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19-21 settembre 2025: Some prefer cake, celebriamo la ricchezza del cinema lesbico a Bologna!
Some Prefer Cake, festival internazionale di cinema lesbico, vi aspetta dal 19 al 21 settembre 2025 per 3 giorni di visioni indipendenti da tutto il mondo, ne parliamo con una socia dell'associazione Comunicattive. Some Prefer Cake è organizzato dall’associazione Luki Massa, con il contributo di tante socie e volontarie dell’associazione e con la direzione artistica di Comunicattive. Un “festival di comunità”, uno spazio-tempo politico ed affettivo di incontro per la comunità lesbica e LGBTQ+, in cui guardare insieme i film lesbici e femministi selezionati da tutto il mondo dalle nostre fantastiche programmer, e partecipare alle presentazioni di libri e ai momenti di socialità. Per più info e per il programma completo:  https://someprefercakefestival.com/
La cieca avversione delle destre nei confronti della Riduzione del danno
Ancora una volta il centrodestra si scaglia contro l’amministrazione comunale di Bologna. Era già successo con “Bologna Città 30”, ma col tempo i buoni risultati di questa esperienza hanno ampiamente dato ragione alla città guidata dal sindaco Lepore (https://www.comune.bologna.it/novita/notizie/citta30-dati-sei-mesi-2025). Ora è la volta del nuovo servizio di Riduzione del danno (Rdd) a tutela della salute delle persone che usano droghe, in particolare la distribuzione di 300 pipe gratis per l’uso di crack, ad entrare nel mirino delle polemiche, con tanto di  annunci di denunce (FdI si è già rivolta ai carabinieri e pensa di coinvolgere la Corte dei conti, la Lega andrà dai pm e lancia una petizione online). Basterebbero le parole del Sindaco di Bologna per liquidare su due piedi l’ennesima campagna delle destre contro la Riduzione del danno: “Siamo orgogliosi del nostro progetto che punta a tutelare la salute dei cittadini e la sicurezza dei cittadini. Abbiamo già recuperato circa un centinaio di persone dalla strada che non sarebbero state avvicinabili in nessun altro modo. L’assessora Matilde Madrid sta facendo un grande lavoro insieme all’Ausl, agli operatori sociali e all’Università di Bologna”. Aggiungendo che “Questa sperimentazione si sta facendo anche a Palermo, Torino, Reggio Emilia, Parma e molte altre città europee. Palermo, amministrata dal centrodestra, fa come noi la distribuzione di pipe sterili proprio per agganciare queste persone. E anche altre città, come Ancona, Olbia o Treviso, hanno adottato misure analoghe”. Ma, come è noto, le destre provvisoriamente al comando del Paese nei confronti della Riduzione del danno nutrono da sempre una cieca avversione: https://volerelaluna.it/societa/2024/07/17/stupefacenti-il-governo-boicotta-la-riduzione-del-danno/.   Per fortuna, ci sono tanti enti pubblici nel nostro Paese, Comuni, Regioni, Asl ed anche enti del privato sociale che distribuiscono tali pipette almeno da un paio di anni, con l’obiettivo di promuovere un uso a minor rischio, prevenire trasmissione di malattie e altri danni correlati. Stiamo parlando, infatti, di interventi di Riduzione del danno che sono stati inclusi nei LEA nazionali, diventando così servizi dovuti a tutti i cittadini che usano droghe sul territorio nazionale. Un diritto di salute coerente con l’art. 32 della nostra Costituzione, riconosciuto perché è riconosciuta l’efficacia nel garantire salute alle persone che fanno uso di sostanze. Non è una opinione, ma una legge dello Stato ad affermarlo. D’altra parte, la stessa Strategia europea sulle droghe riconosce enorme validità alla rdd e le raccomandazioni dell’ONU sui diritti umani hanno individuato nella mancanza di servizi di rdd una chiara violazione del diritto alla salute. Ha ragione Mario Perduca quando si congratula a nome dell’Associazione Luca Coscioni con l’assessora bolognese Madrid e l’amministrazione per aver finalmente dimostrato cosa significhi applicare, cioè rispettare, quanto di livello essenziale di assistenza c’è nelle politiche di riduzione del danno. Politiche che, pure riconosciute da 8 anni come Lea, rarissimamente vengono messe in atto nella loro complessità. “Va dato atto a Bologna, ha sottolineato Perduca, di aver predisposto una serie di servizi alle persone che fanno uso di sostanze illecite per aiutarle nelle difficoltà reali e potenziali che tale uso può comportare. Non si tratta quindi di condonare o istigare l’uso si tratta di affrontare laicamente una realtà facendo tesoro di quando da decenni viene chiamato riduzione del danno e che l’Italia continua non solo a non applicare ma anche a disconoscere in sede di Nazioni unite. Auspichiamo che quanto prima anche altre città facciano sì che Bologna non sia l’eccezione ma la conferma di una regola”. Il Forum Droghe e Fuoriluogo nell’esprimere piena solidarietà all’amministrazione comunale di Bologna e agli operatori di strada di Fuori Binario per i pretestuosi attacchi politici a seguito della scelta di introdurre la distribuzione gratuita di pipe per il consumo di crack, ha evidenziato che “si tratta di un intervento di riduzione del danno basato su solide evidenze scientifiche, riconosciuto come efficace in ambito sanitario e inserito nei Livelli Essenziali di Assistenza dal 2017. La misura, che segue una prima sperimentazione avviata nel 2024, ha già dimostrato di ridurre lesioni, infezioni e altri rischi legati all’uso di strumenti improvvisati, oltre a favorire il contatto con i servizi socio-sanitari. È dunque un passo avanti importante nel contrasto agli effetti più gravi del consumo problematico di crack e nella costruzione di percorsi di cura” (https://www.fuoriluogo.it/home/speciali/crack/). Anche il CNCA ha espresso la propria solidarietà al Comune di Bologna. “Ci sentiamo vicini all’équipe di Fuori Binario di Open Group, che da anni si impegnano con professionalità e competenza negli interventi di Riduzione del danno, ha