Tag - Calabria

Cosenza. IL 22 settembre sosterremo senza se e senza ma lo sciopero generale!
Tutti a Cosenza. Manifestazione regionale. ore 17,30 – Piazza Loreto Se oggi come equipaggio di terra della Flotilla siamo in condizione di gridare “blocchiamo tutto” in sostegno a chi è salpato alla volta di Gaza, è perché i lavoratori del Calp da anni lottano contro il traffico di armi bloccando i porti, […] L'articolo Cosenza. IL 22 settembre sosterremo senza se e senza ma lo sciopero generale! su Contropiano.
Catanzaro. L’odio genera odio
Forza Nuova annuncia di “voler stazionare nelle aree più degradate del centro storico per promuovere la sicurezza e il controllo del territorio”, in pratica siamo alle ronde, che noi riteniamo di stampo fascista e che non restituiscono nessuna sensazione di sicurezza, anzi, a nostro parere alimentano tensioni. Le ronde sono […] L'articolo Catanzaro. L’odio genera odio su Contropiano.
«Accoglienza sotto assedio»: la denuncia del collettivo L’AltraMarea a Camigliatello Silano (CS)
«Accogliere con dignità non è una scelta, è un obbligo morale». Con queste parole il collettivo L’AltraMarea di Cosenza ha annunciato la sua nascita e la finalità di denunciare le condizioni dei cittadini e delle cittadine migranti all’interno dei centri di accoglienza governativi e dei centri di detenzione.  Il collettivo si impegna a monitorare, informare e sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni sulle criticità e le ingiustizie che «ancora oggi angosciano i migranti in questi contesti». Inoltre, si propone di far conoscere le reali condizioni di vita all’interno dei centri di accoglienza, fare pressione sulle autorità e promuovere un cambiamento dell’attuale ordinamento giuridico in materia di immigrazione. A fine luglio L’AltraMarea ha diffuso il suo primo report di un monitoraggio dal titolo eloquente: Accoglienza sotto assedio. Sceriffi, minacce e degrado a Camigliatello. Il documento di denuncia, ripreso e confermato dall’articolo della stampa locale 1 , raccoglie testimonianze e fotografie dall’ex hotel La Fenice, trasformato da tempo in Centro di Accoglienza Straordinaria (CAS) gestito dalla società locale Alprex S.a.s. «È singolare – scrive il collettivo – che l’ex Hotel La Fenice – simbolo mitologico di rinascita – si trasformi invece nell’antitesi della vita dignitosa. Qui, dove persone già segnate da violenze e traumi dovrebbero ricominciare, si trovano invece abbandono e maltrattamenti». Già nel 2016 erano state segnalate «violazioni quotidiane dei diritti essenziali dei migranti, parcheggiati come pacchi» sotto la gestione dell’associazione A.N.I.MED. «Siamo tornati a distanza di nove anni», spiega il gruppo di attivistə, «e constatiamo purtroppo un’involuzione del sistema di accoglienza». Tra le testimonianze raccolte spicca quella di T., giovane ospite del centro. Mostrando foto dei pasti, racconta di cibo servito «in piatti di plastica sigillati, gonfi per fermentazione batterica» e «maleodoranti». «Alle nostre proteste – denuncia – la risposta è stata: o mangiate questo o null’altro». Le condizioni igieniche vengono descritte come «un girone infernale»: docce incrostate, rubinetteria assente, muri segnati da calcare e ruggine. Agli ospiti viene consegnato «un solo cambio di vestiti all’arrivo e più nulla», con la lavatrice riservata «esclusivamente alla direzione». I materassi sarebbero «lerci, bucati, macchiati di aloni gialli e marroni», le stanze «umide e ammuffite». Gli ospiti parlano anche di «assenza totale di attività»: niente corsi di lingua, nessuna formazione, nessun percorso di inserimento. «I ragazzi passano le giornate nell’inerzia, vagando lungo la statale o seduti sulle panchine dei bar». Sul piano sanitario, il racconto è analogo: «Viene somministrato