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Migranti e Paesi sicuri, la Corte Europea di Giustizia affonda ancora il governo Meloni
Ennesima mazzata per il governo Meloni in materia di immigrazione. Con una sentenza attesa, pronunciata oggi alle 10.57 la Corte Europea di Giustizia ha sentenziato che non sono i governi dei singoli Paesi a poter determinare quali siano i “Paesi sicuri” in cui rimpatriare, o per meglio dire, deportare le persone che fuggono, ma che tale decisione appartiene ad un giudice obbligato a valutare se tutto il Paese di provenienza di chi chiede asilo sia o meno sicuro al punto da predisporre il diniego alla domanda e il conseguente rimpatrio. Piantedosi e Meloni avevano provato sia a ridurre il numero dei Paesi in cui deportare, sia a stringere con questi nuovi accordi, sia, soprattutto, a depotenziare il ruolo della magistratura. L’intero impianto salta, al punto che anche il costoso esperimento coloniale in Albania, che comprende, ricordiamo, un hotspot e un CPR, diventa un colossale boomerang che si abbatte su chi legifera dimostrando di avere scarsissima conoscenza del diritto internazionale. La sentenza precisa che fino a quando, probabilmente nel 2027, non ci sarà un nuovo regolamento che determinerà le modalità e le ragioni di ogni rimpatrio, la decisione di un tribunale dovrà essere considerata valida su tutto il territorio dello Stato membro; non sono ammesse disposizioni discrezionali. Resta l’amaro in bocca di chi è convinto che a tali decisioni si debba arrivare attraverso la politica e non per decisione di una, per quanto autorevole, Corte internazionale. Ci si svegli, anche in Parlamento, prima ancora di attendere che una sentenza ci lavi la coscienza. Maurizio Acerbo, Segretario nazionale Stefano Galieni, Responsabile nazionale immigrazione, Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea   Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Il 25 aprile in Italia spiegato al resto del mondo
Forse non tutti sanno che il 25 aprile è una data fondamentale nel calendario italiano. Si festeggia la liberazione dal nazi-fascismo avvenuta nel 1945. Quella data in particolare segna l’insurrezione definitiva che avvenne a Milano, con la presa della città da parte delle brigate partigiane. Quel giorno è festa nazionale, vi sono manifestazioni in tutta Italia e, da sempre, quella più importante è a Milano. Già nel passato in momenti delicati della storia di questo Paese, il 25 aprile ha fatto vedere a tutti e tutte la forza del popolo italiano memore di quella resistenza dalla quale nacque la Costituzione, una tra le più belle al mondo (mai applicata fino in fondo…). Quest’anno ricorreva l’80esimo anniversario, con il governo di destra, capeggiato da Giorgia Meloni, che macina leggi liberticide volte a colpire ogni forma di dissenso. Manifestazioni, presidi, occupazioni, sostegno alle lotte, saranno da qui in avanti puniti con anni di carcere, mentre i diritti alla salute, alla casa, alla giusta informazione, al lavoro e all’istruzione di qualità vengono sempre più ridotti. In questi ultimi mesi si sono moltiplicate le iniziative contro il decreto-legge che stabilisce queste nuove norme che preoccupano tantissimi, vecchi attivisti, ma soprattutto giovani. A tutto ciò si somma la stretta contro gli immigrati, la terribile novità di due centri di detenzione per immigrati aperti in Albania, oltre ai 10 presenti sul suolo italiano, centri giudicati peggiori delle carceri e nei quali si finisce solo perché in assenza del permesso di soggiorno. Insomma, il vento di destra, alimentato dalla stragrande parte dei media principali e dalla debolezza dei partiti di opposizione e dei sindacati storici, ha fatto scendere in piazza centinaia di migliaia di italiani ed italiane. A tutto questo si aggiunge la fondamentale questione palestinese, dove ancora una volta si vede lo scartamento tra il governo e una grandissima parte degli italiani, fortemente contrari ai massacri in Palestina, a tutte le guerre, a una corsa agli armamenti che fa davvero paura e favorevoli invece a una pace con giustizia sociale, ovunque nel mondo. E poi c’è la “vicinanza” tra il nostro governo e quello di Trump, oltre che di Orban e, (perché no?) di Putin, che fa venire i brividi. La morte di Papa Francesco ha tolto un’importantissima voce che si alzava contro i potenti del mondo, contro la corsa agli armamenti, contro le ingiustizie crescenti, in favore dei popoli che resistono alla violenza del potere, di coloro che si battono per la salvezza del pianeta. Questa voce mancherà ovunque, ma in primis in Italia. Il governo italiano, con la scusa dei cinque giorni di lutto per la morte di Papa Francesco, ha cercato di “attutire” la forza e la vivacità delle manifestazioni per il 25 aprile, chiedendo “sobrietà”. Invece queste sono state più partecipate del solito, più forti e determinate. A Milano hanno sfilato per ore circa 150mila persone, in tante altre città si è manifestato. Lo stesso Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato in piazza a Genova, città medaglia d’oro della Resistenza, invitando a non abbassare la guardia contro i fascismi, ricordando la centralità della Resistenza nella storia italiana e dei frutti che diede per la democrazia e la libertà in questo Paese. Come è avvenuto altre volte, il 25 aprile è stato un’occasione perché sfilassero nei cortei altre lotte di resistenza internazionali: da quella palestinese, a quella ucraina, kurda, turca (contro un governo che ha incarcerato il sindaco di Istambul, principale candidato a scalzare Erdogan), a quelle sudamericane che denunciano le ingiustizie nei rispettivi Paesi. Questo articolo è stato scritto per coloro che vedono l’Italia da fuori e rischiano di avere un quadro incompleto della realtà sfaccettata di un Paese che grida ancora forte: “Ora e sempre Resistenza”. Andrea De Lotto