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TURCHIA: CHIESTI DUEMILA ANNI DI CARCERE PER IL SINDACO DI ISTANBUL IMAMOGLU
Il procuratore capo di Istanbul, Akın Gürlek, ha chiesto una condanna di 2.352 di carcere per il sindaco di Istanbul e leader del Chp Ekrem Imamoglu. 142 i capi d’accusa contestati dalla Procura della città sul Bosforo a quello che in teoria dovrebbe essere il principale sfidante di Erdogan alle prossime elezioni presidenziali. Secondo le quattromila pagine prodotte dalla Procura di Istanbul, Imamoglu sarebbe “fondatore e leader” di un’organizzazione criminale che avrebbe provocato perdite per lo Stato per circa 3,8 miliardi di dollari in un decennio. Nell’inchiesta sono coinvolti 402 sospettati e 105 persone che sono già detenute. Le accuse nei loro confronti sono, tra le altre, corruzione, tangenti, frode, manipolazione di appalti pubblici, riciclaggio e direzione di organizzazione criminale. Ekrem Imamoglu è stato rieletto sindaco di Istanbul nel 2024. Esponente del chemalista Chp, è considerato il principale sfidante dell’attuale presidente turco Erdogan per le prossime elezioni presidenziali, fissate per il 2028. Akın Gürlek, il procuratore capo di Istanbul che chiede 2.352 anni di carcere per Imamoglu, è un personaggio a dir poco controverso, legato a doppio filo con il regime dell’Akp di Erdogan e dei suoi alleati dell’Mhp. Prima della nomina a Procuratore capo della megalopoli, è stato vice-ministro della Giustizia. In passato, ha firmato alcune decisioni molto discusse contro l’ex parlamentare e co-presidente dell’Hdp curdo-turco (oggi Partito Dem) Selahattin Demirtas, il giornalista in esilio Can Dündar e i membri del movimento “Accademici per la pace”. Sulla vicenda, ai microfoni di Radio Onda d’Urto è intervenuto il giornalista Murat Cinar. Ascolta o scarica.
La formazione di un vero “garante”
Agostino Ghiglia, uno dei quattro componenti del Collegio del Garante per la privacy, era stato avvistato in via della Scrofa, davanti alla sede del partito di Giorgia Meloni. Dopo la pubblicazione dei video che lo ritraevano,  Italo Bocchino ha ammesso di averlo incontrato, ma giura di aver parlato con lui […] L'articolo La formazione di un vero “garante” su Contropiano.
Condannato Jorge Troccoli, il torturatore uruguayano rifugiatosi in Italia
Si chiude in tribunale una delle molte pagine che ha coinvolto l’Italia nel famigerato “Piano Condor”. Jorge Néstor Troccoli, ex ufficiale dell’esercito uruguaiano, è stato condannato in Italia martedì all’ergastolo per la sua responsabilità nell’omicidio e nella scomparsa di tre persone durante la dittatura militare in Uruguay nel quadro del Piano […] L'articolo Condannato Jorge Troccoli, il torturatore uruguayano rifugiatosi in Italia su Contropiano.
