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SIRIA: TRUMP ACCOGLIE AL-SHARAA ALLA CASA BIANCA. L'(EX?) JIHADISTA TRA INTERESSI DEL CAPITALISMO GLOBALE E TENSIONI INTERNE
Il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha incontrato a Washington l’autoproclamato presidente siriano Ahmed Al Sharaa. È la prima volta, da quando la Siria è stata dichiarata stato indipendente nel 1946, che un leader siriano mette piede nello Studio ovale della Casa Bianca. Le questioni principali sul tavolo sono due: la surreale adesione della Siria – governata da personaggi, a partire dallo stesso Al Sharaa, che hanno militato in Daesh e/o in altre formazioni jihadiste fino a ieri – alla Coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa; e la volontà degli Usa di stabilire una propria base militare nel sud del Paese, vicino Damasco. Ovviamente, il tema del confronto è molto più ampio e riguarda aspetti differenti, anche se connessi tra loro: tra questi la promessa di rimuovere Al Sharaa e altri esponenti del suo cosiddetto “governo di transizione” dalle liste nere Usa dei ricercati internazionali per terrorismo, l’impegno statunitense a rimuovere almeno alcune delle sanzioni che da decenni stritolano l’economia e la popolazione siriana, ora estremamente provata anche da 15 anni di guerra civile, l’adesione di Damasco agli Accordi di Abramo. Sullo sfondo ci sono gli interessi – spesso contrastanti – di diverse potenze capitaliste regionali e globali, dalla Turchia di Erdogan (principale sponsor del nuovo regime siriano) a Israele, dagli Usa alla Russia fino alle monarchie del Golfo. Il futuro della Siria, infatti, è centrale rispetto al processo di ridefinizione dei rapporti di forza nella regione che ha subito un’importante accelerazione dal 7 ottobre 2023, con la guerra portata da Israele in tutta l’area. Su Radio Onda d’Urto, abbiamo approfondito questi aspetti con il giornalista Alberto Negri, editorialista de Il Manifesto. Ascolta o scarica. Per delineare un quadro completo della situazione, però, è importante tenere in considerazione la situazione interna siriana, in particolare per quanto riguarda la società e le sue numerose componenti anche nazionali, religiose e linguistiche. Da questo punto di vista, Al Sharaa sta tentando di rafforzare la propria legittimità politica, al momento piuttosto debole. Il suo “governo di transizione” non può contare su un consenso ampio per diversi fattori. Il più importante riguarda proprio la composizione eterogenea della società siriana dal punto di vista delle differenze culturali e religiose. Diverse comunità non si sentono rappresentate da un governo che da un lato si dichiara protettore dei diritti delle minoranze, dall’altro è espressione diretta di gruppi salafiti e jihadisti. I massacri ai danni della popolazione alawita nelle regioni della costa occidentale e quelli contro i drusi nell’area meridionale di Sweida – compiuti da milizie islamiste inquadrate nell’attuale esercito governativo – hanno alimentato diffidenza, paura e malcontento nei confronti di Damasco. Nonostante avesse dichiarato l’intenzione di costruire una democrazia dopo oltre sessant’anni di regime degli Assad (incassando l’endorsement di tutte le cancellerie europee e occidentali), Al Sharaa ha organizzato elezioni che sono state più che altro una selezione diretta – da parte sua – di gran parte dei parlamentari e dalle quali sono state escluse Sweida, l’area a maggioranza drusa, e soprattutto i territori controllati dall’Amministrazione autonoma democratica del nord e dell’est e dalle Forze Siriane Democratiche a guida curda e araba. Non solo, dopo aver simulato un approccio democratico, aperto a tutte le religioni e culture, e aver promesso una costituzione che rappresentasse tutte le componenti siriane, il governo di transizione di Al Sharaa ha scritto da solo la propria Carta, senza alcun tipo di consultazione, e ha iniziato a disporre leggi di chiara impronta islamista. Di tutto questo abbiamo parlato con Tiziano Saccucci, dell’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia, con particolare attenzione alle trattative in corso tra Damasco e l’Amministrazione autonoma del confederalismo democratico, cioè l’autogoverno rivoluzionario e socialista del Rojava e del nord-est siriano (oltre un terzo del Paese). Ascolta o scarica.
