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Le famiglie italiane e l’“economia della rinuncia”
Nel 2024 il 60% della popolazione ha sofferto di ansia e stress. E tra le cause troviamo la salute in famiglia (45,2%), le difficoltà economiche (34,7%) e i problemi lavorativi (32,2%). Il benessere personale, la gestione della casa e la salute sono le prime tre voci di spesa a cui le famiglie italiane hanno dovuto rinunciare. Intanto, le case sono sempre più digitali: il 58% dei nuclei con figli fa uso di ChatGPT quotidianamente. Sono alcuni dei dati del report annuale presentato nei giorni scorsi dal Centro Internazionale Studi Famiglia (https://cisf.famigliacristiana.it/canale/cisf/), dal titolo “Il fragile domani. La famiglia alla prova della contemporaneità”, realizzato in collaborazione con la società Eumetra su un campione di 1.600 famiglie italiane. Dal Report 2025 emerge come la maggior parte delle famiglie italiane si trovi nella categoria economica intermedia. Da qui l’indagine sulle “economie della rinuncia”, ossia le spese che le famiglie italiane non sono riuscite a sostenere nel corso del 2024: il 32,5% ha dovuto rinunciare alle spese dedicate al benessere personale e tempo libero; il 32,4% alle spese per la casa; mentre il 18,5% alle spese sanitarie. Dal punto di vista della salute, emerge una diffusa “vulnerabilità psicologica”: mentre oltre un terzo della popolazione (35,2%) segnala almeno un problema di salute, il 60% dichiara di soffrire di ansia e stress (24,9% “spesso”; 37,3% “a volte”). A causarli, per il 45% del campione sono i problemi di salute personali e familiari, per il 34,7% i problemi economici, per il 32,2% i problemi lavorativi. Infine, secondo l’indagine, il bisogno di migliorare il proprio benessere psichico è decisamente sentito: sempre nel corso del 2024, 4 persone su 10 hanno ricercato supporto o avrebbero voluto farlo, per ansia, depressione e stress. E il futuro non appare certamente roseo: in merito all’Italia e al mondo, il 57% degli italiani esprime un orientamento decisamente pessimista (“peggiorerà”), mentre sulla propria famiglia troviamo previsioni meno sbilanciate, con il 56,7% del campione che lo prevede stabile. Il rapporto evidenzia come i nostri giovani si muovano tra solitudine e difficoltà economiche. Dal punto di vista economico un dato da rilevare è come il 74,1% dei giovani-adulti ancora residenti nella famiglia d’origine si trovi in una condizione di basso o medio-basso status socioeconomico. Per coloro che invece sono riusciti a crearsi una propria indipendenza, uno dei principali fatti di sofferenza identificato è la solitudine (mangiare da soli, vivere da soli e sentirsi soli) intesa come assenza di reti sociali e un “dispositivo strutturale di vulnerabilità emotiva che condiziona profondamente il benessere personale”. C’è poi la difficoltà a costruire una famiglia, nucleo che si viene a formare in età più adulta quando, in contemporanea, la famiglia di origine avanza con l’età e i genitori (futuri nonni) richiedono a loro volta attenzioni e cura. Ecco la nascita della “generazione sandwich”, fortemente esposta a criticità e rischi: nel campione dell’indagine CISF 2025, quasi una famiglia con figli su due (il 42,6%) è interessata anche da compiti di caregiving nei confronti dei familiari non autosufficienti, di cui il 53% dichiara di sentirsi sopraffatta con più frequenza dalle responsabilità di caregiving rispetto ai compiti genitoriali. Se per il 58,7% del campione, il figlio unico sta lentamente diventando prevalente nella struttura familiare – anche monogenitoriale – l’animale domestico sta diventando parte integrante della famiglia: il 59,8% dichiara di avere almeno un animale domestico, dato che sale al 71% per coppie