Repubblica Bolivariana del Venezuela condanna la nuova offensiva israeliana contro il Libano
La Repubblica Bolivariana del Venezuela ha condannato venerdì gli attentati compiuti dallo Stato di Israele contro la Repubblica libanese, in una dichiarazione condivisa sui social media dal ministro degli Esteri venezuelano Yván Gil. “Questi attacchi costituiscono un’aggressione illegale e ingiustificata, che viola tutte le norme di convivenza, la Carta delle Nazioni Unite, il diritto internazionale e i principi fondamentali della sovranità statale. Questa è già una pratica comune da parte dell’entità sionista, che sta agendo con rabbia in un contesto di crescente perdita di credibilità”, si legge nel messaggio. Il memorandum diplomatico affermava inoltre che questa offensiva rappresenta una strategia di Tel Aviv per indebolire gli sforzi internazionali volti a stabilizzare l’Asia occidentale, nonché gli sforzi del governo libanese, guidato dal presidente Joseph Aoun, che sta lavorando per rafforzare la sovranità del Libano a beneficio del suo popolo. Di conseguenza, il governo nazionale ha ribadito la sua solidarietà e il suo sostegno al popolo libanese, alle sue istituzioni e al governo in questione, oltre a sottolineare il suo fermo impegno per la pace, la sovranità e la difesa del diritto internazionale, nell’ambito della Diplomazia di Pace Bolivariana. “La storia delle nazioni si scrive a lettere di luce in momenti cruciali come questi”, si legge nella dichiarazione. VTV Redazione Italia
Brasile. Condannato l’ex presidente Bolsonaro, gli USA minacciano ritorsioni
L’ex presidente brasiliano Jair Bolsonaro è stato condannato ieri per il tentato colpo di Stato dell’8 gennaio 2023, quando migliaia di bolsonaristi – una settimana dopo l’insediamento di Lula – presero d’assalto le sedi dei tre rami del governo. Con 4 voti contro 1, cinque giudici hanno deciso di condannare il leader dell’estrema destra brasiliana, accusato di […] L'articolo Brasile. Condannato l’ex presidente Bolsonaro, gli USA minacciano ritorsioni su Contropiano.
Grave attacco alle organizzazioni sindacali del TPL di Napoli
All’Unione Sindacale di Base e altri sindacati presenti nell’azienda di trasporto locale Anm di Napoli è arrivata una multa di 40mila euro da parte della Commissione di Garanzia. Le accuse riguardano un presunto “sciopero  bianco” da parte dei lavoratori dell’Anm nei giorni 28 e 29 marzo che portò a una […] L'articolo Grave attacco alle organizzazioni sindacali del TPL di Napoli su Contropiano.
Colombia, storica sentenza di condanna: 12 anni per l’ex presidente Uribe
La sentenza della giudice Heredia apre una nuova fase nella storia della Colombia, perché per la prima volta l’ex presidente Álvaro Uribe Vélez è stato condannato nell’ambito di un procedimento sulle relazioni tra la politica e il paramilitarismo. Lo scorso lunedì 28 luglio, per oltre 10 ore, la giudice Sandra Heredia ha letto in diretta nazionale circa la metà delle oltre duemila pagine della sentenza. Prima di entrare nel merito della sentenza, aveva dichiarato: «La giustizia non si inginocchia davanti al potere». Ieri, venerdì 1 agosto, è stata resa nota, con effetto immediato, l’entità della condanna: 12 anni di arresti domiciliari, multa di 3.444 milioni di pesos (all’incirca 700mila euro) e interdizioni ai pubblici uffici per 8 anni e 3 mesi. Fin dalla mattina del giorno della sentenza, davanti al Tribunale di Paloquemao erano presenti sia simpatizzanti dell’ex presidente ed esponenti politici di estrema destra (tra cui l’ex vicepresidente dei due governi di Uribe e l’ex ministro della difesa del governo Duque), sia persone che invece denunciavano le responsabilità dell’ex presidente chiedendo verità e giustizia. * * I simpatizzanti dell’ex presidente di estrema destra portavano maschere con la faccia di Uribe e cartelli e bandiere con su scritto “Uribe innocente”, mentre dall’altra parte del Tribunale attivisti per i diritti umani chiedevano condanna e carcere per