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La causa contro Trump per il supporto alla “bomba” Mozambique LNG. Il ruolo dell’Italia.
Articolo pubblicato su Altreconomia, 22 luglio 2025 Diverse organizzazioni internazionali hanno promosso un ricorso negli Usa contro l’amministrazione statunitense per aver concesso garanzie da 4,7 miliardi di dollari al contestato progetto fossile della multinazionale TotalEnergies, coinvolta nella vicenda del “massacro dei container”. Anche l’Italia ha un ruolo chiave nel supporto pubblico del sito estrattivo di gas con SACE e Cassa depositi e prestiti. Le organizzazioni Friends of the Earth Stati Uniti e Justiça Ambiental/Friends of the Earth Mozambico, rappresentate da EarthRights International, il 15 luglio scorso hanno intentato dinanzi al tribunale federale per il Distretto di Columbia, Washington D.C., una causa per contestare l’illegittima approvazione da parte dell’agenzia di credito all’esportazione statunitense Export-Import Bank (Exim) di un finanziamento di 4,7 miliardi di dollari per il progetto Mozambique LNG, in capo alla multinazionale francese TotalEnergies. Il progetto ha causato lo sfollamento di migliaia di persone dalla penisola di Afungi, a Cabo Delgado, nel Nord del Paese africano, ed è stato teatro di presunte violazioni dei diritti umani, consumatesi in un contesto segnato da un ormai annoso conflitto che causato più di 4mila vittime, e avrà gravi ripercussioni sull’ambiente e il clima. Eppure, come si legge nel ricorso, Exim ha confermato in fretta e furia lo stanziamento della somma senza condurre le necessarie analisi socio-ambientali né la valutazione economica, così come non c’è stato nessun controllo da parte del Congresso degli Stati Uniti. L’agenzia di credito Usa non ha poi rispettato la sua stessa carta fondante e le leggi federali, creando così un pericoloso precedente per le decisioni future. Nel febbraio 2025 il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha nominato il consiglio di amministrazione di Exim senza il consenso del Senato. Solo poche settimane dopo, a marzo, il Cda “ad interim” dell’agenzia, costituito in modo improprio, ha annunciato l’approvazione finale dell’ingente prestito, in fase di stand-by dal 2021. Lo ha fatto nonostante il conflitto armato in corso e la connessa crisi umanitaria, e a dispetto del fatto che TotalEnergies avesse invocato la forza maggiore più di quattro anni fa, interrompendo le operazioni di costruzione del mega-progetto. L’impianto per l’estrazione e la liquefazione di gas della multinazionale francese è stato oggetto di un’inchiesta giornalistica pubblicata a settembre del 2024 da Politico, in cui è emerso che tra giugno e luglio del 2021 un gruppo di militari dell’esercito mozambicano -all’epoca supportato finanziariamente e materialmente da TotalEnergies- avrebbe commesso violenze configurabili come crimini di guerra proprio mentre difendeva il sito di Mozambique LNG: è il cossiddetto “massacro dei container”. Nell’indagine giornalistica si evidenziava come TotalEnergies potesse essere a conoscenza di questi possibili crimini di guerra e, secondo un’inchiesta pubblicata successivamente da Le Monde e Source Material, fosse anche a conoscenza della condotta violenta dell’esercito mozambicano nei confronti della popolazione civile ben prima dei fatti di giugno e luglio 2021, grazie ad alcuni documenti ottenuti da ReCommon tramite una richiesta di accesso agli atti rivolta a Cassa depositi e prestiti. I lavori per la costruzione del progetto sono stati interrotti per causa di forza maggiore ad aprile 2021 e sono tuttora inattivi. Proprio per fare luce sulle violazioni dei diritti umani configurabili come potenziali