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Naufragio di Cutro, le Ong del soccorso in mare parte civile al processo
EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, soddisfatte per il rinvio a giudizio. Le Ong chiedono che le autorità responsabili, a tutti i livelli, siano chiamate a rispondere della deliberata negligenza nelle operazioni di soccorso. Sollecitano infine il pieno rispetto del diritto internazionale nel Mediterraneo. Una tappa importante nel lungo percorso per ottenere verità e giustizia sui mancati soccorsi al caicco Summer Love, naufragato a Steccato di Cutro il 26 febbraio 2023 causando almeno 94 morti e un numero imprecisato di dispersi. Così EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE, che si sono costituite parte civile nel processo sul naufragio di Cutro, salutano il rinvio a giudizio dei sei imputati deciso dal giudice ieri sera a conclusione dell’udienza preliminare. Considerata la grave serie di negligenze e sottovalutazioni con cui sono state attivate e portate avanti, ma di fatto mai realizzate, le operazioni di soccorso, ai quattro militari della Guardia di Finanza e ai due della Guardia Costiera che andranno a processo la Procura della Repubblica di Crotone contesta i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo. Le Ong costituitesi parte civile chiedono che sia chiarita la sequenza di eventi e omissioni che hanno portato a uno dei più tragici naufragi della storia italiana. Proprio il processo potrebbe essere l’occasione giusta per fare luce su tutti i passaggi critici, sulle responsabilità dei sei imputati e, auspicabilmente, anche su quelle dei funzionari e delle autorità di livello più alto. “I tempi sono fondamentali per la buona riuscita delle operazioni di soccorso; per questo i ritardi nell’attivare interventi di salvataggio non sono un incidente, ma una negligenza, che non può restare impunita” commentano le Ong. In questo caso specifico le autorità italiane hanno ignorato il loro dovere di soccorso e l’omissione ha avuto conseguenze drammatiche. “Non è accettabile e non si deve più consentire che i responsabili di questo come di altri naufragi restino impuniti mentre le persone continuano ad annegare” dicono ancora le Ong. “Il diritto internazionale, la tutela della vita e il dovere di soccorrere chi è in difficoltà in mare devono essere rispettati sempre, anche nel Mediterraneo”. EMERGENCY, Louise Michel, Mediterranea Saving Humans, Sea-Watch, SOS Humanity e SOS MEDITERRANEE chiedono inoltre di porre immediatamente fine alla criminalizzazione delle persone in movimento e di ripristinare efficaci operazioni di ricerca e soccorso in mare, auspicabilmente anche con una missione europea dedicata.       Redazione Italia
Dare un nome alle vittime della migrazione recuperate nel Mediterraneo centrale
ASGI , EMERGENCY, C e V., e Mem.Med Memoria Mediterranea scrivono alle autorità per tutelare la dignità delle vittime recuperate nel Mediterraneo e il diritto dei loro familiari a conoscerne la sorte. Con una lettera inviata il 4 luglio 2025 e indirizzata alla Procura e alla Prefettura di Siracusa, al Sindaco di Augusta e al Commissario straordinario del Governo per le persone scomparse, le quattro organizzazioni si sono rivolte alle autorità competenti per garantire lo svolgimento di tutte le procedure volte a una corretta identificazione delle due persone decedute recuperate dall’equipaggio dell’imbarcazione Life Support di EMERGENCY in acque internazionali, nella zona SAR libica lo scorso 27 giugno. Il ritrovamento è avvenuto dopo che, nei giorni precedenti, il velivolo Seabird della ONG Sea-Watch aveva già individuato la presenza di sei corpi nella medesima area, e a seguito dell’apertura di un caso SAR da parte del Maritime Rescue Coordination Centre (MRCC) di Roma. Le organizzazioni firmatarie hanno evidenziato come l’inumazione immediata dei corpi impedisca spesso un’identificazione delle persone decedute. Per consentire di restituire un’identità alle vittime anche a distanza di tempo, è necessario lo svolgimento di esami forensi approfonditi, la corretta registrazione delle informazioni raccolte in merito agli oggetti repertati, ai dati fisionomici e agli eventuali segni particolari rinvenuti sulla salma, l’assegnazione di un codice identificativo unico alle salme e la sepoltura in un luogo certo e facilmente rintracciabile. Tali pratiche sono in linea con le raccomandazioni del Consiglio d’Europa del 2024, che invita i pubblici ministeri ad autorizzare sistematicamente indagini