dichiarato la Presidente del CNCA Caterina Pozzi. Si tratta di un lavoro prezioso, che non solo tutela la salute delle persone più fragili, ma contribuisce anche al benessere dell’intera comunità. La Riduzione del danno  non è una sperimentazione estemporanea, ma un approccio consolidato in tutta Europa, riconosciuto a livello internazionale, e che dal 2017 deve essere garantito come parte dei Livelli Essenziali di Assistenza in tutto il Paese. Si tratta di una strategia basata su evidenze scientifiche, capace di ridurre malattie e morti per overdose, di favorire l’accesso ai servizi e di migliorare la qualità della vita nei quartieri. Le polemiche di questi giorni, concentrate sulla distribuzione di pipe sterili per fumare crack, rischiano di oscurare il vero significato del lavoro che centinaia di operatrici ed operatori sociali e sanitari portano avanti quotidianamente. Oggi le ricerche confermano che fornire strumenti sicuri non spinge all’uso, ma lo rende meno dannoso, aumenta la consapevolezza dei consumatori e consumatrici e crea un punto di contatto fondamentale tra le persone e i servizi. È proprio in questa relazione che si trova la chiave: senza giudizi morali e senza imposizioni, le persone sono più motivate a prendersi cura di sé, anche nei gesti quotidiani. I servizi di Riduzione del danno riescono ad avvicinare chi altrimenti resterebbe invisibile, costruendo legami che rompono l’isolamento”. I lunghi decenni di proibizionismo che abbiamo alle spalle hanno ampiamente dimostrato i limiti di un approccio che pretende di imporre l’astinenza come unico obiettivo, perseguendo strategie punitive che hanno prodotto più vittime che soluzioni. Come ha efficacemente evidenziato Lorenzo Camoletto, referente nazionale per i servizi di Riduzione del danno e limitazione dei rischi del CNCA: “Ogni euro investito in Riduzione del danno ne fa risparmiare almeno 2,23 euro, come dimostrano i dati della ricerca condotta dal CNCA nel 2024, con vantaggi evidenti sia per la salute individuale che per quella pubblica”. “La Riduzione del Danno, si legge in un documento della Rete Elide, la Rete degli Enti locali per una politica innovativa sulle droghe, è anche una strategia che da decenni si pratica nelle nostre città, nei contesti urbani, nel centro come in periferia, laddove non ci si può permettere il dibattito stereotipato sui consumi e le droghe, ma dove, assai concretamente, é necessario esserci con pratiche salva vita, con relazione d’aiuto, con la prevenzione ad HIV e HCV, con l’analisi delle sostanze, con l’orientamento verso consapevolezze e competenze che tutelino quanto più possibile, nel contesto dato, la vita e la salute delle persone”. Eppure, la Conferenza nazionale sulle droghe del prossimo novembre si avvia a cancellare la Rdd dalle politiche nazionali.  Qui alcuni servizi di Rdd offerti da 10 organizzazioni appartenenti alla rete CNCA: https://www.cnca.it/wp-content/uploads/2024/05/Documento-31-maggio-riduzione-del-danno.pdf.  Giovanni Caprio
Situazione università in attesa dell’autunno caldo: quali progressi contro gli accordi con filiera bellica e partner israeliani?
Cosa succede negli Atenei italiani rispetto agli accordi con la filiera bellica e con i partner israeliani?Qual è la situazione delle Università in vista di un autunno che si preannuncia più caldo che mai? Già, perché, anche se apparentemente la pausa estiva sembra aver attenuato l’eco delle proteste studentesche e i fermenti di lotta negli atenei, in realtà si colgono tanti segnali di vivacità che ci fanno affermare che nei prossimi mesi sarà proprio il mondo accademico uno degli ambiti nei quali il fronte contro la guerra ed il riarmo sarà più attivo: * il 5 settembre si inizia alla Sapienza con un appuntamento sul ruolo dei saperi nell’economia del genocidio, organizzato dal Comitato Sapienza Palestina, dal CNR contro le guerre e dall’Assemblea precaria universitaria, nel quale interverrà Francesca Albanese. Si evidenzierà come la lotta per un’università democratica, adeguatamente finanziata e con condizioni di lavoro decentisia necessariamente legata alla lotta contro la guerra e chi fa profitto su armi e tecnologia bellica (ore 10:00 aula C, Scienze Politiche, Università Sapienza Roma); * le Assemblee precarie universitarie, che si sono moltiplicate e cresciute nella prima metà dell’anno, hanno annunciato una tappa fondamentale della loro lotta contro il precariato proprio nel cuore dell’autunno e fra i punti delle loro rivendicazioni c’è il NO alla ricerca bellica ed alle politiche di riarmo; * a settembre verrà presumibilmente firmato il CCNL Istruzione e Ricerca e sarà l’ennesimo contratto in perdita: stavolta il motivo dei mancati adeguamenti salariali all’inflazione è direttamente ricondubilie alle politiche di riarmo, che sottraggono risorse ai servizi pubblici ed al rinnovo del contratti del pubblico impiego, per cui è lecito attendersi una reazione del personale scolastico e universitario e delle sigle sindacali più attive nel contrasto alla guerra ed al riarmo; * il 13 settembre è in programma il lancio della campagna “LA CONOSCENZA NON MARCIA” (sulla quale vi informeremo a breve in dettaglio), che mira a mettere insieme le tante realtà impegnate nel mondo dell’istruzione contro il processo di militarizzazione in atto nelle scuole e nelle università e solidali con la causa palestinese. Studentesse e studenti, ricercatrici e ricercatori, insegnanti scolastici e docenti universitari, personale tecnico amministrativo e attivisti della società civile convergeranno in questo percorso iniziato ad aprile a Siena: per allertare rispetto ai rischi di una “israelizzazione” della società in quel segmento fondamentale che è appunto il settore della conoscenza, per dire NO alla guerra e per esprimere concretamente la solidarietà alla questione palestinese boicottando gli accordi con il complesso militare industriale e con le istituzioni