crimini di guerra, il 17 luglio 2025 i capi locali -leader tradizionali- di Palma, Cabo Delgado e di 15 villaggi circostanti, con il supporto di 66 organizzazioni internazionali tra cui ReCommon, hanno formalmente richiesto all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (Ohchr) di avviare un’indagine indipendente su quanto accaduto tra giugno e luglio del 2021 in prossimità del sito di Mozambique LNG. In merito all’accennato coinvolgimento italiano, vale la pena ricordare che lo scorso gennaio, in risposta all’interpellanza urgente sulla questione presentata dal deputato Angelo Bonelli e firmata da altri nove deputate e deputati di Alleanza verdi e sinistra, il Governo Meloni aveva confermato che l’agenzia di credito all’esportazione italiana SACE e Cassa depositi e prestiti (Cdp), due istituzioni finanziarie dello Stato, sosterranno finanziariamente Mozambique LNG. Una decisione presa nel silenzio più totale già a gennaio del 2024, senza aver svolto ulteriori valutazioni di natura ambientale e, soprattutto, sociale, dopo quelle del giugno 2017. I punti in comune con il caso di Exim sono tanti ma in questo caso è stata l’Italia a fare da apripista, gettando le basi per un soccorso “da destra” a TotalEnergies. Ecco dunque i frutti della “relazione privilegiata” tra la presidente del Consiglio Giorgia Meloni e Donald Trump: finanziamenti a bombe sociali e climatiche, maggiore import di gas liquefatto in sprezzo alla povertà economica ed energetica di milioni di cittadini italiani, aumento della spesa a favore degli armamenti e tagli al welfare. Luca Manes, ReCommon
Energia: paghiamo di più rispetto all’Europa a causa dei costi di rete, degli oneri e delle imposte
Il 2024 è stato caratterizzato, anche per il settore della vendita del gas, dalla fine del Servizio di tutela gas per i clienti domestici non vulnerabili che dal 1° gennaio 2024 sono transitati nel mercato libero. Mercato libero che resta più costoso rispetto a quello riservato ai clienti vulnerabili, con un prezzo finale medio pari a 114,9 c€/m³ contro i circa 100 c€/m³. E anche per quanto riguarda l’elettricità, il mercato libero presenta nuovamente valori superiori al servizio di maggior tutela, per tutte le classi di consumo. Al 1° gennaio 2025, il prezzo dell’energia elettrica per un consumatore domestico (vulnerabile) residente in maggior tutela, con consumi annui di 2.000 kWh e 3 kW di potenza, è pari a 28,21 c€/kWh al netto delle imposte e a 31,28 c€/kWh al lordo delle imposte, mentre per il Servizio a tutele graduali questi valori sono pari a 22,33 c€/kWh e 24,81 c€/kWh. A certificarlo sono i dati presenti nella Relazione annuale dell’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente – ARERA.  La fine dei servizi di Tutela nei settori dell’elettricità e del gas per i clienti non vulnerabili ed esauritisi quasi tutti gli effetti degli interventi governativi a sostegno delle famiglie in difficoltà economiche per compensare i forti aumenti delle bollette registrati nel 2022, la “povertà energetica” sta piegando molte famiglie. Nel confronto con i principali Paesi di riferimento, i prezzi più alti si confermano quelli pagati dalle famiglie tedesche (41,13 c€/kWh), seguite da quelle italiane (35,70 c€/kWh), francesi (28,03 c€/kWh) e spagnole (26,26 c€/kWh). Stessa classifica per i prezzi netti, cioè senza oneri e imposte, che in Italia risultano del 14% superiori alla media dell’Area euro (25,92 c€/kWh vs 22,73 c€/kWh). “I prezzi finali pagati dalle famiglie italiane, precisa l’ARERA, continuano a essere penalizzati dalle componenti di oneri, imposte e tasse il cui incremento del 28% ha annullato le riduzioni registrate dalla componente energia e dai costi di