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Noi ci siamo organizzate e organizzati
RICORDATE? I PRIMI MESI DEL 2025 GRANDI MEDIA E POLITICA ISTITUZIONALE HANNO DEDICATO A UN PEZZO DI ROMA, QUARTICCIOLO, MILLE ATTENZIONI, NATURALMENTE SENZA FARE ESERCIZIO DI ASCOLTO. POI IL SILENZIO… UNA STORIA CHE SI RIPETE. EPPURE IN QUELLA BORGATA, CHE PIÙ DI ALTRE DEVE FARE I CONTI LE PIAZZE DI CRACK, C’È CHI NON HA SMESSO DI PRENDERSI CURA IN MOLTI MODI DIVERSI DEL TERRITORIO E DI CHI LO VIVE OGNI GIORNO, HA INAUGURATO UN PARCO, HA RIPORTATO IL MERCATO IN BORGATA E PURE ESPOSTO ALLA BIENNALE DI VENEZIA IL PIANO NATO DAL BASSO PER TRASFORMARE QUARTICCIOLO… LA DUE GIORNI DI “DIBATTITI, READING, MERCATO, MUSICA E LOTTA” DEL 26 E 27 SETTEMBRE “ALZA LA VOCE, ALZA LA TESTA!” SARÀ UNA STRAORDINARIA OCCASIONE PER RAGIONARE INSIEME DI QUARTICCIOLO E DI MONDO. HA SCRITTO QUALCHE ANNO FA, RAÚL ZIBECHI IN “TERRITORI IN RESISTENZA” (NOVA DELPHI): “È DAL CUORE DEI QUARTIERI POVERI DELLA PERIFERIA CHE NEGLI ULTIMI ANNI SONO VENUTE LE PRINCIPALI SFIDE AL SISTEMA DOMINANTE…” Quarticciolo (Roma), corteo. Marzo 2025 (foto di A. Luparelli) -------------------------------------------------------------------------------- Mesi su tutti i giornali, giorni su tutte le tv. All’inizio del 2025 Quarticciolo sembrava essere il centro del mondo, non solo per noi che ci abitiamo. Il governo nazionale che scrive un decreto d’emergenza, le commissioni parlamentari che parlano della piscina di via Trani, gli anchorman che denunciano l’insostenibilità della situazione. Sembrava che tutto dovesse cambiare da un momento all’altro, sembrava che la borgata sarebbe stata trasformata nel Canton Ticino, con le aiuole curate e i prati sintetici degli impianti sportivi gestiti dalle forze armate. Noi ci siamo organizzate e organizzati, abbiamo ricordato di avere un piano preciso per trasformare la borgata, abbiamo coinvolto gli altri abitanti e abbiamo chiesto di convergere da ogni parte del paese. Abbiamo ottenuto che gli interventi previsti non fossero una vendetta contro chi abita il quartiere. Abbiamo inaugurato un parco, strutturato un polo civico, riportato il mercato in borgata, il piano di quartiere è finito esposto alla biennale di Venezia (foto di seguito). Poi il silenzio. Assordante come i titoli urlati. L’attesa in cui tutto è sospeso: gli sfratti non vengono fatti ma non si trova una soluzione per le duecento famiglie che ne aspettano uno, l’ex questura non viene sgomberata ma non si procede con il recupero dell’immobile, la piscina va a bando ma il bando va deserto, alle scuole viene rifatto il tetto ma i bambini e le bambine non si iscrivono perché manca la segreteria e la presidenza. Ad ogni tavolo un nuovo interlocutore, una nuova carica, una nuova urgenza che non è mai l’urgenza di affrontare finalmente i problemi. Dal più piccolo degli interventi al percorso complessivo: tattiche dilatorie, interviste a cui non seguono impegni, dichiarazioni su dichiarazioni, nomine ad hoc, il commissario del governo che ammette candidamente che non esiste la bacchetta magica e che Caivano non è un modello, intanto in borgata tutto rimane in sospeso. Intanto ad agosto ennesimo revival delle inchieste per racket contro i movimenti di lotta per la casa. Ancora una volta provano a far passare le collette per le pulizie degli spazi comuni per estorsioni. “Vogliono costringerci ad aspettare”, scrivevamo dopo il primo marzo. Hanno gli orologi e possono farli funzionare come cronometri. Fermare tutto, far andare avanti a singhiozzi le cose, fermarle ancora. Loro hanno gli orologi ma noi abbiamo il tempo, ed è il vostro tempo che chiediamo. Ancora una volta. Vi chiediamo di convergere, di venire in borgata, di portarci più gente possibile. Vi chiediamo di starci a fianco anche in questo tornante per alzare la voce e pretendere che il piano di quartiere sia finalmente attuato, per chiedere che siano sanate le famiglie che aspettano una casa popolare da decenni e che l’ex questura sia recuperata. Vi chiediamo di essere con noi mentre Quarticciolo torna ad essere lo sfondo di una serie tv crime: ancora l’uso strumentale della violenza sulle donne, ancora troupe televisive all’arrembaggio, ancora l’eterno ritorno della violenza della piazza di spaccio e della denuncia dell’ovvio di personaggi in cerca d’autore. Ancora una volta chi abita in quartiere scompare, torniamo ad essere l’ambientazione per una storia scritta male. Contano solo le nostre paure, le