sempre e solo lo stesso farmaco, l’Oki. Nessun medico, nessun avvocato, nessuno psicologo». Il punto più inquietante riguarda la gestione interna. «Un membro della direzione, identificato come Alessandro, si atteggia a sceriffo – prosegue L’AltraMarea –. Diversi migranti ci raccontano che avrebbe mostrato una pistola per intimorire gli ospiti. In un caso, documentato da video, avrebbe addirittura aggredito fisicamente un minore». Chi protesta rischia ritorsioni. È lo stesso T. a raccontarlo: dopo aver contattato i carabinieri per denunciare le condizioni del centro, si sarebbe visto decurtare il pocket money di 25 euro al mese. «Un sopruso senza alcuna giustificazione», denuncia il collettivo. «Cambiano i padroni, ma rimane la stessa disumanità», constata il collettivo L’AltraMarea. «Ci chiediamo come sia possibile che le istituzioni non intervengano davanti a episodi tanto gravi, che riguardano anche minori. Queste persone sopravvissute a tragedie immense vengono ridotte a sgualcite banconote ambulanti, utili solo ad alimentare il business di gestori». E conclude: «Non si può continuare a ignorare che dietro ogni numero ci sono vite, ferite e speranze di rinascita». 1.  Il buio ai piedi della candela: viaggio in Sila nell’ex hotel La Fenice, tra degrado e paura, di Alessia Principe – CosenzaChannel ↩︎
#stopthegenocideingaza🇵🇸 San Giorgio Morgeto (#Reggio #Calabria), domenica 24 agosto, ore 20.30. Incontro-dibattito: Dall'Aspromonte a #Gaza, storie di lotta e resistenza. Intervengono: Antonio Mazzeo, Peppe Marra, Francesco Piobbichi, Giuseppe Pugliese.
La Procura contesta l’assoluzione di Maysoon Majidi
L’assoluzione pronunciata dal Tribunale di Crotone del 5 febbraio 2025 sembrava aver posto fine alla vicenda giudiziaria che aveva visto coinvolta l’attivista curdo-iraniana Maisoon Majidi, imputata di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina a seguito dell’arresto dopo lo sbarco sulle coste italiane. Notizie IL CASO MAYSOON MAJIDI E LA CRIMINALIZZAZIONE DEI MIGRANTI L'attivista curda iraniana è stata assolta da tutte le accuse Chiara Lo Bianco 10 Febbraio 2025 La donna era stata fermata mentre tentava di allontanarsi attraverso la boscaglia insieme pochi altri migranti, tra cui il capitano dell’imbarcazione, ed era stata accusata di aver coadiuvato la navigazione di un natante con a bordo circa settanta persone partite dalla Turchia. Tuttavia, la giovane donna non ha fatto in tempo a riprendere la sua vita in mano, dopo la lunga detenzione preventiva subita lo scorso anno nelle more del processo di primo grado, che si trova nuovamente a dover difendere la propria innocenza stante l’appello proposto dalla Procura per asserite irregolarità procedurali e contraddizioni nelle prove raccolte. Segnatamente, i motivi a sostegno della richiesta di riesame risiedono nella convinzione da parte dell’Ufficio della Procura, che il Tribunale abbia male interpretato i fatti esposti nel corso del processo, trascurando alcuni elementi probatori, quali video e contatti telefonici, pervenendo così ad una motivazione insufficiente e incoerente. Appare dunque utile richiamare, sia pur sinteticamente, i passaggi salienti della motivazione della sentenza del Tribunale di Crotone. Primariamente, il Collegio ha ritenuto inattendibili le dichiarazioni accusatorie tanto per ragioni procedurali quanto per ragioni contenutistiche. Le accuse mosse a Maysoon Majidi si fondavano principalmente sulle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria da due migranti irregolari che viaggiavano sul medesimo barcone e che avevano descritto la giovane donna come libera di muoversi durante la traversata e in possesso del proprio telefono cellulare, a differenza degli altri passeggeri, cui era stato sottratto per l’intera durata