israeliane sia nella didattica che nella ricerca; * la partenza della Global Sumud Flotilla verso Gaza sarà un’opportunità per il rilancio delle proteste studentesche e della solidarietà verso la Palestina, perché l’arrivo delle imbarcazioni al largo di Gaza è previsto intorno a metà settembre, in coincidenza con l’inizio dell’anno accademico, oltre che dell’anno scolastico. Insomma, un po’ di elementi che ci fanno pensare che combinati insieme si possano creare quelle condizioni presenti ai tempi delle acampade studentesche, per rilanciare con forza le richieste alle governance dei vari Atenei per un maggiore impegno concreto nel liberare i luoghi del sapere dalle pressioni militariste, ma anche al Governo per fare retromarcia rispetto alle relazioni pericolose sul riarmo con Leonardo, con la NATO e con il governo israeliano (ad esempio, Italia e Germania vogliono frenare la Commissione europea che intende sospendere Israele dai fondi di ricerca del Programma Horizon a causa del genocidio in corso). Il lavoro fatto fino ad ora non è poco (lo sintetizziamo di seguito), ma c’è ancora molta strada da fare soprattutto nel passare dalle enunciazioni di principi ad azioni concrete con riflessi pratici che cambino la realtà delle cose. RASSEGNA DI MOZIONI, DELIBERE E MODIFICHE NEGLI ATENEI RISPETTO AGLI ACCORDI Di seguito passiamo in rassegna i principali casi in cui le università italiane hanno formalmente adottato delibere, mozioni o modifiche strutturali vietando accordi con partner israeliani o con realtà collegate alla filiera bellica. Segnalateci altri casi significativi se dovessero mancare all’appello! 1. SAPIENZA — UNIVERSITÀ DI ROMA (DELIBERA SENATO ACCADEMICO, 13 MAGGIO 2025) * Il Senato Accademico ha approvato la Deliberazione n. 92/2025, che include un mandato per integrare lo statuto o regolamento al fine di: * interrompere ogni collaborazione con istituzioni e aziende israeliane coinvolte nell’apparato bellico, sospendere accordi con aziende legate al settore difesa, * riformare il Comitato Etico per includere controlli di tipo etico su collaborazioni potenzialmente belliche Wikipedia+15Sapienza Università di Roma+15Open+15. * ➤ Fonte ufficiale: verbale del Senato Accademico disponibile sul sito della Sapienza. 2. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO (STATALE) — SOSPENSIONE ACCORDO CON ARIEL UNIVERSITY * Nel fine 2023, formalizzata a inizio aprile 2024, la Statale di Milano ha sospeso l’accordo di collaborazione con l’Ariel University, situata nei territori occupati palestinesi. La decisione è passata attraverso un’istruttoria e voto del senato accademico DomaniDomani+2ANSA.it+2Domani+2. 3. UNIVERSITÀ DI PALERMO — SOSPENSIONE TOTALE ACCORDI CON ISRAELE (4 GIUGNO 2024) * Il Senato Accademico ha approvato all’unanimità un documento che: * sospende tutti gli accordi Erasmus con università israeliane (programmi KA171 e KA220-HED), * vieta nuovi accordi con atenei israeliani “fino al superamento della crisi”, * istituisce procedure di due diligence su accordi con potenziale dual use, * coinvolge rappresentanza studentesca nel tavolo tecnico su tali collaborazioni L’INDIPENDENTE+6L’INDIPENDENTE+6ANSA.it+6. 4. UNIVERSITÀ DI PADOVA — MOZIONE E IMPEGNO A NON AVVIARE NUOVI ACCORDI (14 MAGGIO 2024 E ULTERIORE MOZIONE 1° LUGLIO 2025) * Il Senato Accademico del 14 maggio 2024 ha approvato una Mozione per la Pace in Palestina, condannando la distruzione delle università palestinesi e richiamando principi etici secondo statuto e Codice di integrità della ricerca Reddit+15Università degli studi di Padova+15Centro di Ateneo per i Diritti Umani+15. * In una seduta successiva il 1° luglio 2025, Padova ha approvato una nuova mozione che: * condanna le violazioni del diritto internazionale da parte di Israele, * si impegna a non intraprendere nuovi accordi né rinnovare quelli esistenti con istituzioni israeliane ritenute coinvolte in violazioni, * mantiene solo collaborazioni a valenza puramente didattica o di ricerca non bellica L’INDIPENDENTE+4Centro di Ateneo per i Diritti Umani+4Domani+4. 5. UNIVERSITÀ DI BOLOGNA — MOZIONE DEL SENATO ACCADEMICO (2024) * Nel Senato Accademico UNIBO ha approvato una Mozione sulla guerra a Gaza, includendo impegni come: * condanna di qualsiasi aggressione a istituzioni universitarie, rafforzamento delle norme sul dual use, rifiuto di accordi con imprese e università (anche israeliane) associate a violazioni dei diritti umani o prodotti per scopi militari, * rescissione di accordi vigenti qualora i partner incorrano in tali condizioni Wikipedia+7UniboMagazine+7Open+7.       MOZIONE DEL SENATO ACCADEMICO (18 GIUGNO 2025) Il Senato Accademico ha approvato una mozione condannando “l’escalation militare israeliana a Gaza”, le violazioni del diritto internazionale e umanitario, e ha chiesto il “rafforzamento di tutte le iniziative per il cessate il fuoco” Altreconomia+6Potere al Popolo+6quinewspisa.it+6 La Nazione+15UniboMagazine+15Corriere di Bologna+15 6. UNIVERSITÀ FEDERICO II DI NAPOLI — DIMISSIONI DAL COMITATO DI FONDAZIONE BELLICA (APRILE 2024) * Il rettore della Federico II, in risposta a mobilitazioni studentesche, ha annunciato le proprie dimissioni dal comitato scientifico della fondazione Med-Or (legata a Leonardo spa), principale industria bellica italiana. Il Rettore Matteo Lorito ha annunciato le dimissioni, ma non le ha formalizzate. Open+4L’INDIPENDENTE+4Domani+4 7. UNIVERSITÀ DI BARI – MOZIONI E PROVVEDIMENTI (APRILE–GIUGNO 2025) * Aprile 2024: scelta unanime di non partecipare al bando di cooperazione Italia–Israele e dimissioni del Rettore Bronzini dal comitato scientifico della fondazione Med‑Or (legata all’industria bellica) La Nazione+2La Gazzetta del Mezzogiorno+2atlanteguerre.it+2 * 19 giugno 2025: il Dipartimento di Bari ha approvato una mozione di condanna contro Israele, prevedendo misure di accoglienza per colleghi palestinesi e richiedendo “esplicita presa di distanza dai diritti umani e diritto internazionale da parte del partner israeliano” Il Bo Live+14BariViva+14Barletta news24city -+14. * La mozione ha ricevuto pareri contrastanti, passando con un solo voto di scarto PugliaViva. 