Tag - incontro

Gaza e noi: coltivare la resistenza
Gaza ci ha cambiati. E adesso? Questo era il tema dell’incontro che sabato 15 novembre scorso ha visto riuniti nella sala consiliare del piccolo Comune di Ardenno, in alta Lombardia, i portavoce di Global Movement to Gaza, Calp (i camalli) di Genova, BDS, Comunità palestinese di Lombardia, Mai Indifferenti – Voci ebraiche per la pace, Terra e verità (Rassegna stampa in italiano di Haaretz) e Generazioni Future. Giada Caracristi di Terra e verità ha presentato, l’incontro frutto di una semplice iniziativa, nata la scorsa estate, in seguito a una lettera aperta da lei scritta ai vari consiglieri comunali e presidenti dei Comuni della Valtellina sulla tragica situazione di Gaza. La lettera aveva raccolto mille firme nel giro di una settimana, segno che le condizioni erano mature per una proposta che coinvolgesse più soggetti e in cui si prendessero decisioni condivise. L’incontro di Ardenno prevedeva una tavola rotonda nel pomeriggio fra gli esponenti delle varie associazioni e un’assemblea serale aperta al pubblico. Dalla tavola rotonda e dall’incontro della sera sono emerse tematiche e proposte interessanti. Il presidente della Comunità palestinese di Lombardia ha sottolineato come i palestinesi abbiano una capacità di resistenza collaudata in secoli di invasioni e occupazioni. La loro terra è sempre stata oggetto delle mire dei potenti per la sua collocazione spaziale, terra di passaggio e congiunzione fra Oriente e Occidente. Oggi la congiuntura è particolarmente drammatica e pericolosa. Per questo è necessario ricorrere a tutte le forze e gli strumenti disponibili per scongiurare il peggio. L’esponente di Mai Indifferenti ha invece proposto un’analisi più approfondita della società israeliana per cercare di capire come sia stato possibile arrivare alla spirale di violenza e vendicatività da cui è travolta. La rappresentante del Bds ha additato e denunciato le complicità delle tante società occidentali che collaborano con Israele e hanno sede nei territori palestinesi occupati, invitando a scegliere prodotti alternativi. Ha ricordato come il boicottaggio del Sudafrica abbia impiegato oltre trent’anni per raggiungere il suo obiettivo, anche se non fu il solo strumento a determinare la sconfitta dell’apartheid. Infatti a questa concorsero le mutate condizioni e rapporti di forza regionali, che convinsero le potenze occidentali ad appoggiare il boicottaggio. Infine è emersa l’esigenza di muoversi in rete: è diventato palese il ruolo dei lavoratori per cercare di fermare la carneficina in atto. Ne consegue perciò la necessità di sostenere scioperi non meramente episodici di alcun settori chiave come quello dei trasporti, marittimi e aeroportuali, ma anche dell’industria delle armi. E a questo scopo bisognerebbe progettare, per esempio, la creazione di una sorta di cassa di mutuo soccorso perché lo slogan “Blocchiamo tutto” possa davvero diventare realtà. Tra gli argomenti trattati, vogliamo evidenziarne uno che ci sta particolarmente a cuore: la solidarietà con gli agricoltori palestinesi, in particolare verso la Banca dei semi dell’Unione palestinese dei Comitati di lavoro agricolo (UAWC), le cui unità di moltiplicazione dei semi antichi sono state distrutte lo scorso 31 luglio. Sara Manisera ne ha scritto nell’articolo Ecocidio in Palestina: perché custodire i semi è un atto politico pubblicato su Pressenza e poi ripreso da varie altre testate web. L’UAWC è nella lista nera del Ministero della Difesa israeliano da anni; la giornalista Amira Hass ne scrisse su Haaretz già nel 2021: “Nel mio incubo a occhi aperti, vedo una compagnia di soldati israeliani carichi di adrenalina irrompere nella banca dei semi istituita dall’Unione palestinese dei Comitati di lavoro agricolo. Li vedo distruggere le attrezzature in laboratorio e prendere a calci le piante di sabra sui gradini. E tutto ciò che non distruggono, lo rubano”. L’incubo di Amira si è avverato quest’anno. Ricapitolando: Gaza ci ha cambiati. Sì. Perché come spettatori di un genocidio ci siamo sentiti profondamente colpevoli e allora ci siamo attivati, abbiamo manifestato come non facevamo da anni o da una vita intera. E adesso? Adesso a Gaza si continua a morire e a fare la fame, si patisce il freddo mentre la pioggia allaga le poche tende che resistono; l’unica differenza è che i media ne parlano meno, quindi siamo un po’ meno spettatori, un po’ meno coinvolti. Nel frattempo la Cisgiordania brucia, in senso metaforico e letterale: la violenza dei coloni, protetti dalle IDF rende impossibile ai palestinesi vivere. Secondo l’ufficio ONU per gli affari umanitari, a Gaza solo il 4% dei terreni agricoli è intatto o accessibile, seppur contaminato dai residui tossici delle esplosioni. Sostenere la resistenza agricola palestinese è un atto politico, ma anche necessario. Chi nutrirà i palestinesi sfollati in Cisgiordania e i sopravvissuti a Gaza? Israele, o quegli Stati che continuano a permettere che la fame, il controllo della terra e dell’acqua vengano usati come armi? L’UAWC sta salvando i semi antichi palestinesi (baladi – cimeli) dall’estinzione e rilanciando una tradizione agricola autoctona sostenibile. Ed è qui che l’azione ci chiama per supportare il diritto e la pratica di autodeterminazione del popolo palestinese e di tutti noi che non vogliamo essere complici, che non vogliamo che l’infestazione coloniale proliferi, né in Palestina né altrove. La nozione di sovranità alimentare funge da contrappunto all’autodeterminazione dei popoli. I semi antichi