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PALESTINA: PER ISRAELE E USA I NEGOZIATI SU GAZA SONO “FALLITI”. RITIRATE LE DELEGAZIONI A DOHA
A Gaza un quarto dei bambini e delle donne è malnutrito. A dirlo è Medici Senza Frontiere che gestisce una clinica a Gaza City, per il momento sfuggita alla devastazione scatenata dall’esercito israeliano. Il numero delle persone colpite dalla fame è quadruplicato da maggio, continua Msf, e ogni giorno ci sono 25 nuovi pazienti ammessi. La fame colpisce la popolazione palestinese, ma anche lo staff sanitario inizia a soffrire la carenza di cibo. “Non è solo fame”, denuncia Msf, “ma una fame deliberata, provocata dalle autorità israeliane”. “Non ho mai visto niente del genere, ogni giorno è sempre peggio”, ha detto al Corriere della Sera Stefano Piziali, direttore della ong Cesvi, anch’essa attiva a Gaza. Nella Striscia uccide la fame e continuano a uccidere i colpi dell’esercito israeliano. Sale ancora il bilancio dei giornalisti uccisi dagli attacchi di Israele, sono 232 dopo l’uccisione del fotoreporter Adam Abu Harbid. Lo fa sapere Al Jazeera. L’agenzia palestinese Wafa riferisce invece di nuovi attachi aerei contro i rifugi di sfollati a Gaza City e Khan Younis, con due vittime e decine di feriti. Un palestinese di 14 anni è invece morto questa mattina (venerdì 25 luglio 2025) a causa delle ferite riportate all’inizio della settimana, durante un raid israeliano sul campo profughi di Al-Ain. Di fronte a questo scenario sono ufficialmente “fallite” le trattative di Doha, Qatar, per il cessate il fuoco. Stati Uniti e Israele hanno abbandonato il tavolo scaricando la responsabilità del fallimento sulle spalle di Hamas e delle altre fazioni palestinesi. Per Washington e Tel Aviv le condizioni poste dal movimento islamico palestinese sono “inaccettabili”, in particolare la richiesta di liberazione di duecento palestinesi condannati all’ergastolo dallo stato israeliano e la garanzia che, una volta entrato in vigore il cessate il fuoco, l’esercito israeliano non riprenda con gli attacchi militari via aria e via terra contro la Striscia. Sul fronte internazionale, tengono banco le dichiarazioni di Macron sul riconoscimento dello Stato di Palestina da parte della Francia alle Nazioni Unite all’assemblea di settembre. “Un premio al terrore” lo ha definito il premier israeliano Nethanyau; “decisione sconsiderata” secondo il segretario di Stato americano Rubio. Londra potrebbe però seguire Parigi. Oggi è previsto un incontro tra i governi francese, inglese e tedesco. È ancora presto per capire se quello di Macron sia un bluff finalizzato a fare pressione su Israele affinché smetta di bombardare la Striscia di Gaza, oppure se l’intenzione politica sia effettivamente quella di giungere a un riconoscimento della Palestina da parte della Francia. Su Radio Onda d’Urto abbiamo fatto il punto sulla cronaca con Michele Giorgio, corrispondente de Il Manifesto da Gerusalemme e direttore di Pagine Esteri. Ascolta o scarica.  