8. UNIVERSITÀ DI PISA – MODIFICA STATUTO E MOZIONE PER LA PACE (GIUGNO–LUGLIO 2025) * 13 giugno 2024: Senato Accademico e CdA approvano una mozione per la pace, con “percorso di autodisciplina” sulle collaborazioni con la filiera bellica UniboMagazine+13Università di Pisa+13Cambiare Rotta+13. * Febbraio 2025: lo Statuto viene aggiornato con clausole che escludono forme di collaborazione per lo sviluppo di armi italbalkanika.al+1La Nazione+1. Nome del tuo sitoquinewspisa.it 9. UNIVERSITÀ PER STRANIERI DI SIENA – PRESE DI POSIZIONE E RICONOSCIMENTO PALESTINA (2024–2025) * 17 luglio 2024: Senato Accademico approva la mozione per il riconoscimento dello Stato della Palestina LA NOTIZIA+15Università degli Studi di Siena+15Facebook+15. * Marzo 2024: presidenza di Tomaso Montanari oggetto di pressioni per non aver aderito a posizioni di boicottaggio attivo HuffPost Italia. * Giugno 2024: UniStrasi approva (all’unanimità) una posizione di solidarietà per Gaza in Senato Accademico Gazzetta di Siena. 10. UNIVERSITÀ DI FIRENZE – BOICOTTAGGIO ACCADEMICO E MOZIONE DEL 2023 + SOSPENSIONI 2025 * 19 dicembre 2023: mozione per la pace approvata, condanna delle atrocità e appello per due Stati, ma senza misure restrittive su accordi bilaterali Università di Firenze. * 16 luglio 2025: cinque dipartimenti (Matematica/Informatica, Ingegneria, Scienze agrarie, Architettura, Scienze politiche/sociali) sospendono accordi in essere con università israeliane, tramite appello firmato da docenti, studenti, ricercatori e dottorandi Altreconomia+2Il Foglio+2La Nazione+2. ——————————————————————————————————————– NOTA SU ALTRI ATENEI * Cagliari: una mozione studentesca chiedeva la sospensione degli accordi con atenei israeliani, ma il Senato ha respinto la proposta (30 gennaio 2024) Reddit+13Domani+13Open+13. * In Torino, si è deciso di non partecipare al bando MAECI 2024 con università israeliane, ma non è stata formalizzata una definitiva rescissione di tutti gli accordi Reddit+4Domani+4Wikipedia+4. * Altri atenei (es. UniPub) hanno visto proteste o richieste, ma non hanno mai formalizzato delibere o modifiche organiche DomaniDomani. TABELLA RIEPILOGATIVA UniversitàTipo di attoDataAzione chiaveSapienza RomaDelibera Senato Accademico n. 92/202513 maggio 2025Interruzione collaborazioni con Israele/bellicoStatale MilanoSospensione accordo Arielfine 2023 / apr 2024Sospeso accordo con Ariel UniversityFederico II NapoliDimissioni promesse dal Rettore da comitato Med-Or, ma non rassegnateaprile 2024Ritiro da fondazione associata ad industria bellica (il Rettore ha annunciato le dimissioni, ma non le ha formalizzate)PalermoDelibera Senato Accademico all’unanimità4 giugno 2024Blocco accordi Erasmus, nuovi accordi vietatiPadovaMozioni Senato Accademico14 mag 2024 & 1 lug 2025Impegno a non avviare o rinnovare accordi con IsraeleBolognaMozione Senato Accademico   Mozione Senato Accademico19 marzo 2024     18 giugno 2025Rifiuto accordi dual use e rescissione ove applicabile   Condanna escalation, stop/riduzione rapporti con IsraeleBariNon partecipazione bando + dimissioniAprile 2024Ritiro del Rettore da Med-Or e bando di cooperazione Italia-Israele sospeso Mozione Dipartimento19 giugno 2025Critiche diritti umani e accoglienza colleghi palestinesiPisaMozione Senato + autodisciplina13 giugno 2024Percorso etico sulle collaborazioni belliche Statuto aggiorna (no armi)Febbraio 2025Clausole di rifiuto su attività dual useSiena (Stranieri)Mozione riconoscimento Palestina17 luglio 2024Impegno politico e morale verso Palestina Università degli Studi di Siena Pressioni su boicottaggioMarzo 2024Respinta mobilitazione politicamente orientata HuffPost Italia Mozione solidale a GazaGiugno 2024Approvata all’unanimità in Senato Accademico Gazzetta di SienaFirenzeMozione per la pace19 dicembre 2023Condanna, ma nessuna sospensione formale Stop accordi da 5 dipartimenti16 luglio 2025Sospesi accordi con università israeliane Giuseppe Curcio, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Migrare: essere altrove, esserci altrimenti
Papers, una rubrica di Melting Pot per la condivisione di tesi di laurea, ricerche e studi. Per pubblicare il tuo lavoro consulta la pagina della rubrica e scrivi a collaborazioni@meltingpot.org. -------------------------------------------------------------------------------- Alma Mater Studiorum – Università di Bologna Dipartimento di scienze dell’educazione “Giovanni Maria Bertin” Master di I° livello in Educatore nell’accoglienza di migranti, richiedenti asilo e rifugiati MIGRARE: ESSERE ALTROVE, ESSERCI ALTRIMENTI ETNOGRAFIA SUL RUOLO DELL’OPERATORE TRA FRAGILITÀ PSICHICA E NUOVE PROSPETTIVE DI ACCOGLIENZA NELLO SPRAR DI “PIAZZA GRANDE” Scarica l’elaborato ABSTRACT Di richiedenti asilo e rifugiati si parla molto ultimamente, spesso evocando in maniera più o meno sottile gli scenari delle guerre lontane e della miseria, ma anche dell’invasione, della minaccia terroristica e della contaminazione. Ma chi sono costoro? Da cosa fuggono, cosa hanno subìto e cosa sperano per il loro futuro? E quale contesto migliore per esplorare la loro esperienza se non quello delle strutture di accoglienza in cui passo per passo si ricostruisce, nella quotidianità della convivenza, il proprio progetto di vita, tra ricordi, scoperte, conflitti, nostalgia, rabbia, aspirazioni, resilienze e ferite dell’anima? Questo lavoro, pertanto, nasce dalla volontà di raccogliere alcune principali riflessioni, in relazione all’approccio metodologico impiegato, alle ragioni che mi hanno indotto a scegliere un orientamento di tipo etnografico, per indagare la tragicità del presente in cui viviamo, e alle difficoltà inerenti la gestione del servizio di