racchiudono la mappa genetica dei luoghi e delle popolazioni, trasmettono alle piante e a chi se ne ciba le sostanze nutritive necessarie a vivere in salute il proprio territorio. I semi baladi palestinesi contengono la storia di quella terra da prima dell’occupazione, la memoria di com’era prima. Nutrire i figli con i frutti dei baladi, per i palestinesi significa nutrire il corpo fisico del futuro con la sostanza dell’identità del passato. Ecco perché quel gruppo di attivisti riuniti nel cuore delle Alpi si è appassionato all’argomento, perché se Gaza ci ha cambiati, adesso è tempo di coltivare gli entusiasmi e radicare il cambiamento sostenendo la resistenza che coltiva, facendola moltiplicare, come le piantine baladi che si lasciano impollinare dal vento e dalle api, prosperando nonostante le asperità. Come? Sicuramente un primo passo è diffondere la conoscenza, portare nelle scuole e nella società civile l’argomento, boicottare e denunciare, seguire i progetti di UAWC in tempo reale e rispondere alle richieste di supporto diretto attraverso il sito https://uawc-pal.org/ e la pagina https://www.instagram.com/uawcpal/. Giada Caracristi, artista, scrittrice e attivista. Susanna Sinigaglia, pubblicista e attivista di Mai indifferenti – Voci ebraiche per la pace   Redazione Italia
SIRIA: TRUMP ACCOGLIE AL-SHARAA ALLA CASA BIANCA. L'(EX?) JIHADISTA TRA INTERESSI DEL CAPITALISMO GLOBALE E TENSIONI INTERNE
Il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha incontrato a Washington l’autoproclamato presidente siriano Ahmed Al Sharaa. È la prima volta, da quando la Siria è stata dichiarata stato indipendente nel 1946, che un leader siriano mette piede nello Studio ovale della Casa Bianca. Le questioni principali sul tavolo sono due: la surreale adesione della Siria – governata da personaggi, a partire dallo stesso Al Sharaa, che hanno militato in Daesh e/o in altre formazioni jihadiste fino a ieri – alla Coalizione internazionale anti-Isis a guida Usa; e la volontà degli Usa di stabilire una propria base militare nel sud del Paese, vicino Damasco. Ovviamente, il tema del confronto è molto più ampio e riguarda aspetti differenti, anche se connessi tra loro: tra questi la promessa di rimuovere Al Sharaa e altri esponenti del suo cosiddetto “governo di transizione” dalle liste nere Usa dei ricercati internazionali per terrorismo, l’impegno statunitense a rimuovere almeno alcune delle sanzioni che da decenni stritolano l’economia e la popolazione siriana, ora estremamente provata anche da 15 anni di guerra civile, l’adesione di Damasco agli Accordi di Abramo. Sullo sfondo ci sono gli interessi – spesso contrastanti – di diverse potenze capitaliste regionali e globali, dalla Turchia di Erdogan (principale sponsor del nuovo regime siriano) a Israele, dagli Usa alla Russia fino alle monarchie del Golfo. Il futuro della Siria, infatti, è centrale rispetto al processo di ridefinizione dei rapporti di forza nella regione che ha subito un’importante accelerazione dal 7 ottobre 2023, con la guerra portata da Israele in tutta l’area. Su Radio Onda d’Urto, abbiamo approfondito questi aspetti con il giornalista Alberto Negri, editorialista de Il Manifesto. Ascolta o scarica. Per delineare un quadro completo della situazione, però, è importante tenere in considerazione la situazione interna siriana, in particolare per quanto riguarda la società e le sue numerose componenti anche nazionali, religiose e linguistiche. Da questo punto di vista, Al Sharaa sta tentando di rafforzare la propria legittimità politica, al momento piuttosto debole. Il suo “governo di transizione” non può contare su un consenso ampio per diversi fattori. Il più importante riguarda proprio la composizione eterogenea della società siriana dal punto di vista delle differenze culturali e religiose. Diverse comunità non si sentono rappresentate da un governo che da un lato si dichiara protettore dei diritti delle minoranze, dall’altro è espressione diretta di gruppi salafiti e jihadisti. I massacri ai danni della popolazione alawita nelle regioni della costa occidentale e quelli contro i drusi nell’area meridionale di Sweida – compiuti da milizie islamiste inquadrate nell’attuale esercito governativo – hanno alimentato diffidenza, paura e malcontento nei confronti di Damasco. Nonostante avesse dichiarato l’intenzione di costruire una democrazia dopo oltre sessant’anni di regime degli Assad (incassando l’endorsement di tutte le cancellerie europee e occidentali), Al Sharaa ha organizzato elezioni che sono state più che altro una selezione diretta – da parte sua – di gran parte dei parlamentari e dalle quali sono state escluse Sweida, l’area a maggioranza drusa, e soprattutto i territori controllati dall’Amministrazione autonoma democratica del nord e dell’est e dalle Forze Siriane Democratiche a guida curda e araba. Non solo, dopo aver simulato un approccio democratico, aperto a tutte le religioni e culture, e aver promesso una costituzione che rappresentasse tutte le componenti siriane, il governo di transizione di Al Sharaa ha scritto da solo la propria Carta, senza alcun tipo di consultazione, e ha iniziato a disporre leggi di chiara impronta islamista. Di tutto questo abbiamo parlato con Tiziano Saccucci, dell’Ufficio di informazione del Kurdistan in Italia, con particolare attenzione alle trattative in corso tra Damasco e l’Amministrazione autonoma del confederalismo democratico, cioè l’autogoverno rivoluzionario e socialista del Rojava e del nord-est siriano (oltre un terzo del Paese). Ascolta o scarica.