conformi agli standard internazionali per la documentazione e la conservazione dei dati. Altresì le organizzazioni firmatarie hanno offerto la propria disponibilità a cooperare con le autorità al fine di favorire il matching tra segnalazioni informali di scomparsa e informazioni sulla persona deceduta. Considerato che ad oggi l’inumazione dei corpi delle persone decedute non risulta ancora essere stata effettuata e che nei giorni successivi all’invio della lettera, l’associazione Mem.Med Memoria Mediterranea ha raccolto la segnalazione del familiare di una persona scomparsa che potrebbe risultare compatibile con l’evento in oggetto, le organizzazioni firmatarie auspicano il pieno accoglimento da parte delle autorità competenti di tutte le richieste avanzate. “Riuscire ad identificare le vittime del Mediterraneo è importante perché è un modo per restituire loro dignità e visibilità, per ricordare i loro nomi e le loro storie, per dare ai loro cari certezze oltre a un luogo e un corpo da piangere” concludono ASGI, EMERGENCY, Sea-Watch e Mem. Med Memoria Mediterranea. ASGI Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione
Afghanistan: nuovo rapporto di Emergency
A due anni dalla pubblicazione del suo primo report sulle barriere di accesso alle cure in Afghanistan, EMERGENCY lancia il nuovo rapporto Accesso alle cure d’urgenza, critiche e chirurgiche in Afghanistan. Prospettive del popolo afgano e degli operatori sanitari di 11 province, dedicato al Paese in cui è presente dal 1999. La ricerca, costruita raccogliendo proprio le voci degli afgani, si concentra sull’accesso della popolazione ai servizi di emergenza, intensivi e chirurgici (Emergency, Critical and Operative – ECO) che includono anche la ginecologica e l’ostetricia. Il quadro che emerge dall’analisi condotta da EMERGENCY e CRIMEDIM (Centro Interdipartimentale di Ricerca e Formazione in Medicina dei Disastri, Assistenza Umanitaria e Salute Globale) è quello di un Afghanistan dove 22.9 milioni di persone, metà della popolazione[1], necessitano di aiuti umanitari e oltre 14 milioni di cure sanitarie. Dove la crisi economica e l’indebolimento del sistema sanitario dopo decenni di guerra hanno reso difficile l’accesso alle cure per la popolazione che affronta oggi nuovi bisogni sanitari tra i quali le malattie non trasmissibili[2], non adeguatamente affrontate. Nel report Accesso alle cure in Afghanistan: la voce degli afgani in 10 province pubblicato nel 2023 l’ong aveva sottolineato la difficoltà degli afgani ad accedere alle cure nel Paese rilevando numeri che mostravano chiaramente come barriere geografiche, economiche e sociali rendessero complicato il raggiungimento delle strutture soprattutto dalle aree più remote del Paese, l’acquisto di medicinali, lo svolgimento di esami diagnostici e il reperimento di personale formato adeguatamente. Il nuovo rapporto 2025 conferma le tendenze emerse precedentemente: se già l’accesso all’assistenza sanitaria di base è complicato, ancora di più lo è quello ai servizi ECO che richiedono infrastrutture ed equipaggiamenti dedicati e maggiore specializzazione e formazione per lo staff. Il campione di analisi ha compreso 11 strutture ospedaliere governative oltre ai centri di EMERGENCY nel Paese (i Centri chirurgici per vittime di guerra a Kabul e Lashkar-gah, il Centro chirurgico ad Anabah in Panshir, i centri pediatrico e di maternità ad Anabah, oltre 40 posti di primo soccorso e centri di sanità di base sparsi nel Paese). Sono state considerate le 11 province dove EMERGENCY lavora, che ospitano quasi 16 milioni di afgani (il 39% della popolazione totale). La metodologia di ricerca ha previsto la somministrazione di 1.551 questionari anonimi a pazienti e accompagnatori in 20 strutture di EMERGENCY, 32 questionari compilati da informatori qualificati tra il personale di EMERGENCY, la compilazione di uno strumento di valutazione approvato dall’OMS e 11 interviste semi-strutturate negli ospedali pubblici con i direttori degli ospedali provinciali, i primari di chirurgia e di ginecologia. Tra le necessità che emergono con più forza da parte degli intervistati: disporre di un maggior numero di strutture sanitarie e di migliore qualità[3]; diminuire il costo delle cure e dei mezzi di trasporto per ricevere l’assistenza necessaria; aumentare la presenza di personale femminile. Anche i fattori socioculturali, infatti, limitano l’accesso alle cure. Essere donna è un indicatore di maggiore vulnerabilità nell’accesso alle cure in Afghanistan, soprattutto per quanto