Israele, se è uno Stato non-nucleare, aderisca al Trattato di Non-Proliferazione delle Armi Nucleari
Rafael Mariano Grossi che è il capo dell’AIEA, l’Agenzia Internazionale dell’Energia Atomica, è uno dei maggiori responsabili dell’attacco israeliano alle infrastrutture nucleari e al personale militare dell’Iran. L’attacco non sarebbe accaduto oggi senza il suo pronunciamento e le sue accuse rivolte all’Iran. Queste hanno fornito un pretesto ideale a Israele per attaccare. Grossi non ha mai alzato la voce contro Israele, che detiene armi nucleari illegalmente e si sottrae al controllo dell’agenzia internazionale da lui capitanata e alle ispezione del Trattato di Non-Proliferazione (TNP). Tra l’altro sono anche usciti dei documenti che dimostrano il collaborazionismo di Grossi con l’entità sionista. Israele, ad oggi, non conferma né nega di avere armi nucleari: una politica nota come “ambiguità nucleare”. Nonostante l’ambiguità, Israele è ampiamente considerato dotato di armi nucleari, con stime del suo arsenale di circa 90 testate o più, in grado di essere consegnate da missili, sottomarini e aerei. https://ilmanifesto.it/in-medio-oriente-un-nucleare-civile-diventato-bomba-ce-gia-quello-di-tel-aviv Sia il Qatar che il Kuwait hanno chiesto all’Agenzia internazionale per l’energia atomica AIEA di chiedere a Israele di firmare il Trattato di Non Proliferazione nucleare e di sottoporlo a monitoraggio dell’AIEA. Il Qatar ha chiesto che tutte le strutture nucleari israeliane siano sottoposte alle salvaguardie dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (AIEA) e che Israele firmi il Trattato di Non Proliferazione delle Armi Nucleari (TNP) come Stato non-nucleare, se questo è ciò che afferma di essere. L’ambasciatore del Qatar e rappresentante permanente presso l’Ufficio delle Nazioni Unite e le organizzazioni internazionali a Vienna, Jassim Yacoup Al-Hammadi, ha dichiarato prima di una sessione del Consiglio dei governatori dell’AIEA nella capitale austriaca, che c’è “necessità che la comunità internazionale e le sue istituzioni mantengano i propri impegni in base alle risoluzioni di il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, l’Assemblea generale delle Nazioni Unite, l’AIEA e la Conferenza di revisione del TNP del 1995, che invitava Israele a sottoporre tutte le sue strutture nucleari alle salvaguardie dell’AIEA. ” Egli ha osservato che alcune di queste risoluzioni hanno esplicitamente esortato Israele ad ad aderire al TNP come Stato non-nucleare se la mancata conferma del suo programma nucleare è, in effetti, una negazione della sua esistenza. L’ambasciatore del Qatar ha sottolineato che tutti i Paesi del Medio Oriente, eccetto Israele, sono parti del TNP e hanno effettivi accordi di salvaguardia con l’Agenzia. Il Kuwait ha chiesto all’Agenzia internazionale per l’energia atomica di esortare Israele a aderire immediatamente al Trattato di Non Proliferazione Nucleare. In un discorso pronunciato dalla delegazione del Kuwait presso l’ONU, la delegazione ha dichiarato che l’occupazione israeliana si è rifiutata di sottoporre le sue strutture nucleari al sistema AIEA, nonostante l’impegno di tutti i Paesi del Medio Oriente al trattato. La delegazione, guidata da Sara Al-Ajmi, ha affermato che Israele ha continuato a respingere l’idea di creare una zona senza armi nucleari o armi di distruzione di massa nella regione. Inoltre bisogna ricordare che l’Iran ha ratificato il Trattato di Non-Proliferazione nel 1970 e il suo eventuale ritiro ha iniziato ad emergere nel dibattito politico iraniano nel 2020, all’indomani dell’assassinio mirato di scienziati nucleari da parte di Israele e sotto la pressione massima degli USA. Solo in quel momento erano state avanzate proposte di legge in tal senso, ma nessuna di esse è passata. Se l’AIEA critica l’Iran perché non è conforme, perché non approva una risoluzione per l’inadempienza di Israele? Perchè non invita nuovamente Israele ad aderire al Trattato di Non-proliferazione delle armi nucleari? È probabile che la precedente risoluzione dell’AIEA che critica l’Iran abbia dato a Israele un casus belli per attaccare l’Iran. Recentemente il direttore dell’AIEA – spinto da pressioni esterne – ha dichiarato che anche Israele ha violato le leggi internazionali, le convenzioni dell’AIEA e la Carta delle Nazioni Unite attaccando le strutture nucleari iraniane. Il direttore generale dell’AIEA Rafael Mariano Grossi ha rilasciato questa dichiarazione sugli attacchi di Israele all’Iran al Consiglio di Sicurezza dell’ONU il 13 giugno 2025: “Tutti questi sviluppi sono profondamente preoccupanti. Ho ripetutamente affermato che gli impianti nucleari non devono mai