Tag - poesia

E la chiamano guerra
Una poesia scritta nel 2014 durante l’operazione militare israeliana denominata “Operazione Margine di protezione”(luglio -agosto 2014), dedicata a chi ancora pensa che tutto sia iniziato il 7 ottobre 2023. La chiamano guerra La chiamano guerra questo vomito continuo di morte su Gaza che travolge vite innocenti, persone inermi distruggendo case e famiglie ospedali e ospizi. Uccisioni immediate col fuoco che piove improvviso dal cielo, uccisioni dilazionate per fame e impossibilità di accedere a farmaci e cure. E noi, impotenti, a manifestare ogni giorno, a gridare al massacro nel silenzio complice dei grandi delle nazioni. Non vi lasceremo soli fratelli palestinesi, non vi abbandoneremo fiere madri sorelle spose di un popolo che resiste all’ingiustizia di un’oppressione infinita nel desiderio indomito di una vita normale. (19-20/07/2014) Operazione Margine di protezione, luglio agosto 2014 – Foto Wikimedia Pierpaolo Loi
Da Gaza a Torino. La poesia si fa medium di vissuti contro l’indifferenza
La serata del 28 giugno, alla Fondazione Amendola di Torino dalle 17,30 alle 22,00,  c’erano tanti poeti, tutti  accomunati dal desiderio di non lasciare l’orrore nell’ oblio. L’iniziativa “Azione Mondiale di poesia per Gaza”, promossa nell’ambito del World Poetry Movement è stata curata  da Immacolata Schiena con la partecipazione di diversi gruppi culturali torinesi e di  Yousef Salman, delegato della Mezza Luna Rossa Palestinese, che ha portato la testimonianza diretta della popolazione civile di Gaza. Tra  i tanti interventi, quello di  Anna Rabufo, insegnante torinese , da due anni comunica con Arwa, ventinovenne di Gaza. Anna e Arwa  si conoscono per lavoro prima del 7 ottobre 2023 e poi continuano a scriversi e consolidano un’amicizia che diventa un ponte tra il nostro mondo e quello  stravolto dalla guerra. Un legame che parla di paura, rabbia, dolore ma anche di un estremo desiderio di normalità.  Le parole di Arwa diventano fonte di ispirazione per Gabriella Mancini, collega di Anna Rabufo e poetessa, che si fa tramite di quel  vissuto  e lo porta sul palco condividendolo con i presenti. In un rarissimo istante di accesso alla rete wi-fi, Arwa  riesce a essere ‘virtualmente’ a Torino e ad ascoltare pezzi di lei attraverso i versi di: ‘ Andarsene’.   POESIA:  Andarsene È uno strappo nel corpo. Una lacerazione profonda. Quel che nasce non è un figlio. Non è la vita. È un urlo atavico. Un grido muto È morire mentre ancora si respira. Sopra di me il cielo ringhia, sputa bava funesta, falcia via anche la paura. Si,la paura. Quella che ti mangia le budella. Quella che ti anestetizza dalla fame e dalla sete. Quella che ti abita addosso. Ogni secondo di paura è un secondo di vita in più. Di polvere sono cosparsa,ne sono pieni i miei vestiti, la mia lingua,i miei occhi. I giorni sono secoli . Scorrono senza scorrere. Sopravvivo, non vivo. Mi giro e guardo Rafah,la mia città. La guardo implodere tra colonne di fumo. Con lei mi implode il cuore, mi implodono i pensieri, implode tutta me . Assediata,occupata,invasa,mangiata, svuotata e vomitata. Così mi sento mentre una sola frase mi tuona e mi perfora da giorni le tempie. Cosa mi porto via? Le scarpe,il peluche al bordo del letto, i vestiti, una scatola di fagioli,il riso, il sapone…cosa prendo? I muri della mia casa sono  pezzi di storia. Di risate,pianti, odori e sguardi ne sono ricolme le crepe. Si può forse portar via tutto questo? No. Una cosa però la afferro e la incollo al sudore della pelle. La foto di mio padre. Quella neanche la morte me la  strapperà via. Restano le domande come scariche di fuoco. Dove vado? Chi sono? Cosa sono? Onestamente… Ho dimenticato che volto abbia una giornata normale. Ho dimenticato cosa significhi sentirsi al sicuro. Ho dimenticato la sensazione di una pancia piena. Ho dimenticato le forme sane del mio corpo. Ho dimenticato il profumo della frutta,della carne, del pane appena sfornato. Ho dimenticato la bellezza della quotidianità. Di una passeggiata con le amiche, sotto il sole, con il vento che accarezza il volto  e la  passione negli occhi. Passione per un amore, per un progetto, per un sogno da realizzare. Passioni …da  rincorrere e poi afferrare. Ho imparato ad avere il vuoto negli occhi, nella pancia, nella mente, nel cuore. Ho imparato che la malattia può essere di tutti e per tutti i giorni dell’ anno. Ho imparato a non affezionarmi più a nulla. Perché il nulla è quello che mi resta. Sto mentendo, qualcosa ancora si muove in me. Mi sfarfalla  dentro come un feto ai primi mesi. È un ultimo grammo di speranza. Quello che mi fa urlare ciò che non voglio scordare. Quello che non voglio che gli altri scordino: Arwa. Il mio nome.   