rete. Nel confronto internazionale, la componente fiscale italiana risulta essere la più elevata, superiore a quella della Francia (+51%), della Spagna (+36%), e della media dell’Area euro (+18%)”. Per quanto riguarda i prezzi dei clienti non domestici, nel 2024, i prezzi dell’energia elettrica hanno mostrato una discesa, di diversa intensità in quasi tutti i Paesi europei, con una contrazione del 14% per la media dell’Area euro che ha visto oscillazioni tra il -2,7% della Germania e il – 20,2% della Francia. Anche il prezzo lordo, comprensivo di oneri e tasse, pagato dalle imprese italiane è diminuito passando da 28,9 a 26,52 c€/kWh (-8,3%). “Tuttavia, annota l’ARERA, l’Italia ha nuovamente perso competitività rispetto alla maggior parte degli altri Paesi europei (+ del 24% rispetto alla media dell’Area euro) principalmente a causa dell’aumento della componente relativa a oneri, imposte e tasse (+15%), passata da 8,5 c€/kWh nel 2023 a 9,8 c€/kWh nel 2024. Questa componente rappresenta oggi la più elevata tra i Paesi analizzati con un +134% rispetto alla Francia e +65% rispetto alla media dell’Area euro”. La Relazione dell’Autorità si occupa anche di monitorare la qualità dei servizi erogati dalle imprese: per quanto riguarda il rispetto degli indicatori della qualità commerciale dei servizi di vendita del settore elettrico, lo scorso anno le imprese hanno ricevuto 298.690 reclami scritti e gli indennizzi automatici per il mancato rispetto degli standard sono stati prevalentemente erogati per ritardi nei reclami scritti. In totale, sono stati corrisposti indennizzi per oltre 1,1 milioni di euro nel 2024 per lo più destinati a clienti domestici nel mercato libero. Nel 2024, sono stati ricevuti invece 202.784 reclami scritti da parte delle imprese di vendita del gas, in aumento rispetto all’anno precedente (19,5%), con l’83,3% proveniente da clienti domestici nel mercato libero. Gli indennizzi riconosciuti sono stati 21.134 e la maggior parte dei quali per il mancato rispetto dei tempi di risposta ai reclami scritti, con un totale di oltre 922.000 euro erogati. Per quanto riguarda il servizio di conciliazione vi sono state 34.564 domande (+6% rispetto al 2023) ed è stata di circa 21 milioni di euro la “compensation”, ossia il corrispettivo economico ottenuto dai clienti o utenti finali mediante l’accordo di conciliazione (sotto forma di valore recuperato anche rispetto al valore della controversia oppure di rimborsi, indennizzi, ricalcolo di fatturazioni errate, rinuncia a spese e interessi moratori ecc.). “La Relazione annuale di ARERA al Parlamento, ha sottolineato Federconsumatori, rivela un quadro in cui permangono forti criticità e squilibri, su tutti i fronti. Con l’abbandono del mercato tutelato è emerso, come avevamo previsto, che questa scelta non solo non ha prodotto vantaggi concreti per i consumatori, ma al contrario ha alimentato abusi, pratiche commerciali scorrette e disparità tra aziende e cittadini, con le prime che continuano a far valere il loro strapotere sugli utenti, spesso non sufficientemente informati. Per questo riteniamo fondamentale rafforzare i sostegni alle famiglie, a partire dal potenziamento dei bonus sociali e dalla lotta alla povertà energetica, che rischia di avere una portata che va ben oltre i dati ufficiali. È necessario, inoltre, mettere in atto la promessa ma mai attuata riforma degli oneri di sistema. Per garantire una maggiore correttezza delle tariffe e arginare l’impatto dei fenomeni speculativi è indispensabile, poi, tornare a parlare del disaccoppiamento del prezzo dell’energia elettrica”. Qui per scaricare la Relazione: https://www.arera.it/chi-siamo/relazione-annuale/relazione-annuale-2025,   Giovanni Caprio