essere attaccati, indipendentemente dal contesto o dalle circostanze, poiché potrebbero danneggiare sia le persone che l’ambiente. Tali attacchi hanno gravi implicazioni per la sicurezza, la sicurezza e le salvaguardie nucleari, nonché per la pace e la sicurezza regionali e internazionali. ” A questo proposito, l’AIEA ricorda le numerose risoluzioni della Conferenza generale sul tema degli attacchi militari contro le strutture nucleari, in particolare GC(XXIX)/RES/444 e GC(XXXIV)/RES/533, che prevedono, tra l’altro, che “qualsiasi attacco armato e minaccia contro le strutture nucleari… costituisce una violazione dei principi della Carta delle Nazioni Unite, del diritto internazionale e dello Statuto dell’Agenzia”. Inoltre, l’AIEA ha costantemente sottolineato che “gli attacchi armati contro impianti nucleari potrebbero portare a rilascio radioattivo con gravi conseguenze all’interno e al di là dei confini dello Stato che è stato attaccato”, come affermato in GC(XXXIV)/RES/533. ” In ogni caso, oggi, sembra che sia consentito a solo un Paese al mondo di bombardare infrastrutture nucleari senza incorrere a punizioni, a condanne e a grida di scandalo nella comunità internazionale: Israele, guidato da Netanyahu. https://contropiano.org/news/internazionale-news/2025/06/15/il-nucleare-non-e-un-problema-solo-delliran-le-atomiche-israeliane-un-fattore-di-asimmetria-inaccettabile-0184113 > Israele. Netanyahu, ‘serve l’eliminazione fisica di Khamenei’ Lorenzo Poli
L’impresa sportiva del PSG fa quasi dimenticare l’identità del vero vincitore
Il paradosso di una squadra che infine rappresenta bene i giovani delle banlieues e il loro spirito, ma che è la proprietà dello straricco emiro del Qatar schiavizzatore di immigrati[t.p.]   “Per quattordici anni, da quando i qatarioti hanno acquistato il club, abbiamo aspettato questo momento. Abbiamo sofferto così tanto, abbiamo commesso così tanti errori, eravamo persino lo zimbello del calcio. E ora siamo al vertice dell’Europa, e con stile“, esclama Samy, 35 anni, tifoso del PSG da quasi altrettanti anni. Elenca le delusioni passate sulla scena europea, le eliminazioni umilianti e ricche di colpi di scena, e i nomi scintillanti di stelle del calcio che hanno giocato per il club, come il brasiliano Neymar Jr., l’argentino Lionel Messi e il francese Kylian Mbappé, che non ha mai alzato l’ambito trofeo con il PSG.  “In definitiva, non è stato con i grandi singoli, che ci sono costati centinaia di milioni di euro, che abbiamo vinto.” “Ci ha aiutato in termini di marketing, ma le squadre precedenti non trasudavano nulla. Quest’anno è una vera squadra e un grande collettivo che non cerca di brillare individualmente“, sottolinea Samy,  Per le strade e nelle carrozze della metropolitana affollate, si celebrano i nomi dei principali artefici del successo parigino: Désiré Doué, Ousmane Dembélé e Achraf Hakimi. Ma anche l’allenatore Luis Enrique, spesso denigrato per il suo approccio dogmatico al gioco, che alla fine è riuscito a trovare la giusta formula collettiva. Una squadra che riflette la città, cosmopolita, composta da giocatori di diversa provenienza, tra cui quelli provenienti dall’eccezionale bacino di talenti della regione dell’Île-de-France: le banlieues. Come i neri dei ghetti degli Stati Uniti si emancipavano e si emancipano negli sport e come è successo in parte anche in Italia con i figli delle periferie (o negli sport o nell’illusione spesso tragica del gangsterismo degli anni ’70). il tifoso Franck del PSG è esplicito: “Per noi è incredibilmente simbolico vincere con giocatori che ci assomigliano, che provengono da Parigi e dalla sua periferia e che dimostrano uno spirito combattivo… Ci identifichiamo di più con loro“.  Ed ancora ci dice: “È la prima volta che sono veramente orgoglioso del PSG da quando il club è stato acquistato dal Qatar [nel 2011]”. Issam afferma con entusiasmo che ricorda la vittoria del PSG in Coppa delle Coppe nel 1996, l’ultimo grande successo sportivo per il club che un tempo sosteneva con passione. Ma dal 2011, si era allontanato dal club, in particolare con il Piano Leproux, attuato per tenere lontani dallo stadio i gruppi ultra-tifosi, che ha avuto l’effetto di smorzare l’atmosfera sugli spalti. Questo fenomeno è stato amplificato dall’arrivo di investitori qatarioti, che si sono rivolti a un pubblico facoltoso e internazionale, inevitabilmente più informale, attratto da stelle reclutate a prezzi esorbitanti: “La strategia di abbonamento bloccato e la politica dei prezzi hanno allontanato i vecchi tifosi – spiega Issam, indossando la sua maglia da collezione del club – ma negli ultimi anni, si è ricostituita una base di tifosi ultras più giovane. Anche noi, i vecchi tifosi, ne beneficiamo e siamo felici per i più giovani.”  