Gabriella Mancini Redazione Torino
Mer 09/07 – Cena benefit “sanitari per Gaza” + reading poesie + Electric Storm
Programma: – Ore 20 : Cena benefit con SANITARI PER GAZA – Ore 21: Reading di poesia con MATT SEDILLO ( Los Angeles ) autore di ” LOOK WHAT I DID ABOUT YOUR SILENCE” LORIS FERRI ( Pesaro) EDOARDO OLMI ( Firenze ) – Ore 22 BAJAK live set Experimental noise blues rock da Firenze – Ore 23 XAYDE Live set Industrial noise electropunk da Pontedera + vj set di LAD Iniziamo alle ore 21.00 con un un reading poetico che vedrà la partecipazione di MATT SEDILLO con LORIS FERRI e EDOARDO OLMI. Successivamente, in occasione dell’uscita della nuova artzine firmata LIKEADESIGN dal titolo ELECTRIC STORM, sarà la volta di una presentazione sperimentale che vedrà alternarsi sul palco il duo industrial noise electro punk XAYDE, accompagnato per l’occasione dal vj set di LAD e il noise blues rock della band BAJAK. ————————————————————————————————————————– BIO: – MATT SEDILLO Matt Sedillo è stato definito il “miglior poeta politico d’America” e “il poeta laureato della lotta”. La sua opera è stata paragonata, sulla stampa, a quella di Bertolt Brecht, Roque Dalton, Amiri Baraka, Allen Ginsberg, Carl Sandburg e diverse altre del passato. Sedillo ha ricevuto il Joe Hill Labor Poetry Award nel 2017, è stato membro della giuria del Texas Book Festival nel 2020, ha partecipato al San Francisco International Poetry Festival nel 2012, all’Elba Poetry Festival nel 2022 e ha ricevuto il Dante’s Laurel nel 2022. Sedillo è apparso su CSPAN ed è apparso sul Los Angeles Times, su Axios e sull’Associated Press, tra le altre pubblicazioni. Sedillo ha parlato alla Casa de las Americas a L’Avana, Cuba, in numerose conferenze e forum come quelli dell’Associazione degli Scrittori e dei Programmi di Scrittura, la Conferenza Nazionale su Razza ed Etnia nell’Istruzione Superiore Americana, la National Association of Chicana/Chicano Studies, il Left Forum, l’US Social Forum e in oltre cento università e college, tra cui l’Università di Cambridge, tra molti altri. Matt Sedillo è autore di “Mowing Leaves of Grass” (FlowerSong Press, 2019) e “City on the Second Floor” (FlowerSong Press, 2022). Entrambi i libri sono insegnati in università in tutto il paese. Sedillo è l’attuale direttore letterario del Mexican Cultural Institute di Los Angeles. https://www.mattsedillopoetry.com/ – LIKEADESIGN LIKE A DESIGN è il progetto di Francesca Giannetti, che da diversi anni crea quadri poster e collage digitali usando distorsione di immagini e filtri colorati e applicando la computer grafica come se fosse un disegno, usando l’ispirazione piu che la tecnica. Like A Design ha partecipato ad esposizioni, sia personali che collettive, creato una linea di t-shirt e recentemente pubblicato la sua prima fanzine autoprodotta, Electric Storm. https://www.facebook.com/likeadesign https://www.instagram.com/likeadesign?igsh=OGp5OTcycXd4dHE= – XAYDE Xayde è l’ennesima evoluzione del gioco musicale del duo Dario Arrighi e Sara K.O. Fontana; partito come trio nella band elettro-antifolk Chocodrama, decide di ricrearsi solo strumentalmente (o quasi) e diventa Progetto No Name dai suoni industrial-noise/elettracustici dove le creazioni sono basate sull’improvvisazione. Dopo svariate collaborazioni con vari artisti quali danzatori, performer e musicisti decidono di tornare alla forma canzone. La band è dunque il risultato evolutivo ma anche decadente di tutto ciò che c’è stato fino ad ora nel duo di