San Giovanni sarà il patrono dell’ambiente? Due belle notizie del 24 giugno
Ravenna, 24 giugno 2025 – Nel giorno di San Giovanni dell’anno 2025, due bellissime notizie hanno squarciato  con un lampo di luce i tempi bui in cui stiamo vivendo. Partiamo da quella che riguarda direttamente Ravenna: l’associazione ambientalista Greepeace ha compiuto un pacifico e nonviolento assalto al rigassificatore al largo della costa di Punta Marina, riportando sulle prime pagine il tema che noi cerchiamo instancabilmente di far vivere da anni, cioè il fatto che il gas è fra le principali fonti di riscaldamento del pianeta e di  distruzione ambientale, e in più è del tutto inutile il continuo rafforzamento delle strutture dedicate, dal momento che il consumo nel nostro Paese sta diminuendo costantemente ormai da alcuni anni. Se anche fosse stata vera (e non lo era) la “fase di emergenza” dichiarata tre anni fa, continuare ora a buttare soldi, energie, tempo, salute  e beni ambientali in quel pozzo senza fondo che è il profitto del sistema fossile, è un’assurdità. Ringraziamo Greenpeace per l’azione di ieri, e dichiariamo tutto il nostro appoggio ad ogni iniziativa che l’associazione deciderà di produrre in futuro nel nostro territorio. La seconda bella notizia, a ben vedere strettamente collegata alla prima, viene dall’ Abruzzo, ma riguarda anche noi. E’ relativa al fatto che in Regione Abruzzo è stata approvata  una risoluzione presentata dal Pd (incredibile ma vero !) in cui si dice un secco NO alla realizzazione del gasdotto Snam “Linea Adriatica”, che dalla Puglia, passando per la provincia dell’Aquila, arriva in Emilia Romagna: la Commissione Ambiente del Consiglio regionale abruzzese, infatti, ha emesso all’unanimità una risoluzione presentata dal consigliere di opposizione, il dem Pierpaolo Pietrucci, nella quale  impegna i vertici dell’Esecutivo regionale a “sostenere in tutte le sedi istituzionali, la posizione di assoluta contrarietà della Regione Abruzzo al progetto”. Come tutte e tutti sanno, si tratta del faraonico gasdotto che dovrebbe portare il gas proveniente da sud est  lungo la costa orientale dell’ Italia e lungo la dorsale appenninica, passare per le Romagne, incluso il territorio ravennate e terminare nel bolognese. A questo punto le probabilità che l’opera non venga mai completata e non entri mai in funzione si fanno tutt’altro che trascurabili. Il problema è che i lavori di costruzione sono già in fase avanzata, hanno già prodotto enormi devastazioni nei territori interessati, hanno già succhiato i soldi dei cittadini. Anche a Ravenna, il gasdotto ha sventrato campagne, abbattuto frutteti, lesionato strade, creato disagi alla mobilità. Per non dire di quali e quante emissioni climalteranti e inquinanti tali lavori hanno prodotto. Chi risarcirà e chi verrà risarcito, qualora tutto finisse in nulla ? Peggio, se invece i lavori saranno portati a termine, e poi la struttura sarà ampiamente sottoutilizzata, visto l’andamento dei consumi di gas, a chi chiederemo il conto ? Al Governo Meloni, certo. Ma anche ai governi precedenti. Ed anche alle istituzioni regionali e locali, che – contrariamente a quanto accade nella Regione Abruzzo – hanno caldeggiato e sostenuto convintamente l’opera, con Bonaccini e De Pascale in testa al coro che continua ad auspicare il potenziamento di tutto ciò che è gas. Ci sarebbe da aggiungere che in realtà, una terza bella notizia viene anche dal Veneto, dove è stato bocciato l’inceneritore di ENI Rewind, contro il quale il nostro movimento si batte da tempo. Insomma, anche l’onnipotente ENI e le sue propaggini, qualche volta, sono costrette a trovare qualche bastone fra le ruote e qualche volta