VERTICE XI JINPING – TRUMP: DUE ORE DI FACCIA A FACCIA IN COREA DEL SUD TRA DAZI, TERRE RARE E LE SPINE INTERNAZIONALI
Nelle prime ore della notte (italiana) di giovedì 30 ottobre, faccia a faccia al vertice Apec (il forum di Cooperazione economica Asia-Pacifico) di Busan, Corea del Sud, tra i presidenti di Usa e Repubblica Popolare Cinese, Trump e Xi Jinping. Era il primo meeting a due e in persona degli ultimi 6 anni. Due ore di confronto, terminato con sorrisi, strette di mano ma senza dichiarazioni congiunte. “Con Xi Jinping- ha detto il tycoon – abbiamo raggiunto un accordo sulle terre rare, valido per tutto il mondo”, con Pechino che continuerà a mantenere il flusso di esportazioni: l’intesa, annuale, sarà rinegoziata ogni anno. Pechino si impegna poi ad acquistare fin da subito la soia Usa. In cambio, i dazi Usa sui prodotti cinesi saranno ridotti al 47%, rispetto al 57%, mentre quelli sul fentanyl andranno dal 20% al 10%”, in cambio dell’impegno cinese a collaborare per fermare il traffico della sostanza, la cui diffusione è diventata una vera e propria piaga sociale negli States. Così Trump, mentre Xi Jinping sceglie una strada più prudente: “Usa e Cina devono essere partner e amici, anche se non sempre vedono le cose allo stesso modo. Nonostante le differenze, dovremmo mantenere la giusta rotta e garantire la navigazione costante della gigantesca nave delle relazioni Cina-Usa. Questo è ciò che la storia ci ha insegnato e ciò di cui la realtà ha bisogno…lo sviluppo e la rivitalizzazione della Cina vanno di pari passo con la visione di Trump di rendere di nuovo grande l’America”. Sul fronte internazionale, Xi Jinping ha lisciato il pelo all’ego trumpiano, “apprezzando il grande contributo al recente cessate il fuoco a Gaza“: così Xi Jinping, che poi ha aggiunto che “anche Pechino ha promosso colloqui di pace per altre questioni critiche”, con riferimento in particolare all’invasione militare russa dell’Ucraina. Fuori dalla porta, invece, il tema più spinoso, ovvero Taiwan, di cui non si è parlato.  Si è parlato invece dell’export dei chip Usa verso Pechino, che gli Usa avevano bloccato, “ma non del chip – ha precisato Trump – di intelligenza artificiale Blackwell”, considerato all’avanguardia e prodotto da Nvidia. Trump ha infine fatto sapere che andrà a Pechino ad aprile 2026; poi, sarà Xi Jinping a volare a Washington. Da Pechino una prima valutazione a caldo con il nostro collaboratore Dario Di Conzo, co-curatore della rubrica “Levante”, ricercatore alla Scuola Normale Superiore e docente a contratto di riforme economiche della Cina contemporanea all’università Orientale di Napoli. Ascolta o scarica
Verso una rete nazionale delle Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali: primo incontro a Campi Bisenzio
19 OTTOBRE 2025 EX PRESIDIO GKN – VIA FRATELLI CERVI 1, CAMPI BISENZIO (FIRENZE) DALLE 10.00 ALLE 16.00   UN NUOVO PERCORSO COLLETTIVO PER UNA TRANSIZIONE GIUSTA E SOLIDALE. Le Comunità Energetiche Rinnovabili e Solidali (CERS) si incontrano per la prima volta in presenza per avviare un percorso comune di confronto, collaborazione e costruzione che possa favorire la nascita e la diffusione di comunità energetiche solidali e di reti territoriali. L’appuntamento è fissato per domenica 19 ottobre 2025, presso l’Ex presidio GKN di Campi Bisenzio – luogo simbolico di resistenza e riconversione dal basso, oggi laboratorio concreto di “energia bene comune”. L’incontro nasce dalla convinzione che la transizione energetica non sia solo una sfida tecnologica, ma un processo sociale e culturale che richiede la partecipazione attiva delle comunità, la condivisione di conoscenze e l’elaborazione di modelli di governance condivisi. Le CERS si propongono come protagoniste di questa trasformazione: esperienze capaci di coniugare sostenibilità ambientale, giustizia sociale, inclusione e solidarietà, restituendo valore ai territori e rafforzando i legami tra le persone. UN INCONTRO PER CONOSCERSI E AGIRE INSIEME Durante la giornata del 19 ottobre le realtà presenti avranno l’occasione di: * conoscersi e condividere esperienze; * costruire un percorso comune di confronto e azione; * dare voce a chi già oggi sperimenta nuovi modelli di energia bene comune e solidarietà; * progettare iniziative concrete per rafforzare e diffondere le CERS in tutta Italia. L’incontro di Campi Bisenzio rappresenterà anche il primo passo verso la Giornata nazionale delle CERS, che si terrà a Roma a fine novembre. UN LUOGO SIMBOLICO PER UN FUTURO