MESOPOTAMIA: RESOCONTO CON COMPAGNE-I DI RIENTRO DAL ROJAVA, SIRIA DEL NORD E DELL’EST
Nuova puntata, su Radio Onda d’Urto, per Mesopotamia – Notizie dal Vicino Oriente, ogni quattro venerdì, alle ore 18.45, dentro il ciclo “Cassetta degli Attrezzi” (in replica il lunedì successivo, alle ore 6.30 del mattino) La puntata di venerdì 7 novembre 2025 è tutta dedicata a un resoconto con compagne e compagni appena rientrati dal Rojava, i territori dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est. Tra loro anche inviate e inviati della Redazione di Radio Onda d’Urto, che nelle scorse settimane avevano già realizzato due reportage; * la prima corrispondenza, del 10 ottobre, relativa alle mobilitazioni del 8 ottobre in 15 città dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord e dell’Est per chiedere la liberazione di Abdullah Ocalan, al grido di “non puoi spegnere il nostro sole” e “non c’è vita senza leader”. *  la seconda corrispondenza, del 22 ottobre, era invece relativa agli “Stadi della Rivoluzione”. Nella conversazione in studio del 7 novembre, ci concentriamo invece su come si sta declinando in Siria del Nord e dell’Est il processo aperto dallo storico Appello di Ocalan del febbraio 2025, oltre alle relazioni tra movimento di liberazione curdo (ma non solo) e il neo”governo” al potere a Damasco, quello di Al Jolani. In chiusura, cerchiamo invece di fare il punto sulle conquiste già ottenute e sulle sfide ancora aperte per l’esperienza rivoluzionaria del Rojava, in corso dal 2012. Ascolta Mesopotamia – Notizie dal Vicino Oriente di venerdì 7 novembre 2025. Ascolta o scarica  
CORRISPONDENZA DEL ROJAVA: GLI STADI…DELLA RIVOLUZIONE
Radio Onda d’Urto si trova in Rojava, nei territori del Nord e dell’Est della Siria controllati dall’Amministrazione autonoma democratica guidata dai principi del confederalismo democratico. La corrispondenza arrivata in Redazione il 22 ottobre 2025: “In uno stadio, il 12 marzo 2004, durante una partita di pallone, si accende una delle scintille che nei decenni hanno alimentato il fuoco della rivoluzione confederale diventata realtà nel luglio 2012 in Rojava. Allo stadio di Qamishlo, città a maggioranza curda, si disputava il match tra la squadra di casa e la squadra di Deir Ezzor, città a maggioranza araba. Durante la partita, i tifosi ospiti iniziarono a inneggiare a Saddam Hussein per i massacri che il suo regime aveva compiuto contro la popolazione curda del nord dell’Iraq. I tifosi del Qamishlo reagirono. La polizia del regime Baath siriano intervenne attaccando la tifoseria curda e uccise 9 persone. Al corteo funebre, la folla intonò slogan contro il regime di Bashar al Assad e la polizia aprì il fuoco uccidendo altre 23 persone. In seguito a questi fatti la rivolta divampò in tutte le città curde della Siria settentrionale. La rivolta di Qamishlo è considerata la prima sollevazione di massa in Rojava e uno dei semi della rivoluzione iniziata 8 anni più tardi. Oggi, sempre in uno stadio, dall’11 al 13 ottobre 2025, si sono celebrate le conquiste raggiunte dall’Amministrazione autonoma democratica della Siria del Nord e dell’Est. Il dialogo in corso tra lo stato turco e il movimento di liberazione curdo, insieme all’efficace autodifesa delle Forze Siriane Democratiche che ha permesso di raggiungere un fragile accordo di cessate il fuoco con l’autoproclamato governo di Damasco, permettono infatti al processo rivoluzionario di poter lavorare per sviluppare con maggior forza il modello del confederalismo democratico ispirato dalle idee socialiste di Abdullah Ocalan: la democrazia diretta delle comuni, il ruolo di avanguardia delle donne e della gioventù, l’ecologia sociale e l’economia comunale basata sulle