“Io brucio, svanisco, divento fumo”: la storia di Parnia, giovane poetessa iraniana uccisa da un attacco aereo israelianoQuesta giovane ragazza è Parnia Abbasi, poetessa, traduttrice, insegnante
iraniana.
Difficilmente ne parleranno sulla nostra stampa di guerra e di propaganda. Non
possono parlarne perché come ogni soldato all’interno di una guerra, devono
eseguire gli ordini che gli vengono impartiti: disumanizzare, demonizzare,
criminalizzare il nemico, far vedere solo le sue storture – come se nella nostra
società non ce ne fossero – nasconderne la bellezza, la dolcezza, l’umanità.
Parnia è una delle 1.481 persone che sono rimaste uccise o ferite in Iran
durante i raid israeliani iniziati venerdì.
Parnia Abbasi rappresentava una nuova voce della poesia iraniana contemporanea,
strappata al mondo per sempre.
Nessuno in televisione vi dirà che l’Iran è un luogo di commovente bellezza,
nessuno vi dirà che l’Iran è colmo di poesia, nessuno vi dirà che la poetica
mistica si fonde con la cultura popolare dell’Iran da oltre mille anni, nessuno
vi dirà che c’è più senso e bellezza in un verso di Parnia che in tutte le
stupide, inutili, irriverenti parole che si spendono nei nostri vuoti dibattiti,
nei nostri quotidiani colmi d’ignoranza, di bestialità, che pretendono di
parlare dell’Iran senza saperne niente.
Nessuno vi dirà che Parnia è una delle migliaia di vittime che verranno
straziate se continuerà la furia brutale di un sistema politico ed economico
globale, sempre più volto alla follia, alla disumanizzazione, alla cancellazione
di tutto ciò che non sia occidentale, una macchina da guerra cieca e furiosa del
tutto incapace di mediazione, di dialogo, di distensione.
Non sentirete mai le parole di Parnia in un telegiornale, le parole di una
stella troppo bella per essere mostrata dalla brutale propaganda bellicista
occidentale.
Dieci giorni prima del suo ventitreesimo compleanno,(13 giugno) Parnia ha
scarabocchiato una poesia su un quaderno di una sua amica, il 16 giugno un
missile israeliano ha centrato il palazzo in cui viveva con la famiglia, nel
quartiere Sattarkhan di Teheran.
Il corpo di Parnia è stato il primo ad essere estratto dalle macerie. Poi quello
del fratello Parham, nato nel 2009, infine quello dei genitori, tutti morti.
Questa la poesia che Parnia aveva scarabocchiato quel giorno:
“Stella spenta,
ho pianto per entrambe
per te
e anche per me.
Tu che le stelle delle mie lacrime
soffi nel firmamento.
Nel tuo mondo,
la libertà della luce
nel mio mondo,
il gioco delle ombre.
Insieme passiamo
e la più bella poesia
da qualche parte
diventa silenzio.
Tu sorgi altrove
e sussurri
il pianto dell’esistenza
ma io ovunque
mi compio
mi consumo
io brucio,
come una stella spenta,
dissolta polvere
nel tuo cielo,
io brucio,
svanisco,
divento stella silenziosa
che si trasforma
in fumo nel tuo cielo”.
Parnia Abbasi 2002-2025
Traduzione dal farsi di Francesco Occhetto
Parte della storia di questa giovane stella è riportata sul quotidiano iraniano
Tehran Times:
“Quelle parole erano state scarabocchiate un tempo su un quaderno. Oggi,
permangono nel ricordo della sua cara amica Maryam, che avrebbe dovuto
incontrarla quella mattina. “Era tutto”, racconta Maryam ad Ham-Mihan,
trattenendo le lacrime. “Una poetessa, un’insegnante, una figlia. Aveva appena
superato l’esame di ammissione nazionale per la laurea in management, ma aveva
rimandato l’iscrizione per mantenere il suo lavoro presso la filiale centrale
della Banca Melli Iran.”
Parnia era istruita, piena di speranza e profondamente impegnata sia nella sua
carriera che nel suo Paese. Aveva studiato traduzione all’Università di Qazvin e
sognava di progredire, di fare di più, di diventare migliore. Tutto questo si è
concluso in un lampo di fuoco e detriti quando il missile ha colpito il loro
condominio nel Complesso Orchidea in via Sattarkhan.
Secondo Maryam, il missile ha colpito il centro dell’edificio. “Ecco perché
l’intera struttura è crollata”, spiega. “Anche altri sono morti. Quella foto –
del materasso rosa macchiato di sangue, con ciocche di capelli di una donna
sopra – era il letto di Parnia.”
Quando le squadre di soccorso hanno iniziato a estrarre i corpi dalle macerie,
quello di Parnia è stato il primo a emergere. Poi è arrivato il fratello minore,
Parham, uno studente nato nel 2009. I loro genitori – il padre, un insegnante in
pensione, e la madre, un’ex dipendente della Bank Melli – sono rimasti sepolti
per ore finché i macchinari pesanti non hanno potuto iniziare gli scavi.
Il quarto blocco dell’edificio contava 10 appartamenti. I piani dal terzo al
quinto sono stati completamente distrutti. “Sembra che tutti gli occupanti di
quegli appartamenti siano spariti”, dice Maryam a bassa voce.
Il silenzio che circonda questa tragedia è assordante. Le leggi internazionali,
tra cui la Convenzione di Ginevra e il Diritto Internazionale Umanitario (DIU),
proteggono esplicitamente il personale medico, i civili e le zone residenziali
dagli attacchi militari. Ma ancora una volta, questi principi sono stati ridotti
in cenere a seguito di un’aggressione indiscriminata.
Ciò che resta è un materasso, qualche ciocca di capelli e le parole di una
giovane donna che una volta scrisse di bruciare e sbiadire, senza sapere quanto
letteralmente i suoi versi avrebbero echeggiato nel silenzio carbonizzato di una
casa distrutta.
La storia di Parnia non è solo una storia di guerra: è una storia di futuri
rubati, di poesie non dette e di vite che non avrebbero mai dovuto concludersi
tra macerie e fuoco.”
Luca Cellini