l’ex-presidente. Secondo quanto appreso dalle testimonianze dei presenti, vi sono stati diversi episodi violenti da parte dei militanti di estrema destra, che hanno portato ad un arresto per aggressione ai danni di giornalisti e attivisti per i diritti umani. * * * * Intanto sia davanti al Tribunale, che nelle zone limitrofe e in altri luoghi simbolo di Bogotá si sono tenuti presidi, mobilitazioni e cucine comunitarie per chiedere verità, giustizia e carcere per l’ex presidente. Poco distante, si è tenuto durante l’intera giornata il “Processo popolare contro Uribe”, una assemblea pubblica in piazza, dove è stato poi dipinto un immenso murales che dice: “Uribe colpevole”. La stessa frase che comincia a circolare sulle reti sociali e che diventa il titolo dei giornali poche ore dopo. * * La vicenda politica e giudiziaria che ha portato a questa sentenza è molto lunga e rappresenta una importante vittoria dei movimenti sociali e per i diritti umani che per decenni hanno denunciato le relazioni tra politica e paramilitarismo e i crimini di Stato. L’attuale procedimento nasce da una denuncia che lo stesso Uribe ha portato avanti contro il senatore Iván Cepeda Castro, figlio di Manuel Cepeda Castro, dirigente del Partito Comunista assassinato dai paramilitari nel 1994. Dopo la morte del padre, Cepeda è stato fondatore e portavoce del Movimento delle Vittime dei Crimini di Stato, e dopo essere stato costretto due volte all’esilio, oggi è una figura fondamentale e importante riferimento della lotta contro il paramilitarismo e il terrorismo di Stato in Colombia. * * * * * Dopo un intervento al Congresso, nel 2012, nell’ambito di un dibattito di controllo politico, in cui Iván Cepeda ha denunciato le relazioni tra paramilitarismo e politica, la cosiddetta “parapolitica”, Álvaro Uribe Vélez lo ha denunciato: proprio durante quel procedimento, terminato con una assoluzione nel 2018, sono stati riscontrati i tentativi di manipolazione delle testimonianze portati avanti da persone di fiducia dell’ex presidente, motivo per cui è stato aperto un nuovo processo giudiziario che ha portato questa settimana alla condanna in primo grado. Secondo quanto emerso dal processo, l’avvocato Diego Cadena, per conto di Uribe, ha visitato diverse carceri per fare pressione sugli ex paramilitari implicati nel procedimento, che avevano rilasciato dichiarazioni sulle relazioni tra l’ex presidente e le organizzazioni paramilitari, al fine di cambiare le loro testimonianze. Così, alla fine, è stato proprio Iván Cepeda a portare a processo Uribe, per il tentativo di manipolazione delle testimonianze dei due ex-paramilitari Carlos Vélez e Juan Guillermo Monsalve, testimoni nell’ambito delle indagini sul “Bloque Metro de las Autodefensas”, formazione paramilitare che, secondo diverse testimonianze, aveva legami stretti con Uribe. Dopo la sentenza, si è atteso fino a venerdì per sapere l’entità della condanna e la modalità di detenzione per l’ex-presidente, il primo della storia colombiana a essere condannato penalmente. Dopo l’annuncio dell’entità della condanna, immediatamente esecutiva per il rischio di fuga dell’ex presidente, di tre anni superiore alla richiesta dei pm (che avevano chiesto 9 anni), la destra in Colombia ha annunciato mobilitazioni il prossimo 7 agosto in difesa di Uribe. A un anno dalle elezioni presidenziali, questa sentenza storica dimostra ancora una volta le complicità dei governi di estrema destra con il paramilitarismo; pochi mesi fa, infatti, la scoperta delle fosse comuni alla Escombrera della Comuna 13 a Medellín, e prima ancora, il riconoscimento da parte della Giustizia Speciale per la Pace dei cosiddetti “falsos positivos”, con 6402 vittime accertate, ha fatto luce sulla sparizione di migliaia di giovani dei quartieri popolari, che dopo essere stati sequestrati sono stati sistematicamente uccisi dalle forze militari tra il 2002 e il 2008, durante i governi di Uribe, e poi presentati alla stampa come guerriglieri caduti in