Dal 2016, consapevoli della necessità di ravvivare l’atmosfera all’interno del Parco dei Principi, i proprietari qatarioti hanno avviato un ritorno degli ultras. Una generazione di tifosi, più in sintonia con il multiculturalismo della regione parigina e con la sociologia dei suoi abitanti, è emersa e ha dato nuova vita al Parco.  Certo, la vittoria del PSG è anche la vittoria del Qatar. L’incredibile entusiasmo popolare generato dall’impresa sportiva del PSG fa quasi dimenticare l’identità del vero vincitore di questo sabato 31 maggio: il Qatar, un piccolo e ricco stato monarchico del Medio Oriente con l’11% delle riserve mondiali di gas naturale. Guidato dalla famiglia Al-Thani, ha riversato miliardi di petrodollari nel club della capitale sin dalla sua acquisizione nel 2011, ingaggiando le più grandi stelle del calcio (Ibrahimović, Neymar, Messi, Mbappé, ecc.) a prezzi esorbitanti, con l’unico e dichiarato obiettivo di vincere la Champions League, la competizione calcistica più prestigiosa. Questo è un modo per affermare definitivamente la sua strategia di soft power nei confronti dell’Occidente e quindi normalizzare la sua assai poco nobile immagine. Accusato di sostenere il terrorismo, l’emirato continua ad applicare la pena di morte, nonostante le promesse contrarie alla comunità internazionale; l’omosessualità è ancora illegale e punibile con sette anni di carcere; e, nonostante i progressi, il diritto civile del Qatar è ancora sfavorevole alle donne. Queste sono questioni che mettono a dura prova le relazioni geopolitiche con il piccolo Paese. Inoltre, un uomo non meno controverso ha ampiamente favorito questa strategia di rafforzamento dell’immagine del Qatar in Francia e in Europa: Nicolas Sarkozy. Fervente sostenitore del PSG, ha svolto un ruolo decisivo durante il suo mandato da capo di Stato nell’acquisizione del club da parte del fondo sovrano dell’emirato. La sua benevolenza nei confronti del Qatar è andata ben oltre, trasformando la Francia in un vero e proprio paradiso fiscale per gli investimenti qatarioti, in particolare nel settore immobiliare – benefici che nel frattempo sono stati eliminati. Ha inoltre concesso loro accesso al capitale di importanti gruppi del CAC 40 come Vinci, Total, Veolia, LVMH e Lagardère. Il problema è che questa ascesa economica del Qatar, raggiunta con la benevolenza del governo francese, è stata macchiata da numerosi sospetti di corruzione. Sia a Bruxelles che in Francia, dove i tribunali stanno ora indagando sulla sospetta assegnazione della Coppa del Mondo 2022 all’emirato, sulla presunta corruzione di un parlamentare e di un giornalista di BFMTV, ma anche sui loschi traffici del PSG, sulla possibile agevolazione fiscale concessa al club dal ministro Gérald Darmanin, per non parlare dell’inchiesta sul lavoro nero che ha coinvolto il boss del PSG, Nasser al-Khelaïfi. Infine, vale la pena mettere in discussione la totale presa del Qatar sul calcio francese. Infatti, oltre a dominare in modo oltraggioso il campionato francese dal 2011 – 11 titoli su 14 possibili – possiede una delle principali emittenti televisive della Ligue 1, beIN Sports. Tuttavia, allo stesso tempo, la salute economica del calcio professionistico francese si è deteriorata significativamente e molti club sono prossimi alla bancarotta, come ne ha già scritto Médiapart (Leggi anche il dossier: Il lato oscuro del Paris Saint-Germain)  È chiaro, quindi, che i benefici economici degli investimenti qatarioti non si stanno riversando sul resto della Ligue 1 come dovrebbero. Peggio ancora, la versione qatariota del PSG non applica le stesse regole economiche degli altri. È anzi sospettato di aver aggirato con noncuranza le regole del fair play finanziario, che impongono ai club di presentare bilanci in pareggio. Una forma di concorrenza sleale. Sono tutti problemi che non possono essere ignorati quando si celebra il successo europeo del PSG. Proprio come la vittoria dell’Olympique Marsiglia di Bernard Tapie nel 1993 fu macchiata da uno scandalo di partite truccate (lo scandalo OM-VA), la vittoria del PSG sarà sempre considerata non solo quella di una squadra o di una città, ma anche quella di uno Stato straniero che ha eluso tutte le regole morali del calcio. Al paradosso del PSG si aggiunge che il Qatar è di fatto presente non solo nel mondo della finanza ma anche nel mondo “religioso-sociale” proprio mentre le destre (che ormai comprendono anche il partito di Macron) rilanciano la crociata contro l’islamismo   (TRADUZIONE DELL’ESTRATTO DALL’ARTICOLO MEDIAPART DI TURI PALIDDA) Redazione Italia