cooperative. In questo contesto, la sesta edizione del Festival “Sheid Bawer Agir” ha visto l’inaugurazione del nuovo stadio di Kobane, città simbolo della rivoluzione per la sua resistenza all’assedio di Daesh più di dieci anni fa. “Gli stadi di Qamishlo, Kobane e Raqqa, in modi diversi, raccontano – spiegano inviate-i di Radio Onda d’Urto – la rivoluzione in Rojava: una rivoluzione della mentalità e della società. Una rivoluzione fiorita in 14 anni di guerra civile siriana, di bombardamenti e invasioni via terra dello stato turco, di guerra contro Daesh. Non bisogna dimenticare che tuttora, nonostante il teorico cessate il fuoco e le trattative in corso, 3 dei 7 cantoni che compongono l’Amministrazione autonoma democratica della Siria del nord e dell’est sono occupati da esercito turco e milizie jihadiste (Afrin, Serekaniye e Gire Spi). Inoltre, le milizie jihadiste ora inquadrate nell’esercito di Damasco e le numerose cellule dormienti di Daesh attaccano regolarmente le posizioni delle Forze Siriane Democratiche o delle forze di sicurezza interna dell’amministrazione, che finora hanno sempre respinto i tentativi di destabilizzazione o di avanzata sul terreno. Nonostante tutto questo, proprio come ha dimostrato la resistenza di Tishreen nei mesi scorsi, la società non ha mai perso la propria determinazione: anche sotto i peggiori attacchi, è visibile e tangibile la consapevolezza, di gran parte della società, del valore e dell’importanza dell’alternativa socialista e realmente democratica che qui si sta costruendo”. Attraverso la storia di alcuni degli stadi del Rojava – tra i quali anche lo “Stadio nero” di Raqqa, che fu utilizzato come prigione da Daesh – in questa corrispondenza inviate-i di Radio Onda d’Urto raccontano una parte della situazione attuale della regione e della rivoluzione confederale. Il servizio contiene anche un’intervista a Hewa Bekir, co-presidente del Ministero dello sport della gioventù dell’Amministrazione autonoma democratica della Siria del nord e dell’est, sull’importanza dello sport per la rivoluzione. Ascolta o scarica Di seguito, altri scatti arrivati a Radio Onda d’Urto dagli stadi del Rojava:
MESOPOTAMIA: IL MOVIMENTO CURDO RICORDA IL “COMPLOTTO INTERNAZIONALE” CONTRO OCALAN. PALESTINA: INTERVISTA A OMAR BARGHOUTI (MOVIMENTO BDS)
Nuova stagione, su Radio Onda d’Urto, per Mesopotamia – Notizie dal Vicino Oriente , ogni due venerdì, alle ore 18.45, dentro il ciclo “Cassetta degli Attrezzi”. Nella puntata di venerdì 10 ottobre 2025: * Radio Onda d’Urto è in Rojava, nei territori dell’Amministrazione Autonoma della Siria del Nord e dell’Est. La corrispondenza dalle manifestazioni del 9 ottobre, giorno in cui il movimento di liberazione curdo ricorda l’inizio – era il 1998 – del “complotto internazionale”, quello che portò il leader, Abdullah Ocalan, nell’isola-carcere turca di Imrali. * Palestina: arriva il cessate il fuoco, ma la lotta contro l’occupazione coloniale sionista non si deve fermare. L’intervista a Omar Barghouti, tra i fondatori esattamente 20 anni fa del Movimento BDS – Boicottaggio, Disinvestimento, Sanzioni. * Ancora Palestina, ma da Brescia: la presentazione con Alice, compagna del Csa Magazzino 47, della due giorni di sabato 11 e domenica 12 ottobre, “Insieme per la Palestina”. Ascolta la puntata di venerdì 10 ottobre 2025 di Mesopotamia – notizie dal Vicino Oriente trasmessa sulle frequenze antagoniste su Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica
CORRISPONDENZA DAL ROJAVA: MANIFESTAZIONI IN 15 CITTA’ PER LA LIBERAZIONE DI ABDULLAH OCALAN NELL’ANNIVERSARIO DEL “COMPLOTTO INTERNAZIONALE”