inciampano. Dovrebbe servire di lezione a tante e tanti, persone, aziende, istituzioni, sindaci, amministratori, politici di vario grado. Anche perché, aggiungiamo, con i venti di guerra sempre più prepotenti e sempre più generalizzati, essere uno snodo delle strutture fossile, come ci hanno costretto a diventare, ci rende fra i bersagli primari di ogni tipo di azione bellica. Uscire dal fossile è possibile, è necessario, è urgente. Dichiarare subito e senza equivoci che bisogna farlo, e iniziare a scrivere il percorso per farlo, lo è altrettanto. Speriamo che San Giovanni porti fortuna, lo indicheremo come patrono dell’ambiente.                             Coordinamento ravennate “Per il Clima – Fuori dal Fossile” Redazione Romagna
Assemblea degli azionisti, ReCommon chiede a SNAM di uscire dal business del gas in Israele
Milano, 14 maggio 2025 – ReCommon è intervenuta per la prima volta all’assemblea degli azionisti di Snam in qualità di “azionista critico” per chiedere alla dirigenza della società di cessare le sue controverse relazioni con società private israeliane. Dal dicembre 2021, infatti, Snam controlla il 25% della East Mediterranean Gas Company (EMG), la società proprietaria del gasdotto Arish-Ashkelon che collega Israele con l’Egitto. Si tratta di un gasdotto di 90 chilometri che dal 2020 viene utilizzato da Israele per esportare verso l’Egitto il gas estratto nei giacimenti offshore di Tamar e Leviathan, gas che poi l’Egitto utilizza o rivende su altri mercati. Tra gli azionisti di EMG, oltre a Snam c’è la società EMED Pipeline BV, partecipata da: 25% EMED Pipeline Holding Limited (detenuta al 100% da NewMed Energy); 25% Chevron Cyprus Limited; 50% Sphinx EG BV (detenuta al 100% da East Gas Company S.A.E.). NewMed Energy (prima denominata Delek Drilling) è parte del gruppo Delek e una delle aziende attive oltre che nelle estrazioni offshore, anche nei territori occupati palestinesi.Secondo i dati forniti dalla stessa Snam, l’utile pro-quota Snam generato dalla partecipazione in EMG dal 2023 al Q1 2025 è pari a 18 milioni di euro. Precedentemente, nell’ottobre del 2020, Snam aveva firmato tre memorandum of understanding con le società isrealiane Delek Drilling e Dan sul gas naturale liquefatto (LNG) per il trasporto pubblico; con Dan per lo sviluppo di progetti di mobilità verde e con la start-up H2Pro nella ricerca sull’idrogeno. Abbiamo fatto a Snam delle richieste molto concrete: vendere le quote di partecipazione nella società EMG; recedere da qualsiasi contratto e/o accordo in essere con il Governo israeliano e con aziende del paese – incluso il gruppo NewMed Energy, Dan, H2Pro e altre aziende israeliane – finché permangono seri dubbi sul rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale; avviare una due diligence approfondita sui partner attivi in contesti di occupazione e conflitto; adottare una policy vincolante in materia di rispetto dei diritti nei contesti operativi internazionali, in linea con i Principi Guida ONU su Imprese e Diritti Umani. Ora sta a Snam decidere per la coerenza e il rispetto del diritto. «Ne va dell’immagine pubblica e della reputazione dell’azienda, qualora venisse associata pubblicamente ad atti configurabili come crimini di guerra.” ha dichiarato Elena Gerebizza di ReCommon. ReCommon ha partecipato all’assemblea degli azionisti di Snam, tra le pochissime società italiane a non tenere più questi importanti incontri ancora a porte chiuse, anche per evidenziare le sue forti preoccupazioni sulla situazione in Tunisia, legata al progetto SouthH2Corridor, e al CCS di Ravenna, co-promosso da Snam e Eni. Quello che in Italia è conosciuto anche come il Corridoio Sud dell’idrogeno è un’infrastruttura di 3.300 chilometri che dal Nord Africa dovrebbe arrivare fino in Germania, passando per l’Italia, per trasportare idrogeno prodotto in buona parte in Tunisia, dove attualmente la repressione da parte dell’esecutivo sta colpendo in lungo e in largo tutti i settori della società civile. Uno dei progetti cardini del Piano Mattei nasce quindi già segnato da pesanti criticità, di cui ReCommon ha chiesto conto a Snam.  