riguarda la gravidanza e l’assistenza materna. “Tra le restrizioni principali, a donne e ragazze è stato impedito di frequentare scuole secondarie e università – racconta Keren Picucci, ginecologa del Cento di maternità di EMERGENCY ad Anabah –. Inoltre, per ragioni culturali e sociali, le donne spesso esitano a rivelare i propri problemi di salute fino a quando la situazione non diventa grave e la preferenza o l’obbligo di essere trattate da personale medico femminile riduce ulteriormente le opzioni disponibili.” La crisi economica protratta da anni aggrava ulteriormente la situazione: l’80% degli intervistati lamenta costi troppo elevati dei servizi e la conseguenza diretta è che un paziente su quattro è stato costretto a rimandare almeno una volta un intervento chirurgico, mentre uno su cinque ha mancato un appuntamento di controllo. Tre su cinque hanno chiesto denaro in prestito o venduto beni personali per permettersi il pagamento delle cure. Ciò porta spesso a peggioramenti della salute, spesso fatali: oltre il 33% degli intervistati ha riportato una disabilità o un decesso dovuti al mancato accesso alle cure. Le barriere fisiche, poi, si rivelano una delle più difficili da superare per i pazienti: poco più del 2% degli intervistati ha dichiarato di essere in grado di utilizzare un’ambulanza pubblica per accedere ai servizi sanitari, mentre quasi la metà – la maggioranza della popolazione vive in aree rurali e montuose – ha dovuto spostarsi a piedi. Il 79% degli intervistati ha dovuto viaggiare in un’altra città, provincia o persino un altro Paese per ricevere cure chirurgiche. Due terzi delle donne intervistate sono state costrette a spostarsi per accedere ai servizi di cui hanno bisogno. Quando le strutture vengono raggiunte, poi, spesso non dispongono del personale o delle attrezzature necessarie per fornire cure in sicurezza. Sulla base dei suggerimenti raccolti tra pazienti, familiari e operatori sanitari, il rapporto si conclude con 10 raccomandazioni chiave alla comunità internazionale e alle autorità afgane per migliorare il sistema sanitario del Paese. “A quattro anni dall’abbandono delle forze internazionali e l’instaurazione del nuovo governo il 15 agosto 2021 l’Afghanistan non è più una priorità della comunità internazionale [4] – sottolinea Dejan Panic, direttore programma EMERGENCY in Afghanistan –. EMERGENCY resta al fianco della popolazione afgana perché i bisogni di cure di base e specialistiche persistono e sono i pazienti e i colleghi a chiederlo ancora, 30 anni dopo l’inizio del suo impegno nel Paese. Ma è fondamentale per garantire un futuro alla popolazione che la comunità internazionale e il governo afgano facciano la propria parte, come sottolineato nelle raccomandazioni finali di questo report la cui voce è la voce degli afgani.”   Emergency
Collegio docenti di una scuola di Varese vota contro campagna R1PUD1A di Emergency
Centinaia di Comuni hanno già aderito alla campagna R1PUD1A di Emergency contro qualsiasi guerra. Anche molte scuole, di ogni ordine e grado, stanno aderendo. Ed è su questo che noi dell’ Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università abbiamo da denunciare purtroppo un accaduto sconcertante.  Abbiamo ricevuto una segnalazione riguardo a una scuola di Varese: un collegio docenti davanti alla mozione di adesione alla campagna di Emergency ha bocciato la proposta. Aggiungiamo un dettaglio: prima della discussione e della votazione è intervenuto il/la dirigente scolastic* affermando «La scuola non fa politica, non ritengo opportuno aderire», e questo incredibilmente ha fatto sì che anche chi in principio si era dett* favorevole abbia deciso di non appoggiare la mozione.  Il/la docente che ci ha scritto all’indirizzo osservatorionomili@gmail.com e del* quale manteniamo l’anonimato, ha giustamente commentato «Se richiamarsi all’articolo 11 della nostra Costituzione e chiederne il rispetto è considerato di non competenza della Scuola, siamo messi male».  L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha individuato da tempo ne* dirigenti scolastic* il vettore principale di ingresso o altresì di chiusura degli inviti istituzionali confezionati ad arte da MIM e FFAA e FdO e diffusi attraverso gli Uffici Scolastici Regionali. Conosciamo l’influenza che rivestono avvalendosi delle regole scritte e non scritte nella scuola. Sappiamo bene che anche una parte de* docenti fatichi a pensare una realtà demilitarizzata, e bocci qualsiasi mozione e attività proposta contro le guerre. Spesso quando parlano di pace sottintendono attraverso i conflitti armati. Noi continuiamo a contrastare questo clima militarista che circola dalle istituzioni nel pensiero comune e viceversa.  Ringraziamo chi legge e diffonde i nostri articoli, e invitiamo tutt* voi a partecipare al nostro lavoro culturale e di informazione sul territorio nazionale.  Maria Pastore, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università 