del viaggio secondo le regole imposte dai trafficanti responsabili. Tali affermazioni, tuttavia, costituivano l’unico elemento a carico, per altro integralmente smentite sia dalle risultanze probatorie – in particolare dalle dichiarazioni del comandante dell’imbarcazione, del fratello e della stessa imputata – sia da elementi oggettivi, quali l’analisi dei messaggi scambiati da Majidi con la propria famiglia. Dall’esame incrociato dei dati estratti dal cellulare e delle immagini in esso contenute emerge chiaramente che l’utilizzo del dispositivo è avvenuto soltanto nei momenti in cui ciò era consentito a tutti i migranti; analoga conclusione vale per quanto riguarda gli spostamenti sull’imbarcazione. Ne consegue che le dichiarazioni accusatorie non superano la soglia della prova oltre ogni ragionevole dubbio e, pertanto, il Tribunale ne ha attestato l’inattendibilità. Giova ricordare che, in ossequio al principio dell’onere della prova, cardine del processo italiano, spetta all’accusa dimostrare i fatti attribuiti all’imputato, mentre alla difesa compete un’attività di mera confutazione, volta, in termini processuali, a far sorgere il ragionevole dubbio. Sotto il profilo procedurale, inoltre, a tali dichiarazioni non poteva comunque essere attribuita natura di piena prova, trattandosi di affermazioni rese da soggetti indagati per reato connesso (ingresso irregolare ex art. 10-bis T.U. imm.), successivamente acquisite al fascicolo dibattimentale ai sensi dell’art. 512 c.p.p. per sopravvenuta irreperibilità dei dichiaranti, circostanza che ha impedito la loro escussione diretta in dibattimento. Dall’analisi dei dati di traffico telefonico emerge ancora un’ulteriore lacuna nella ricostruzione proposta dall’Accusa. Secondo quest’ultima, Majid sarebbe giunta a bordo dell’imbarcazione in automobile, diversamente dalle consuete modalità con cui si svolgono tali viaggi; tuttavia, le indicazioni di orario e di luogo ricavate dall’esame del cellulare dell’imputata, e segnatamente una fotografia ritraente il fratello che viaggiava con Maysoon, hanno dimostrato che non vi è stata alcuna discrepanza rispetto al trattamento riservato agli altri passeggeri. Il Collegio ha altresì escluso che Maysoon Majid potesse avere un pregresso rapporto o potesse aver instaurato un legame amicale con il comandante dell’imbarcazione, considerata la barriera linguistica tra i due e l’assenza di evidenze idonee a corroborare tale ipotesi. Infine, il Tribunale ha riaffermato la consolidata giurisprudenza in materia di onere della prova, rilevando che l’Accusa non ha dimostrato la veridicità della propria ricostruzione in ordine al presunto mancato pagamento della traversata. Secondo i giudici, non vi è alcuna prova che l’asserita – e già di per sé non comprovata – attività coadiuvante possa aver costituito controprestazione per il compimento del viaggio. Del resto, dalle conversazioni telefoniche frammentarie intercettate tra la famiglia Majid e la giovane, nonché quelle tra quest’ultima e l’organizzatore del viaggio, risulta sempre chiaro il riferimento al già avvenuto pagamento totale della traversata. In ultimo, il Tribunale si è pronunciato sulla circostanza per cui l’imputata, abbandonata l’imbarcazione prima dell’approdo lungo la costa calabra, si era data alla fuga, insieme ad altri quattro soggetti, tra cui il comandante del natante, nel tentativo di far disperdere le proprie tracce. La Procura riteneva che la fuga fosse motivata dalla necessità di evitare l’accusa di favoreggiamento di immigrazione clandestina; eppure, dalle conversazioni rilevate dal telefono di Maysoon emerge ripetutamente l’intento di evitare i controlli di frontiera in quanto avrebbero precluso la possibilità di avanzare richiesta di asilo in Germania, Paese in