CONDIVISO La scelta dell’Ex presidio GKN non è casuale: il sito, oggi in fase di riconversione verso la produzione di pannelli fotovoltaici, rappresenta un esperimento concreto di filiera solidale per l’energia rinnovabile e condivisa. L’evento si collega inoltre alla mobilitazione del 18 ottobre a Firenze a sostegno del collettivo ex GKN. Tutte le informazioni sulla manifestazione sono disponibili su: https://insorgiamo.org/il-futuro-irrompe CHI PARTECIPA Ad oggi hanno già aderito numerose realtà nazionali e locali tra cui: Fridays For Future Italia; RIES Rete Italiana Economia Solidale; ARCI nazionale; Coordinamento Cers Roma e Lazio ( a cui aderiscono 21 Cers ) . NeXt – Nuova Economia per Tutti; COenergia , ENOSTRA Coop ,Coalizione TESS – Transizione Energetica Senza Speculazione;; LOA Acrobax; eXploit!. Tra le cers ci saranno : CEBASE, Firenze; Cer Sasso Marconi, Bologna; CERS È RENO, Bologna; Cerstatcapivmiglio ETS, Roma; Energetica Sesto Fiorentino; Sienaenergie ETS; CERS del Lario ETS, Guanzate (CO); FerMENTI – Largo Cappelli 28 – 84031 Auletta (SA); Energia Condivisa Coop; Cer in Comune.it / Cer Creator SRL; A Tutto Sole APS – Santa Marinella, Lazio; CERS Val di Serchio, Pisa; CERS Esquilino-Monti – Roma; La Comunità del Bosco San Marcello Piteglio, FI; Circolo Manifesto, Bologna; CER SOLE – Solidale Libera Ecologica, Genova; Associazione Pro CER / Arca Memorie, Roma; COenergia, Toscana; CER Sinergie, Piemonte; Sievenergia / Pro CER organizzazione di volontari; CERS Illuminati Sabina. COME PARTECIPARE Per iscriversi all’incontro è disponibile il form di partecipazione a questo link. Per sottoscrivere l’appello o richiedere informazioni: movimento.cers@protonmail.com INFORMAZIONI LOGISTICHE In treno, stazioni più vicine: Prato Centrale, Calenzano, Firenze S.M. Novella. Da qui è possibile raggiungere l’Ex presidio GKN con autobus di Autolinee Toscana (www.at-bus.it). In autobus e tram: * Da Firenze S.M. Novella: Tramvia T1 fino a Porta al Prato-Leopolda, poi bus CF (direzione Prato) fino a “I Gigli-GKN”. * Da Calenzano: 20 minuti a piedi o bus 303 fino a “I Gigli-GKN”. * Da Prato: bus CF (direzione Firenze) fino a “I Gigli-GKN”. CONTATTI E CANALI movimento.cers@protonmail.com https://insorgiamo.org/il-futuro-irrompe   Fridays For Future
[2025-10-16] IL SOLE SORGE A GAZA • Tracciati della rotta a est @ CSOA Forte Prenestino
IL SOLE SORGE A GAZA • TRACCIATI DELLA ROTTA A EST CSOA Forte Prenestino - via Federico delpino, Roma, Italy (giovedì, 16 ottobre 20:30) CSOA Forte Prenestino giovedì 16 ottobre 2025 dalle 20:30 IL SOLE SORGE A GAZA tracciati della rotta a est Racconti dei recenti eventi nel Mediterraneo, aggiornamenti in diretta dall'Asia occidentale, quadro legale post-Sumud, punto nave e lettura della bussola. con: • Manolo Luppichini (filmmaker/mediattivista - ACS / referente Gazaweb e Media) • Tatiana Montella (avvocato della Freedom Flotilla) • Meri Calvelli (ACS / Centro Italiano di Scambi Culturali 'Vik' di Gaza City) in collegamento dalla Giordania • Sami Abu Omar (ACS / Centro Italiano di Scambi Culturali 'Vik' di Gaza City) in collegamento da Gaza ......... https://www.forteprenestino.net/attivita/3433-il-sole-sorge-a-gaza-tracciati-della-rotta-ad-est https://www.facebook.com/csoaforteprenestino/posts/pfbid02LQwxzsCyy5eRyDZUTu1AhsUPPH82ea5qUQ1XaDSExkJmMb6jrrVKcd8CHVvGAdcTl?locale=it_IT
Stop Apartheid di genere, incontro a Roma
Lunedì 13 ottobre a Roma presso Spazio Europa – gestito dall’Ufficio del Parlamento Europeo in Italia – in collaborazione con la Commissione Pari Opportunità e l’Ufficio Politiche Diritti LGBT+ di Roma Capitale, il Cisda ha organizzato l’incontro “Stop Apartheid di genere”, con il contributo dell’associazione Costituente Terra e con la partecipazione di Michela Cicculli, Marilena Grassadonia, Laura Guercio e Luigi Ferrajoli. In collegamento un’attivista afghana, che ha descritto la situazione di completo isolamento e annullamento che le donne afghane sono costrette a vivere nel loro Paese. Interessata anche la partecipazione del pubblico, che ha potuto porre questioni e fare proposte sul tema. Ringraziamo le Istituzioni di Roma Capitale per il loro contributo e gli esperti intervenuti. Il CISDA continua la propria azione di denuncia affinché gli organismi internazionali preposti riconoscano il reato di Apartheid di genere come crimine contro l’umanità.   CISDA - Coordinamento Italiano Sostegno Donne Afghane
Il parlamentare israeliano Ofer Cassif a Varese: “Bisogna resistere e continuare a sperare”