Giovedì 9 ottobre 2025 migliaia di persone sono scese nelle strade di 15 città dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord e dell’Est per chiedere la liberazione di Abdullah Ocalan, al grido di “non puoi spegnere il nostro sole” e “non c’è vita senza leader”. Il 9 ottobre, in Kurdistan, è una data molto importante: segna l’inizio, nel 1998, di quello che il movimento di liberazione curdo definisce “il complotto internazionale”, cioè la serie di eventi che portò alla cattura e all’arresto di Abdullah Ocalan il 15 febbraio 1999. Le manifestazioni hanno anche espresso il sostegno della popolazione alle Forze Siriane Democratiche e alla resistenza dei quartieri curdi di Aleppo – Sheiq Maqsoud e Ashrafye – recentemente attaccati dalle milizie jihadiste fedeli al regime di Ahmed Al-Sharaa, ora al potere a Damasco. Alcuni inviati di Radio Onda d’Urto si trovano in Rojava, da dove hanno inviato alla Redazione una corrispondenza e alcune interviste realizzate durante le manifestazioni. Su Radio Onda d’Urto tre audio differenti dal Rojava: * Il primo comprende la cronaca della giornata del 9 ottobre in Rojava, oltre un approfondimento sul significato storico e politico dell’anniversario del “complotto internazionale” iniziato nel 1998 contro Abdullah Ocalan. Ascolta o scarica * Una prima intervista con Suad, dell’Istituzione delle Famiglie dei Martiri di Derik, madre di Hevrin Xelef, esponente del Partito Futuro della Siria, assassinata nel 2019 dalle bande jihadiste ora fedeli al cosiddetto “Governo di transizione” al potere a Damasco. Ascolta o scarica * Una seconda intervista con Ebdi, del Movimento della Gioventù Rivoluzionaria di Derik e originario di Afrin, città dal 2018 occupata dall’esercito turco e dalle bande jihadiste. Ascolta o scarica   Di seguito, altri scatti della mobilitazione in Rojava del 9 ottobre 2025 per la liberazione di Abdullah Ocalan, grazie agli inviati di Radio Onda d’Urto presenti nei territori dell’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria del Nord e dell’Est:    
ALEPPO: GLI JIHADISTI (ORA AL POTERE A DAMASCO) ASSEDIANO I QUARTIERI A MAGGIORANZA CURDA DI SHAYKH MAQSOOD E ASHRAFIYE
Calma tesa nel nord della Siria stamattina, martedì 7 ottobre, dopo una serata di scontri tra forze governative – gli ex jihadisti ora riciclatisi al potere a Damasco assieme ad Al Jolani – e forze militari rivoluzionarie (in particolare YPG) che fanno riferimento al confederalismo democratico, curdo ma non solo, ad Aleppo. Gli scontri armati hanno causato un numero ancora non precisato di vittime e feriti. Nel mirino i quartieri di Shaykh Maqsood e Ashrafiye, a forte maggioranza curda, dopo vivono secondo i dettami del confederalismo democratico circa 500mila persone, di fatto in stato di assedio permanente. Dopo 2 giorni di chiusura da parte dei governativi dei due quartieri, ieri sera migliaia di persone sono scese in strada per manifestare, represse da lacrimogeni e spari. Le truppe già jihadiste e ora cosiddette “governative” hanno provato ad assaltare con i blindati i quartieri, respinti però dalle forze democratiche curdosiriane Ora ad Aleppo regna però una calma tesa, con un dispiegamento significativo di milizie jihadiste, che hanno chiuso le principali vie d’accesso alle aree curde. Scontri armati e colpi d’artiglieria incrociati pure a est di Aleppo, a Deir Hafer, mentre l’inviato speciale Usa, Thomas Barrack, e il comandante Centcom, l’ammiraglio Brad Cooper, hanno incontrato il comandante Fds, Mazlum Abdi, per fare ripartire il processo dell’accordo di integrazione siglato a marzo tra le autorità del Rojava e quelle, traballanti, al potere a Damasco, dove oggi – a sorpresa – gli stessi Usa hanno messo attorno a un tavolo lo stesso Abdi e Al Jolani, ora “presidente Sharaa”. RIPRODUZIONE RISERVATA L’aggiornamento su Radio Onda d’Urto con Tiziano Saccucci, Uiki Onlus.  