Gipi / Amore e altre imperfezioni
Non so se Gipi abbia un editor geniale che gli ha tagliato e cucito il suo primo
romanzo nei punti giusti, con i ritmi giusti e con le parole giuste o se
l’indubbia genialità del “fumettaro” sia anche una genialità squisitamente
letteraria: di fatto questa graphic novel senza disegni, è davvero un romanzo e
funzione egregiamente. Devo poi confessare che ero partito prevenuto: ancora
questo Gipi, ok è bravo, è intelligente, è pure simpatico (le sue interviste mi
fanno sbellicare); sui fumetti ovviamente non si discute, poi anche il cinema (i
suoi film però non mi hanno mai entusiasmato – opinione personale
discutibilissima – li metterei un gradino sotto il resto delle sue creazioni);
ora vuol fare anche il romanziere, ma via! Sarà la solita cosa abborracciata
tipo i libri dei cantautori: bravissimi a scrivere canzoni, ma un romanzo è
un’altra cosa, perfino Bob Dylan con Tarantula… mah! Invece comincio, quasi per
dovere, e mi piglia subito, e poi un capitolo tira l’altro: i personaggi ci sono
tutti e l’ambientazione anche – di questo non dubitavo, sono la forza dei suoi
comics, ma senza disegni però, pensavo… invece no, non si sente affatto la
mancanza dei disegni, lo story board uno se lo fa in testa, e questo vuol dire
che la scrittura funziona alla grande. Un’alternanza di comico e tragico, di
cinismo e di sentimento (e di sentimento mascherato da cinismo), un uso non
gratuito e perfettamente centrato del turpiloquio (estremo) e della pornografia
(estrema). Insomma, se pregustavo con certa sottile perfidia una delusione, una
ciambella senza buco, invece la ciambella è riuscita eccome, e il buco stava
proprio dove doveva stare e nemmeno un’ombra di delusione: il miglior Gipi di
sempre anche senza disegni.
Chi conosce l’artista pisano ritroverà qui molti dei suoi topoi narrativi: siamo
in provincia, come sempre, Gipi non ce lo dice di preciso dove, parla di
un’isola. Io, chissà perché, mi immagino l’Elba o comunque un’isola
dell’arcipelago toscano anche se il testo evita ogni esplicito regionalismo
anche linguistico; i personaggi sono ragazzi sui venticinque anni, bravi ragazzi
tutto sommato. C’è il Biondino, bello, atletico, che decenni di allenamento
nelle arti marziali hanno trasformato in una macchina da guerra concentrata
nella protezione totale del fratello minorato Aldo, ridotto a un vegetale
vivente da uno sconsiderato gioco infantile per espiare la colpa del quale il
primo ha rinunciato a tutto accollandosi il ruolo di eterno angelo custode del
secondo; c’è Masamba, un nero dolce e gentile con un pene enorme che proprio per
le sue dimensioni eccezionali non arriva mai a un’erezione completa (Masamba non
si chiama davvero Masamba ma tutti lo chiamano così e lui non se la prende
perché non c’è razzismo ma affetto in quel soprannome); c’è Marion, la bella
barista marsigliese di cui il protagonista si innamorerà fino alla follia, così
angelica, comprensiva, accogliente da risultare quasi esangue (decisamente
l’universo di Gipi è un universo maschile: i personaggi femminili non vi
emergono con altrettanta convinzione); infine c’è il protagonista Zaky, altezza
media, intelligenza media, tutto medio tranne una fissazione: il sesso. Zaky è
stato uno che si è scopato di tutto e ha scopato sempre, ma ecco che
improvvisamente, dopo aver conosciuto Marion, e innamorato cotto di lei,
essersela – con invidiabile facilità – portata a letto, non riuscirà più,
nonostante la dolcezza e la disponibilità della ragazza, ad avere un’erezione:
cuore e pene, per Zaky, non vanno in sintonia. Da qui la tragedia.
Il tema della disfunzione erettile è un altro dei topoi di Gipi, tanto da aver
affrontato l’argomento già in una graphic novel – La mia vita disegnata male
(2015) – oltre che ad averne accennato spesso, in termini scopertamente
autobiografici, in varie interviste. Il problema per Gipi è stato – a quanto se
ne può supporre – temporaneo dal momento che è da anni felicemente sposato, per
l’immaturo Zaky diventa invece un’ossessione fatale, insormontabile, un magma
visionario nutrito dalle peggiori scene attinte dai siti pornografici più
estremi, in cui gelosia, senso di inferiorità, suprematismo maschilista,
brutalismo erotico, si miscelano e si confondono in fantasie deliranti che
proiettano l’ignara Marion – che nonostante tutto potrebbe amarlo così com’è –
nelle più sfrenate orge in cui lo dileggia e lo irride mentre viene penetrata
ovunque e contemporaneamente da orde di negri dai peni ciclopici e duri come
sbarre di ferro. Nel frattempo, illudendosi di recuperare così la virilità
perduta, Zaky si avvelena con un uso smodato delle pasticche di una specie di
surrogato del Viagra comprato su internet da siti pirata dell’Europa dell’Est e
accompagnato da incomprensibili bugiardini scritti in cirillico. Si distruggerà
così il fegato: meglio la morte dell’impotenza.
Quello che Zaky non riesce, non riuscirà mai a capire è espresso da Gipi in una
commovente metafora: un giorno su un mezzo pubblico aveva visto per caso due
ragazzi abbracciati, sono due bruttoni, lei ha i denti dell’arcata superiore
sproporzionatamente estroflessi, lui ha la mandibola inferiore esageratamente
prognata: quando si baciano però le loro bocche coincidono alla perfezione,
riunendosi in una sola la debolezza dell’uno sostiene e dissolve la debolezza
dell’altro. Questa fragilità complementare che è forse il fondamento dell’amore,
solo un altro fragile la potrà vivere davvero, Masamba e la sua timida ragazza
che lo vuole e lo accetta così com’è, gli altri, né l’ossessivo Zaki, né il
rigido Biondino, né, in fondo, la delusa Marion ci riusciranno, e si
allontaneranno, si perderanno, ognuno inguaribilmente concentrato nel proprio
male, ognuno precipitato nel solitario scivolone del proprio destino.
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