paure di chi è costretto a convivere con la piazza di crack. Quello che pensiamo e quello che vogliamo torna a non contare nulla. Ma non è solo questo, vi chiediamo di convergere perché abbiamo bisogno di ragionare insieme, vogliamo mettere all’ordine del giorno un’urgenza che ci tiene svegli la notte: come si fa ad alzare la voce? Come si fa a farsi sentire? Che sia una fabbrica da recuperare o l’intero settore della produzione culturale da organizzare. Che sia la voce di chi nasce in un quartiere di serie b o quella di chi lavora nella ricerca e all’università. Che sia fermare il genocidio in corso in Palestina o la brutta china che sta prendendo questo paese. Che sia la guerra ad ogni latitudine. Abbiamo bisogno che la nostra voce valga qualcosa, che le nostre vite valgano. Dicono a GKN che abbiamo bisogno di vincere, dicono in val di Susa che è questo che fa la storia. Noi proviamo a fare la nostra parte, con momo edizioni che da anni ci cammina a fianco e vive la stessa nostra urgenza di costruire spazi in cui alzare la voce, con due giorni di festival che viviamo come un momento di lotta (26/27 settembre – Alza la voce, alza la testa! Due giorni di festival per un cambiamento radicale). Saremo al parco modesto di Veglia come siamo stati sui tetti il 1 marzo, speriamo con meno pioggia. Saranno due giorni di dibattiti, reading, mercato, musica e lotta. Sabato alle 17 torneremo per le strade della borgata con un corteo popolare per tornare ad alzare la voce insieme, per cambiare davvero Quarticciolo. Hanno già confermato la partecipazione a diversi momenti del festival Elodie, Zerocalcare, Michele Riondino e Valerio Mastandrea. Nei prossimi giorni sarà pubblico il programma. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Noi ci siamo organizzate e organizzati proviene da Comune-info.
Se vuoi la pace, pedala
QUALCHE GIORNO FA UN PICCOLO GRUPPO DI PERSONE SI È DATO APPUNTAMENTO A SCAMPIA, PERIFERIA NORD DI NAPOLI, ALLE ORE 11:02 (SÌ, 02) DI UNA MATTINA IMPORTANTE, ACCANTO A UN ALBERO PARTICOLARE DI UN GIARDINO SPECIALE… ECCO, QUANDO SENTIAMO IL BISOGNO DI UNA NUOVA CULTURA POLITICA, DOVE L’IDEA DI CAMBIAMENTO IN PROFONDITÀ È ANNODATA CON LA VITA DI OGNI GIORNO DELLE PERSONE COMUNI, CON L’IDEA DI CURA E CON LA CAPACITÀ DI DISERTARE IN MOLTI MODI DIVERSI LA GUERRA, DOVREMMO LEGGERE CON ATTENZIONE QUESTO ARTICOLO DI MARTINA PIGNATARO DEL GRIDAS Sulle magliette preparate per il “Kaki Bike Tour” di quest’anno, ho amato subito questa frase-slogan: “Se vuoi la pace… pedala!” così come adoro i “Paciclisti”, nati in seno all’associazione Nagasaki-Brescia Kaki Tree for Europe che da alcuni anni, a cavallo degli anniversari dei bombardamenti atomici su Hiroshima (6 agosto 1945) e Nagasaki (9 agosto 1945) in sella alle biciclette organizzano un tour di Pace, che tocca luoghi in cui crescono o cresceranno dei Kaki Tree. Seguo e amo questa rete, che si arricchisce sempre di più di nuove realtà e di maggiore “conoscenza” reciproca tra queste realtà, da quando anche a Scampia, periferia nord di Napoli, è approdata una piantina di Kaki Tree, il 2 ottobre 2022, Giornata Mondiale della nonviolenza e 153° Compleanno di Ghandi. I Kaki Tree sono piante di Kaki nate, grazie alle cure dell’associazione bresciana che si è presa il compito di diffonderle, da semi di una pianta di Kaki che è sopravvissuta alla bomba atomica sganciata dagli statunitensi sulla città di Nagasaki, tre giorni dopo aver raso al suolo, allo stesso modo, la città di Hiroshima, per “porre fine” alla seconda guerra mondiale. Il Giappone si “arrese” e ripudiò la guerra e le armi atomiche, altre nazioni, invece, continuano a “sbandierarne” il possesso come “deterrente” alla guerra, o agli attacchi altrui. Guerra che altro non è se non la “legge del più forte”: vince (se di “vittoria” si può parlare) non chi ha più ragione, ma chi ha armi più sofisticate, maggior consenso (più o meno meritato e/o pilotato), più “voce” data alle proprie “ragioni” (giuste o sbagliate che siano). Il Kaki che è sopravvissuto alla devastazione atomica a Nagasaki, al pari di un Gingko Biloba sopravvissuto alla devastazione di Hiroshima, simboli di altre piante che al pari sono ancora “in vita”, ci testimoniano la resistenza alla violenza, la possibilità di rinascita dopo la più violenta atrocità, la possibilità che ciò avvenga grazie alla cura. Cura di botanici che si sono dedicati a queste piante, come Masayuki Ebinuma per il Kaki di Nagasaki, cura di persone che si adoperano