musicisti; in questo progetto si vogliono esplorare senza tabù i protagonisti delle storie cantate interpretandoli, stereotipandoli abbracciandone gli archetipi portandoli agli estremi della parte che non si vuol vedere. I protagonisti di queste storie sono disperati, piegati a leggi scritte e non scritte della nostra società. https://www.facebook.com/share/1A6QJ1zAg3/https://www.instagram.com/xaydeband?igsh=MXhpOHZ3ZmdpZnE5OQ== – BAJAK Bajak è un progetto di Simone Vassallo / Lampreda (batteria, percussioni, cassa armonica fai-da-te) e Nanang / Pala Wuni (cordofoni fai-da-te, flauto, cassa armonica, steel drum, vox). Il cuore di questo lavoro collaborativo nasce dalla sperimentazione su uno strumento autocostruito. Bajak significa pirati e aratro. Bajak passa dalla cerimonia trance degli outsider indonesiani alla scena noise rock. È lofi, economico, crudo, selvaggio ma allo stesso tempo introspettivo. https://www.instagram.com/bajak_music?igsh=dW03YzQ5YTNoczBs
“Io brucio, svanisco, divento fumo”: la storia di Parnia, giovane poetessa iraniana uccisa da un attacco aereo israeliano
Questa giovane ragazza è Parnia Abbasi, poetessa, traduttrice, insegnante iraniana. Difficilmente ne parleranno sulla nostra stampa di guerra e di propaganda. Non possono parlarne perché come ogni soldato all’interno di una guerra, devono eseguire gli ordini che gli vengono impartiti: disumanizzare, demonizzare, criminalizzare il nemico, far vedere solo le sue storture – come se nella nostra società non ce ne fossero – nasconderne la bellezza, la dolcezza, l’umanità. Parnia è una delle 1.481 persone che sono rimaste uccise o ferite in Iran durante i raid israeliani iniziati venerdì. Parnia Abbasi rappresentava una nuova voce della poesia iraniana contemporanea, strappata al mondo per sempre. Nessuno in televisione vi dirà che l’Iran è un luogo di commovente bellezza, nessuno vi dirà che l’Iran è colmo di poesia, nessuno vi dirà che la poetica mistica si fonde con la cultura popolare dell’Iran da oltre mille anni, nessuno vi dirà che c’è più senso e bellezza in un verso di Parnia che in tutte le stupide, inutili, irriverenti parole che si spendono nei nostri vuoti dibattiti, nei nostri quotidiani colmi d’ignoranza, di bestialità, che pretendono di parlare dell’Iran senza saperne niente. Nessuno vi dirà che Parnia è una delle migliaia di vittime che verranno straziate se continuerà la furia brutale di un sistema politico ed economico globale, sempre più volto alla follia, alla disumanizzazione, alla cancellazione di tutto ciò che non sia occidentale, una macchina da guerra cieca e furiosa del tutto incapace di mediazione, di dialogo, di distensione. Non sentirete mai le parole di Parnia in un telegiornale, le parole di una stella troppo bella per essere mostrata dalla brutale propaganda bellicista occidentale. Dieci giorni prima del suo ventitreesimo compleanno,(13 giugno) Parnia ha scarabocchiato una poesia su un quaderno di una sua amica, il 16 giugno un missile israeliano ha centrato il palazzo in cui viveva con la famiglia, nel quartiere Sattarkhan di Teheran. Il corpo di Parnia è stato il primo ad essere estratto dalle macerie. Poi quello del fratello Parham, nato nel 2009, infine quello dei genitori, tutti morti. Questa la poesia che Parnia aveva scarabocchiato quel giorno: “Stella spenta, ho pianto per entrambe per te e anche per me. Tu che le stelle delle mie lacrime soffi nel firmamento. Nel tuo mondo, la libertà della luce nel mio mondo, il gioco delle ombre. Insieme passiamo e la più bella poesia da qualche parte diventa silenzio. Tu sorgi altrove e sussurri il pianto dell’esistenza ma io ovunque mi compio mi consumo io brucio, come una stella spenta, dissolta polvere nel tuo cielo, io brucio, svanisco, divento stella silenziosa che si trasforma in fumo nel tuo cielo”. Parnia Abbasi 2002-2025 Traduzione dal farsi di Francesco Occhetto Parte della storia di questa giovane stella è riportata sul quotidiano iraniano Tehran Times: “Quelle parole erano state scarabocchiate un tempo su un quaderno. Oggi, permangono nel ricordo della sua cara amica Maryam, che