combattimento. Ma la grande sconfitta politica dell’ex presidente e del suo modello politico, prima ancora della condanna di ieri, e prima ancora della vittoria elettorale del progressismo nel 2022, va fatta risalire alle lotte dei movimenti sociali, delle vittime del conflitto e delle organizzazioni per i diritti umani, e soprattutto alle proteste sociali di massa tra il 2019 e il 2021: risuonano ancora gli slogan scritti sui muri, sulle magliette e nelle strade, cantati da migliaia di manifestanti durante le proteste, gli scioperi e le rivolte popolari contro il governo Duque, che più di ogni altro ha rappresentato la continuità dell’uribismo al governo, che dalle strade hanno sfidato il potere: «Questo non è un governo, sono i paramilitari al potere», e «Uribe, paraco [paramilitare, ndr] il popolo è arrabbiato». > Mentre la destra difende Uribe e parla di «persecuzione politica», le > organizzazioni dei diritti umani e le sinistre chiedono che si indaghi a fondo > per far emergere tutta la verità sulle relazioni e le complicità dei governi > di estrema destra con il paramilitarismo. Le posizioni dei partiti di destra in difesa di Uribe è sostenuta anche dalla gravissima ingerenza da parte del governo degli Stati Uniti, con il segretario di Stato Marco Rubio che è intervenuto in difesa di Uribe poche ore dopo la sentenza, in quella che il presidente Petro ha immediatamente qualificato come una intromissione nella sovranità nazionale. Anche il senatore Iván Cepeda Castro e diverse organizzazioni per i diritti umani hanno denunciato l’ingerenza degli Stati Uniti, sollecitando garanzie per difendere l’indipendenza dei giudici in Colombia, ed evitare condizionamenti rispetto al secondo grado di giudizio. All’uscita dal tribunale, Iván Cepeda ha dichiarato: «Oggi è una giornata in cui dobbiamo riconoscere il ruolo della giustizia come garante della democrazia e come forma efficace di controllo dei politici più potenti e dei loro crimini. Nel nostro caso, con questa sentenza, è stata stabilita la verità sul tenebroso apparato diretto da Uribe Vélez e composto da numerosi falsi testimoni che hanno cercato di ingannare la giustizia. Dopo tredici anni e un lungo processo, in cui sono state offerte tutte le garanzie processuali all’ex presidente, è stato condannato in primo grado». Oggi con la persistenza, nonostante anni di esilio e minacce, Cepeda ha vinto la sua causa, che è anche la causa di tanti e tante in Colombia. > Conclude così il senatore Iván Cepeda: «Oggi non solamente viene reso onore > alla nostra dignità, ma anche a quella di tantissime vittime in Colombia. Oggi > questa sentenza giusta la dedichiamo anche alle madri di quei giovani che sono > stati desaparecidos, torturati e gettati nelle fosse comuni o presentati ai > media come falsos positivos» Una sentenza che mette fine all’impunità e apre il cammino verso la ricerca della verità e della giustizia per i decenni di violenza e massacri di Stato in Colombia, per le relazioni tra politica e paramilitarismo nel periodo della “sicurezza democratica”, nome della dottrina applicata durante i due governi del Centro Democratico guidati da Álvaro Uribe Vélez. Un processo che segna, in modo assolutamente significativo, lo scenario elettorale verso le presidenziali da qui al prossimo anno, in cui la destre puntano a tornare al potere, mentre il progressismo punterà a ripetere la vittoria elettorale, con l’obiettivo di migliorare le elezioni al Congresso. In attesa della prossima definizione, ad ottobre, dei candidati delle diverse coalizioni, questa storica condanna inaugura sicuramente una nuova tappa dello scenario politico nel paese. E potrebbe non essere l’ultima. Tutte le immagini sono di Sebastián Bolaños Pérez, fotografo e collaboratore di Dinamopress, dal tribunale di Paloquemao, lunedì 28 luglio 2025, Bogotá SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Colombia, storica sentenza di condanna: 12 anni per l’ex presidente Uribe proviene da DINAMOpress.
