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MIGRANTI: SEI MILITARI A PROCESSO PER IL NAUFRAGIO DI CUTRO. L’ACCUSA È DI NAUFRAGIO COLPOSO E OMICIDIO COLPOSO PLURIMO
Sono stati rinviati a giudizio i sei militari, quattro della Guardia di finanza e due della Guardia costiera, indagati per il naufragio del barcone a Steccato di Cutro, in cui, la notte del 26 febbraio del 2023, morirono 94 migranti, 35 dei quali minorenni e diversi dispersi. Il prossimo 14 gennaio, quando inizierà il processo di primo grado che dovrà accertare le eventuali responsabilità di sei militari italiani per il tragico affondamento del caicco Summer Love a Steccato, ai militari vengono contestati i reati di naufragio colposo e omicidio colposo plurimo in relazione alla mancata attivazione del Sar, il Piano per la ricerca ed il salvataggio in mare. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto, Laura Marmorale, presidente di Mediterranea Saving Human. Ascolta o scarica.
Oggi a Crotone terza udienza Processo di Cutro
Riceviamo a pubblichiamo dalla Rete 26 Febbraio Oggi Lunedì 9 giugno presso il Tribunale di Crotone ci sarà la terza udienza, dopo il 12 e il 26 maggio, del procedimento per la strage avvenuta all’alba del 26 febbraio 2023 a Steccato di Cutro che vede imputati 6 militari, 4 della guardia di finanza e 2 della guardia costiera con l’accusa di naufragio e omicidio colposo plurimo. Circa 130 sono state le richieste di costituzione di parte civile depositate, tra cui molte associazioni ed enti, oltre a superstiti e parenti degli scomparsi. Il 26 febbraio del 2023, a circa una cinquantina di metri dalla riva di Steccato di Cutro, persero la vita tantissime persone provenienti da Palestina, Siria, Turchia, Tunisia, Iran, Somalia ed un gran numero di persone provenienti dall’Afghanistan che viaggiavano sul caicco Summer Love. Finora 94 sono stati i morti accertati, tra cui 35 minori e almeno altri venti dispersi i cui corpi non sono stati ritrovati, anche se è difficile determinare con esattezza il numero dei dispersi. La presenza in mare del caicco che viaggiava, con molta difficoltà carico di persone, era stata già rilevata e dunque nota alle Autorità competenti, ma nessuno intervenne, neanche alle successive richieste di aiuto. I giorni a seguire furono un susseguirsi di parenti che arrivavano da Europa ma anche da Stati Uniti e altri paesi ma anche di informazioni non corrette e segnalazioni e richieste delle associazioni alle Autorità. E lacrime e dolore, corpi che vagavano alla ricerca di risposte e tracce. Nulla potrà mai descrivere quei giorni che si trascinavano, con disperazione, all’interno del Palamilone allestito per accogliere le bare e lungo la spiaggia di Steccato di Cutro dove per centinaia di metri erano esplosi frammenti di vita e di morte. Il 9 marzo 2023, oltre 40 associazioni della società civile italiana ed europea presentarono un esposto collettivo alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Crotone per chiedere verità sul naufragio, per l’accertamento dei fatti, per aver colposamente qualificato una situazione di pericolo in mare come evento di immigrazione illegale senza aver considerato gli obblighi di tutela della vita umana in mare derivanti dal diritto internazionale e implementati nella legislazione nazionale. Da allora, familiari e superstiti e le associazioni che si costituirono nella Rete 26 Febbraio, tutte e tutti testimoni di una tra le più grandi stragi alle frontiere, chiediamo verità e giustizia. Verità e giustizia per i morti, per i dispersi, per i superstiti, per i familiari che non possono neanche venire a visitare i luoghi di sepoltura. Per tutte le stragi, anche sconosciute, per le politiche di frontiera, in mare, in terra, ai confini. A seguito dell’udienza del 26 maggio, 25 associazioni sono state escluse anche come richiesto dai difensori degli imputati nel procedimento. Sono state invece ammesse, le ONG e tutte e tutti i superstiti e i familiari delle persone scomparse. Nonostante l’esclusione dal processo della costituzione di parte anche delle associazioni che operano per i diritti delle e dei cittadini stranieri e per la verità e giustizia per tutti i morti durante la migrazione a causa delle politiche di frontiera, in mare e in terra, continueremo a seguire il processo, a pretendere che sia restituita verità anche attraverso l’accertamento delle responsabilità di coloro che hanno consentito che l’ennesima strage si compisse. Continueremo a chiedere giustizia e ad essere accanto a familiari e superstiti e ai loro avvocati, anche durante il processo. Pur consapevoli che il processo in corso non potrà restituire le tante vite perse e i sogni infranti, abbandonati e lasciati affogare a pochi metri dalla riva, né risarcire il dolore dei superstiti dispersi