Nella serata di martedì 9 settembre, presso la sede dell’Associazione Varesina Un’altra storia, Anna Camposanpiero, responsabile esteri della segreteria nazionale del Partito della Rifondazione Comunista, ha presentato il Professor Ofer Cassif, deputato (attualmente sospeso) della Knesset (il Parlamento israeliano). Per la traduzione simultanea ha collaborato la professoressa Elisa Vergazzini. Ofer Cassif è l’unico ebreo tra i cinque parlamentari del gruppo di opposizione di Hadash (fronte democratico per la pace e l’uguaglianza) e membro del Partito Comunista di Israele. È professore di scienze politiche all’Università di Tel Aviv e da sempre si batte perché termini il genocidio dei palestinesi e l’occupazione israeliana delle terre di Palestina. La sala al numero 34 di via Cairo era piena: molte persone hanno partecipato e l’interesse dimostrato, anche con le domande nel dibattito finale, era evidente e fortemente sentito. La parole di testimonianza pronunciate da Ofer Cassis sono state importanti per comprendere meglio la situazione attuale dei palestinesi e per spronare la comunità internazionale alla manifestazione del dissenso verso il governo di estrema destra di Netanyahu. Ofer Cassif ha espresso gratitudine per la possibilità di far sentire la voce della sua gente, persone che urlano in un mondo che assiste silenzioso. Il genocidio che viene perpetrato da due anni sotto gli occhi di tutti riguarda tutta la popolazione palestinese, bambini che sono ormai solo “ombre con gli occhi”, medici, insegnanti, giornalisti colpiti volutamente, civili che non sanno più cosa fare e dove andare, che muoiono di fame.  Tutto questo scempio avviene sotto il cielo della storia e le giustificazioni da parte di Israele, che sostiene che tutto questo sia necessario per la propria difesa e sicurezza, sono solo un cumulo di bugie e di inganni. La distruzione di Gaza era già prevista dal 2017 nel piano Smotrich che poneva le basi teoriche della violenta pulizia etnica in corso, e l’attacco di Hamas del 7 ottobre 23 ha fornito la scusa per l’offensiva di Israele. L’obiettivo vero è l’occupazione totale delle terre palestinesi e l’annientamento degli abitanti, con il sacrificio anche degli ostaggi e dei soldati israeliani. Il messaggio di speranza di Ofer Cassif parla di un’opposizione che cresce; in questi due anni, nonostante la repressione della polizia, i licenziamenti mirati di chi si ribella, la retorica razzista dei media e le sospensioni e le accuse di impeachment dei parlamentari di opposizione, la società civile sta provando con tutte le sue forze a ribellarsi. Sono diverse le manifestazioni di dissenso interne al Paese: cortei silenziosi di persone che si riuniscono nelle piazze tenendo in mano le foto dei bambini uccisi a Gaza, giornalisti che iniziano a parlare più liberamente e a opporsi al massacro, nonostante le minacce. I sindacati e anche gli ex generali chiedono a Netanyahu di fermarsi. Ci sono sempre più obiettori di coscienza tra i giovani soldati e anche tra i riservisti chiamati a combattere. Anche se non si tratta ancora di grandi numeri, il discorso pubblico sta cambiando e il supporto cresce. Oltre al dissenso interno però occorre anche il supporto internazionale. La prima cosa da fare, secondo Ofer Cassif, è il riconoscimento dello Stato di Palestina da parte dai governi secondo il Diritto Internazionale. Ma oltre a questo occorrono azioni reali e concrete: sanzioni economiche e diplomatiche a Israele, embargo delle armi, mandati di arresto per crimini di guerra per i responsabili: Netanyahu , i suoi ministri e gli alti ufficiali. È indispensabile anche l’aiuto della gente civile organizzata, come sta facendo la Global Sumud Flotilla, che se anche non dovesse riuscire a raggiungere le coste palestinesi, porta con sé un carico di attenzione mediatica e di responsabilità dei governi che rappresenta. Gli ambasciatori da Israele  vanno ritirati, come hanno fatto Spagna e Colombia, ricorda Anna Camposanpiero. Bisogna anche rendere la mobilità degli israeliani negli altri Stati vincolata da visti speciali e porre sanzioni in attività come lo sport per le squadre israeliane, o nei progetti di collaborazione universitari, in modo da tenere alta l’attenzione e ostacolare l’ordinarietà della vita internazionale di Israele. Occorre un blocco storico e internazionale in opposizione al mondo fascista della destra israeliana e ai suoi alleati, in primis gli Stati Uniti di Trump. Ofer Cassif ha poi voluto esprimersi