Ascolta o scarica L’Amministrazione Autonoma Democratica della Siria Settentrionale e Orientale (Rojava) ha intanto rilasciato una dichiarazione scritta in merito agli attacchi sferrati dalle forze affiliate al Governo provvisorio siriano nei quartieri di Sheikh Maqsood e Ashrafiyah ad Aleppo. L’Amministrazione ha descritto gli assalti come “una continuazione delle politiche di oppressione e tirannia. In qualità di Amministrazione Autonoma Democratica della Siria Settentrionale e Orientale, condanniamo gli attacchi sferrati da gruppi affiliati al Governo Provvisorio Siriano contro i quartieri di Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh. Questi attacchi costituiscono una palese violazione dei diritti della popolazione di Afrin, che è stata costretta ad abbandonare le proprie case e ora è soggetta a una severa repressione da parte dei gruppi sotto il controllo del Governo Provvisorio”. La dichiarazione aggiungeva: “Gli attacchi a Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh sono la continuazione delle azioni razziste e delle politiche divisive perseguite dal governo provvisorio. È chiaro che non hanno imparato nulla da ciò che è accaduto lungo la regione costiera o a Sweida. Le stesse forze e la stessa mentalità stanno trascinando la Siria verso una catastrofe e una rovina irreversibili. Chiediamo quindi a tutti i siriani amanti della libertà e patriottici di essere solidali con la nostra gente nei quartieri di Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh. Esortiamo inoltre le forze democratiche siriane, le organizzazioni internazionali e la comunità internazionale a porre fine alle politiche perseguite dal governo provvisorio siriano. Ciò che sta accadendo oggi conferma che non vi è alcun serio sforzo per trovare una soluzione globale alle questioni nazionali irrisolte, ed è chiaro che alcune parti continuano a fare affidamento sul linguaggio delle armi e del conflitto interno invece che sul dialogo costruttivo e sugli sforzi congiunti per costruire una Siria democratica e pluralistica per tutti”. La dichiarazione continua: “Come Amministrazione Autonoma Democratica, condanniamo fermamente questi attacchi e riteniamo gli aggressori responsabili dei disastri umanitari e politici che ne derivano. Chiediamo al popolo della Siria settentrionale e orientale di prendere una posizione nazionale e morale, di stare al fianco dei nostri fratelli e sorelle di Sheikh Maqsoud e Ashrafiyeh e di sostenere la loro legittima resistenza contro questi attacchi”. L’Amministrazione Autonoma ha invitato “i popoli della Siria, in tutte le loro componenti, a opporsi a chiunque cerchi di seminare discordia tra i popoli del Paese e a garantire che le tragedie del passato non si ripetano mai più. L’unica via per porre fine alla crisi siriana è la pace e una soluzione democratica. Prendere di mira i civili e le zone sicure non porterà altro che ulteriore distruzione”.
[2025-10-09] Abolizionismo, piccoli passi per @ Piazza nuccitelli
ABOLIZIONISMO, PICCOLI PASSI PER Piazza nuccitelli - Piazza nuccitelli (giovedì, 9 ottobre 18:00) ‍💥Giustizia nei territori dell'Amministrazione Autonoma in Rojava. Primo incontro del III ciclo "Fuori e oltre la prigione". Ne parleremo con Uiki (Ufficio Informazione Kurdistan in Italia) e in corrispondenza con l'Amministrazione Autonoma della Siria del Nord Est. 📌9 ottobre, Piazza Nuccitelli al Pigneto o Zazie nel Metrò in base al meteo (ci saranno aggiornamenti sulle pagine social), alle ore 18:00. 🥘Al termine dell'incontro, cena benefit da Zazie nel Metrò: parte del ricavato sarà devoluto all'associazione Yairaiha, che dal 2006 si impegna per contrastare il carcere e le sue violenze.