affinché i semi raggiungano l’Italia, affinché, accudite, germoglino, diano nuove piante da affidare con cura, alle cure di altre persone che se ne prendano cura affinché crescano e ramifichino diramando messaggi di pace nel tempo e nello spazio, curando a loro volta anche gli animi di chi se ne prende cura. Volutamente ho ripetuto più volte la parola “cura”. A Scampia sappiamo bene quanto sia importante prendersi cura dei luoghi e di chi li abita, per contrastare la violenza e l’incuria di una periferia colpevolmente, da decenni, abbandonata a sé stessa da chi doveva amministrarne la sorte. Persone, che non sono i “numeri” a più zeri dei vari censimenti periodici che contrastano costantemente tra loro a seconda di chi li fa e di cosa e dove “contano”, persone che per noi “contano”, nel senso che “valgono”, tutte allo stesso modo, con pari dignità e pari diritto a una vita dignitosa su questa terra che ci accoglie tutti, ma di cui dobbiamo anche a nostra volta prenderci cura. Il Kaki Tree che arrivò a Scampia, grazie a una scuola che ne “scovò” il progetto, per il tramite di Aldo che ne lesse in un trafiletto sul bimestrale nonviolento “QUALEVITA”, dopo varie vicissitudini burocratiche, dopo la pandemia che ha tenute segregate scuole e relazioni con il territorio, decidemmo di collocarlo al “Giardino dei cinque continenti e della nonviolenza”, un giardino, ora rigoglioso, che sorge in un’area che era una sorta di discarica: uno scavo errato per un ennesimo palazzone, irrealizzabile, poi abbandonato e riempito alla meno peggio con materiali di risulta, al pari dell’adiacente campo sportivo. Stadio che dopo un decennio è stato dedicato ad Antonio Landieri, vittima innocente di camorra, dopo una lunga trafila e un logorante lavoro di “cura della memoria” e della corretta narrazione di un territorio vittima, prima di tutto, degli stereotipi, cui si sono aggregate nel tempo più realtà a far da scudo e abbraccio caloroso alla famiglia Landieri, parte attiva della nostra rete dal basso. Stadio trasformato e reso utilizzabile grazie alle cure dell’ARCI Scampia, una delle colonne portanti della storia di Scampia e della nostra bella rete di Pace. Il giardino, realizzato in un’area di circa 4000 metri quadrati bonificata a mano nel tempo, in autogestione con un lavoro di sinergia tra associazioni, cittadini attivi e scuole del territorio, coinvolte, seppur con alti e bassi, in ogni fascia di età, dagli istituti comprensivi agli istituti superiori, sorge comunque in un’area pubblica, volutamente non recintata e accessibile a chi voglia godere dei frutti del lavoro fatto o, magari, dare una mano innaffiando o accudendo in autonomia qualche pianta più sensibile o estirpando la Cuscuta, parassita vegetale che periodicamente riappare, o raccogliendo rifiuti puntualmente lasciati nelle aiuole, sebbene dopo lunga trafila siamo riusciti ad ottenere dei cestini, malandati, ma “utilizzabili” per chi impara a prendersi cura degli spazi comuni. “Frutti” l’ho usato in senso metaforico, ma talvolta assaggiamo anche qualche frutto dalle piante che ce li restituiscono, con qualche remora poiché le “aiuole” sorgono su rifiuti interrati, sono state create a zappate, inserendo piante a picconate e innaffiate con il sudore di molte fronti, fino a quando il Comune ci concesse l’allaccio idrico (non senza aver dovuto scomodare il “nostro” San Ghetto Martire!), ma anche dopo dato che l’area è vasta e le piante messe a dimora negli anni (quasi un decennio!) sono parecchie. Frutti (reali e metaforici) li sta dando quest’anno, per nostra grande gioia, anche il “nostro” Kaki Tree. È posizionato accuratamente nell’aiuola Asia di questo luogo emblematico caratterizzato da sei aiuole dedicate ciascuna a un continente e, la sesta, al Mediterraneo con l’auspicio che torni ad essere “culla di civiltà” anziché il cimitero di migranti degli ultimi tempi. Aiuole in cui sono accuratamente piantate essenze del rispettivo continente e dedicate a persone, testimoni di nonviolenza, che ci accompagnano in un cammino collettivo, condividendone insegnamenti e messaggi, continuando a far camminare sulle nostre gambe chi non è più tra noi, ma anche testimoni viventi di quella che abbiamo preso a chiamare Comunità Pangea, dal progetto iniziale incentrato su quell’area e che poi, anch’esso, si è diramato e ramificato, che chiamammo “Pangea” dal continente primordiale da cui tutti veniamo e cui ancora ci sentiamo di appartenere. Pangea, tradotto in napoletano