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Sit in di Extinction Rebellion e Ultima Generazione in Piazza maggiore: i corpi in protesta contro le false soluzioni del Comune alla crisi climatica
Oggi pomeriggio le attiviste di Extinction Rebellion e Ultima Generazione si sono sedute in Piazza Del Nettuno, vicino gli alberi posti dal Comune di Bologna, reggendo dei cartelli e dimostrando come, dopo la prima azione di due settimane fa, non ci sia stata alcuna risposta concreta da parte degli amministratori di questa città alle domande degli attivisti sulla gestione del verde urbano. Gli attivisti riportano che i cartelli e le poesie posizionati il 17 luglio sono stati immediatamente rimossi: per questo oggi hanno deciso di mettere a disposizione i loro corpi in denuncia.   “Dopo aver fatto parlare gli alberelli, adesso parliamo noi. La nostra prima azione simbolica sottolineava che gli alberi sono esseri viventi e non soprammobili da spostare a piacimento. In risposta alle critiche degli esperti e nostre, la vicesindaca ha assicurato che i “vasi sono stati progettati con accorgimenti tecnici”, ma né a latere dell’ordinanza di adozione e nemmeno sulle pagine del Comune abbiamo trovato alcun riscontro alle sue parole, dal momento che non è presente alcun allegato tecnico. Com’è possibile fidarsi della parola di amministratori che rinfocolano polemiche per evitare di rispondere alle nostre preoccupazioni?” chiede Federico. La critica e il dissenso sono alla base delle nostre democrazie e le domande con cui cittadini, movimenti e comitati locali stanno incalzando la Giunta comunale sono più che legittime, di fronte a contraddizioni evidenti in un’epoca di collasso climatico, e non possono essere strumentalizzate.  La protesta solidarizza anche con le persone che presidiano il giardino di San Leonardo, dove alberi già adulti e radicati, in una zona non meno coperta di cemento delle piazze in cui sono stati posizionati gli alberelli in vaso, rischiano di essere sacrificati dall’ennesimo tentativo di privatizzazione strisciante. L’ordinanza di posa degli alberi in vaso è stata adottata per mitigare le ondate di calore, riconoscendo agli alberi un potere refrigerante, ma i bolognesi continuano ad assistere a tagli di enormi quantità di alberi in città, soprattutto nelle periferie. Fra i cartelli portati in piazza si legge anche una contestazione all’uso strumentale del concetto di compensazione: è noto che alberi adulti assorbono una quantità di anidride carbonica molto maggiore di alberi di recente piantumazione. Gli attivisti chiedono quindi all’amministrazione comunale perché non mette davvero al centro del proprio mandato la preservazione di questo bene collettivo, e come possono le scarse misure di piantumazione di nuove alberature e desigillazione del suolo, previste dal piano “Bologna Verde”, compensare la cementificazione di decine di ettari e l’abbattimento di alberi storici e  maestosi per nuovi progetti di “riqualificazione”. Per poter sopravvivere in città va curato il patrimonio arboreo esistente e contemporaneamente vanno messe a dimora nuove piantumazioni.  Gli attivisti incalzano inoltre l’amministrazione bolognese ad aggiornare il bilancio arboreo, evidenzando il numero di alberi abbattuti e quelli di nuova piantumazione, e a tutelare ciò che rimane della fascia boscata che separa la città dall’asse tangenziale/autostradale, gravemente minacciata dal progetto del Passante.  