sugli argomenti di stretta attualità della giornata di ieri: l’attacco da parte di un drone alla barca “Familia Madeira” della Global Sumud Flotilla, battente bandiera portoghese al largo delle coste tunisine e l’attacco aereo a Doha contro i vertici di Hamas riuniti nella capitale del Qatar per discutere la proposta degli USA per porre fine alla guerra a Gaza. “Israele è il vicino bullo” ha detto Cassif. “Sta distruggendo Gaza da due anni, colpisce Paesi liberi e indipendenti, come la Tunisia o il Qatar senza che nessuno dica e faccia niente in barba al Diritto Internazionale e tutto questo è vergognoso. Siamo al totale collasso della Legge Internazionale ed è molto pericoloso”. In ultimo Cassif ha ricordato che discende da una famiglia sterminata dai nazisti e non potrà mai perdonare il fatto che ora la sua gente stia facendo questo ai palestinesi. Nella seconda parte della serata il pubblico ha fatto diverse domande. Ofer Cassif è stato molto disponibile e chiaro nelle risposte e nei commenti, tenendo quasi un’interessante lezione di filosofia politica. Non sono mancati i riferimenti al Principe di Macchiavelli, agli scritti di Gramsci e alle teorie di Marx. Ha sottolineato l’importanza di distinguere tra antisemitismo e antisionismo. Bisogna combattere l’antisemitismo, che è un crimine perché è una forma di razzismo contro chi è nato ebreo, e abbracciare l’antisionismo, che è un dovere poiché combatte un’ideologia di autodeterminazione con lo scopo di creare uno Stato ebraico in Palestina a costo della distribuzione totale dei palestinesi, come sta avvenendo oggi. Ha raccontato, su sollecitazione di un intervento, di un confronto con Ilan Pappé, storico e attivista critico con Israele per il conflitto israelo-palestinese: Pappé sostiene che per liberare la Palestina occorra prima eliminare il sionismo, mentre Cassif pensa che prima servirà liberare la Palestina e così si potrà eliminare definitivamente l’egemonia sionista. La Storia ci dirà chi ha ragione, perché il futuro è la soluzione di due popoli e due Stati, magari anche sotto forma di una confederazione; nonostante al momento tutto questo sembri improbabile, bisogna resistere e continuare a sperare. Foto di Federica Guglielmi Redazione Varese
Essere e fare sindacato a Odessa durante la guerra: il Centro di sostegno psicologico
Alle porte di Odessa dopo un viaggio di sei ore iniziato a Kiev, il pullman deve passare lentamente un check point, zigzagando tra militari armati di mitra, le loro guardiole mimetizzate alla bell’e meglio, cavalli di frisia e moduli di cemento spartitraffico che obbligano gli automobilisti a fermarsi. Il pullman invece viene fatto passare a passo d’uomo: i controlli sono già stati fatti prima della partenza. Sul cellulare mi arriva un messaggio dal governo: informa che è vietato l’accesso alla spiaggia e al mare. Come a Leopoli e a Kiev la vita tuttavia sembra scorrere serena, se non addirittura spensierata. Odessa però non può nascondere i segni e le vere e proprie ferite causate innanzitutto dalla guerra, ma anche dall’odio di fazioni minoritarie, ma violente e organizzate, del nazionalismo etnico, filo fascista e banderista, che dall’esterno hanno aggredito e aggrediscono una città di mare, portuale e quindi, per sua natura, aperta al mondo, colta  e cosmopolita. Mercoledì 26 agosto ho un incontro davvero importante con le colleghe dell’Organizzazione Regionale di Odessa del Sindacato dei lavoratori dell’istruzione e della scienza dell’Ucraina. Google Maps non mi aiuta a trovare la sede, chiedo persino alla polizia, che ne sa meno di me. Alla fine Olena Lagunova, la traduttrice, mi viene incontro nella piazza dove si trovava la statua della Zarina di tutte le Russie Caterina la Grande, rimossa dalla furia distruttiva dei nazionalisti seguaci di Stepan Bandera. Rimane solo il piedestallo, sormontata dalla bandiera ucraina. Raggiungiamo quindi la sede del Centro di sostegno psicologico ristrutturato, aperto e attivato dal Sindacato degli Insegnanti grazie al sostegno economico della CGIL, che mi ha messo in contatto con loro. L’accoglienza di tre colleghe insegnanti –  Lyubov Korniychuk, Direttrice dell’Organizzazione Regionale di Odessa del Sindacato, Svitlana Zhekova Direttrice della Casa degli Scienziati di Odessa, Lyudmila Berezovskaya, Direttrice del Dipartimento per il lavoro organizzativo e di massa del sindacato – è davvero calorosa. Con loro ci sono le due psicologhe che lavorano al centro: Nadiya Oksenyuk, Direttice del Centro di