“SIRIA DIVISA, VERITÀ OSCURATE: SUWAYDA E IL RITORNO DEI MASSACRI”: IL PUNTO DELLA SITUAZIONE NEL PAESE CON DAVIDE GRASSO
Per commentare i fatti recenti che riguardano la Siria e il Medio oriente abbiamo intervistato Davide Grasso, ricercatore in Sociologia politica al dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino e nostro collaboratore. Nei giorni scorsi, ha pubblicato un articolo su MicroMega a commento degli scontri e dei massacri a Suwayda, città a maggioranza drusa nel sud della Siria, e dei bombardamenti israeliani che hanno colpito a due passi dai palazzi governativi a Damasco. “I fatti di Suwayda – scrive Davide Grasso – sono tanto più gravi, se osservati da occidente, poiché si inseriscono in un contesto di piena legittimazione statunitense ed europea alle forze che continuano a commettere questi crimini in Siria. Rappresentano l’ennesimo monito ai mezzi d’informazione e al pubblico italiani a non occuparsi di Siria unicamente in presenza di episodi di violenza, poiché questi ultimi risultano incomprensibili se l’informazione non segue l’evoluzione del paese in modo costante”. Proprio per questo gli abbiamo chiesto innanzitutto di inquadrare la situazione generale attuale nel Paese, prima di addentrarci in diverse questioni particolari. Tra le questioni specifiche che abbiamo approfondito insieme al nostro collaboratore, siamo partiti dalle divisioni interne all’arcipelago islamista di cui fa parte Hayat Tahrir al Sham, il gruppo guidato da colui che a dicembre 2024 si è proclamato presidente, Ahmad Al-Sharaa. All’interno del fronte jihadista ci sono visioni diverse sulla Siria che verrà. Al-Sharaa ha dato dei segnali piuttosto chiari su quale sia la sua: Davide Grasso, nell’articolo e nell’intervista su Radio Onda d’Urto, ricorda la partecipazione di Al Sharaa al World Economic Forum di Davos, gli accordi per la ricostruzione o la costruzione di infrastrutture già siglati con diverse imprese turche, del Golfo, europee e statunitensi, la stretta di mano con Donald Trump. Una parte dei militanti jihadisti di Hts ha già dato vita a una scissione, passando all’opposizione. Anche in questo contesto si sono sviluppati gli scontri e i massacri sulla costa siriana a dicembre e in primavera, nelle aree popolate dalla popolazione alawita, e nel sud, nella città drusa di Suwayda, in queste settimane. Durante gli scontri e le violenze a Suwayda, l’esercito israeliano ha bombardato la stessa città a maggioranza drusa, la città di Dar’a e il cuore della capitale siriana Damasco. In contemporanea, a Baku, Azerbaigian, si stavano però tenendo colloqui tra il governo siriano e quello israeliano. Usa, Turchia e monarchie del Golfo, Arabia Saudita in particolare, cercano una mediazione che – di fatto – porti anche la “nuova Siria” nell’orbita degli “accordi di Abramo”. A Davide Grasso abbiamo chiesto perché – a suo avviso – Israele bombarda la Siria mentre sta discutendo con Damasco di questa “normalizzazione” dei rapporti. Nell’intervista, guardiamo infine all’altra sponda dell’Eufrate: l’Amministrazione autonoma democratica della Siria del nord e dell’est ha celebrato nei giorni scorsi, il 19 luglio, il 13esimo anniversario della rivoluzione e l’inizio dell’autogoverno secondo il modello del confederalismo democratico. In questa fase sembra godere di una certa stabilità interna e soltanto pochi mesi fa ha dato prova della propria capacità di autodifesa, di difendersi dagli attacchi e tentativi di invasione, con la resistenza alla Diga di Tishreen, vicino Kobane. Anche l’Amministrazione autonoma, così come le altre organizzazioni che fanno riferimento alle idee del leader del Pkk Abdullah Ocalan, ha deciso di aderire all’Appello per la pace e la società democratica e relativo processo di pace. Lo scorso marzo, ha firmato un cessate il fuoco con Damasco, un memorandum d’intesa in diversi punti sui quali trovare un accordo tramite il negoziato tuttora in corso. Nelle ultime settimane ci sono stati diversi incontri, con la mediazione in particolare di inviati statunitensi e francesi. La nostra intervista a Davide Grasso, ricercatore in Sociologia politica al dipartimento di Culture, politica e società dell’Università di Torino e nostro collaboratore. Ascolta o scarica.