Bologna è stata la prima città italiana ad adottare un’assemblea cittadina per il clima, in seguito alle pressioni di Extinction Rebellion e a ben 2 scioperi della fame: perché i suoi cittadini continuano a subire decisioni calate dall’alto invece di avere processi realmente partecipativi, che portino ad una progettualità politica veramente pubblica? Gli esperti dell’IPCC, il panel dell’ONU che si occupa di scienza climatica, lanciano allarmi sempre più disperati sulle minacce legate alla crisi ecoclimatica, e pochi giorni fa anche la corte internazionale di giustizia, in uno storico parere, ha affermato che l’inazione dei governi nel contrastare i cambiamenti climatici rappresenta un illecito. “Per questo continueremo a mettere in luce le contraddizioni di chi governa a tutti i livelli: abbiamo bisogno di giustizia sociale e climatica, e non abbiamo più tempo per soluzioni semplici quanto inefficaci” dicono le persone oggi in piazza. Extinction Rebellion
Bologna per Gaza: una iniziativa del Comune e un appello della Diocesi e della Comunità ebraica
Bologna per Gaza: pubblichiamo un comunicato stampa del Comune di Bologna ed un testo della Diocesi e della Comunità ebraica, al cui testo ha aderito anche la senatrice Liliana Segre Comunicato del Comune di Bologna “Gaza, il Comune di Bologna aderisce all’iniziativa “Disertiamo il silenzio” che si terrà domenica 27 luglio alle 22 . Sirena in piazza Lucio Dalla. Il Comune aderisce alla campagna nazionale “Gaza muore di fame: disertiamo il silenzio”. La mobilitazione vuole sensibilizzare sulla gravissima situazione palestinese, dove la popolazione civile continua ad essere vittima di attacchi quotidiani e non ha accesso ad acqua e cibo, e sul ruolo dei governi nazionali e dell’Unione europea. Domenica 27 luglio, alle 22, in piazza Lucio Dalla risuonerà “Esercitazione d’immedesimazione”, l’azione artistica di Alessandro Bergonzoni: una sirena antiaerea per immedesimarsi con Gaza e i conflitti in atto. Prevista anche la testimonianza di Giorgio Monti, medico di Emergency. “Invitiamo le cittadine e i cittadini bolognesi ad aderire a questa iniziativa, a fare rumore nelle piazze, sui balconi e alle finestre – spiegano il sindaco Matteo Lepore e l’assessore Daniele Ara -, per farci sentire idealmente fino a Gaza, perché la popolazione palestinese sappia di non essere sola”. Pubblichiamo inoltre l’appello comune della Diocesi di Bologna e della Comunità ebraica bolognese, a cui ha aderito anche la senatrice Liliana Segre “Zuppi e De Paz: la responsabilità comune per la pace a Gaza “Si leva dalla diocesi di Bologna l’appello di cattolici ed ebrei perché tacciano le armi nell’enclave palestinese, siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Nella dichiarazione congiunta del cardinale Zuppi e del presidente della comunità ebraica di Bologna, Daniele De Paz l’appello alle autorità italiane e internazionali “Di fronte alla devastazione della guerra nella Striscia di Gaza diciamo con una sola voce: tacciano le armi, le operazioni militari in Gaza e il lancio di missili verso Israele. Siano liberati gli ostaggi e restituiti i corpi. Si sfamino gli affamati e siano garantite cure ai feriti. Si permettano corridoi umanitari. Si cessi l’occupazione di terre destinate ad altri. Si torni alla via del dialogo, unica alternativa alla distruzione. Si condanni la violenza”. La dichiarazione congiunta dell’Arcivescovo Card. Matteo Zuppi e del Presidente della Comunità Ebraica di Bologna, Daniele De Paz, “Sulla guerra a Gaza e sulla responsabilità comune per la pace”, diffusa dalla diocesi viene pronunciata nella consapevolezza “della gravità dell’ora presente e della responsabilità morale che ci unisce come credenti e come cittadini”. Basta guerra Il presidente della Cei e il presidente della Comunità ebraica di Bologna esprimono la comune condanna per ogni atto terroristico