Robert Redford, vita di un artista d’impegno civile
È morto Robert Redford, icona del cinema mondiale ma anche uomo attendo ai
diritti umani e alla difesa dell’ambiente, in questo momento di grandi atrocità
abbiamo un motivo in più per rammaricarci.
La giovinezza
Di origini scozzesi e irlandesi nato in California a Santa Monica il 18 agosto
del 1936, Robert Redford crebbe in un quartiere spagnolo con familiari semplici:
suo padre era lattaio e ragioniere, sua madre una casalinga. Robert non ebbe una
brillante carriera scolastica, era un abile sportivo e appassionato di arte.
Un’escursione al parco nazionale di Yosemite gli fece scaturire un amore intenso
per la natura. Quando ebbe diciannove anni perse sua madre a causa di un cancro.
Poco dopo si iscrisse, grazie a una borsa di studio ottenuta per meriti
sportivi, all’Università del Colorado ma non vi rimase e nel 1956 cominciò a
lavorare in un campo petrolifero, decidendo di partire, ottenuti i primi
guadagni, per l’Europa dove si mosse facendo l’autostop. Nel frattempo scoprì
l’intenzione di fare il pittore e lo scenografo e cercò di vivere a Firenze, che
dovette abbandonare deluso perché non riusciva a sbarcare il lunario. Tornato a
Los Angeles, svaniti i sogni per un futuro di grande pittore, si diede all’alcol
ma fortunatamente incontrò Lola Van Wagenen, universitaria diciassettenne sua
vicina di casa che lo aiutò a smettere di bere. Dopo averla sposata nel 1958, si
iscrisse a scuole di arte, scenografia e recitazione, scoprendo le sue
potenzialità di attore. Il suo primo ruolo sul palcoscenico fu quello di Creonte
in una rappresentazione dell’Antigone.
La carriera
Nel 1958 cominciò a lavorare in televisione, ma la popolarità gli arrivò nel
1969 grazie al cinema, con Butch Cassidy di George Hill. Nel 1972 fu
protagonista de “Il candidato”, nel ruolo di un giovane e affascinante avvocato,
che concorre per il Partito Democratico contro un senatore repubblicano, ma la
campagna pubblicitaria lo lascia frustato perché si scopre un prodotto da
vendere. Nel 1974 interpretò Il grande Gatsby, tratto dal romanzo omonimo di
Francis Scott Fittzgerald, nel 1975 il thriller I tre giorni del Condor e nel
1976 Tutti gli uomini del Presidente di Alan J. Pakula, sul famoso scandalo del
Watergate, nella parte, insieme a Dustin Hoffman, di uno dei due coraggiosi
giornalisti investigatori. Il film ottenne vari riconoscimenti e premi
cinematografici, tra cui anche otto candidature agli Oscar del 1977, tra cui
miglior film e miglior regia a Pakula. Come regista, Redford seguì un percorso
artistico che gli valse il riconoscimento di critica e pubblico. Nel 1980 iniziò
“Gente comune” che ottenne critiche molto buone e successo di incassi, e che lo
avrebbe portato a vincere il Premio Oscar al miglior regista. Una carriera da
regista che continuò con 9 titoli la maggior parte di grande successo. Nel 2017
alla Mostra cinematografica di Venezia ricevette il Leone d’oro alla carriera.
Fu anche doppiatore e produttore.
L’impegno ambientale
Ma erano anche altre le cose che Redford giudicava importanti per la sua
carriera di uomo: la democrazia, l’ambiente e in particolare le montagne dello
Utah, cercò di opporsi e dar vita ad alternative all’’industria cinematografica
commerciale che disprezzava. Nel 1977 Redford scrisse un libro di denuncia
sull’espansione statunitense verso ovest, il resoconto del viaggio fatto
dall’attore lungo il percorso dei fuorilegge, tra cui il famoso Butch Cassidy.
Il testo contiene colloqui con anziani ranchers, che sono stati testimoni di
quell’epoca, e numerose fotografie. Combatté con successo contro la costruzione
di una centrale elettrica nello Utah e nel 2013 prese parte come interprete ad
alcuni spot televisivi per l’organizzazione di protezione ambientale Natural
Resources Defense Council, nei quali si chiedeva all’allora presidente Barak
Obama di adottare misure per ridurre le emissioni di gas serra. Sostenne anche
l’azione contro il riscaldamento globale sul suo blog dell’Haffington Post.
Robert Redford fece parte del comitato consultivo dell’organizzazione per la
conservazione marina Sea Sheoherd e produsse la serie di documentari Ocean
Warriors, che mostravano come Sea Shepherd e altre organizzazioni di protezione
ambientale si erano battute per porre fine alla pesca illegale.
L’impegno educativo attraverso il cinema: il Sundance Institute e il Sundance
Film Festival
Redford creò nel 1981, nelle sue proprietà nello Utah con l’amico regista Sydney
Pollack, un importante istituto cinematografico, il Sundance Institute. Il nome
è dovuto a quello del suo personaggio nel film Butch Cassidy, ovvero “Sundance
Kid”. Portò avanti quest’impresa nonostante l’assenza di appoggi. Il suo
istituto sovvenzionò nuove promesse del cinema con spese pagate per 4 settimane,
li fece seguire da professori, fornendo loro materiale tecnico e consulenza di
grandi professionisti. All’istituto fu collegato il celebre Sundance Film
Festival, il più importante del cinema indipendente, dove furono scoperti e
lanciati numerosi registi indipendenti come Quentin Tarantino, Jim Iarmush,
Darren Aronofsky, Christofer Nolan, James Van, Robert Rodriguez, Kevin Smith.
Redford e la democrazia
Robert Redford non ha pensato di scendere in politica, ma è stato un uomo che
non ha mai nascosto i suoi umori verso gli uomini di potere. In particolare nel
2019, in un editoriale pubblicato da Nbcnews durante il primo mandato di Donald
Trump, scriveva riferendosi allo stato di diritto, alla libertà di stampa e di
espressione, al rispetto della verità dei fatti: “Ci troviamo a fare i conti con
una crisi che non ho mai pensato di dover affrontare durante la mia vita:
attacchi in stile dittatore da parte del presidente Donald Trump contro tutto
quello che l’America difende”. È sempre del 2019 sul Washington Post, Redford
attaccava Trump: “È dolorosamente chiaro che abbiamo un presidente che degrada
ogni cosa che tocca, una persona che non capisce, o a cui non importa che il suo
dovere è difendere la democrazia”. Trump, dal canto suo, in questi giorni
appresa la sua morte ha dichiarato alla stampa: “Robert Redford ha avuto una
serie di anni in cui non c’era nessuno migliore di lui, in quel periodo in cui
era il più hot, lo consideravo un grande”. Ed è facile immaginare che, da
“marpione” quale è, lo abbia detto soprattutto per non scontentare i suoi molti
elettori del popolo ai quali Robert Redfort era sempre piaciuto.
Bruna Alasia