cui risiede la famiglia con cui Maysoon e il fratello tentavano di ricongiungersi. In forza del regolamento di Dublino, è possibile richiedere asilo nel Paese Europeo di primo approdo: ne consegue che se i fratelli Majidi fossero stati bloccati alla frontiera italiana non avrebbero potuto regolarizzare il loro status e dunque permanere legalmente in Germania. Per le ragioni anzidette il Tribunale di Crotone si è pronunciato assolvendo Maysoon Majid “per non aver compiuto il fatto”, dunque, riscontrando la mancanza di sufficienti elementi probatori tali da corroborare, al di là del ragionevole dubbio, l’incriminazione originariamente ascrittale ex art. 12 T.U. imm. Si ritiene tuttavia doveroso sottolineare che anche qualora Maysoon Majid avesse compiuto atti di aiuto nella gestione della traversata – resa particolarmente complessa dalle caratteristiche del mezzo impiegato, dall’elevato numero di persone a bordo, dalle condizioni meteorologiche talvolta avverse e dalle precarie condizioni igienico-sanitarie – al solo fine umanitario e senza alcun coinvolgimento nell’organizzazione criminale, sarebbe comunque incorsa in una condanna. L’attuale formulazione dell’art. 12 T.U. Imm. determina, infatti, una sostanziale equiparazione tra i soggetti che organizzano e traggono profitto dal viaggio e coloro che, mossi dallo stato di necessità in cui versano i migranti durante la traversata, intervengono unicamente per garantire che il viaggio si concluda nelle migliori condizioni possibili. Si tratta, dunque, di un problema normativo: l’ampiezza della fattispecie incriminatrice e la rigidità sanzionatoria previste dall’attuale sistema penale – specie in considerazione delle circostanze aggravanti previste dalla norma di legge – continuano a colpire indiscriminatamente sia i trafficanti sia chi presta un ausilio occasionale, senza distinguere il diverso grado di responsabilità e il reale disvalore della condotta. Una criticità che, peraltro, non può dirsi esclusivamente italiana, che, al contrario, prende vita dai principi di matrice comunitaria e, in particolare, del cosiddetto Facilitators package 1, che, a sua volta, suggerisce obblighi di criminalizzazione. In conclusione, la vicenda giudiziaria di Maysoon Majidi mette in luce le profonde distorsioni prodotte dall’attuale disciplina sul favoreggiamento dell’immigrazione irregolare. La sentenza di primo grado si pone come correttivo di alcune delle storture che caratterizzano processi di questo tipo e nell’analisi della sua motivazione propone l’interpretazione più favorevole all’imputata nel rispetto di un’altra regola base del processo penale italiano: il favor rei; principio per il quale, in caso di conflitto o incertezza interpretativa, deve prevalere sempre la soluzione più favorevole all’imputato; per altro, fornendo una interpretazione compiuta, logica e coerente con le prove del processo. Per tutte le ragioni esposte, l’appello proposto dalla Procura risulta privo di fondamento e non offre elementi idonei a giustificare un ribaltamento della decisione assolutoria di primo grado. Il caso Majidi conferma, tuttavia, la necessità urgente di un intervento legislativo, a livello sia nazionale che europeo, volto a circoscrivere l’ambito di applicazione dell’art. 12 T.U. imm. ai soli casi di effettivo sfruttamento dei migranti, evitando di criminalizzare atti di necessità o di solidarietà. Fino a quando ciò non avverrà, vicende come quella di Maysoon Majidi continueranno a ripetersi, esponendo a sofferenze ingiuste decine di migliaia di persone coinvolte in contesti di estrema vulnerabilità. 1. Formato dalla direttiva 2002/90 volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali nel territorio dell’Unione e dalla decisione quadro 2002/946 relativa al rafforzamento del quadro penale per la repressione delle condotte in questione ↩︎