Il modello estrattivo su cui si base il business di Snam è confermato anche dall’incertezza sul possibile trasferimento del rigassificatore di Piombino a Vado Ligure e dai piani di metanizzazione della Sardegna. Nonostante l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente abbia sospeso le infrastrutture chiave previste per l’isola per ragioni di costi e inefficienze, la bozza quasi definitiva del DPCM Energia insiste su infrastrutture per l’energia fossile obsolete: rigassificatori FSRU a Porto Torres e Oristano, mini dorsale e trasporto GNL su gomma con virtual pipeline finanziata interamente con soldi pubblici. “Il piano di Snam per la Sardegna appare anacronistico e contrario ai principi della transizione giusta: investe in infrastrutture fossili costose, già contestate da ARERA, in un contesto di domanda dal gas incerta e in calo, con il rischio concreto di generare stranded assets e aggravare il peso economico sui cittadini ” ha dichiarato Paola Matova di ReCommon.
Extinction Rebellion scarica un unicorno davanti all’Aeronautica Militare
Extinction Rebellion scarica un unicorno davanti al palazzo dell’Aeronautica Militare: “Il Governo delle favole” Un unicorno accompagnato da personaggi delle favole è stato scaricato questa mattina davanti al Palazzo dell’Aeronautica Militare di Roma, dove è stato aperto uno striscione su cui si legge: “il Governo delle favole: la pace col riarmo e il clima con il gas”. La nuova protesta di Extinction Rebellion vuole mettere in luce la contraddizione di un Governo che aumenta la spesa militare e non investe in transizione ecologica. Nella tarda mattinata di oggi, Extinction Rebellion ha scaricato un enorme unicorno davanti al Palazzo dell’Aeronautica Militare di Roma, cavalcato da una persona travestita da Giorgia Meloni in completo nero, che sventola il tricolore. Ad accompagnarlo una serie di persone camuffate da personaggi delle favole: Pinocchio, Biancaneve, il Bianconiglio e la Sirenetta che reggono uno striscione su cui c’è scritto “Il Governo delle favole: la pace col riarmo e il clima con il gas”. Dopo le proteste di sabato e di ieri, Extinction Rebellion continua la settimana di “Primavera Rumorosa” con una nuova azione dai toni ironici. L’obiettivo, sottolineato dallo slogan, è portare al centro del dibattito pubblico le politiche del Governo sulla crisi ecoclimatica e sul riarmo. “Il Governo sembra vivere nel mondo delle favole” spiega Elisa, una delle persone sul posto “Rimarcano la necessità di una transizione ecologica graduale e non ideologica, mentre stanno investendo miliardi per il riarmo. Raccontano che rendere l’Italia un hub del gas è necessario, ma il consumo di gas in Italia e in Europa sta diminuendo. Raccontano che la pace si protegge con le armi, ma basterebbe chiedere ai nostri nonni e bis nonni per sapere che non è la verità”. Nel mondo sono attualmente in corso 56 conflitti, con crudeli conseguenze sulla popolazione civile, in termini di morti, violenze e persone costrette a abbandonare tutto. Ma questi conflitti, Gli eserciti e il settore della difesa in generale, sono anche tra i principali responsabili delle emissioni di gas climalteranti. Secondo una stima elaborata da un recente studio, il 5,5% delle emissioni globali di gas ad effetto serra generate dalle