in “Simm’ tutt’uno” (siamo un tutt’uno), che è anche un verso della canzone “Salvammo ‘o munno” di Enzo Avitabile, autore dell’area nord di Napoli, anche lui “devoto” di San Ghetto Martire. Il “Giardino dei cinque continenti e della nonviolenza” è corredato anche da bellissime installazioni artistiche posizionate nelle aiuole e legate ai rispettivi continenti e alle relative favole, su cui hanno modo di lavorare i più piccoli, tramandandole anche a noi adulti, realizzate nel tempo dal “Gruppo Zoone” del Centro Diurno di Riabilitazione “Gatta Blu”, negli incroci tra i viali vi sono poi due installazioni a piramide realizzate più recentemente dal gruppo di artisti “Volart”. Un approccio alla salute mentale anche qui di Cura, non a caso il “Gatta Blu” è autore di una bellissima mappa relazionale di Scampia che mostra il quartiere dal punto di vista delle relazioni e delle connessioni legate alle sensazioni e alle sensibilità di chi ha collaborato a crearla. Un approccio, quello della “cura”, che richiede più impegno, più consapevolezza, più partecipazione collettiva rispetto al semplice “medicare” le ferite, vale per le ferite di guerra come per quelle dell’anima. Il centro “GattaBlu”, una risorsa per il nostro quartiere, è a rischio smantellamento, è attiva una petizione di chi, indignato da questa scelta, non ci sta e non vuole restare in silenzio a guardare. Anche i Paciclisti del “Kaki Bike Tour”, quando approdarono al giardino per il tour del 2023, presero parte, con convinzione, alla mobilitazione #GiùlemanidalGattaBlu perché piantare un Kaki Tree, lo dicevo all’inizio, è entrare in una rete, bellissima, fatta di persone e realtà impegnate nel quotidiano a costruire la pace, dal basso, anche con fatica e sudore, come una pedalata che giova a tutti, anche a chi è sul bordo e assiste al passaggio di una decina di bici colorate, gioiose, determinate e viene “investito” da una folata di Pace. Nell’agosto del 2023 abbiamo “seguito” i Paciclisti, ne raccontavo in un articolo l’anno successivo, perché le relazioni instaurate sono andate oltre, sicché qui riporto la “tappa successiva”. Quest’anno sono “subentrata” a Aldo come “referente” della rete Pangea di Scampia per la rete del Kaki Tree Project, una rete di Pace che seguo con piacere, perché è una folata di bellezza in un mondo in guerra, una chat tra le realtà che hanno o avranno un Kaki Tree in “affido” di cui prendersi cura e che si confrontano e scambiano notizie sul “proprio” percorso e esperienze di costruzione della pace, idee e pratiche condivise che possono ispirare altri, che possono essere segnalati a realtà affini o vicine per allargare la rete e, perché no, se si è in zona, partecipare e conoscere dal vivo persone attive sullo stesso cammino. Forse anche per onorare questo mio nuovo “incarico”, dato che il tour dei Paciclisti era troppo “lontano” dalla mia portata, quest’anno ho dato appuntamento a Scampia, accanto al Kaki Tree, alle 11:02 del 9 agosto, ora in cui, 80 anni fa, fu sganciata la seconda bomba atomica della storia. Non sapevo chi fosse a Scampia il 9 agosto 2025, io stessa ci sono approdata apposta per questo appuntamento con mia figlia cresciuta nel/col giardino. Aldo era già sul posto di buon ora, seguito da Anna, Lino e RosaMaria, Guido “Paciclista nostrano” ci ha raggiunti in bicicletta da Materdei, il “Commendatore” Carlo, sempre attivo e presente e Andrea del blog “Dimmi di Scampia” con me e Alessandra hanno formato un allegro gruppetto accanto al Kaki. Abbiamo condiviso qualche “anello” che a qualcuno mancava di come quella pianta importante e speciale sia arrivata in quel luogo di Scampia, abbiamo mostrato e “seguito idealmente” il tour di quest’anno dei Paciclisti e innaffiato il Kaki Tree, sincerandoci che non ci fossero lumache e ammirando la crescita dei suoi primi frutti. Quest’anno il Kaki Bike Tour prevedeva tappe “da Verona a Albagnano (VB) per fiumi e laghi di Pace”, affidando anche all’acqua, oltre che alle persone incontrate lungo la pedalata, messaggi costruttivi di pace. Il 9 agosto era anche la giornata di mobilitazione mondiale per la Palestina, abbiamo declinato sul posto anche questa ulteriore voce che chiede urgentemente di fermare il genocidio in atto. La rete Pangea sostiene da sempre la resistenza nonviolenta palestinese, quella di cui non si parla mai. La nostra piccola aiuola “striscia di Gaza”, davanti al mural dedicato a “Handala Felice” è pronta per accogliere e “salvare” qualcosa della cultura