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La solitudine dei palestinesi – di Ahmed Frenkel
L’attacco da parte dell’esercito israeliano deciso unilateralmente dal governo Netanyahu contro Gaza City assomiglia sempre più a una sorta soluzione finale di tragica memoria. Avviene nella totale complicità e indifferenza non solo del mondo occidentale (con sporadiche eccezioni, vedi Spagna e Irlanda) ma anche del mondo arabo. In questi giorni a Bruxelles si è [...]
Solitudine e terza età: l’Italia che resta invisibile d’estate
Il caldo e le città svuotate rendono più fragile chi resta indietro: gli anziani soli, spesso dimenticati, affrontano l’estate come una prova di resistenza. Ogni estate, l’Italia si svuota. I negozi abbassano le saracinesche, gli uffici chiudono per ferie, le famiglie partono per le vacanze. Ma c’è un’Italia che resta. Un’Italia fatta di persone anziane che, tra le mura di casa, affrontano un silenzio che si fa più assordante con il caldo. Secondo i dati ISTAT, oltre 3,8 milioni di anziani vivono da soli. Di questi, quasi la metà ha più di 75 anni. Nei mesi estivi, il 70% dichiara di non ricevere visite per settimane intere. Aumentano i disagi, le difficoltà pratiche, ma soprattutto cresce un senso profondo di invisibilità. La solitudine non è solo una condizione emotiva: ha un i mpatto diretto sulla salute, sul benessere psicologico e sulla qualità della vita. Lo dimostrano anche i dati del Ministero della Salute, che ogni anno monitora gli effetti del caldo sulle fasce più fragili della popolazione. Nei mesi estivi, oltre 300 anziani muoiono a causa di complicazioni legate alle alte temperature, spesso da soli, senza che nessuno si accorga del loro malessere. Eppure, questa realtà rimane quasi del tutto assente dal dibattito pubblico. Le iniziative messe in campo da Comuni e Regioni, come le campagne di sorveglianza attiva o le linee telefoniche dedicate, restano spesso poco conosciute o sottoutilizzate. Mancano reti di prossimità efficaci, soprattutto nei quartieri residenziali e nelle grandi città. La solitudine, tra gli anziani, è una questione strutturale che l’estate rende solo più evidente. E il disagio non si limita all’isolamento fisico: c’è un’ulteriore forma di esclusione, più silenziosa, legata alla tecnologia, ai nuovi linguaggi, alla burocrazia digitale. Una barriera invisibile che aumenta il senso di marginalità.   Per raccontare tutto questo ho scelto la voce simbolica di Luciana. Luciana non è una persona reale, ma è vera. È nata dall’ascolto, da anni di incontri, di testimonianze, di storie raccolte nelle case, nei mercati, nei corridoi dei consultori e delle farmacie. In lei si sommano volti, emozioni, fragilità e desideri. È una figura narrativa, ma profondamente autentica. Una donna anziana, colta, lucida, che vive da sola in una città che d’estate si svuota. Attraverso i suoi occhi ho voluto restituire una realtà spesso invisibile: quella degli anziani che restano, che resistono, che vorrebbero ancora esserci per qualcuno. La sua voce ci accompagna in un racconto che, pur nella forma intima e letteraria, è radicato in dati concreti, in fatti, in esperienze condivise. È una fotografia, a tratti poetica e a tratti dura, di una condizione che riguarda milioni di persone e che, troppo spesso, resta fuori campo.   La voce di Luciana Mi chiamo Luciana, ho 78 anni. Vivo al primo piano di un palazzo di tufo nel quartiere Vomero. Dalla mia finestra osservo la vita che scorre, ne seguo i gesti, le onde di emozioni, le bottiglie stappate a fine anno, le risate fragorose e i piante sommessi. Davanti a me c’è l’ingresso del liceo Sannazaro, quei gradini in marmo li conosco bene. Nei mesi estivi riflettono soltanto il sole, che sale lento e silenzioso, a scandire un tempo fermo, senza direzione. Quel liceo l’ho frequentato anch’io, nella mia giovinezza. Amavo le parole, mi hanno insegnato il mondo e come starci dentro. Le cerco ancora oggi, tra i libri e gli incroci della Settimana Enigmistica. Ma ora è più un esercizio che un bisogno, un modo per restare lucida, per non perdere la misura di me. I pensieri mi abitano, ma non sempre sono gentili. Alcuni fanno male, altri si ripetono. Cerco di metterli a tacere, ma non ascoltano. La vecchiaia è un tempo complicato, un contenitore arrugginito, una gabbia che a volte stringe, altre lascia passare troppi spifferi. Un giorno mi sento leone, l’altro formica, laboriosa, lenta, ancora piena di voglia di fare, ma senza qualcuno a cui dare. L’estate rende tutto più evidente. Per molti è libertà, leggerezza. Per me, è attesa. Dopo la festa dell’ultimo giorno di scuola, i cancelli si chiudono e resta solo il silenzio. La solitudine non bussa, entra. Evito di uscire. L’afa è dura, ma più dura è la desolazione. Cammino per casa come in un museo personale. Ogni stanza custodisce un’assenza. Le fotografie, i piccoli oggetti, il cellulare. Mi conforta, ma ho sempre paura di toccare un tasto e perdere tutto. Nei giorni buoni leggo. Oppure mi prendo cura di me, mi pettino, mi vesto bene, anche senza un appuntamento. È il mio modo per dire: ci sono ancora. Ma d’estate la città si svuota, e con lei anche la rete che dovrebbe sostenere