che colpisca civili inermi e chiedono che si torni a rispettare il diritto, unico garante dell’incontro e della fiducia. “Nessuna causa può giustificare il massacro di innocenti. – si legge nella dichiarazione congiunta – Troppi bambini sono morti. Nessuna sicurezza sarà mai costruita sull’odio. La giustizia per il popolo palestinese, come la sicurezza per il popolo israeliano, passano solo per il riconoscimento reciproco, il rispetto dei diritti fondamentali e la volontà di parlarsi. Il grido di un’umanità ferita Basta guerra! E’ il grido di un’umanità che non vuole e non può abituarsi all’orrore della violenza, scrivono il cardinale Zuppi e il presidente De Paz. ”È il grido dei palestinesi e degli israeliani e di quanti continuano a credere nella pace”. Ma non si creda solo una questione limitata a quanto avviene in Medio oriente e infatti la dichiarazione ribadisce chiaramente il rifiuto di “ogni forma di antisemitismo, islamofobia o cristianofobia che strumentalizza il dolore e semina solo ulteriore odio”. L’appello che si leva da Bologna “Il dolore unisca, non divida. Il dolore non provochi altro dolore. Dialogo non è debolezza, ma forza”. E’ proprio sulla base di queste riflessioni spiegano gli estensori della Dichiarazione che un percorso di pace e di dialogo può muovere i primi passi e la responsabilità deve essere condivisa. E per questo che viene chiesto alle istituzioni italiane e a quelle internazionali “coraggio e lucidità perché si aprano spazi di incontro” capaci di coinvolgere tutti.” Redazione Bologna
Dall'Italia all'Ungheria: i pride del 28 Giugno 2025 (1/2: corrispondenza da budapest)
Oggi 28 Giugno 2025, anniversario dei moti di Stonewall, si verificheranno pride in diverse città italiane tra cui Bologna, Milano, Sassari,Salerno,Napoli, Ragusa, Bolzano. Anche a Budapest oggi è prevista un'importante manifestazione che sfida il divieto di piazza imposto dal primo ministro Viktor Orbàn. Abbiamo avuto due corrispondenze; la prima da una compagna che si trova a Budapest e la seconda da un compagno di Bologna.   
La marcia come azione nonviolenta di massa
-------------------------------------------------------------------------------- Nella storia della nonviolenza la marcia non è una passeggiata e neanche un pellegrinaggio: è un’azione nonviolenta di massa. Marciare insieme da Marzabotto a Monte Sole, luogo sacro alla memoria del nostro paese che vide l’eccidio nazista di popolazioni inermi, è un’azione nonviolenta contro la normalizzazione della violenza che oggi non vede il genocidio del governo israeliano contro le popolazioni inermi di Palestina. O, se lo vede – garantendo con falsa coscienza le cure a qualche bambino sopravvissuto allo sterminio della propria famiglia – non fa niente per fermare quel genocidio: anzi il nostro governo continua ad inviare armi al governo criminale di Netanyahu, rendendosi complice dello sterminio in corso. La marcia è anche un’azione nonviolenta di massa contro la normalizzazione della guerra, che – dall’Europa al Mediorente, e spesso con gli stessi attori coinvolti, come il governo israeliano – ha nuovamente, tragicamente e pericolosamente, sostituito il diritto internazionale nella regolamentazione dei conflitti. Che non regolamenta ma dilata, approfondisce, perpetua. Ed è un’azione nonviolenta di massa contro il riarmo, che nel folle ritorno della logica delle deterrenza produce conflitti armati quanto più prepara la guerra, spendendo in armamenti: ogni anno più del precedente si trasferiscono risorse dagli investimenti civili, sociali, sanitari alle spese militari – cioè ai profitti dell’industria bellica nazionale e internazionale – e ogni anno