Rosarno Film Festival “Fuori dal Ghetto”: online il bando della 4ª edizione
È online il bando per partecipare alla quarta edizione del Rosarno Film Festival – Fuori dal Ghetto, l’iniziativa culturale che, ormai da quattro anni, intreccia cinema, lotte sociali e diritti dei lavoratori agricoli. Il festival si svolgerà tra ottobre e novembre 2025, in concomitanza con la stagione di raccolta degli agrumi nella Piana di Gioia Tauro, e vedrà ancora una volta la partecipazione diretta dei braccianti e degli studenti delle scuole superiori, che comporranno la giuria chiamata a premiare i cortometraggi in concorso. Quest’anno il tema centrale sarà lo sfruttamento del lavoro e la sicurezza sul lavoro, una delle emergenze sociali più gravi e diffuse in Italia. Il concorso intende accendere i riflettori su violazioni quotidiane legate a orari, salari, contributi, ferie e condizioni di salute, che toccano trasversalmente il mondo agricolo da nord a sud: dalla Piana di Gioia Tauro in Calabria a Saluzzo in Piemonte, da Nardò in Puglia a Latina nel Lazio, fino a Ragusa in Sicilia. Il lavoro nero, il caporalato e le pratiche di sfruttamento colpiscono infatti non solo i lavoratori stranieri ma anche molti italiani, alimentando ghettizzazione e invisibilità. La rassegna cerca perciò di raccogliere storie di vita: racconti di accoglienza negata e soprusi, ma anche esperienze di riscatto, di convivenza e lavoro regolare che mostrano come sia possibile costruire economie solidali e comunità resilienti, capaci di contrastare spopolamento ed emarginazione. Fuori dal Ghetto nasce con l’obiettivo di dare voce a chi vive condizioni di sfruttamento e marginalità, trasformando il cinema in uno strumento di denuncia, dialogo e inclusione. Nel corso delle edizioni, l’evento è cresciuto in visibilità e partecipazione, attirando associazioni, registi, attori e attivisti dall’Italia e dall’estero. Il festival è promosso da Mediterranea Hope – Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Rete Comunità Solidali e S.O.S. Rosarno, con l’adesione di una rete sempre più ampia di realtà sociali, culturali e solidali, tra cui Sea Watch, ResQ, ZaLab, Campagne Aperte, RiMaflow, Acmos, ICS – Consorzio Italiano Solidarietà, oltre a numerose associazioni e collettivi impegnati nei territori. MODALITÀ DI PARTECIPAZIONE * Le opere dovranno avere una durata massima di 20 minuti. * Formato consigliato: Mpg4 (1920×1080), max 2 GB, preferibilmente tramite WeTransfer. * La selezione è a cura della direzione artistica, che informerà gli autori del risultato tramite telefono o email. * I lavori devono essere inviati entro il 30 settembre 2025 Scarica il bando
Schlein e Tajani complici di Israele! Boicottiamo il Magna Graecia Film Festival!
Apprendiamo che la segretaria del PD Elly Schlein e il Ministro degli Esteri Antonio Tajani saranno ospiti del Magna Graecia Film Festival. Vogliamo dirlo con chiarezza. Non sono ospiti graditi! Non possiamo dimenticare che il PD sia stato l’autore di scelte politiche ed economiche ferocemente antipopolari. La sanità regionalizzata e […] L'articolo Schlein e Tajani complici di Israele! Boicottiamo il Magna Graecia Film Festival! su Contropiano.
Occhiuto ha la responsabilità storica di negare ai calabresi il diritto alla cura
Mentre tutti i dati sulla sanità pubblica italiana ci consegnano la sua distruzione a vantaggio di quella privata, la Calabria rimane sempre più relegata agli ultimi posti per la qualità del servizio sanitario a conferma, purtroppo, del disastro perpetrato a danno dei cittadini dalle politiche dei tagli operati da tutti […] L'articolo Occhiuto ha la responsabilità storica di negare ai calabresi il diritto alla cura su Contropiano.