avrebbe dovuto incontrarla quella mattina. “Era tutto”, racconta Maryam ad Ham-Mihan, trattenendo le lacrime. “Una poetessa, un’insegnante, una figlia. Aveva appena superato l’esame di ammissione nazionale per la laurea in management, ma aveva rimandato l’iscrizione per mantenere il suo lavoro presso la filiale centrale della Banca Melli Iran.” Parnia era istruita, piena di speranza e profondamente impegnata sia nella sua carriera che nel suo Paese. Aveva studiato traduzione all’Università di Qazvin e sognava di progredire, di fare di più, di diventare migliore. Tutto questo si è concluso in un lampo di fuoco e detriti quando il missile ha colpito il loro condominio nel Complesso Orchidea in via Sattarkhan. Secondo Maryam, il missile ha colpito il centro dell’edificio. “Ecco perché l’intera struttura è crollata”, spiega. “Anche altri sono morti. Quella foto – del materasso rosa macchiato di sangue, con ciocche di capelli di una donna sopra – era il letto di Parnia.” Quando le squadre di soccorso hanno iniziato a estrarre i corpi dalle macerie, quello di Parnia è stato il primo a emergere. Poi è arrivato il fratello minore, Parham, uno studente nato nel 2009. I loro genitori – il padre, un insegnante in pensione, e la madre, un’ex dipendente della Bank Melli – sono rimasti sepolti per ore finché i macchinari pesanti non hanno potuto iniziare gli scavi. Il quarto blocco dell’edificio contava 10 appartamenti. I piani dal terzo al quinto sono stati completamente distrutti. “Sembra che tutti gli occupanti di quegli appartamenti siano spariti”, dice Maryam a bassa voce. Il silenzio che circonda questa tragedia è assordante. Le leggi internazionali, tra cui la Convenzione di Ginevra e il Diritto Internazionale Umanitario (DIU), proteggono esplicitamente il personale medico, i civili e le zone residenziali dagli attacchi militari. Ma ancora una volta, questi principi sono stati ridotti in cenere a seguito di un’aggressione indiscriminata. Ciò che resta è un materasso, qualche ciocca di capelli e le parole di una giovane donna che una volta scrisse di bruciare e sbiadire, senza sapere quanto letteralmente i suoi versi avrebbero echeggiato nel silenzio carbonizzato di una casa distrutta. La storia di Parnia non è solo una storia di guerra: è una storia di futuri rubati, di poesie non dette e di vite che non avrebbero mai dovuto concludersi tra macerie e fuoco.” Luca Cellini
Nuova azione a Milano contro il genocidio. Questa volta sarà quotidiana
Chi è della mia generazione ricorda la trasmissione “Portobello” condotta da Enzo Tortora. Ogni settimana, a inizio trasmissione, si presentava una persona diversa che cercava di far parlare un pappagallo e fargli dire “Portobello”. Avevano un paio di minuti a disposizione, nessuno ci riusciva. Tutto veniva rimandato alla settimana seguente. Così siamo noi da venti mesi a questa parte: ogni settimana si sfila per strada, si inventano iniziative, si lanciano nuovi flash mob, presidi, gazebo, si promuove una nuova campagna, si rimbalza da un’iniziativa locale ad una nazionale, si va sotto un consolato, a un incontro, una conferenza, un’assemblea, una proiezione, si scrive un articolo. Un lenzuolo, una bandiera, una luce accesa, una luce spenta, una fiaccolata, un concerto in piazza. E il tutto mentre siamo immersi in gruppi, chat, incollati al telefono dalla mattina alla sera: si rimbalzano messaggi, brevi video, raccolte firme, si guarda, si ascolta, si scrive, si legge… E poi si condividono viaggi in auto, pullman, treno, aereo. NULLA si muove: il genocidio prosegue, come se non esistessero milioni di persone che si muovono, come se non esistessimo. I poteri, ovunque, reprimono, manganellano o allargano le braccia (e non sappiamo cosa sia peggio). E come direbbe Camilleri: “Ecco ora il carico da 11!” L’Iran.  