più del precedente aumentano i conflitti armati, le vittime civili, i profughi delle tante guerre. “Se vuoi la pace prepara la guerra” è la più subdola e illusoria delle menzogne, sempre smentita dalla storia: ogni riarmo ha prodotto nuove guerre, anche due guerre mondiali. Ed ora ricompone i pezzi della Terza. Se vogliamo la pace dobbiamo preparare la pace: non c’è alternativa, ovunque ed a tutti i livelli. Inoltre la marcia è un’azione nonviolenta contro la logica di guerra, fondata sul dispositivo binario amico-nemico, che scatena le tifoserie e lacera e dilania, oltre i corpi di chi è colpito direttamente, la capacità di pensiero critico di chi giustifica e incita perfino al massacro. La guerra va decostruita nelle nostre teste, per poter essere abbandonata – definitivamente – tra i ferrivecchi, obsoleti, della storia. Sembrava avessimo fatto dei passi in avanti, almeno alle nostre latitudini, almeno con l’Articolo 11 della Costituzione, tanto antifascista quanto pacifista, ma stiamo riprecipitando velocemente nell’abisso. Eppure le reti pacifiste, composte da organizzazioni impegnate per il disarmo e la nonviolenza, non hanno mai smesso di svolgere iniziative per tenere gli occhi aperti e preoccupati sulle guerre e sulla tragedia palestinese, dimenticata dal resto del mondo prima dell’attentato terrorista di Hamas del 7 ottobre 2023. Ma oggi – che quella tragedia assume mese dopo mese le dimensioni dell’orrore senza fine, condotto metodicamente dal governo israeliano con i bombardamenti, la fame, la sete, la deportazione – è necessario moltiplicare gli sforzi, guardare nell’abisso, chiamare le cose con il loro nome, svolgere azioni di solidarietà concreta con il popolo palestinese, interrompere tutte le collaborazioni militari, dirette e indirette, ad ogni livello con il governo israeliano. Contemporaneamente, per dirla con Italo Calvino, occorre “cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”, a cominciare dagli obiettori di coscienza e dai disertori israeliani, dalle organizzazioni pacifiste israeliane represse dal loro governo, dai gruppi misti israelo-palestinesi che già adesso – dentro l’inferno – cercano faticosamente di tenere e ricostruire relazioni di riconoscimento, di riconciliazione, di convivenza. Nostri compagni di strada nella marcia dei popoli per la pace e la nonviolenza. “Una marcia non è fine a se stessa, produce onde che vanno lontano”, diceva Aldo Capitini in occasione della prima Marcia della pace da Perugia ad Assisi. Partecipare oggi a questa azione nonviolenta di massa significa assumere impegni personali – non solo morali, ma politici e concreti – da portare nei rispettivi territori, come un’onda che si propaga e va lontano. Ogni guerra ha una filiera economica e culturale che la supporta, la prepara e la giustifica, che si dirama dal centro verso le periferie: il primo impegno da prendere è recidere la filiera, le collaborazioni, le giustificazioni. “A ciascuno di fare qualcosa”, diceva ancora Aldo Capitini ai partecipanti della Marcia del 1961. Ciascuno secondo le sue possibilità e responsabilità: nessuno si sottragga. -------------------------------------------------------------------------------- Testo dell’intervento alla marcia nazionale “Save Gaza” promossa il 15 giugno da Marzabotto a Monte Sole da Rete Italiana Pace e Disarmo, ANPI, Unione delle Comunità Islamiche d’Italia e molte altre realtà (pubblicato anche su un blog del fattoquotidiano.it). Pasquale Pugliese ha aderito alla campagna Partire dalla speranza e non dalla paura -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La marcia come azione nonviolenta di massa proviene da Comune-info.