con figli e 74,9% per nuclei monogenitoriali. Una scelta vista come “domanda di legame”, frutto di un vero e proprio bisogno relazionale, ma anche la nascita di fenomeni come il “dog parenting”, in cui l’animale rischia di essere assimilato a un figlio. L’ultimo aspetto indagato dalla ricerca parte da una semplice domanda: quali sono gli ambiti della vita dei figli che generano timori nei genitori? Al secondo posto, dopo la gestione dei soldi (29,3%), troviamo l’uso delle tecnologie (21,7%). Da qui lo sviluppo dell’indagine: tra le famiglie con almeno un figlio minorenne, il conflitto causato dell’uso del cellulare diventa condizione presente per il 55,4% dei casi (d’altra parte non si tratta solo di un problema dei ragazzi: il conflitto si estende al coniuge per il 30,5% dei casi). E come si comportano i genitori? Il report ha fotografato degli stili educativi che vedono, sulla base della maggiore o minori permissività, un 36,7% di genitori “domatori”; 24,4% “disarmati”; 15,7% “accompagnatori”; 23,2% “liberi battitori”. Un dato molto rilevante, infine, è l’uso dell’intelligenza artificiale: in ambito domestico l’utilizzo di ChatGPT riguarda il 58,4% delle famiglie con almeno un minore, per attività informativa dei ragazzi ma anche scopi scolastici. Qui la sintesi della ricerca: https://newsletter.sanpaolodigital.it/cisf/novembre2025/SCHEDA_CISF-Family-Report-2025.pdf.  Giovanni Caprio
La solitudine dei palestinesi – di Ahmed Frenkel
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è [...]
Solitudine e terza età: l’Italia che resta invisibile d’estate
Il caldo e le città svuotate rendono più fragile chi resta indietro: gli anziani soli, spesso dimenticati, affrontano l’estate come una prova di resistenza. Ogni estate, l’Italia si svuota. I negozi abbassano le saracinesche, gli uffici chiudono per ferie, le famiglie partono per le vacanze. Ma c’è un’Italia che resta. Un’Italia fatta di persone anziane che, tra le mura di casa, affrontano un silenzio che si fa più assordante con il caldo. Secondo i dati ISTAT, oltre 3,8 milioni di anziani vivono da soli. Di questi, quasi la metà ha più di 75 anni. Nei mesi estivi, il 70% dichiara di non ricevere visite per settimane intere. Aumentano i disagi, le difficoltà pratiche, ma soprattutto cresce un senso profondo di invisibilità. La solitudine non è solo una condizione emotiva: ha un i mpatto diretto sulla salute, sul benessere psicologico e sulla qualità della vita. Lo dimostrano anche i dati del Ministero della Salute, che ogni anno monitora gli effetti del caldo sulle fasce più fragili della popolazione. Nei mesi estivi, oltre 300 anziani muoiono a causa di complicazioni legate alle alte temperature, spesso da soli, senza che nessuno si accorga del loro malessere. Eppure, questa realtà rimane quasi del tutto assente dal dibattito pubblico. Le iniziative messe in campo da Comuni e Regioni, come le campagne di sorveglianza attiva o le linee telefoniche dedicate, restano spesso poco conosciute o sottoutilizzate. Mancano reti di prossimità efficaci, soprattutto nei quartieri residenziali e nelle grandi città. La solitudine, tra gli anziani, è una questione strutturale che l’estate rende solo più evidente. E il disagio non si limita all’isolamento fisico: c’è un’ulteriore forma di esclusione, più silenziosa, legata alla tecnologia, ai nuovi linguaggi, alla burocrazia digitale. Una barriera invisibile che aumenta il senso di marginalità.   