e della biodiversità vegetale che pure si stanno perdendo inesorabilmente. Una ripercussione sulla nostra Pangea di ogni guerra: oltre allo strazio per le vite umane perdute e per le storie “personali” distrutte, vanno in rovina patrimoni ambientali, artistici, culturali e tutto un ecosistema che ha impiegato anni a “costruirsi”, un equilibrio naturale devastato. È un altro aspetto, devastante, di ogni guerra. Un motivo in più per evitare la guerra, sempre e comunque, costruendo la pace, con impegno, dal basso. Anche, sicuramente, a pedalate: andare in bici è un mezzo ecosostenibile, non inquinante, non necessita di “carburante” (e quante guerre si fanno e si sono fatte per l’accaparramento di fonti energetiche che iniziano a scarseggiare!) e in più consente di godere meglio del paesaggio, delle relazioni, di incontrare persone lungo il percorso e ammirare l’ambiente che si attraversa, che sia urbanizzato o meno. Una prospettiva e un approccio differenti che, cambiando punto di vista, ci mostrano un altro aspetto della nostra Pangea e delle relazioni umane. A Scampia, dopo decenni di attesa, è in costruzione “finalmente” la fantomatica pista ciclabile. Speriamo di vedere sempre più bici in città più Felici, a riappropriarsi di spazi e delle proprie vite, speriamo che le auto imparino a rispettare i ciclisti, perché non basta un cordolo di cemento intermittente a creare una città a misura di ciclisti. Tra i testimoni di nonviolenza “napoletani” del nostro giardino c’è Marco Mascagna, un pediatra ambientalista che si è molto battuto per il verde pubblico in una città, già trent’anni fa, affogata dal cemento e dagli spazi contesi dalle auto. Accanto a lui abbiamo da poco “aggiunto” un omaggio a Pio Russo Krauss, nostro compagno di viaggio e presidente dell’associazione “Marco Mascagna”, che ha proseguito e prosegue il cammino dell’amico Marco. Marco andava in bici, morì investito da un’auto. Lo “ricordo” perché mio padre, Felice Pignataro, dedicò “a Marco” l’ultimo vagone del “treno dei guai” del mural anti-G7 realizzato nel luglio 1994 per il controvertice che si tenne a Napoli. I murales realizzati per quel fermento di proposte concrete che fu il controvertice dei piccoli della terra, ‘e pappeci, erano 7, come i 7 “chiavici”. Uno, quello al Parco Verde di Caivano, “L’albero delle scelte”, lo riproposi quando si sono accesi i riflettori mediatici e la propaganda dei politici di turno su Caivano e Francesco Foletti, presidente del Kaki Tree Project mi chiese un contatto “dal basso” con il Parco Verde di Caivano intuendo che ci fosse un’altra realtà, viva e fertile, da mettere in rete. Quando i tempi sono stati maturi, anche lì, fuori dai riflettori mediatici, nell’ottobre 2024 è stato piantato un Kaki Tree. Quest’anno, il 25 Aprile, con mia figlia, in rappresentanza della rete di Scampia, siamo state a Cassino (FR) agli Horti di Porta Paldi, dove l’associazione Eqo accudisce un Kaki Tree e cura lo spazio circostante ridandogli vitalità e dignità e restituendolo alla collettività. C’erano Francesco Foletti e un gruppo di ortolani della Masseria “Antonio Esposito Ferraioli” di Afragola (NA) che ha piantato un Kaki Tree il 2 ottobre del 2023. Ne ho raccontato nella precedente “tappa” del Kaki Bike Tour. Il giorno successivo, sabato 26 aprile, per l’appuntamento mensile di cura collettiva del “Giardino dei cinque continenti e della nonviolenza” (ultimo sabato del mese) ci ha raggiunti Francesco, con gli ortolani e il dirigente scolastico del rione Salicelle di Afragola e gli amici del Parco Verde di Caivano perché ne abbiamo approfittato per fare un incontro e scambiarci opinioni e idee su come proseguire il “percorso” e la rete del Kaki Tree Project. Ma Francesco era venuto soprattutto a donarci tre piante “speciali” perché, conoscendoci e frequentandoci nel tempo, ha scelto il giardino e la rete Pangea per affidarci tre piante ancestrali di Malus provenienti dal Kirghizistan che “esistevano da prima della Pangea e andavano collocate proprio in quel giardino”. Le ha dedicate a Aldo Bifulco e a Mirella La Magna e una terza a papa Francesco che è morto mentre ci preparavamo per la piantumazione. Anche quella giornata la abbinammo alla Palestina, raccogliendo 100 euro per la campagna 100x100Gaza, tutt’ora attiva a sostegno concreto della popolazione civile di Gaza. Anche di queste piante, sabato 9 agosto, abbiamo raccontato la storia, come “ramificazione inaspettata” di quella pianta di Kaki Tree che coccoliamo