attività antropiche deriva da azioni militari. In Ucraina i bombardamenti di strutture petrolifere, hanno prodotto più di 3 milioni di tonnellate di CO2 oltre a vaste aree di foreste bruciate e a Gaza le emissioni dei primi due anni di guerra sono state superiori a quelle delle venti nazioni più vulnerabili agli impatti climatici. Nel frattempo, la crisi climatica ed ecologica continua ad aggravarsi. Il 2024 è stato l’anno più caldo dal 1850 ed il primo anno in cui la temperatura media ha superato il limite degli 1,5°C, concordato a Parigi nel 2015 dai governi mondiali. Il Mediterraneo in particolare è un hotspot climatico: le sue acque sono sempre più calde con ripercussioni sulla piovosità. Gli allagamenti del 17 aprile, che hanno provocato 3 morti tra Piemonte e Veneto, ne sono un esempio: 500 millimetri di pioggia in 72 ore, pari a un terzo delle precipitazioni annue tipiche di quelle zone. E l’Italia oggi è il paese europeo più colpito dalla crisi, con costi altissimi per i cittadini e le istituzioni, come gli 8,5 miliardi di danni per le ripetute alluvioni in Emilia Romagna del maggio 2023. “Smettiamo di raccontarci favole” riprende Elisa, indicando l’enorme unicorno dietro di sé. “La realtà è che viviamo in un Paese che sta già subendo le conseguenze della crisi climatica. Questo è il momento di agire e smettere di investire in armi e distruzione”.   Extinction Rebellion
ARERA boccia il trasferimento del rigassificatore a Vado e la dorsale in Sardegna. Ma il gas continua a essere un problema irrisolto
DI PAOLA MATOVA L’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente (ARERA) ha finalmente accolto molte delle criticità che ReCommon ha sempre sollevato, non da ultimo in una delle recenti audizioni organizzate dalla stessa ARERA, segnando un passo avanti nella lotta contro investimenti inutili nel settore del gas. La decisione più significativa riguarda la sospensione del trasferimento della FSRU Italis LNG di SNAM da Piombino a Vado Ligure, un progetto che ReCommon, al fianco e in solidarietà con i gruppi e i comitati espressioni delle comunità savonesi, ha sempre contestato per i suoi costi esorbitanti, i rischi per la sicurezza e la minaccia ambientale in una zona già pesantemente impattata dall’industria fossile. Lo scorso gennaio, il Consiglio regionale della Liguria si era espresso all’unanimità contro il trasferimento del rigassificatore a Vado Ligure. Dopo la pubblicazione della delibera di ARERA, anche il governatore della Regione Toscana Eugenio Giani si è affrettato a ricordare pubblicamente che a Piombino non sono arrivate le compensazioni promesse a fronte della disponibilità a ospitare il rigassificatore, chiedendo con fermezza che, al termine dei tre anni previsti di permanenza, la nave venga spostata. Questa decisione di ARERA rappresenta sì una vittoria, poiché di fatto blocca l’ipotesi del rigassificatore a Vado, ma ad oggi il destino della nave rimane nelle mani del governo Meloni. È fondamentale sottolineare che la FSRU non è necessaria né a Vado, né a Piombino e né altrove. SNAM deve liberarsi della nave senza cercare nuove soluzioni per mantenerla operativa. Anche i dati parlano chiaro: la domanda di gas in Italia è scesa del 19% dal 2021 al 2024. L’Italia rischia di sovradimensionare la sua capacità di rigassificazione rispetto ai bisogni reali del paese. ARERA ha anche bocciato la fase 2 del piano di potenziamento dell’export di Snam, orientato a portare da 40 a 60 mln mc al giorno la capacità di esportazione verso l’Austria e verso la Svizzera. Ma se la domanda di gas interna è in calo, e non c’è una giustificazione economica per aumentare la capacità di export, come mai  gli investimenti in infrastrutture