accoglienza che, ultimato il processo di indagine e di scrittura, ritengo sia doveroso esplicitare nelle note conclusive. Aggiungo che lo studio sul sistema di accoglienza dovrà essere utile anche per gli operatori del settore, intrappolati in un intricato apparato di poteri e relazioni che merita e richiede un costante livello di riflessione teorica sulle prassi attuali. Come coniugare le differenti esigenze degli attori che si muovono nello scenario e tradurre nella pratica quotidiana quel corpus teorico maturato nella riflessione sul proprio agire, è la sfida principale che cerco di pormi. L’obiettivo maggiore è quella di congiungere, in una sorta di dialogo, il ruolo dell’operatore e quello del tirocinante a quello del beneficiario e riuscire a trovare, così, una funzione pubblica per il sapere e la conoscenza che si produce all’interno dei servizi di accoglienza. Per spiegare come ho condotto l’indagine mi soffermerò brevemente, su come nasce e da dove arriva l’osservazione partecipante. Questo metodo serve per stabilire un’empatia che permetta di rendere nella descrizione il punto di vista della comunità e dei soggetti che si stanno studiando. Fondamentale per questa attività di studio è la capacità “mimetica” dell’antropologo, la sua abilità a conquistare la fiducia, a creare legami e relazioni profonde con l’intervistato. Va sottolineato però che pur impegnandosi, lo studioso non si trasformerà mai in un membro della comunità che studia, il ricercatore deve sempre comprendere l’impossibilità di astrarsi dalla sua posizione, diametralmente differente da chi vive quello che viene raccontato. Ritengo dunque che sia necessario dare rilevanza alle premesse che chiariscano il lavoro di studio qui presentato, per poter considerare almeno una parte di quei presupposti dai quali muovono le osservazioni. Fare una indagine significa, tra le altre cose, sviluppare relazioni più o meno profonde e prolungate con gli attori sociali, con coloro cioè che attraverso i dialoghi, le interazioni, i condizionamenti e le osservazioni offrono il materiale su cui costruire le etnografie. In questo elaborato mi pongo l’obiettivo di raccontare di persone che hanno il desiderio di dare un significato diverso alle loro vite, non solo come vittime di un sistema esclusorio, ma semplicemente per rendere un’immagine meno falsa di quella che si è creata in questi ultimi anni. Perché collocarsi vicino all’esperienza della persona che vive le contraddizioni dell’emigrazione così come è gestita a livello governativo, significa andare oltre un’astratta empatia e giocare, al contrario, una dialettica fra prossimità e distanza, capace di riconoscere, valorizzandoli, quegli attimi in cui la corporeità non solo “resiste” ma si ribella, sfugge, riattivando la capacità di agire anche nell’istante di un gesto ironico, nella durata di un silenzio denso di agentività, o nell’incrocio di sguardi che fondano la presenza e attivano una cornice di relazione dialogica fra osservatore e osservato. Mi soffermerò, seppur brevemente, sugli aspetti che riguardano la gestione delle attività di occupazione dei beneficiari coordinati dagli operatori. Un paragrafo sarà dedicato alla “cena di via Romita” nella quale sono emersi degli aspetti che rimandano alla condivisione, intesa come etica promotrice di sensibilità e di una maggiore uguaglianza. Tra gli altri compiti mi annovero quello di “cucire” le fila del discorso, di comporre insieme le varie parti, senza però seguire un certo ordine cronologico, in modo da ricostruire tassello su tassello un quadro il più possibile chiaro e comprensivo di quelli che potrebbero sembrare «brevi cenni sull’universo» secondo l’espressione di Gramsci. Si intende che l’impossibilità di trattare l’argomento in modo compiuto ed esaustivo, abbia permesso un approccio limitato e provvisorio, dovuto anche alla necessità di risolvere tutto in un arco di tempo di pochi mesi, dal quale emergono tuttavia molteplici riflessioni e nuovi orientamenti di indagine. Un ulteriore margine di riflessione sarà dedicato al mio rapporto con gli utenti cercando di descrivere le attività che essi svolgono, concentrandomi anche sull’imperare delle relazioni di potere nonché sulla gestione del tempo che rappresentano una costante interazione, anche se a volte conflittuale, tra gli operatori e i beneficiari. Prenderò anche in esame il ruolo di “mediatore nell’accoglienza”, ovvero l’operatore, al fine di mettere in luce le dinamiche di interazione sviluppate nella struttura, sia con i beneficiari e sia con lo spazio gestionale e corporeo. Nel fare ciò mi tratterrò sulla particolarità e sulla concretezza delle situazioni di crisi esistenziale, cercando di cogliere l’intreccio e le modalità di interazione tra queste figure, secondo l’iter che porta l’individuo a essere accolto, alla sua permanenza nella struttura e al suo rapporto con gli stessi operatori. Nella seconda parte dell’elaborato cercherò di allacciarmi alla prospettiva assunta dall’etnopsichiatria, secondo la quale la malattia è un fenomeno talmente complesso che, per essere compreso si rende necessario considerare la totalità degli aspetti in esso coinvolti. Rifletterò, inoltre, sulla “condizione di migrante” e sull’insorgere di stati di malessere e sofferenza psichica difficili da superare, ancor più, nell’incertezza che accompagna il loro futuro. Cercherò di interrogarmi sulla genesi delle crisi da “ri-adattamento” e di nostalgia (angoscia territoriale) e sui tempi lunghi di attesa che sono tutti fattori che possono provocare una ri-traumatizzazione secondaria, come è stata definita dal Ministero della Salute. Il fine ultimo è di analizzare, nell’attuale complicata e turbolenta situazione economica, sociale e politica, il modo di gestire il migrante (richiedenti asilo, richiedenti protezione internazionale, sussidiaria e umanitaria), evidenziando le inevitabili e importanti trasformazioni avvenute.