nel giardino condiviso di Scampia. Tra auto date alle fiamme, panchine che si sgretolano, sporcizia e incuria di chi abbandona lembi di città, noi rispondiamo, da sempre e con costanza, piantando e accudendo bellezza, che sia contagiosa e si dirami facendosi spazio dalla nostra periferia in collegamento con le altre periferie della città e del mondo. La violenza chiama violenza e non si può aspettare che vinca il più forte, annientando l’altro, né scegliere arbitrariamente chi “deve” vincere un conflitto concorrendo ad armarlo fino all’inverosimile. In ogni conflitto c’è la terza via: fermare i massacri e lavorare per la pace. Ci vuole molta “pacienza” a coltivare la pace, come ci insegna l’Associazione “Claudio Miccoli”, altra bella e colorita realtà della rete Pangea ispirata a Claudio, altro “napoletano” testimone di nonviolenza, ucciso a sprangate da un gruppo di fascisti nel 1978 perché “voleva solo parlare”, capire le loro ragioni, i motivi della loro aggressione. La pace si costruisce con pacienza, termine napoletano, ma anche siciliano, ma che per noi è sintesi di “Pace” e “nonviolenza”, ma è altresì l’attesa, la pazienza nell’ascoltare le ragioni altrui per trovare insieme una soluzione nonviolenta per risolvere i conflitti, qualunque essi siano, avendo la volontà, effettiva, di evitare la guerra che no, non è “inevitabile”. Parlare, anche con i fascisti, direi soprattutto con loro, perché non siamo noi a alzare muri o spranghe, né c’è il rischio di contaminarsi, mentre la bellezza, quella sì, è contagiosa e fa vivere tutti meglio. Io, nonviolenta in un paese che vive in un contesto di “pace” (almeno entro i “confini”), ammiro oltremisura chi persevera nella resistenza nonviolenta in Palestina, come altrove, chi diserta la guerra, chi si oppone a leggi o ordini ingiusti, chi prova a salvare semi vegetali o fa giocare e studiare i bambini (per quanto possibile) o prosegue nelle attività che altrove sono “normali” come giocare a calcio, fare teatro, andare sullo skateboard, informare. Non cito cose “a caso”, ma sono anni che al cineforum gratuito promosso dal GRIDAS proiettiamo film sulla Palestina, su esperienze di resistenza nonviolenta in Palestina, il più recente, mentre a Scampia si preparava la tappa napoletana del Mediterraneo Antirazzista Napoli, è il film, del 2019, “FOOTBALLIZZATION” di Francesco Agostini e Francesco Furiassi in visione gratuita sulla piattaforma indipendente OpenDDB che distribuisce film autoprodotti. Recentemente tra le vittime del genocidio in atto in Palestina, che non sono solo numeri, è stato ucciso un calciatore palestinese, “il Pelè palestinese”. La UEFA ha espresso “cordoglio” per la sua morte e un collega egiziano ha chiesto a gran voce di “specificare” le circostanze: chi abbia ucciso, come e perché Suleiman al-Obeid. Mentre scrivevo queste riflessioni, sono stati uccisi, di proposito, sei giornalisti palestinesi che si aggiungono alla lunga lista di giornalisti uccisi, di proposito, tacciati di essere “terroristi” e così infamati, calando un velo di ambiguità sulla loro morte per chi ha sempre meno modo di approfondire, mentre si spengono le voci che ci raccontano la verità dei fatti. Ridiamo dignità alle persone, alle vittime di genocidio, ricomponiamo la corretta narrazione dei fatti, dei misfatti e dei luoghi. Collaboriamo tutti per costruire un mondo di pace. Facciamo memoria della devastazione delle guerre di ottant’anni fa come di quelle in corso, affinché davvero si scelga, tutti, la via della costruzione della pace, una via sicuramente più impegnativa, che richiede cura e il sudore di molte fronti, ma che sicuramente farà vivere meglio e più a lungo tutte le creature che abitano la nostra Pangea. -------------------------------------------------------------------------------- Per approfondire: Qui l’articolo precedente sui Paciclisti: > Una rete di pedalate di pace Qui il sito del Kaki Tree Project: > Front Page Qui il video di Enzo Di Falco della piantumazione dei tre Malus a Scampia: Qui tutti i materiali condivisi del “Progetto Pangea – Scampia”. Qui la petizione per salvare le opere e la storia del CDR Gatta Blu di Scampia. Qui la mappa relazionale “MappaBlu”. Qui il film “Footballization” in visione gratuita: > Footballization Qui la campagna di sostegno 100x100Gaza. Qui i murales anti-G7 del luglio 1994 a Napoli. Qui il blog “Dimmi di Scampia”. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Se vuoi la pace, pedala proviene da Comune-info.