Ancor di più ci aggiriamo come ubriachi, pugili suonati che hanno un grido dentro, pugni stretti, lacrime silenziose. Così da lunedì 16 giugno parte un’altra iniziativa a Milano, nel suo cuore: piazza Duomo. Chi potrà che venga dalle 18.30 alle 19.30 con un suo cartello in mano o appeso. Portate “Un verso poetico”, perché solo questo può racchiudere in pochissime parole tutta la tragicità, la rabbia, il dolore, la sete di giustizia che ci scoppia dentro. Ogni giorno, ogni giorno, ogni giorno. Andremo avanti. Con la speranza di crescere, di trasformare lo stucchevole cuore dello shopping in un cuore pulsante energia e vita, contro la morte. E se qualcuno volesse replicarlo? Siano benvenuti e benvenute, no copyright, anzi. Per spiegare chi lancia quest’iniziativa, ecco di seguito i link ad alcuni dei tanti flash mob che abbiamo organizzato negli ultimi mesi: https://www.pressenza.com/it/2024/05/milano-emozionante-flash-mob-per-il-cessate-il-fuoco-video/ https://www.pressenza.com/it/2024/05/flash-mob-a-milano-uno-striscione-nella-galleria-piu-famosa-ditalia-video/ https://www.pressenza.com/it/2024/11/milano-flash-mob-per-dire-no-alla-guerra-alla-malasanita-allingiustizia-video/ https://www.pressenza.com/it/2025/01/diciamo-basta-ancora-e-ancora-ma-fino-a-quando-video/ https://www.pressenza.com/it/2024/07/flashmob-per-il-cessate-il-fuoco-spieghiamo-meglio-cosa-e-successo-venerdi-a-milano/ https://www.pressenza.com/it/2024/06/ennesimo-flash-mob-a-milano-per-il-cessate-il-fuoco/ https://www.pressenza.com/it/2024/06/flash-mob-per-la-palestina-un-contagio-virtuoso/ https://www.pressenza.com/it/2025/05/e-se-per-la-palestina-si-facesse-uno-sciopero-generale-magari-europeo-video/ https://www.pressenza.com/it/2025/03/milano-nuovo-flash-mob-contro-i-massacri-a-gaza/ https://www.pressenza.com/it/2025/05/un-video-sulla-gaza-fashion-week-a-milano/ https://www.pressenza.com/it/2025/05/gaza-e-se-continuassimo-a-battere-le-pentole-testimonianze-in-video/       Andrea De Lotto
Anch’io canto l’Italia – l’attualità delle poesie di Rahma Nur
Nata a Mogadiscio nel 1963 e arrivata in Italia a soli cinque anni, Rahma è diventata cittadina italiana dopo vent’anni di attesa e dal 1992 è maestra in una scuola primaria statale italiana di Pomezia, attivista e pensatrice. Pubblicato da Astarte Edizioni, “I, too, sing Italia” è una raccolta poetica che intreccia l’esperienza personale dell’autrice – donna nera in Italia, figlia della diaspora somala, (dis-)abile – con temi universali di identità, memoria e resistenza. Con voce intensa e profondamente radicata, il libro invita a riflettere sul significato dell’appartenere e su come possiamo ripensare i territori come spazi capaci di celebrare le soggettività plurali che li abitano. Come spiega l’autrice nell’Introduzione, questa raccolta parla di cosa significa essere italian3 oggi, di come la lingua e la narrazione possano diventare strumenti per affermare se stess3 e partecipare a un’esperienza di lotta condivisa: “Non si può rimanere inattivi, non si può rimanere in silenzio, bisogna agire e manifestare – anche il proprio dissenso, se necessario – davanti alle ingiustizie e alle discriminazioni, e lottare. Nel mio piccolo cerco di raccontare questo tempo, questa nazione in cui mi sono formata e sono diventata la persona di oggi.” Spiegando il titolo, prosegue: “I, too, sing Italia è più di un titolo – è un’affermazione. Canto quest’Italia con tutte le sue contraddizioni, con la sua bellezza e le sue sfide, con la mia pelle scura e i miei capelli ricci. La canto attraverso le mie esperienze di donna, madre, insegnante e poeta” che si legano tra di loro in “labirintiche intersezioni.” È un’affermazione che risuona con forza a pochi giorni dal referendum sulla cittadinanza – ignorato sistematicamente dal servizio pubblico, dalla televisione e dai mass media – in cui siamo chiamat3 a decidere se vogliamo allineare l’Italia agli standard europei, riducendo da 10 a 5 gli anni di residenza legale necessari per richiedere la cittadinanza. Un referendum che riguarda migliaia di persone che abitano, lavorano e studiano nel nostro Paese, ma che, paradossalmente, non hanno diritto a esprimere il proprio voto. Non si tratta solo di una questione tecnica: questo referendum è uno specchio che riflette – per usare le parole di Rahma – quale Paese vogliamo cantare e affermare insieme nel futuro. Carmen della Porta Redazione Toscana