in terra o la violenza per l’assenza di risposte e la violazione del lutto, riteniamo importante l’ammissione al processo di superstiti e familiari, così come l’ammissione delle ONG. Noi come Rete, cammineremo con loro e accanto a loro, mai un passo avanti o dietro, perché la loro richiesta di verità e di giustizia l’abbiamo fatta nostra a partire dal 26 febbraio 2023. Saremo fuori dai tribunali anche per chi non c’è più o non può esserci, con le nostre voci perché l’oblio non sia una possibilità. E, riprendendo il Documento conclusivo del recente Convegno di Crotone per il secondo anniversario della strage di Cutro, continueremo a portare all’attenzione delle istituzioni, locali e nazionali, le questioni necessarie e urgenti, perché quello che è successo a Cutro e nelle altre stragi, possa non accadere più. La strage di Cutro, non la prima e purtroppo neanche l’ultima, costituisce l’ennesima ferita. Non abbiamo dimenticato, non dimenticheremo, non smetteremo di parlarne. Per chi ce l’ha fatta, per chi non ce l’ha fatta, per i familiari, per noi. Redazione Italia
Processo per il naufragio a Cutro
Riceviamo e pubblichiamo dalla Rete 26 Febbraio Processo naufragio Cutro, indegno dietro front della Regione Calabria: un tradimento per le 94 vittime Quello che è accaduto in questi giorni alla Regione Calabria è molto più di una gaffe amministrativa: è un’ammissione sconcertante di impreparazione, un inchino politico e morale al potere centrale, un tradimento istituzionale nei confronti delle 94 vittime del naufragio di Cutro. Dapprima, la decisione – in apparenza coraggiosa – di costituirsi parte civile nel processo sui mancati soccorsi al caicco carico di migranti, il cui naufragio, avvenuto il 26 febbraio 2023 a Steccato di Cutro, ha causato 94 morti accertati, tra cui 35 minori, ed almeno altri venti dispersi. Un annuncio fatto in pompa magna dalla giunta regionale calabrese. Poi, lunedì sera – dopo aver presentato la costituzione di parte civile all’udienza svolta in mattinata al Tribunale di Crotone – il clamoroso passo indietro: “Non sapevamo che gli imputati fossero sei militari italiani”. Così recita, incredibilmente, la nota ufficiale della Regione Calabria. Un’ammissione di ignoranza che, se non fosse tragica, sarebbe grottesca. Alla giunta Occhiuto, pare, nessuno sa. Nessuno si informa. O forse è peggio: fingono di non sapere. Così, invece di ammettere di essere stati presi per le orecchie da qualche ministro o sottosegretario, la Regione Calabria – dopo aver pagato l’avvocato con soldi pubblici per preparare l’istanza e depositarla – preferisce la figuraccia: passare per ignorante e maldestra, oltre che giuridicamente incompetente. I processi ai cosiddetti “scafisti” per i fatti di Steccato di Cutro – lo sa chiunque abbia seguito la vicenda – si sono conclusi tra il 2024 e l’inizio del 2025. La stessa Regione Calabria era parte civile in quelle cause, ottenendo anche risarcimenti. Eppure oggi, con gli imputati in divisa, cambia tutto. Perché? Semplice: i sindacati delle forze dell’ordine hanno protestato, e da Roma è arrivato il diktat. A confermare l’intervento diretto del ministro Salvini è stato lo stesso sindacato USIM (Unione Sindacale Italiana Marina), che ha esultato per il ritiro della Regione, definendolo un risultato “ottenuto grazie all’intervento del ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti”. Sconcertante. Un fatto che conferma come Occhiuto sia nelle mani di Salvini e non possa agire in autonomia. La costituzione di parte civile nel processo per i presunti mancati soccorsi poteva essere un atto politico forte. Forte perché, per una volta, si aveva la possibilità di mettersi dalla parte dei più deboli, delle vittime e di chi non ha voce, per cercare la verità su quanto accaduto. Invece, non siamo di fronte solo a un dietrofront: siamo davanti a un’umiliazione della legalità, della coerenza, della dignità istituzionale. Un atto di sudditanza politica che getta una luce sinistra sulle scelte del centrodestra in Calabria: forte con i deboli e pavido con i potenti. La Regione Calabria ha mostrato il volto peggiore delle istituzioni: quello ipocrita, opaco, pavido. Anche i Comuni di Crotone e di Cutro hanno evitato di costituirsi parte civile per una vicenda che ha toccato da vicino le due comunità. In questo processo, le istituzioni avevano l’occasione di mettersi dalla parte delle vittime, di chi ha sofferto e di chi porterà i segni per tutta la vita. A distanza di oltre due anni dalla strage di Cutro, chi rappresenta il popolo calabrese avrebbe potuto affermare un principio di giustizia e verità. Ha scelto invece di piegarsi al volere politico del governo nazionale. Un altro schiaffo alle vittime, alle loro famiglie, alla Calabria che non dimentica. Redazione Italia