Sit in di Extinction Rebellion e Ultima Generazione in Piazza maggiore: i corpi in protesta contro le false soluzioni del Comune alla crisi climatica
Oggi pomeriggio le attiviste di Extinction Rebellion e Ultima Generazione si sono sedute in Piazza Del Nettuno, vicino gli alberi posti dal Comune di Bologna, reggendo dei cartelli e dimostrando come, dopo la prima azione di due settimane fa, non ci sia stata alcuna risposta concreta da parte degli amministratori di questa città alle domande degli attivisti sulla gestione del verde urbano. Gli attivisti riportano che i cartelli e le poesie posizionati il 17 luglio sono stati immediatamente rimossi: per questo oggi hanno deciso di mettere a disposizione i loro corpi in denuncia.   “Dopo aver fatto parlare gli alberelli, adesso parliamo noi. La nostra prima azione simbolica sottolineava che gli alberi sono esseri viventi e non soprammobili da spostare a piacimento. In risposta alle critiche degli esperti e nostre, la vicesindaca ha assicurato che i “vasi sono stati progettati con accorgimenti tecnici”, ma né a latere dell’ordinanza di adozione e nemmeno sulle pagine del Comune abbiamo trovato alcun riscontro alle sue parole, dal momento che non è presente alcun allegato tecnico. Com’è possibile fidarsi della parola di amministratori che rinfocolano polemiche per evitare di rispondere alle nostre preoccupazioni?” chiede Federico. La critica e il dissenso sono alla base delle nostre democrazie e le domande con cui cittadini, movimenti e comitati locali stanno incalzando la Giunta comunale sono più che legittime, di fronte a contraddizioni evidenti in un’epoca di collasso climatico, e non possono essere strumentalizzate.  La protesta solidarizza anche con le persone che presidiano il giardino di San Leonardo, dove alberi già adulti e radicati, in una zona non meno coperta di cemento delle piazze in cui sono stati posizionati gli alberelli in vaso, rischiano di essere sacrificati dall’ennesimo tentativo di privatizzazione strisciante. L’ordinanza di posa degli alberi in vaso è stata adottata per mitigare le ondate di calore, riconoscendo agli alberi un potere refrigerante, ma i bolognesi continuano ad assistere a tagli di enormi quantità di alberi in città, soprattutto nelle periferie. Fra i cartelli portati in piazza si legge anche una contestazione all’uso strumentale del concetto di compensazione: è noto che alberi adulti assorbono una quantità di anidride carbonica molto maggiore di alberi di recente piantumazione. Gli attivisti chiedono quindi all’amministrazione comunale perché non mette davvero al centro del proprio mandato la preservazione di questo bene collettivo, e come possono le scarse misure di piantumazione di nuove alberature e desigillazione del suolo, previste dal piano “Bologna Verde”, compensare la cementificazione di decine di ettari e l’abbattimento di alberi storici e  maestosi per nuovi progetti di “riqualificazione”. Per poter sopravvivere in città va curato il patrimonio arboreo esistente e contemporaneamente vanno messe a dimora nuove piantumazioni.  Gli attivisti incalzano inoltre l’amministrazione bolognese ad aggiornare il bilancio arboreo, evidenzando il numero di alberi abbattuti e quelli di nuova piantumazione, e a tutelare ciò che rimane della fascia boscata che separa la città dall’asse tangenziale/autostradale, gravemente minacciata dal progetto del Passante.  Bologna è stata la prima città italiana ad adottare un’assemblea cittadina per il clima, in seguito alle pressioni di Extinction Rebellion e a ben 2 scioperi della fame: perché i suoi cittadini continuano a subire decisioni calate dall’alto invece di avere processi realmente partecipativi, che portino ad una progettualità politica veramente pubblica? Gli esperti dell’IPCC, il panel dell’ONU che si occupa di scienza climatica, lanciano allarmi sempre più disperati sulle minacce legate alla crisi ecoclimatica, e pochi giorni fa anche la corte internazionale di giustizia, in uno storico parere, ha affermato che l’inazione dei governi nel contrastare i cambiamenti climatici rappresenta un illecito. “Per questo continueremo a mettere in luce le contraddizioni di chi governa a tutti i livelli: abbiamo bisogno di giustizia sociale e climatica, e non abbiamo più tempo per soluzioni semplici quanto inefficaci” dicono le persone oggi in piazza. Extinction Rebellion
Bologna per Gaza: una iniziativa del Comune e un appello della Diocesi e della Comunità ebraica
Bologna per Gaza: pubblichiamo un comunicato stampa del Comune di Bologna ed un testo della Diocesi e della Comunità ebraica, al cui testo ha aderito anche la senatrice Liliana Segre Comunicato del Comune di Bologna “Gaza, il Comune di Bologna aderisce all’iniziativa “Disertiamo il silenzio” che si terrà domenica 27 luglio alle 22 . Sirena in piazza Lucio Dalla. Il Comune aderisce alla campagna nazionale “Gaza muore di fame: disertiamo il silenzio”. La mobilitazione vuole sensibilizzare sulla gravissima situazione palestinese, dove la popolazione civile continua ad essere vittima di attacchi quotidiani e non ha accesso ad acqua e cibo, e sul ruolo dei governi nazionali e dell’Unione europea. Domenica 27 luglio, alle 22, in piazza Lucio Dalla risuonerà “Esercitazione d’immedesimazione”, l’azione artistica di Alessandro Bergonzoni: una sirena antiaerea per immedesimarsi con Gaza e i conflitti in atto. Prevista anche la testimonianza di Giorgio Monti, medico di Emergency. “Invitiamo le cittadine e i cittadini bolognesi ad aderire a questa iniziativa, a fare rumore nelle piazze, sui balconi e alle finestre – spiegano il sindaco Matteo Lepore e l’assessore Daniele Ara -, per farci sentire idealmente fino a Gaza, perché la popolazione palestinese sappia di non essere sola”. Pubblichiamo inoltre l’appello comune della Diocesi di Bologna e della Comunità ebraica bolognese, a cui ha aderito anche la senatrice Liliana Segre “Zuppi e De Paz: la responsabilità comune per la pace a Gaza “Si leva dalla diocesi di Bologna l’appello di cattolici ed ebrei perché tacciano le