percentuali. Nei tre mesi che precedono l’intervista, i beni più acquistati tramite e-commerce sono i capi di abbigliamento (23,2%) e gli articoli per la casa (13,7). Rispetto al 2023 si consolida anche l’uso dei siti web o delle app per reperire informazioni dalla Pubblica Amministrazione. Continuano invece a diminuire gli utenti che usano siti web o app della PA per stampare o scaricare moduli ufficiali (-9,6 punti percentuali) e per prendere appuntamenti (-8 p.p). Nel 2024 il 13% dichiara di aver fatto online la richiesta di certificati o documenti (es. nascita, residenza, carta d’identità), l’11,6% di aver effettuato l’iscrizione alla scuola o all’università, il 9% ha richiesto prestazioni di previdenza sociale (es. pensione o assegno unico) e il 9,8% ha compilato, modificato o approvato la propria dichiarazione dei redditi tramite siti web o app. In questo ambito risultano essere più propense a usufruire del servizio le persone di 35-44 anni e quelle residenti nel Centro-nord. Sono alcuni dei dati dell’indagine “Aspetti della Vita Quotidiana” dell’ISTAT. Nel 2024 il tasso di diffusione di Internet è pari all’86,2% (+2,5 punti percentuali rispetto all’anno precedente). L’accesso a Internet da casa è però appannaggio soltanto di sei famiglie di anziani su 10: “Nelle famiglie composte esclusivamente da anziani (convenzionalmente individui di 65 anni e più) si osserva  una minore diffusione di Internet: solo sei su 10 (60,6%) dispongono di un accesso a Internet da casa. Al contrario, l’accesso risulta quasi universale nelle famiglie con almeno un minore (99,1%) e raggiunge il 94,5% nelle famiglie senza minori ma con membri non esclusivamente anziani”. L’analisi territoriale evidenzia un persistente svantaggio del Mezzogiorno per l’accesso a Internet, con 4,8 punti percentuali in meno rispetto al Centro-nord. Le regioni con la maggiore percentuale di famiglie connesse sono il Veneto e il Friuli Venezia Giulia (89,3% per entrambi) e il Trentino-Alto Adige (89,1%). Le regioni con le percentuali più basse sono, invece, la Sicilia (82,3%), il Molise (80,8%) e la Basilicata (79,7%). Il titolo di studio continua a essere un fattore discriminante: tra le persone di sei anni e più, naviga sul web il 95,8% di coloro che hanno una laurea e il 91,6% di quanti hanno un diploma di scuola secondaria superiore rispetto al 69,7% di chi ha conseguito al massimo la licenza media. Tra gli occupati le differenze tra dirigenti, imprenditori e liberi professionisti da un lato e operai dall’altro si sono gradualmente attenuate negli anni (96,5% contro 92,0%). Chattare è sempre più irresistibile per gli italiani: tre persone su quattro utilizzano Internet per chattare. “L’uso della Rete, si sottolinea nel Report dell’ISTAT, è prevalentemente orientato verso i servizi di comunicazione. Nel 2024, nei tre mesi precedenti l’intervista, il 73,4% degli internauti di sei anni e più ha usato servizi di messaggeria istantanea, il 66% ha effettuato chiamate sul web e il 62% ha utilizzato la posta elettronica”. Tuttavia, resta diffuso anche l’utilizzo della Rete per guardare video da servizi di condivisione come, ad esempio, YouTube, Instagram, Tik Tok (57,4%). L’ascolto della musica in streaming o attraverso web radio si attesta, invece, al 49,4%. Quasi la metà degli utenti ha cercato in rete informazioni su merci o servizi (48,2%), mentre il 46% ha cercato informazioni sulla salute. Poco più dei due quinti ha utilizzato Internet per accedere a servizi bancari (44,3%). L’uso delle ICT[1] risulta ancora significativamente diverso tra la popolazione maschile e quella femminile. Nel 2024, infatti, dichiara di accedere a Internet l’84,5% degli uomini di sei anni e più a fronte del 79,5% delle donne. Questo divario, tuttavia, riguarda principalmente le classi di età più anziane: fino ai 59 anni le differenze di genere sono infatti nulle, mentre i 60-64 anni avvantaggiano gli uomini di 4,3 punti percentuali. Tra gli individui ultra 75enni, infine, il vantaggio maschile nell’uso di Internet diventa particolarmente marcato (38,3% degli uomini contro il 26,5% delle donne). Interessante è anche il continuo aumento della formazione online: oltre un quarto della popolazione usa la Rete per attività riferite all’acquisizione e all’aggiornamento delle competenze e delle conoscenze per motivi professionali, di studio o personali. Per formazione online si intende sia quella che dà luogo a un titolo di studio o a una qualifica professionale (formale), sia quella che non attribuisce alcuna qualifica, ma è condotta comunque in maniera organizzata (non formale), sia, infine, quella perseguita intenzionalmente dall’interessato ma non organizzata (informale). Qui il Report completo dell’ISTAT “Cittadini e ICT – Anno 2024”: https://www.istat.it/wp-content/uploads/2025/04/REPORT_CITTADINI-E-ICT_2024.pdf [1] Information and Communication Technology”, traducibile in italiano come “Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione” Giovanni Caprio
La nostra vita sugli smartphone non è al sicuro
Il blackout di Madrid manda un messaggio molto chiaro: attenzione a concentrare così tante funzionalità e servizi, sia pubblici, sia privati, sullo smartphone. O più precisamente: attenzione a farlo senza lasciare alternative reali funzionanti. Perché lo smartphone funzioni, infatti, devono essere soddisfatte due condizioni: Internet deve funzionare (sia l’accesso wireless, sia l’infrastruttura complessiva, fatta di cavi, data centers, apparecchiature di rete e molto altro) e deve esserci elettricità per caricare la batteria (oltre che per far funzionare Internet). Invece di riporre una fiducia incondizionata nella nostra capacità di far funzionare le infrastrutture cruciali con affidabilità totale, quindi, identifichiamo piuttosto, con pragmatismo, e anche un po’ di umiltà, alcuni strumenti e servizi di cui è opportuno preservare la versione “analogica”, a prescindere dalla diffusione delle equivalenti versioni digitali. Senza pretese di esaustività, vediamo tre esempi: il denaro contante, la radio FM e i documenti d’identità fisici. Leggi l'articolo su Il Manifesto