SIRIA: ANCORA VIOLENZE SULLA COMUNITÀ DRUSA A SUWAYDA. DIVISIONI E SCONTRI FAVORISCONO LE INTERFERENZE DI ISRAELE E LE ALTRE POTENZE INTERNAZIONALI
La provincia meridionale di Suwayda, in Siria, è nuovamente un campo di battaglia. A scatenare gli ultimi scontri sono stati gli attacchi di alcuni gruppi tribali beduini contro una fazione armata drusa, accusata di abusi e violenze contro la popolazione civile dopo il ritiro delle truppe governative siriane all’inizio della settimana. Il Ministero dell’Interno siriano ha dichiarato che le forze di sicurezza si preparano a rientrare nell’area per “ristabilire l’ordine”. Intanto, in rete circolano nuovi video in cui si vedono miliziani jihadisti tagliare i baffi (importante simbolo religioso) agli uomini drusi per umiliarli e uccidere persone a sangue freddo. Nei giorni scorsi, col pretesto di “proteggere la minoranza drusa”, Israele ha bombardato la stessa Suwayda, la città di Dara’a e il cuore della capitale Damasco, lanciando missili a due passi da diversi edifici governativi. Tel Aviv ha ribadito di non tollerare la presenza dell’esercito siriano nella Siria meridionale. L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Volker Türk, ha chiesto “indagini indipendenti, tempestive e trasparenti” sulle uccisioni e sulle gravi violazioni dei diritti umani avvenute negli ultimi giorni nella zona, dove il bilancio delle vittime è già drammaticamente alto. L’autoproclamato presidente siriano Ahmad al-Sharaa – salito al potere con il putsch anti-Assad di dicembre 2024 e con l’appoggio di Stati Uniti, Turchia e paesi arabi del Golfo – sta tentando di ristabilire l’autorità dello Stato sul territorio attraverso logiche autoritarie e militari. Gli scontri settari nel sud fanno eco ai massacri di civili alawiti sulla costa a dicembre 2024 e a marzo 2025. L’intervista di Radio Onda d’Urto a Lorenzo Trombetta, analista di Limes e Ansa, che per 25 anni ha lavorato come corrispondente dal Medio Oriente con base a Beirut. Ascolta o scarica. L’Amministrazione autonoma democratica della Siria del nord e dell’est, cioè l’autogoverno di un terzo del territorio siriano – da 13 anni – secondo il modello del confederalismo democratico, ha condannato le violenze ai danni della comunità drusa, alla quale si è detta pronta a offrire il proprio aiuto umanitario, ma ha condannato anche i bombardamenti israeliani. “La soluzione non è la guerra, ma una Siria decentralizzata, costruita a partire dall’autodeterminazione delle comunità locali”, dicono le istituzioni confederali. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto è intervenuto anche Jacopo Bindi, dell’Accademia della Modernità Democratica e tra gli internazionalisti italiani che sono stati a lungo nei territori della Siria del nord-est. Ascolta o scarica.