Il festival di Emergency: quinta edizione dedicata al tema “La voce”
Il Festival di EMERGENCY torna a Reggio Emilia, da venerdì 5 a domenica 7 settembre, per far sentire la voce di chi vuole costruire una società più giusta. Sarà proprio “la voce” il tema di questa quinta edizione, che porterà nelle piazze della città emiliana giornalisti, filosofi, scrittori, artisti e operatori di EMERGENCY. Tre giorni di incontri e dibattiti, ma anche di musica e spettacoli, per rispondere ad alcune delle seguenti domande: la nostra voce viene ascoltata? Che risonanza ha la voce delle persone – singoli o gruppi – di fronte a chi governa? Quali lotte e quali rivendicazioni di diritti uniscono più voci? Che eco ha la voce di chi rifiuta la guerra? Protagonisti di queste giornate saranno i giornalisti e gli operatori umanitari che sotto le bombe raccontano la verità della guerra; gli attivisti in lotta nonostante il rischio di carcere e violenze; le persone che vogliono avere il diritto di definirsi; i popoli che si riprendono piazze, strade, vie e porti contro repressione, guerra e povertà; i giovani che occupano gli spazi per rivendicare il proprio diritto al futuro… Da oltre 30 anni EMERGENCY li mette al centro della propria attività, curando le vittime di chi sceglie la guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali e di chi alimenta la povertà, impegnandosi perché ciascuna voce venga ascoltata, che siano voci in mezzo al mare o sotto le bombe, nelle periferie o nei lager contemporanei, nelle carceri, nelle campagne o nei nuovi ghetti del nostro tempo. GLI APPUNTAMENTI DEL FESTIVAL. Per tre giorni teatri, piazze e luoghi simbolo di Reggio Emilia ospitano le voci di giornalisti, scrittori, storici, filosofi, registi, artisti e attivisti per riflettere e indagare il presente. In Piazza Prampolini gli incontri cardine del Festival, i Dialoghi, per inquadrare i principali temi del nostro tempo con i grandi protagonisti dell’attualità e lo staff di EMERGENCY. In Piazza Casotti in programma, invece, le Domande per pensare: 20 minuti e un relatore per rispondere a domande su temi chiave. Gli ospiti del Festival tornano poi a Un caffè con… per incontrarli in un’atmosfera più informale. La geopolitica internazionale sarà al centro di un nuovo format a cura del fotografo, giornalista e filmmaker Giampaolo Musumeci nel cortile dell’Università di Reggio Emilia. Il cortile di Palazzo Ancini, sede ANPI, ospiterà il ciclo A lezione con EMERGENCY, in cui lo staff dell’ong racconterà il proprio lavoro quotidiano sul campo, e la rassegna Make art, not war per scoprire le molte forme artistiche impegnate nella denuncia della guerra e nella difesa di pace e diritti umani. Torna anche la rassegna in collaborazione con Il Post nel cortile dell’Università di Reggio Emilia. Due gli appuntamenti serali di intrattenimento e musica in Piazza Prampolini, mentre il Teatro San Prospero ospiterà spettacoli teatrali e la proiezione di film e documentari. Si terranno in Piazza San Prospero gli appuntamenti mattutini Al risveglio, che daranno il via alle giornate di sabato e domenica, e quelli di fine giornata con il dj set. Per i più giovani, ma anche per genitori, insegnanti, educatori, tornano, alla Biblioteca Panizzi, incontri, laboratori creativi e letture animate per affrontare i temi del festival a misura dei più piccoli. Per rimanere aggiornati sulle attività di EMERGENCY in Italia e nel mondo: https://www.emergency.it Emergency
Gaza, EMERGENCY consegna l’appello Ora! con oltre 200.000 firme alla presidente del consiglio Meloni