chi resta. Una medicina, una spesa, un sorriso, diventano cose difficili se bisogna passare da uno schermo. La tecnologia, per noi, spesso allontana invece di avvicinare. Nei giorni buoni penso che potrei essere utile. Potrei aiutare una madre stanca, cucinare per altri anziani, fare compagnia, ascoltare. Ma la vera sfida è restare visibili, trovare il coraggio di dire: ci sono. Quei giorni, però, quando si è soli, diventano sempre più rari. Poi, il telefono squilla. Forse sono loro. Cerco la voce dentro le ossa e la tiro fuori, dritta, fiera: “Come sto? Alla grande. Vi aspetto.” E intanto il tempo passa. Un giorno, all’improvviso, le scale del liceo tornano a riempirsi di passi, di voci, di gioventù. Li sento salire, ridere, correre. La vita riprende, senza chiedere permesso. E quei suoni, anche se non mi appartengono più, mi entrano dentro. Mi ricordano che la vita, anche quando sembra lontana, trova sempre un modo per tornare a bussare. E io sono ancora qui, con la finestra aperta, pronta ad ascoltarla. Le immagini non ritraggono una persona precisa, ma danno corpo e sguardo a Luciana attraverso dettagli della vita quotidiana. Sono scatti reali, tratti dalla quotidianità di mia madre, che rendono visibile ciò che nel racconto resta voce.   Link e contatti utili per anziani http://Numero Verde Nazionale per Anziani 800 995 988 – fondazioneitaliani.it http://Telefono Amico Italia – Ascolto e compagnia 02 2327 2327 – telefonoamico.it http://Comune di Napoli – Servizi per anziani comune.napoli.it/anziani http://Auser Napoli – Volontariato e aiuto domiciliare ausercampania.it/napoli http://Spesa e farmaci a domicilio per over 65 – Napoli estate comune.napoli.it/spesa-domicilio-anziani Lucia Montanaro
Goliarda Sapienza, la ricerca della libertà
Fuori, il film di Mario Martone su un pezzo della vita di Goliarda Sapienza, si sarebbe potuto intitolare Sola. Perché al di là dei salotti, al di là dei genitori, al di là delle sue amicizie del carcere, al di là dei compagni della sua vita, Goliarda si è sempre sentita sola. Anzi, di più, un’isola nella quale però nessuno approda e che resta, perciò, inesplorata e inesplorabile. O almeno così la disegna il regista che non vuole farne un simbolo, non cerca nelle maglie della sua esistenza le ragioni di comportamenti inconsueti e dissacranti ma la consegna alla “semplice” accettazione di questa donna, prendere o lasciare. Eppure, di semplice in questo film non c’è niente: né le sbiadite e sgradevoli figure maschili, né l’irruenza di quelle femminili, né l’assenza vera o percepita di una madre, Maria Giudice, grande attivista dei diritti a cui Maria Rosa Cutrufelli nel suo libro (Perrone/Neri Pozza) ha saputo dare spessore e forza. Mario Martone e Ippolita Di Majo infilano Goliarda nelle fessure di una manciata di giorni nei quali la scrittrice, ignorata e a tratti vilipesa, finisce in carcere per aver rubato i gioielli a una amica, in uno di quei salotti “impegnati” della Roma agli inizi degli anni Ottanta. Perché ha compiuto un gesto che le cambierà la vita? Forse non lo sa nemmeno lei. Qualcuno dice per bisogno, lei stessa afferma che si è trattato di un esproprio proletario. Chi l’ha conosciuta sostiene che il suo rapporto di amore e odio con la madre per lei troppo grande al punto da essere ingombrante non le dava tregua. E Maria Giudice in prigione, per ragioni politiche, c’era finita più volte. Altri, infine, si rassegnano alle sue intemperanze e l’accettano o la respingono. Perciò il carcere, con le sue regole e le sue perversioni diventa per lei l’inizio di una libertà da sempre cercata e le donne che incontra diventano le sue donne: amiche, amori, figlie, sorelle. E fuori non c’è altro, se non il tentativo di riprodurre quello che c’è dentro. Dentro e fuori, in una oscillazione continua, con Roberta (Matilda De Angelis) e Barbara (Elodie), grandissime attrici così come è grande Valeria Golino che non nasconde nemmeno una ruga ma ha gli occhi che attraggono come calamite. È L’Università di Rebibbia che, assieme a Le certezze del dubbio, sono i soli due libri pubblicati prima della sua morte avvenuta il 30 agosto 1996. Anche la sua morte, come la sua vita, densa di chiari e scuri: elettroshock, pensieri di morte, dolori dell’anima. Tutto questo si scoprirà solo molti anni dopo, nel 2008, quando Einaudi, e solo dopo che lo avevano già pubblicato in Germania, deciderà di dare alle stampe L’Arte della Gioia. Martone ci regala anche una frase che parla di una speranza che si avvera scritta sul ponte del tram a Porta Maggiore. C’è scritto «Le ore del presente sono già leggenda». Goliarda dice più o meno la stessa cosa, ma con una sua poesia, che qualcuno ha voluto scrivere sulla sua tomba: «Non sapevo che il buio non è nero che il giorno non è bianco che la luce acceca e il fermarsi è correre ancora di più». L’immagine di copertina è tratta dal film “Fuori”, di Mario Martone SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress abbiamo attivato una nuova raccolta fondi diretta. Vi chiediamo di donare tramite paypal direttamente sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Goliarda Sapienza, la ricerca della libertà proviene da DINAMOpress.