Naufragio di Cutro: quattro finanzieri e due militari della guardia costiera rinviati a giudizio
A due anni e mezzo dal naufragio di Steccato di Cutro, che costò la vita ad almeno 94 persone – tra cui 35 minori – arriva un primo passo concreto per la ricerca di verità e giustizia: sei militari, quattro appartenenti alla Guardia di Finanza e due alla Guardia Costiera, sono stati rinviati a giudizio con le accuse di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Lo ha deciso la giudice per l’udienza preliminare di Crotone, Elisa Marchetto, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Pasquale Festa. Secondo quanto riporta l’ANSA, tra gli imputati figurano Giuseppe Grillo, capo turno della sala operativa del Reparto operativo aeronavale di Vibo Valentia; Alberto Lippolis, comandante del Roan; Antonino Lopresti, ufficiale in comando tattico; Nicolino Vardaro, comandante del Gruppo aeronavale di Taranto. Con loro, a processo andranno anche Francesca Perfido, ufficiale in servizio a Roma, e Nicola Nania, che era di turno nel Comando regionale della Capitaneria di porto di Reggio Calabria la notte della strage. L’avvio del processo è previsto per il 14 gennaio 2026 davanti al Tribunale di Crotone. Il procedimento giudiziario ruota attorno alla mancata attivazione del Piano Sar (Search and Rescue) nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, quando il caicco Summer Love si spezzò a pochi metri dalla costa calabrese con a bordo persone provenienti perlopiù da Afghanistan, Iran, Siria e Pakistan. Le trasmissioni di Radio Melting Pot (Non) È Stato il mare. A un anno dalla strage di Cutro Play Episode Pause Episode Mute/Unmute Episode Rewind 10 Seconds 1x Fast Forward 10 seconds 00:00 / 29:00 Subscribe Share RSS Feed Share Link Embed Scarica file | Ascolta in una nuova finestra | Durata: 29:00 | Registrato il 26 Febbraio 2024 A salutare con favore il rinvio a giudizio sono le sei Ong Emergency, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS Mediterranee, tutte ammesse parte civile nel processo. In una dichiarazione congiunta affermano: «Con il rinvio a giudizio si avvicina la possibilità di ottenere verità e giustizia». Le organizzazioni fin dal primo momento avevano denunciato una catena di gravi omissioni nelle operazioni di salvataggio: «I tempi sono fondamentali per la buona riuscita delle operazioni di soccorso, per questo i ritardi nell’attivare interventi di salvataggio non sono un incidente ma una negligenza, che non può restare impunita. In questo caso specifico le autorità italiane hanno ignorato il loro dovere di soccorso e l’omissione ha avuto conseguenze drammatiche». Soprattutto, oggi, chiamano in causa anche i livelli superiori della catena di comando e rilanciano un appello: «Non è accettabile e non si deve più consentire che i responsabili di questo come di altri naufragi restino impuniti mentre le persone continuano ad annegare. Il diritto internazionale, la tutela della vita e il dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare devono essere rispettati sempre, anche nel Mediterraneo». Infine, chiedono «di porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle persone in movimento e di ripristinare efficaci operazioni di ricerca e soccorso in mare, auspicabilmente anche con una missione europea dedicata». Le prossime udienze rappresentano quindi un momento cruciale non solo per accertare le responsabilità individuali, ma anche per far luce sulle responsabilità politiche e sulle pressioni esercitate dall’alto su un sistema generale di soccorso ormai da anni ostaggio di scelte politiche che ne hanno progressivamente limitato capacità e volontà di intervento.
Sanità calabrese al collasso
La sanità calabrese si avvia inesorabilmente al collasso, in particolare quella territoriale. Mancano medici e infermieri nelle postazioni del 118 oramai chiuse e con le ambulanze ferme. Preludio di un’altra estate di passione per i pazienti, soprattutto per i più fragili come gli anziani, che oramai sono i soli rimasti […] L'articolo Sanità calabrese al collasso su Contropiano.