Sono oltre 200.000 le firme raccolte dall’appello “Ora!” perché il governo italiano si attivi per Gaza: l’appello è stato portato all’attenzione della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, dei Ministri Antonio Tajani e Guido Crosetto per chiedere di non rinnovare il memorandum d’intesa per la collaborazione militare tra Italia e Israele che altrimenti sarà rinnovato automaticamente il prossimo 8 giugno. Oltre a questa richiesta nell’appello ci sono altre quattro richieste urgenti per Gaza: fare pressione sul governo israeliano a consentire l’ingresso di aiuti alla popolazione e la loro distribuzione ai civili, attivarsi con un’azione diplomatica che porti al cessate il fuoco e al rispetto del diritto umanitario internazionale,  interrompere la compravendita di armi da e per Israele, schierarsi a favore della sospensione del trattato di associazione tra Unione Europea e Israele, come già fatto da 17 Paesi europei. EMERGENCY parteciperà sabato 21 giugno a Roma alla manifestazione nazionale “No guerra, riarmo, genocidio, autoritarismo’”, promossa da oltre 300 reti, organizzazioni sociali, sindacali, politiche nazionali e locali. A Gaza EMERGENCY offre da quasi un anno assistenza sanitaria alla popolazione ed è testimone diretta della crisi umanitaria gravissima e senza precedenti in corso in quel territorio: chi non è direttamente colpito dalla violenza delle armi, soffre per la mancanza di cibo, di acqua, di medicinali, di un riparo. Gli aiuti entrati nella Striscia dopo oltre due mesi di sospensione non sono sufficienti per i bisogni della popolazione, che sta morendo sotto le bombe, ma anche di crisi idrica, alimentare e sanitaria. Per questo non è più possibile aspettare che la comunità internazionale faccia sentire la sua voce a difesa dei civili gazawi, ma serve agire “ORA!”. L’appello “ORA!” è stato lanciato in occasione della Festa della Repubblica perché la Costituzione italiana e l’articolo 11 ci dicono chiaramente che solo la fine della violenza permette libertà e democrazia. Si può leggere il testo dell’appello e sottoscriverlo al seguente link: ripudia.it    Emergency
Roma, Trullo: la guerra non ci piace, vogliamo la pace
Si è tenuta venerdì 16 maggio, al Trullo (storica borgata popolare di Roma e attualmente uno dei quartieri più multietnici della capitale) una iniziativa per contrastare la cultura della guerra ed affermare il valore della Pace. Le bambine ed i bambini della scuola dell’Infanzia e della scuola primaria (dai tre ai dieci anni) sono scesi in piazza con le loro bandiere arcobaleno, i loro striscioni e i loro slogan, insieme alle loro insegnanti e ai loro insegnanti. Poi, guidati dai giovani della Murga, per il secondo anno consecutivo, i bambini e le bambine della scuola primaria hanno dato vita ad una vera e propria marcia per la pace, accolta positivamente dagli abitanti del quartiere, che ospita famiglie provenienti da decine di Paesi e di differenti nazionalità di ogni continente. Le loro figlie e i loro figli sono quasi tutti nati in Italia e frequentano le nostre scuole, ma è ancora loro negata la cittadinanza italiana. Molte persone di passaggio o dai balconi delle case hanno applaudito o hanno scattato foto e video, che probabilmente hanno condiviso con i loro parenti che vivono in ogni angolo del pianeta. Il corteo ha quindi raggiunto la sede centrale dell’Istituto Antonio Gramsci, accolti dalla Dirigente dai ragazzi e dalle ragazze della scuola media, dalle loro professoresse e dai loro professori e dallo sguardo del grande intellettuale impresso con un murales sulla parete della scuola. Tutti insieme hanno gridato i loro slogan “La guerra non ci piace, vogliamo la Pace!”, “Pace, subito!”, “Da tutta la Terra, non vogliamo più la guerra!”, hanno sventolato le loro bandiere ed esposto i loro striscioni compreso quello staccato per l’occasione dalla cancellata della scuola che espone pubblicamente l’adesione della Istituzione scolastica alla campagna di Emergency ossia: “Questa scuola R1PUD1A LA GUERRA”. Concetto questo ribadito dalla dirigente dell’Istituto Comprensivo ricordando l’articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana. Una iniziativa quindi non solo giusta ma doverosa. Tutti insieme poi hanno cantato “All we are saying is give peace a chance” concludendo con allegri girotondi la manifestazione, danzando al ritmo dei tamburi della Murga locale. L’iniziativa era stata proposta ed organizzata dalla Funzione Strumentale e dalla specifica commissione che si occupa di promuovere iniziative sulla Pace e sull’educazione interculturale. E’ stata quindi fatta propria, con apposita delibera, dal Collegio dei Docenti. Scrivo queste informazioni per indicare, ad insegnanti di altre scuole, un possibile percorso per il prossimo anno, affinché queste iniziative si generalizzino, diventando parte integrante della programmazione del Piano dell’Offerta Formativa, costruendo così una rete che dal basso già ora esiste, sta crescendo e diffondendosi in molte scuole della nostra penisola. La scuola che ci piace, promuove la Pace! Mauro Carlo Zanella