SIRIA: NUOVA ESCALATION DI VIOLENZE SETTARIE NEL SUD. DAANES: “UNICA SOLUZIONE AUTONOMIA DEMOCRATICA E RISPETTO DEL PLURALISMO”
Sale a 135 morti il bilancio degli scontri settari nel sud-ovest della Siria. I combattimenti sono iniziati tra le milizie della comunità drusa e quelle beduine dopo il sequestro di un giovane druso da parte di una banda beduina di Dar’a. In seguito, è intervenuto l’esercito del cosiddetto governo di transizione dell’autoproclamato presidente siriano – il post-jihadista Al Shaara – in teoria per tentare di porre fine ai combattimenti. In realtà, diversi video mostrano miliziani jihadisti (alcuni con le patch di Daesh sulle divise) impegnati in violenze e torture nei confronti di combattenti e civili drusi. Ne ha “approfittato” di nuovo Israele, che occupa ancora un pezzo di Siria, fino alle porte di Damasco. Con la scusa di “difendere i drusi”, l’esercito israeliano ha bombardato le vicinanze di una colonna di carri armati di Hayat Tahrir al Sham che si apprestavano a entrare nella roccaforte drusa di Suwayda. “Un avvertimento al governo di Damasco”, affermano da Tel Aviv. L’esercito israeliano, che è impegnato in colloqui indiretti con il governo di transizione siriano per raggiungere una “normalizzazione” dei rapporti, non è andato oltre l’avvertimento, e i militari fedeli al governo siriano sono poi entrati a Suwayda, dove secondo quanto riportato dal ministero della Difesa di Damasco sarebbe entrato in vigore un cessate il fuoco. L’Amministrazione autonoma della Siria del nord e dell’est e le Forze siriane democratiche hanno invitato tutte le parti a cessare il fuoco immediatamente, ricordando in un comunicato “la necessità di rispettare il pluralismo nazionale siriano, riconoscendo i diritti di tutte le componenti senza discriminazioni ed evitando qualsiasi retorica o pratica che prenda di mira un gruppo specifico per motivi politici, religiosi o etnici”. “La Siria a cui aspiriamo – si legge nel comunicato sulle violenze settarie – dev’essere uno Stato per tutti, senza emarginazione o esclusione, costruito su basi democratiche che garantiscano l’effettiva partecipazione di tutta la popolazione alla gestione degli affari del Paese”. Le istituzioni confederali del Rojava hanno inoltre esortato tutte le parti “ad adottare approcci realistici che rispettino la natura della società siriana e a lavorare con serietà per costruire un modello politico moderno e democratico basato su giustizia, uguaglianza e diritti umani“. “La soluzione in un paese multietnico come la Siria – aggiunge in un comunicato il Kongra-Starr, Movimento delle donne della Siria del nord-est – è un’amministrazione decentralizzata, federale e democratica con al centro le donne”. “Il popolo – prosegue la nota – ha bisogno di pace e di una società democratica”. Di tutt’altro avviso sembrerebbe essere il governo di transizione di Al Shaara (Al Jolani), ma anche l’inviato speciale Usa per la Siria Tom Barrack. Venerdì scorso, dopo un importante incontro tra Damasco e l’Amministrazione autonoma del Rojava, il diplomatico statunitense ha dichiarato: “Una nazione, un popolo, un esercito, una Siria. Le Forze Siriane Democratiche sono lente nell’accettare, negoziare e procedere in questa direzione. C’è solo una strada e quella strada è Damasco”. I recenti incontri si inseriscono nel quadro del negoziato in corso dallo scorso mese di marzo 2025. L’Amministrazione autonoma democratica della Siria settentrionale e orientale ha rilasciato una dichiarazione: “La diversità in Siria non è una minaccia per la sua unità, ma piuttosto una fonte di forza che deve essere protetta e consolidata”, si legge nel comunicato. “Le richieste che avanziamo oggi per un sistema democratico pluralistico, per la giustizia sociale, per l’uguaglianza di genere e per una costituzione che garantisca i diritti di tutte le componenti non sono nuove; – ricordano le istituzioni confederali del nord-est – sono il cuore della lotta dei siriani dal 2011. Etichettarle come secessionismo è una distorsione della verità della lotta siriana contro la tirannia”. Per fare il punto della situazione nel sud-ovest siriano e sui colloqui tra Damasco e DAANES, su Radio Onda d’Urto è intervenuto Tiziano Saccucci, dell’Ufficio Informazione Kurdistan in Italia. Ascolta o scarica.