armi nell’enclave palestinese, siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Nella dichiarazione congiunta del cardinale Zuppi e del presidente della comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz l’appello alle autorità italiane e internazionali “Di fronte alla devastazione della guerra nella Striscia di Gaza diciamo con una sola voce: tacciano le armi, le operazioni militari in Gaza e il lancio di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli affamati e siano garantite cure ai feriti. Si permettano corridoi umanitari. Si cessi l’occupazione di terre destinate ad altri. Si torni alla via del dialogo, unica alternativa alla distruzione. Si condanni la violenza”. La dichiarazione congiunta dell’Arcivescovo Card. Matteo Zuppi e del Presidente della Comunità Ebraica di Bologna, Daniele De Paz, “Sulla guerra a Gaza e sulla responsabilità comune per la pace”, diffusa dalla diocesi viene pronunciata nella consapevolezza “della gravità dell’ora presente e della responsabilità morale che ci unisce come credenti e come cittadini”. Basta guerra Il presidente della Cei e il presidente della Comunità ebraica di Bologna esprimono la comune condanna per ogni atto terroristico che colpisca civili inermi e chiedono che si torni a rispettare il diritto, unico garante dell’incontro e della fiducia. “Nessuna causa può giustificare il massacro di innocenti. – si legge nella dichiarazione congiunta – Troppi bambini sono morti. Nessuna sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese, come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi. Il grido di un’umanità ferita Basta guerra! E’ il grido di un’umanità che non vuole e non può abituarsi all’orrore della violenza, scrivono il cardinale Zuppi e il presidente De Paz. ”È il grido dei palestinesi e degli israeliani e di quanti continuano a credere nella pace”. Ma non si creda solo una questione limitata a quanto avviene in Medio oriente e infatti la dichiarazione ribadisce chiaramente il rifiuto di “ogni forma di antisemitismo, islamofobia o cristianofobia che strumentalizza il dolore e semina solo ulteriore odio”. L’appello che si leva da Bologna “Il dolore unisca, non divida. Il dolore non provochi altro dolore. Dialogo non è debolezza, ma forza”. E’ proprio sulla base di queste riflessioni spiegano gli estensori della Dichiarazione che un percorso di pace e di dialogo può muovere i primi passi e la responsabilità deve essere condivisa. E per questo che viene chiesto alle istituzioni italiane e a quelle internazionali “coraggio e lucidità perché si aprano spazi di incontro” capaci di coinvolgere tutti.” Redazione Bologna
Dall'Italia all'Ungheria: i pride del 28 Giugno 2025 (1/2: corrispondenza da budapest)
Oggi 28 Giugno 2025, anniversario dei moti di Stonewall, si verificheranno pride in diverse città italiane tra cui Bologna, Milano, Sassari,Salerno,Napoli, Ragusa, Bolzano. Anche a Budapest oggi è prevista un'importante manifestazione che sfida il divieto di piazza imposto dal primo ministro Viktor Orbàn. Abbiamo avuto due corrispondenze; la prima da una compagna che si trova a Budapest e la seconda da un compagno di Bologna.   
La marcia come azione nonviolenta di massa
-------------------------------------------------------------------------------- Nella storia della nonviolenza la marcia non è una passeggiata e neanche un pellegrinaggio: è un’azione nonviolenta di massa. Marciare insieme da Marzabotto a Monte Sole, luogo sacro alla memoria del nostro paese che vide l’eccidio nazista di popolazioni inermi, è un’azione nonviolenta contro la normalizzazione della violenza che oggi non vede il genocidio del governo israeliano contro le popolazioni inermi di Palestina. O, se lo vede – garantendo con falsa coscienza le cure a qualche bambino sopravvissuto allo sterminio della propria famiglia – non fa niente per fermare quel genocidio: anzi il nostro governo continua ad inviare armi al governo criminale di Netanyahu, rendendosi complice dello sterminio in corso. La marcia è anche un’azione nonviolenta di massa contro la normalizzazione della guerra, che – dall’Europa al Mediorente, e spesso con gli stessi attori coinvolti, come il governo israeliano – ha nuovamente, tragicamente e pericolosamente, sostituito il diritto internazionale nella regolamentazione dei conflitti. Che non regolamenta ma dilata, approfondisce, perpetua. Ed è un’azione nonviolenta di massa contro il riarmo, che nel folle ritorno della logica delle deterrenza produce conflitti armati quanto più prepara la guerra, spendendo in armamenti: ogni anno più del precedente si trasferiscono risorse dagli investimenti civili, sociali, sanitari alle spese militari – cioè ai profitti dell’industria bellica nazionale e internazionale – e ogni anno più del precedente aumentano i conflitti armati, le vittime civili, i profughi delle tante guerre. “Se vuoi la pace prepara la guerra” è la più subdola e illusoria delle menzogne, sempre smentita dalla storia: ogni riarmo ha prodotto nuove guerre, anche due guerre mondiali. Ed ora ricompone i pezzi della Terza. Se vogliamo la pace dobbiamo preparare la pace: non c’è alternativa, ovunque ed a tutti i livelli. Inoltre la marcia è un’azione nonviolenta contro la logica di guerra, fondata sul dispositivo binario amico-nemico, che scatena le tifoserie e lacera e dilania, oltre i corpi di chi è colpito direttamente, la capacità di pensiero critico di chi giustifica e incita perfino al massacro. La guerra va decostruita nelle nostre teste, per poter essere abbandonata – definitivamente – tra i ferrivecchi, obsoleti, della storia. Sembrava avessimo fatto dei passi in avanti, almeno alle nostre latitudini, almeno con l’Articolo 11 della Costituzione, tanto antifascista quanto pacifista, ma stiamo riprecipitando velocemente nell’abisso. Eppure le reti pacifiste, composte da organizzazioni impegnate per il disarmo e la nonviolenza, non hanno mai smesso di svolgere iniziative per tenere gli occhi aperti e preoccupati sulle guerre e sulla tragedia palestinese, dimenticata dal resto