Riabilitazione e Assistenza Sociale e Psicologica e Lyudmila Rozkoshna. Il Centro di ascolto e sostegno psicologico è al servizio di tutte le studentesse e gli studenti di ogni età del distretto, dei loro insegnanti e parenti e più in generale di chiunque ne abbia bisogno. Un lavoro quindi immane; se si pensa che interventi di questo tipo sono indispensabili anche nelle nostre scuole in tempo di pace, figuriamoci quanto siano preziosi in una città che di fatto vive sotto assedio, con il suono quotidiano della sirena, gli attacchi di droni e missili, le mine che galleggiano nel mare, padri e fratelli maggiori, ma anche qualche mamma e sorella, al fronte, in trincea, oppure rientrati a casa con invalidità fisiche o traumi psichici. Oltre ad una saletta per i colloqui individuali, c’è una sala per incontri collettivi, di mutuo sostegno psicologico e umano, guidati da una delle due psicologhe del Centro, che sono animate da esperienza, passione ed entusiasmo e hanno tutto il sostegno umanamente ed economicamente possibile del sindacato. Qui, a questo proposito, entra in campo la solidarietà italiana, una solidarietà che viene garantita non dal governo, ma grazie all’impegno dal maggior sindacato italiano e quindi dalle lavoratrici e dai lavoratori organizzati, che hanno scelto di stare al fianco del popolo ucraino nell’unico modo eticamente giusto e concretamente utile possibile: la solidarietà con le vittime della guerra, partendo dai più giovani e da chi si prende cura di loro e deve essere messo nelle condizioni di poter svolgere al meglio il proprio lavoro. Bisogne sottolineare, e non è cosa da poco, la bellezza del luogo ove si è aperto il Centro: un’ala di un palazzo, proprietà del sindacato e uno dei monumenti di maggior pregio del centro storico di Odessa che, insieme al porto, è stato inserito nel 2023 nella lista del Patrimonio Mondiale dell’Unesco e quindi posto sotto la tutela della comunità Internazionale. Il palazzo, attualmente chiamato la Casa degli Scienziati, fu disegnato da un architetto italiano, come del resto molti palazzi di Odessa, sullo stile del classicismo russo. Venne costruito nel 1832 dal Conte Mikhail Mikhailovich Tolstoj, famoso per le sue opere filantropiche e imparentato con Lev Tolstoj, il grande scrittore russo, pedagogista e promotore dell’azione nonviolenta. Dopo la Rivoluzione il palazzo viene acquisito dallo Stato, diventò quindi proprietà del sindacato sovietico e con l’indipendenza del 1991 passò a quello ucraino. Purtroppo nel 2023 un missile russo esplose nel giardino di questo importantissimo monumento, che è uno dei simboli della città e lo spostamento d’aria distrusse completamente le sue vetrate, uniche per la loro bellezza e danneggiò gravemente gli stucchi e le decorazioni delle stanze del palazzo. Per proteggere l’edificio, le sue meravigliose sale, i pavimenti, le scalinate, le decorazioni, gli arredi e i beni artistici qui custoditi, tra cui un antico fortepiano, tutta la palazzina è stata “imballata” con pannelli di compensato. Non è credibile che il missile lanciato nel centro storico, sia caduto proprio qui per errore, e lo stesso vale per un altro, che ha danneggiato gravemente la Cattedrale Ortodossa della Trasfigurazione. In entrambi i casi si sono voluti colpire con modalità terroristiche due simboli della città per fiaccarne la capacità di resistere. Non è però armando l’Ucraina che si porrà fine a questo scempio. Le armi alimentano la guerra e non si può spegnere un incendio con un lanciafiamme, ma solo con vere trattative di pace, sostenute e favorite dall’intera comunità internazionale attraverso la mediazione delle Nazioni Unite. Nel frattempo l’unico vero aiuto è quello di soccorrere la popolazione civile ucraina, come si fa qui a Odessa in questa meravigliosa oasi di pace, dove io e le colleghe ci godiamo un piacevole rinfresco e conversiamo tra insegnanti sui nostri comuni problemi, alternando, grazie all’interprete, le lingue ucraina, italiana e russa: tre nazionalità che hanno costruito la storia e l’identità di Odessa.   Mauro Carlo Zanella
Non c’è posto in Alaska per le follie “europeiste”
Non c’è nulla di più complicato delle trattative per metter fine ad una guerra, a meno che una delle due parti non abbia raggiunto una situazione schiacciante sul campo. Il che sicuramente non è, nel caso del conflitto in Ucraina, per l’alleanza occidentale che supporta Kiev, ma neanche per Mosca, […] L'articolo Non c’è posto in Alaska per le follie “europeiste” su Contropiano.