Il rione che non smette di giocare contro
SI DICE CHE, IN ORIGINE, IL RIONE SANITÀ FOSSE UNA ZONA CIMITERIALE. DI CERTO OGGI IL LEGAME CON LA MORTE RESTA FORTE, MA LO È ANCHE QUELLO CON LA VITA, PER QUANTO POCO RACCONTATO Foto di E.R. -------------------------------------------------------------------------------- Rione Sanità, 3 agosto 2025. Fabrizio ha poco più di vent’anni, fa il cameriere ed è bravo nel suo lavoro. Racconta però che negli ultimi tempi il lavoro è calato. Gli omicidi recenti, come quello di Giovanni Durante (vent’anni), hanno fatto arretrare l’effetto di riqualificazione avviato da Don Antonio Loffredo. È come il gioco dell’oca: tre passi avanti, poi di nuovo al punto di partenza. Tra le tragedie che hanno portato il Rione Sanità di Napoli al centro delle attenzioni mediatiche, spicca quella di Genny Cesarano, un ragazzo di diciassette anni, ucciso mentre giocava a calcio in piazza. “Bum bum bum bum…”, diversi colpi sparati in aria, due finiti nel suo petto. Fabrizio pensa che sia morto prima di infarto, e poi di ferraglia nelle arterie. -------------------------------------------------------------------------------- Foto di E.R. Tavola in bronzo realizzata da Paolo La Motta e donata nel 2018 dalla Fondazione di Comunità San Gennaro Onlus al Rione Sanità grazie al progetto “l’Arte aiuta l’Arte”, a un anno dalla tragica scomparsa di Genny Cesarano. “In-ludere”, cioè giocare contro quel potere che ha spezzato la vita di Genny. Foto di E.R. -------------------------------------------------------------------------------- Gli racconto che episodi simili accadono anche in Ciociaria: un ragazzo di diciannove anni, di nome Thomas, ha perso la vita nel 2023, colpito per errore, vittima di un odio cieco, disgraziato e a quel tempo non “riqualificato”. Fabrizio ascolta e nonostante tutto ha gli occhi pieni di speranza. Racconta che continua a lavorare ogni giorno, e quando può, esce con gli amici, passeggia per il quartiere, ride, beve e scherza. Non sente il bisogno di sentirsi potente attraverso un’arma. “A loro non servono i soldi, hanno le armi. E con quelle, se vogliono, ti fottono i soldi”. Si dice che, in origine, il Rione Sanità fosse una zona cimiteriale. Oggi il legame con la morte resta forte, ma lo è anche quello con la vita. Una vita che don Antonio Loffredo ha cercato di trasmettere ai ragazzi della cooperativa sociale “La Paranza” (nata vent’anni fa per favorire la riscoperta del patrimonio artistico e culturale di Napoli, come la Catacomba di San Gaudioso e le Catacombe di San Gennaro), che oggi, insieme ad altri gruppi attivi nel territorio, gestiscono importanti presidi culturali. -------------------------------------------------------------------------------- Foto di E.R. Alcune opere di Jago. Foto di E.R. -------------------------------------------------------------------------------- Anche Jago, artista e scultore contemporaneo originario della Ciociaria, ha scelto di esporre le sue opere proprio qui, nella chiesa seicentesca di Sant’Aspreno ai Crociferi (il nuovo polo museale del Rione Sanità, oltre alle sculture di Jago ospita alcuni progetti dedicati ai ragazzi del Rione). Il suo gesto è un dono profondo alla città di Napoli, e in particolare a questo quartiere che ama. “La Sanità è un quartiere polarizzante, con un’energia fortissima che può affascinare o respingere – racconta Jago – È una scuola di vita, dove sei costantemente messo alla prova e costretto a riflettere su te stesso e sul mondo”. Di sicuro l’arte in tanti contesti è una delle molte vie per non soccombere alla morte gratuita. E Fabrizio, semplicemente continuando a vivere, lavorare e credere, ce lo insegna. -------------------------------------------------------------------------------- Eleonora Russo vive nella provincia di Frosinone. Psicoterapeuta psicoanalitica e insegnante di scuola primaria, avvia la sua esperienza lavorativa nel 1996, operando a stretto contatto con bambini e adolescenti in diversi contesti educativi e sociali. Grazie all’esperienza dentro situazioni complesse e contesti a rischio, matura una profonda consapevolezza della necessità di una didattica laboratoriale centrata sulla persona e sul gruppo, affinando l’uso di strumenti come l’ascolto, l’osservazione, l’arte e il gioco come leve fondamentali per promuovere crescita e apprendimento. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI ALEX ZANOTELLI: > Un popolo in cammino -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Il rione che non smette di giocare contro proviene da Comune-info.
Roma. Manifestazione in campidoglio per una alternativa popolare al “Modello Giubileo”
In tanti hanno sfidato ieri la calura estiva per dare vita in Campidoglio ad un presidio numeroso e determinato che ha messo la giunta Gualtieri di fronte alle proprie responsabilità di fronte a quelle che ormai troppo spesso vengono liquidate come le “emergenze”, gli “incidenti” e le “disgrazie”. Tante voci […] L'articolo Roma. Manifestazione in campidoglio per una alternativa popolare al “Modello Giubileo” su Contropiano.
L’esplosione a Roma Est, quadrante martoriato. Serve un piano che ridia dignità alla nostra città
Venerdi mattina ci siamo svegliati nel quadrante sud-est di Roma trovandoci davanti un gravissimo incidente. Il culmine di una serie di eventi delle ultime settimane in cui si sono succeduti a un ritmo sorprendente tantissimi incendi. Un’esplosione che ha coinvolto un distributore di GPL che ci ha lasciati senza fiato […] L'articolo L’esplosione a Roma Est, quadrante martoriato. Serve un piano che ridia dignità alla nostra città su Contropiano.