Mozione di condanna governo israeliano del Collegio Dottorato Scienze Relazioni Umane UNIBA
PUBBLICHIAMO VOLENTIERI LA MOZIONE DI CONDANNA NEI CONFRONTI DELLE AZIONI DEL GOVERNO ISRAELIANO CONTRO LA POPOLAZIONE PALESTINESE E CONTRO I DISSIDENTI E GLI OBIETTORI ISRAELIANI GIUNTA ALL’OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ DA PARTE DEL COLLEGIO DEL CORSO DI DOTTORATO IN SCIENZE DELLE RELAZIONI UMANE (16/06/2025), UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BARI “ALDO MORO”, NELLA SPERANZA CHE ALTRI DIPARTIMENTI, COLLEGI E UNIVERSITÀ POSSANO PRENDERE POSIZIONE SUL GENOCIDIO IN ATTO IN PALESTINA. Considerate le incessanti azioni criminali del governo israeliano contro la popolazione palestinese e la mobilitazione internazionale e locale, in continuità con quanto espresso dal Consiglio Didattico di Filosofia e Scienze Filosofiche dell’Università del Salento, viene approvata e sottoscritta la seguente mozione. Il Collegio del Corso di Dottorato in Scienze delle Relazioni Umane esprime la più ferma condanna per le gravissime violazioni dei diritti umani e del diritto internazionale umanitario da parte dello Stato di Israele nei confronti del popolo palestinese, degli abitanti della Striscia di Gaza e della Cisgiordania. Si tratta di violazioni ampiamente documentate da autorevoli fonti nazionali e internazionali indipendenti. Secondo un report di OCHA (aggiornato a inizio aprile 2025), da ottobre 2023 a Gaza sono quasi 60 mila i morti, oltre 115 mila i feriti; più di 2 milioni gli sfollati. Secondo una stima pubblicata su “The Lancet”, i morti sarebbero 70 mila, con un impatto particolarmente devastante su donne e bambini: le Nazioni Unite riportano circa 14.000 bambini uccisi, mentre altre fonti ne indicano fino a 18.000, e ancora oltre 25.000 feriti e più di 25.000 orfani. Oltre il 90% della popolazione è sfollata e il blocco degli aiuti, in vigore dal marzo 2025, priva milioni di persone di cibo, acqua potabile, cure mediche e condizioni igienico-sanitarie essenziali. Il Collegio è cosciente che tale mozione possa subire distorsioni e manipolazioni. Tuttavia, crede che, in questo momento, sia preferibile correre questo rischio anziché rimanere in silenzio e non prendere posizione contro tale barbarie perdurante e immane tragedia. Va detto con chiarezza che il Collegio intende fermamente sottrarsi alla trappola dell’odio e a ogni espressione di antisemitismo, e rifiuta recisamente l’utilizzo di questa accusa come strumento di impunità per lo sterminio in atto a Gaza e in Cisgiordania. Il Collegio si unisce voci critiche che a livello internazionale, nelle varie comunità tanto israeliane e ebraiche quanto arabe e islamiche, sostengono le ragioni del cessate il fuoco e della fine di ogni attività criminale ai danni della popolazione palestinese. Il Collegio si unisce a tutte le voci nazionali e internazionali, di qualsivoglia appartenenza, nazionalità, religione, che condannano lo sterminio, appellandosi al rispetto dei diritti umani all’esistenza, a una vita dignitosa, a un’adeguata alimentazione, alle cure sanitarie, all’istruzione. Il Collegio intende altresì evidenziare la propria contrarietà a ogni forma di violenza, in quanto fa proprio e ribadisce il principio costituzionale del rifiuto della guerra come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, oltre al principio di rifiuto di ogni forma di colonialismo. Di fronte a questa catastrofe umanitaria provocata dal governo israeliano, la nostra comunità, fondata sui valori di rispetto dei diritti umani, solidarietà e responsabilità etica, si unisce a tutte le voci che chiedono con urgenza: – la cessazione immediata delle ostilità e un cessate il fuoco duraturo, anche per garantire la liberazione di tutti gli ostaggi; – la riapertura sicura e stabile dei corridoi umanitari; – il sostegno morale e politico agli obiettori di coscienza, renitenti alla leva, disertori, attiviste nonviolente israeliani e palestinesi che rifiutano ogni complicità, da ambo i lati, al massacro e all’occupazione; – il pieno ripristino e il rispetto del diritto internazionale umanitario e delle deliberazioni ONU, a partire dal Parere della Corte Internazionale di Giustizia del 19 luglio 2024, ovvero l’obbligo per lo Stato ebraico di smantellare le colonie e ritirare le proprie truppe dai Territori Occupati, a tutela della popolazione civile e del diritto all’autodeterminazione del