del mondo prima dell’attentato terrorista di Hamas del 7 ottobre 2023. Ma oggi – che quella tragedia assume mese dopo mese le dimensioni dell’orrore senza fine, condotto metodicamente dal governo israeliano con i bombardamenti, la fame, la sete, la deportazione – è necessario moltiplicare gli sforzi, guardare nell’abisso, chiamare le cose con il loro nome, svolgere azioni di solidarietà concreta con il popolo palestinese, interrompere tutte le collaborazioni militari, dirette e indirette, ad ogni livello con il governo israeliano. Contemporaneamente, per dirla con Italo Calvino, occorre “cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”, a cominciare dagli obiettori di coscienza e dai disertori israeliani, dalle organizzazioni pacifiste israeliane represse dal loro governo, dai gruppi misti israelo-palestinesi che già adesso – dentro l’inferno – cercano faticosamente di tenere e ricostruire relazioni di riconoscimento, di riconciliazione, di convivenza. Nostri compagni di strada nella marcia dei popoli per la pace e la nonviolenza. “Una marcia non è fine a se stessa, produce onde che vanno lontano”, diceva Aldo Capitini in occasione della prima Marcia della pace da Perugia ad Assisi. Partecipare oggi a questa azione nonviolenta di massa significa assumere impegni personali – non solo morali, ma politici e concreti – da portare nei rispettivi territori, come un’onda che si propaga e va lontano. Ogni guerra ha una filiera economica e culturale che la supporta, la prepara e la giustifica, che si dirama dal centro verso le periferie: il primo impegno da prendere è recidere la filiera, le collaborazioni, le giustificazioni. “A ciascuno di fare qualcosa”, diceva ancora Aldo Capitini ai partecipanti della Marcia del 1961. Ciascuno secondo le sue possibilità e responsabilità: nessuno si sottragga. -------------------------------------------------------------------------------- Testo dell’intervento alla marcia nazionale “Save Gaza” promossa il 15 giugno da Marzabotto a Monte Sole da Rete Italiana Pace e Disarmo, ANPI, Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e molte altre realtà (pubblicato anche su un blog del fattoquotidiano.it). Pasquale Pugliese ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La marcia come azione nonviolenta di massa proviene da Comune-info.
Università di Bologna: approvata in Senato mozione su guerre, riconoscimento Palestina e genocidio a Gaza
Non sono parole vaghe ed ambigue, ma concetti chiari e precisi quelli della mozione approvata oggi all’Università di Bologna. Sono stati fatti tanti passi avanti all’Alma Mater nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Grazie alle proteste di studenti e studentesse, docenti e personale tecnico amministrativo, non ci sono più accordi quadro fra l’Ateneo e partner della filiera bellica come Leonardo e Thales, si sta ponendo la giusta attenzione al tema del dual use con appositi interventi fornativi per chi lavora nella ricerca, al fine di individuare in una proposta di ricerca congiunta quegli elementi che possano far capire che ci si trova davanti ad un caso di potenziale uso militare. L’Ateneo ha già avviato un sistema di ricognizione dei progetti scientifici e dei programmi di ricerca in essere con Università, aziende e istituzioni israeliane per escludere qualsiasi coinvolgimento nella violazione del diritto internazionale (anche in materia di dual use). A tale proposito, anche nel bando Maeci 2025 Unibo non ha presentato nessuna domanda di collaborazione con Israele. Tale sistema era già stata introdotto nel marzo 2024 grazie ad un’altra mozione in Senato, con la quale si adottò il metodo della due diligence, oltre ad esprimersi sul Cessate il fuoco e mettere a disposizione borse di studio per studenti palestinesi (ad oggi assegnate 6 borse a studenti più una per un ricercatore) Mozione del 19.3.2024: https://share.google/OGU0fV2uQuoGpd0Xc Con la mozione di oggi si stabiliscono alcuni punti fondamentali: – si condannano tutte le violazioni di Israele nella Striscia di Gaza e nei territori palestinesi occupati; – si prende posizione contro il genocidio nella Striscia di Gaza; – si auspica il riconoscimento dello stato Palestinese; – si impegna a promuovere iniziative orientate alla cultura della pace, della giustizia e della dignità condivisa, sostenendo partenariati accademici con istituzioni palestinesi e facendosi promotrice di una posizione a sostegno dell’autodeterminazione del popolo palestinese. E così anche l’Università di Bologna, dopo la Sapienza e dopo l’Università di Pisa, si pone sul solco di quelle realtà accademiche che lanciano un messaggio volto a diffondere la cultura della pace e della tutela dei diritti umani. Grazie anche alle tante proteste, portate avanti dalla componente studentesca in questi anni, ma anche da alcuni docenti e rappresentanti del personale tecnico amministrativo, i quali hanno creato un ambiente più attento, sensibilizzando ed informando su tali questioni. Con un pizzico di orgoglio ci ritagliamo anche noi dell’Osservatorio un piccolo ruolo in questa trasformazione, grazie all’attività attenta e continua svolta insieme a USB, al gruppo Petizione per Gaza, a Cambiare Rotta, ai Giovani Palestinesi e a BDS, abbiamo collaborato nel creare quelle condizioni e quella consapevolezza, insomma quell’humus nel quale la mozione di oggi è maturata. A Bologna è in atto una trasformazione che in meno di due anni ha portato un Ateneo con quasi cento collaborazioni con Israele e filiera bellica a ridurre notevolmente tali partenariati e ad incamminarsi sul sentiero dell’integrità e dell’etica della ricerca, oltre che della costruzione di un’università come spazio decoloniale e luogo di cultura della pace e dei diritti umani. Qui i dettagli della mozione: L’Università di Bologna sull’escalation militare israeliana a Gaza — UniboMagazine https://magazine.unibo.it/archivio/2025/06/17/luniversita-di-bologna-sullescalation-militare-israeliana-a-gaza Giuseppe Curcio, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università