Per raccontare tutto questo ho scelto la voce simbolica di Luciana. Luciana non è una persona reale, ma è vera. È nata dall’ascolto, da anni di incontri, di testimonianze, di storie raccolte nelle case, nei mercati, nei corridoi dei consultori e delle farmacie. In lei si sommano volti, emozioni, fragilità e desideri. È una figura narrativa, ma profondamente autentica. Una donna anziana, colta, lucida, che vive da sola in una città che d’estate si svuota. Attraverso i suoi occhi ho voluto restituire una realtà spesso invisibile: quella degli anziani che restano, che resistono, che vorrebbero ancora esserci per qualcuno. La sua voce ci accompagna in un racconto che, pur nella forma intima e letteraria, è radicato in dati concreti, in fatti, in esperienze condivise. È una fotografia, a tratti poetica e a tratti dura, di una condizione che riguarda milioni di persone e che, troppo spesso, resta fuori campo.   La voce di Luciana Mi chiamo Luciana, ho 78 anni. Vivo al primo piano di un palazzo di tufo nel quartiere Vomero. Dalla mia finestra osservo la vita che scorre, ne seguo i gesti, le onde di emozioni, le bottiglie stappate a fine anno, le risate fragorose e i piante sommessi. Davanti a me c’è l’ingresso del liceo Sannazaro, quei gradini in marmo li conosco bene. Nei mesi estivi riflettono soltanto il sole, che sale lento e silenzioso, a scandire un tempo fermo, senza direzione. Quel liceo l’ho frequentato anch’io, nella mia giovinezza. Amavo le parole, mi hanno insegnato il mondo e come starci dentro. Le cerco ancora oggi, tra i libri e gli incroci della Settimana Enigmistica. Ma ora è più un esercizio che un bisogno, un modo per restare lucida, per non perdere la misura di me. I pensieri mi abitano, ma non sempre sono gentili. Alcuni fanno male, altri si ripetono. Cerco di metterli a tacere, ma non ascoltano. La vecchiaia è un tempo complicato, un contenitore arrugginito, una gabbia che a volte stringe, altre lascia passare troppi spifferi. Un giorno mi sento leone, l’altro formica, laboriosa, lenta, ancora piena di voglia di fare, ma senza qualcuno a cui dare. L’estate rende tutto più evidente. Per molti è libertà, leggerezza. Per me, è attesa. Dopo la festa dell’ultimo giorno di scuola, i cancelli si chiudono e resta solo il silenzio. La solitudine non bussa, entra. Evito di uscire. L’afa è dura, ma più dura è la desolazione. Cammino per casa come in un museo personale. Ogni stanza custodisce un’assenza. Le fotografie, i piccoli oggetti, il cellulare. Mi conforta, ma ho sempre paura di toccare un tasto e perdere tutto. Nei giorni buoni leggo. Oppure mi prendo cura di me, mi pettino, mi vesto bene, anche senza un appuntamento. È il mio modo per dire: ci sono ancora. Ma d’estate la città si svuota, e con lei anche la rete che dovrebbe sostenere chi resta. Una medicina, una spesa, un sorriso, diventano cose difficili se bisogna passare da uno schermo. La tecnologia, per noi, spesso allontana invece di avvicinare. Nei giorni buoni penso che potrei essere utile. Potrei aiutare una madre stanca, cucinare per altri anziani, fare compagnia, ascoltare. Ma la vera sfida è restare visibili, trovare il coraggio di dire: ci sono. Quei giorni, però, quando si è soli, diventano sempre più rari. Poi, il telefono squilla. Forse sono loro. Cerco la voce dentro le ossa e la tiro fuori, dritta, fiera: “Come sto? Alla grande. Vi aspetto.” E intanto il tempo passa. Un giorno, all’improvviso, le scale del liceo tornano a riempirsi di passi, di voci, di gioventù. Li sento salire, ridere, correre. La vita riprende, senza chiedere permesso. E quei suoni, anche se non mi appartengono più, mi entrano dentro. Mi ricordano che la vita, anche quando sembra lontana, trova sempre un modo per tornare a bussare. E io sono ancora qui, con la finestra aperta, pronta ad ascoltarla. Le immagini non ritraggono una persona precisa, ma danno corpo e sguardo a Luciana attraverso dettagli della vita quotidiana. Sono scatti reali, tratti dalla quotidianità di mia madre, che rendono visibile ciò che nel racconto resta voce.   Link e contatti utili per anziani http://Numero Verde Nazionale per Anziani 800 995 988 – fondazioneitaliani.it http://Telefono Amico Italia – Ascolto e compagnia 02 2327 2327 – telefonoamico.it http://Comune di Napoli – Servizi per anziani comune.napoli.it/anziani http://Auser Napoli – Volontariato e aiuto domiciliare ausercampania.it/napoli http://Spesa e farmaci a domicilio per over 65 – Napoli estate comune.napoli.it/spesa-domicilio-anziani Lucia Montanaro