popolo palestinese; – l’adempimento, da parte di tutte le Istituzioni italiane, delle indicazioni rese dalla Corte Internazionale di Giustizia il 19 luglio 2024 e fatte proprie dall’Assemblea Generale ONU nel settembre 2024, nel pieno rispetto dell’articolo 11 della nostra Costituzione; – l’impegno dei governi coinvolti a intraprendere, con determinazione, la via diplomatica per una pace giusta e duratura, che porti alla fine della colonizzazione e dunque alla liberazione e autodeterminazione del popolo palestinese e alla ricerca di soluzioni condivise e pacifiche; – l’adozione nei confronti dei colleghi palestinesi di misure di accoglienza analoghe a quelle rivolte ai colleghi ucraini nel 2022, quando il Ministero aprì delle posizioni per visiting professor dedicate a chi proveniva da quel paese in guerra; – infine, si chiede che, volendo preservare i rapporti scientifici e culturali con il popolo israeliano, nel caso di eventuali collaborazioni con istituzioni accademiche israeliane si abbia estrema cura nell’assicurarsi che i nostri interlocutori abbiano esplicitamente preso le distanze dal mancato rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale da parte del governo israeliano. A nome del Collegio del Corso di Dottorato in Scienze delle Relazioni Umane, con voto unanime. Deliberato in data 16 giugno 2025
Congratulazioni per il rinnovo dell’incarico e condanna per le sanzioni USA a Francesca Albanese
L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha avuto il piacere di ospitare in un suo Convegno a Bari il 20 gennaio 2025 la relatrice speciale dell’ONU per il territorio palestinese occupato, dott.ssa Francesca Albanese, la quale ha illustrato ai/alle circa 170 docenti presenti la grave situazione che vive la popolazione palestinese sia a Gaza sia in Cisgiordania (clicca qui per il l’intervento video di Francesca Albanese). Abbiamo apprezzato in quella occasione il suo intervento accorato e condotto in punto di diritto internazionale. Abbiamo avviato a partire da quell’incontro numerosi progetti nelle scuole per leggere e approfondire il testo J’accuse, in cui vengono messi in fila tutti i crimini perpetrati ai danni della popolazione palestinese. Abbiamo voluto approfondire il tema dei diritti umani violati con la prof.ssa Roberta De Monticelli, che a quel libro aveva apposto una sua Postfazione, invitandola al nostro Convegno nazionale del 16 maggio presso lo SPINTIME a Roma. Per tutti questi motivi ci conforta sapere che l’ONU ha confermato a Francesca Albanese per altri tre anni l’incarico di relatrice speciale per il territorio palestinese occupato e ci auguriamo che la sua esperienza possa ancora illuminarci sulla situazione a Gaza, come fatto nell’ultimo report, che invitiamo a leggere nel pdf in calce. Al tempo stesso, l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università esprime la totale solidarietà nei confronti di Francesca Albanese per gli attacchi lanciati dagli USA e da Trump, che cercano di intimidire la giurista attraverso sanzioni ad personam, un unicum nella storia. La nostra vicinanza alla dott.ssa Albanese la esprimiamo anche per la macchina del fango avviata da Israele, che, attraverso inserzioni a pagamento su Google, lancia pagine diffamatorie. La nostra condanna nei confronti di queste iniziative intimidatorie per un lavoro puntuale di cui abbiamo bisogno è totale. Non possiamo, dunque, che accogliere con favore la proposta di candidare Francesca Albanese per il Premio Nobel per la pace e per questo sosteniamo la raccolta firme lanciata su Change.org da firmatari molto vicini all’Osservatorio (clicca qui per firmare la petizione online). Scarica qui il l’ultimo report di Francesca Albanese sul territorio palestinese occupato. Rapporto-Francesca-Albanese-defDownload Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Un giorno queste dichiarazioni saranno le prove dell’annientamento programmato di un popolo
Un giorno, nei libri sul genocidio, qualche manuale di storia, qualche documentario, verranno riportate queste parole. Saranno annotate come disumane, trascritte con orrore. Qualcuno domanderà: com’è stato possibile? Altri si chiederanno: ma mentre tutto questo accadeva, li lasciavano parlare? E agire? Ecco, sono state dette. Ecco, sono state ascoltate. Qui, […] L'articolo Un giorno queste dichiarazioni saranno le prove dell’annientamento programmato di un popolo su Contropiano.