“Ora basta armi nucleari!”, incontro a Venegono Superiore (Va)
Un pomeriggio di memoria, consapevolezza e impegno collettivo contro la minaccia nucleare. Si è tenuto sabato 19 luglio al Castello dei Missionari Comboniani di Venegono Superiore l’incontro “Ora basta!” promosso da Abbasso la guerra, Mondo senza guerre e senza violenza e Marcia Mondiale per la Pace e la Nonviolenza in occasione dell’ottantesimo anniversario del test Trinity, la prima esplosione nucleare della storia. Era il 16 luglio 1945. L’appuntamento ha registrato una partecipazione significativa di cittadini, attivisti e rappresentanti delle associazioni, che si sono ritrovati nel parco del castello per ribadire la volontà di proibire le armi nucleari. Ha introdotto l’evento Tiziana Volta (MSGV) spiegando i motivi della scelta del luogo dove si è deciso di svolgere questo significativo appuntamento.  Innanzitutto all’interno del Parco da Castello dal 2017 cresce un Hibakujumoku di Hiroshima, un Gingko biloba nato da un seme di uno degli alberi sopravvissuti all’attacco atomico del 6 agosto 1945.  Sono ben 170 gli alberi di 30 specie  che sono rigermogliati e che testimoniano la grande speranza di rinascita della vita, ma che sono anche un monito all’intera umanità e un ricordo della sua grande capacità distruttiva. Nel marzo 2024 proprio nel castello si è svolto il coordinamento europeo della Terza Marcia Mondiale, una tre giorni ricca di testimonianze e confronti, dove si è ribadita la volontà di creare un mondo senza armi così letali e di diffondere la nonviolenza attiva come nuova cultura, ma soprattutto come stile di vita soprattutto negli ambiti educativi e universitari. Nel suo andare la Marcia Mondiale raccoglie esperienza, cerca di mettere in connessione, di creare ponti e unioni tra tutti nel rispetto delle diversità. “In Italia durante il passaggio della delegazione internazionale nel novembre scorso ben 32 tra città e piccole località sono state coinvolte nel desiderio di unirsi globalmente.  Incontri come questo continuano a rafforzare quello spirito e le azione che si continuano a intraprendere”, conclude Volta. La parola è poi passata a Sandro Ciani, sempre di MSGV, che nel suo intervento ha ribadito l’importanza del Trattato di Proibizioni delle Armi Nucleari (TPAN) approvato in sede Onu nel luglio 2017 ed entrato in vigore nel gennaio 2021. A oggi 73 Paesi lo hanno adottato e altri 21 hanno aperto la procedura di ratifica. Importanti sono stati i tre incontri che si sono svolti dopo la sua entrata in vigore (Vienna 2023, New York 2024 e 2025), con la presenza di tantissime  realtà della società civile. Purtroppo l’Italia non solo non ha ancora ratificato il trattato, ma non è mai stata presente come Stato osservatore. Elio Pagani, attivista e referente del movimento Abbasso la guerra, ha ripercorso la storia della corsa agli armamenti nucleari. Negli ultimi anni, soprattutto dopo l’inizio del conflitto in Ucraina, alcuni Paesi europei si sono resi disponibili a ospitare nuovi euro-missili e auspicano la produzioni di armi nucleari nel continente. Secondo il Sipri, nel gennaio 2025 le testate nucleari nel mondo erano 12.241, il 90% delle quali possedute da Russia e USA. Pagani ha denunciato il riarmo globale e ha inoltre ricordato le azioni portate avanti sul territorio, come i presidi a Ghedi e Aviano, la denuncia penale contro la presenza di armi nucleari in Italia nata dopo lo studio sulla legalità o meno della presenza di armi nucleari in Italia, commissionato nel 2021 alla sezione italiana di IALANA. Purtroppo il Tribunale di Roma ha archiviato la denuncia. Di recente è stata spedita una lettera a tutti i 1.500 Comuni lombardi proponendo la rimozione delle testate atomiche da Ghedi, quale vera azione preventiva. A conclusione ha parlato l’avvocato Ugo Giannangeli, illustrando più in dettaglio l’approccio della denuncia penale archiviata a Roma e ribadendo l’intenzione di depositarne altre due nuove presso i tribunali di Brescia (per Ghedi) e di Pordenone (per Aviano), sempre contestando l’illegalità della presenza di armi termonucleari. La giornata si è conclusa con un momento di silenzio sotto il Ginkgo biloba, simbolo di resilienza e di speranza e con l’impegno condiviso a continuare la mobilitazione. Foto di Abbasso la guerra e Gabriella Colli Tiziana Volta