per il gas naturale liquefatto (GNL) rimangono prioritari  nel piano investimenti di Snam per il periodo 2025- 2029? Anche rispetto alla dorsale per l’l’idrogeno – progetto di punta per l’azienda e parte centrale del South H2 Corridor – come emerso dalle consultazioni tenute da ARERA, l’investimento per l’espansione delle infrastrutture e per aumentare la potenza di compressione è all’origine del considerevole aumento dei costi rispetto al piano precedente. Ma quale sarebbe la domanda futura di idrogeno che giustifica questi investimenti? Il regolatore italiano ha bocciato o rimandato anche altri progetti gasieri insensati. Ha sospeso il progetto Virtual Pipeline per la Sardegna e confermato il giudizio negativo sulla Fase 2 della metanizzazione. Ha di fatto respinto la realizzazione della dorsale del gas sarda, un’infrastruttura inizialmente prevista da Snam per un tragitto di 1.000 chilometri e poi ridotta a 400, che avrebbe seguito la geografia dei vecchi poli industriali, da Porto Torres al Sulcis, passando per Cagliari e Oristano. Tuttavia, la Fase 1 della metanizzazione, che riguarda l’installazione “di opere diverse dalla dorsale”, come le navi rigassificatrici nei porti di Porto Torres e Oristano, è stata solo sospesa in attesa di ulteriori sviluppi normativi. ARERA ha infatti dichiarato di voler procedere in coerenza con gli esiti delle eventuali revisioni del DPCM Energia del 2022, che oramai attendiamo da mesi. Sebbene la decisione di ARERA sembri positiva, il pericolo non è scongiurato. La governatrice della regione Sardegna Alessandra Todde, nelle ultime dichiarazioni pubbliche di fine gennaio, ha confermato che il piano infrastrutturale del gas nella sua regione proseguirà, senza specificare tempi e modalità. Snam, intanto, ha chiesto tempo fino a giugno per verificare gli aspetti tecnici dei gasdotti tra Oristano e Portovesme, lasciando aperta la possibilità di nuove infrastrutture cosi come ha fatto anche ARERA nella sua delibera. Il problema centrale resta: se la dorsale non verrà realizzata, quale sarebbe l’utilità del gas in Sardegna? Dove andrebbe a finire? Il rischio concreto è che vengano installate delle navi rigassificatrici senza alcun reale scopo, con conseguenti sprechi di risorse pubbliche. Nel frattempo, il governo centrale sta portando avanti trattative a porte chiuse, senza trasparenza sulle intenzioni, rischiando di imporre ancora una volta dall’alto decisioni che non tengono conto delle reali esigenze del territorio. A conferma di una tendenza che ancora fatica a cambiare, ARERA ha bocciato anche il gasdotto Matagiola-Massafra, evidenziando l’assenza di presupposto per la sua realizzazione che avrebbe avuto senso solo in previsione di un raddoppio del TAP, il gasdotto trans Adriatico che porta gas dall’Azerbaijan, (non ancora richiesto). Nei progetti infrastrutturali citati scorrerebbe il gas naturale liquefatto, ancora centrale negli investimenti di Snam. La questione del GNL si complica ulteriormente con il rilancio dell’export di gas statunitense, reso possibile dalla revoca da parte di Donald Trump della moratoria sulla costruzione di nuovi terminal di esportazione di GNL, imposta dall’ex presidente Joe Biden nel 2024 per effettuate le adeguate valutazione del loro impatto sull’economia e il clima. Questo solleva un’inevitabile riflessione critica sulla coerenza delle politiche energetiche italiane. Se in passato abbiamo rifiutato il gas russo per motivi geopolitici, oggi sembra che non ci siano scrupoli ad accettare il gas proveniente dagli Stati Uniti. Vogliamo davvero continuare a dipendere dal gas legando il nostro futuro energetico alle decisioni di governi stranieri, come quello guidato da Trump?