Goliarda Sapienza, la ricerca della libertà
Fuori, il film di Mario Martone su un pezzo della vita di Goliarda Sapienza, si sarebbe potuto intitolare Sola. Perché al di là dei salotti, al di là dei genitori, al di là delle sue amicizie del carcere, al di là dei compagni della sua vita, Goliarda si è sempre sentita sola. Anzi, di più, un’isola nella quale però nessuno approda e che resta, perciò, inesplorata e inesplorabile. O almeno così la disegna il regista che non vuole farne un simbolo, non cerca nelle maglie della sua esistenza le ragioni di comportamenti inconsueti e dissacranti ma la consegna alla “semplice” accettazione di questa donna, prendere o lasciare. Eppure, di semplice in questo film non c’è niente: né le sbiadite e sgradevoli figure maschili, né l’irruenza di quelle femminili, né l’assenza vera o percepita di una madre, Maria Giudice, grande attivista dei diritti a cui Maria Rosa Cutrufelli nel suo libro (Perrone/Neri Pozza) ha saputo dare spessore e forza. Mario Martone e Ippolita Di Majo infilano Goliarda nelle fessure di una manciata di giorni nei quali la scrittrice, ignorata e a tratti vilipesa, finisce in carcere per aver rubato i gioielli a una amica, in uno di quei salotti “impegnati” della Roma agli inizi degli anni Ottanta. Perché ha compiuto un gesto che le cambierà la vita? Forse non lo sa nemmeno lei. Qualcuno dice per bisogno, lei stessa afferma che si è trattato di un esproprio proletario. Chi l’ha conosciuta sostiene che il suo rapporto di amore e odio con la madre per lei troppo grande al punto da essere ingombrante non le dava tregua. E Maria Giudice in prigione, per ragioni politiche, c’era finita più volte. Altri, infine, si rassegnano alle sue intemperanze e l’accettano o la respingono. Perciò il carcere, con le sue regole e le sue perversioni diventa per lei l’inizio di una libertà da sempre cercata e le donne che incontra diventano le sue donne: amiche, amori, figlie, sorelle. E fuori non c’è altro, se non il tentativo di riprodurre quello che c’è dentro. Dentro e fuori, in una oscillazione continua, con Roberta (Matilda De Angelis) e Barbara (Elodie), grandissime attrici così come è grande Valeria Golino che non nasconde nemmeno una ruga ma ha gli occhi che attraggono come calamite. È L’Università di Rebibbia che, assieme a Le certezze del dubbio, sono i soli due libri pubblicati prima della sua morte avvenuta il 30 agosto 1996. Anche la sua morte, come la sua vita, densa di chiari e scuri: elettroshock, pensieri di morte, dolori dell’anima. Tutto questo si scoprirà solo molti anni dopo, nel 2008, quando Einaudi, e solo dopo che lo avevano già pubblicato in Germania, deciderà di dare alle stampe L’Arte della Gioia. Martone ci regala anche una frase che parla di una speranza che si avvera scritta sul ponte del tram a Porta Maggiore. C’è scritto «Le ore del presente sono già leggenda». Goliarda dice più o meno la stessa cosa, ma con una sua poesia, che qualcuno ha voluto scrivere sulla sua tomba: «Non sapevo che il buio non è nero che il giorno non è bianco che la luce acceca e il fermarsi è correre ancora di più». L’immagine di copertina è tratta dal film “Fuori”, di Mario Martone SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Goliarda Sapienza, la ricerca della libertà proviene da DINAMOpress.