Poveri cristi
NEI PROSSIMI GIORNI VI RACCONTIAMO IL PROGRAMMA COMPLETO E SOPRATTUTTO COME NASCE QUESTA INIZIATIVA, A CUI NE SEGUIRANNO ALTRE IN SETTEMBRE E OTTOBRE. INTANTO SEGNATEVI LA DATA: GIOVEDÌ 26 GIUGNO. INSIEME AD ASCANIO CELESTINI E ALLA COMUNITÀ QUARTICCIOLO (PALESTRA POPOLARE, DOPOSCUOLA, BOTTEGA DI QUARTIERE, POLO CIVICO…) VI ASPETTIAMO. [LA REDAZIONE DI COMUNE] -------------------------------------------------------------------------------- -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Poveri cristi proviene da Comune-info.
È illegale lo stadio a Pietralata, non chi protesta
-------------------------------------------------------------------------------- Una delle foto diffuse dai promotori della protesta contro lo stadio in risposta a chi dice che dove sorgerebbe lo stadio non c’è nulla -------------------------------------------------------------------------------- Lunedì scorso un nutrito gruppo di cittadini del quartiere romano di Pietralata ha manifestato pacificamente contro il tentativo di distruggere il bosco esistente con il pretesto della esecuzione degli scavi archeologici per realizzare lo stadio. Esercitavano un diritto irrinunciabile, quello di dissentire da decisioni che non condividono, e lo hanno fatto in maniera assolutamente pacifica. È la Costituzione repubblicana che riconosce quel diritto. E invece il sindaco Gualtieri e il suo assessore all’Urbanistica hanno avuto una crisi isterica, affermando che impedire l’apertura del cantiere è stato un inaccettabile sopruso, un affronto alla legalità. I cittadini che manifestano sono illegali. Davvero? Davvero credono di convincere tutte le persone che hanno legittimi dubbi sul nuovo stadio accusando altri di illegalità? Purtroppo per loro è vero l’esatto contrario: è lo stadio di Pietralata ad essere illegale. Vediamone i tre aspetti più gravi. Ormai è evidente a tutti che l’area verde esiste ed è in ottima salute. In queste settimane c’è un importante dibattito tra periti nominati dalla Magistratura per chiarire il regime giuridico del bosco stesso e proprio in un momento così delicato con il pretesto degli scavi archeologici si vorrebbe distruggerlo! Questa non è legalità. E’ invece legale difendere l’integrità del bosco come hanno fatto i cittadini di Pietralata. Ma non è il fatto più grave. Era stato infatti annunciato che il progetto definitivo dello stadio (e cioè un livello di progettazione molto dettagliato) sarebbe stato presentato all’opinione pubblica il 21 aprile scorso. Le leggi dello Stato obbligano ad eseguire gli scavi archeologici prima di avviare le fasi progettuali di dettaglio come quella che si voleva presentare ad aprile. Come mai il sindaco e il suo assessore non hanno preteso che la Roma calcio eseguisse gli scavi negli scorsi anni come prescrivono le norme. Perché gli scavi vengono eseguiti oggi quando il progetto è stato completato? Sono illegali duecento manifestanti pacifici o lo è il Comune di Roma che non ha preteso l’esecuzione degli scavi preventivi archeologici? Ma c’è ancora di peggio. Con le regole urbanistiche in vigore dal 2008, la Roma calcio non avrebbe potuto neppure progettare lo stadio perché il luogo prescelto è così piccolo che non c’è lo spazio fisico per costruire i parcheggi indispensabili per un’opera che richiama ogni volta decine di migliaia di automobili. La soluzione è arrivata dal Consiglio comunale poco tempo fa: è stato variato anche l’articolo delle norme tecniche che non consentiva di realizzare lo stadio. I parcheggi da realizzare sono stati ridotti proprio per favorire la realizzazione dello stadio. Una decisione irresponsabile: qual è il problema più avvertito da tutti i romani? La congestione del traffico e la mancanza di aree di parcheggio. Gualtieri e i suoi cari hanno deciso che per costruire uno stadio da 60mila posti non servono parcheggi, perché, sostengono, i tifosi ci andranno in metropolitana. Ripeto, non sono i cittadini ad essere illegali, rivendicano il loro diritto ad avere una città che funziona. Sono da decenni noti i danni che provoca la presenza dello stadio Olimpico nei quartieri del Flaminio e di ponte Milvio. Eppure in quel quadrante urbano esiste una enorme offerta di posti auto nella zona della Farnesina e dei lungotevere. Ciononostante quei quartieri di bloccano quando si giocano le partite di calcio: a Pietralata si creerà una situazione ben peggiore perché non ci sono aree di sosta. A Roma esiste un buon numero di luoghi adatti a realizzare uno stadio in modo veloce e positivo per tutta la città. Pochi giorni fa una importante carica istituzionale, il vicepresidente della Camera dei Deputati, Fabio Rampelli, ha ragionevolmente proposto di abbandonare la folle scelta di Pietralata e di realizzare lo stadio sulle aree pubbliche dell’Università di Tor Vergata. Aree interamente pubbliche servite da un’autostrada, dal Grande raccordo anulare, dalla linea “C” della metropolitana e da una linea tramviaria veloce di prossima realizzazione. Se il buon senso alberga ancora in Campidoglio è venuto il momento di abbandonare la follia di Pietralata. -------------------------------------------------------------------------------- Inviato anche al blog del fattoquotidiano.it -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo È illegale lo stadio a Pietralata, non chi protesta proviene da Comune-info.