Università di Bologna: approvata in Senato mozione su guerre, riconoscimento Palestina e genocidio a Gaza
Non sono parole vaghe ed ambigue, ma concetti chiari e precisi quelli della mozione approvata oggi all’Università di Bologna. Sono stati fatti tanti passi avanti all’Alma Mater nel corso dell’ultimo anno e mezzo. Grazie alle proteste di studenti e studentesse, docenti e personale tecnico amministrativo, non ci sono più accordi quadro fra l’Ateneo e partner della filiera bellica come Leonardo e Thales, si sta ponendo la giusta attenzione al tema del dual use con appositi interventi fornativi per chi lavora nella ricerca, al fine di individuare in una proposta di ricerca congiunta quegli elementi che possano far capire che ci si trova davanti ad un caso di potenziale uso militare. L’Ateneo ha già avviato un sistema di ricognizione dei progetti scientifici e dei programmi di ricerca in essere con Università, aziende e istituzioni israeliane per escludere qualsiasi coinvolgimento nella violazione del diritto internazionale (anche in materia di dual use). A tale proposito, anche nel bando Maeci 2025 Unibo non ha presentato nessuna domanda di collaborazione con Israele. Tale sistema era già stata introdotto nel marzo 2024 grazie ad un’altra mozione in Senato, con la quale si adottò il metodo della due diligence, oltre ad esprimersi sul Cessate il fuoco e mettere a disposizione borse di studio per studenti palestinesi (ad oggi assegnate 6 borse a studenti più una per un ricercatore) Mozione del 19.3.2024: https://share.google/OGU0fV2uQuoGpd0Xc Con la mozione di oggi si stabiliscono alcuni punti fondamentali: – si condannano tutte le violazioni di Israele nella Striscia di Gaza e nei territori palestinesi occupati; – si prende posizione contro il genocidio nella Striscia di Gaza; – si auspica il riconoscimento dello stato Palestinese; – si impegna a promuovere iniziative orientate alla cultura della pace, della giustizia e della dignità condivisa, sostenendo partenariati accademici con istituzioni palestinesi e facendosi promotrice di una posizione a sostegno dell’autodeterminazione del popolo palestinese. E così anche l’Università di Bologna, dopo la Sapienza e dopo l’Università di Pisa, si pone sul solco di quelle realtà accademiche che lanciano un messaggio volto a diffondere la cultura della pace e della tutela dei diritti umani. Grazie anche alle tante proteste, portate avanti dalla componente studentesca in questi anni, ma anche da alcuni docenti e rappresentanti del personale tecnico amministrativo, i quali hanno creato un ambiente più attento, sensibilizzando ed informando su tali questioni. Con un pizzico di orgoglio ci ritagliamo anche noi dell’Osservatorio un piccolo ruolo in questa trasformazione, grazie all’attività attenta e continua svolta insieme a USB, al gruppo Petizione per Gaza, a Cambiare Rotta, ai Giovani Palestinesi e a BDS, abbiamo collaborato nel creare quelle condizioni e quella consapevolezza, insomma quell’humus nel quale la mozione di oggi è maturata. A Bologna è in atto una trasformazione che in meno di due anni ha portato un Ateneo con quasi cento collaborazioni con Israele e filiera bellica a ridurre notevolmente tali partenariati e ad incamminarsi sul sentiero dell’integrità e dell’etica della ricerca, oltre che della costruzione di un’università come spazio decoloniale e luogo di cultura della pace e dei diritti umani. Qui i dettagli della mozione: L’Università di Bologna sull’escalation militare israeliana a Gaza — UniboMagazine https://magazine.unibo.it/archivio/2025/06/17/luniversita-di-bologna-sullescalation-militare-israeliana-a-gaza Giuseppe Curcio, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Beyond Borders: un viaggio attraverso l’Africa e la salute globale
Mostra fotografica di Giulio Di Meo dal 6 al 21 giugno 2025 Inaugurazione: Venerdì 6 giugno 2025 ore 17 Ore 18,00 presentazione del volume BEYOND BORDERS L’Associazione Culturale TerzoTropico-APS e QR Photogallery presentano la mostra fotografica BEYOND BORDERS di Giulio Di Meo, che racconta l’esperienza umana e professionale di un’ONG italiana nel Corno d’Africa, con un focus speciale sulla sanità oncologica. L’esposizione, in collaborazione con l’ONG Patologi Oltre Frontiera, inaugurerà venerdì 6 giugno 2025 alle ore 17 presso la QR Photogallery di Bologna (Via Sant’Isaia 90). Alle ore 18.00 seguirà la presentazione del libro fotografico BEYOND BORDERS (Edizioni Pendragon), che raccoglie il lavoro del fotografo e documenta l’intervento sanitario realizzato dalla ONG, offrendo uno sguardo profondo e toccante oltre i confini geografici e umani. Interverranno, oltre all’autore, Vincenzo Stracca Pansa dell’Ong Patologi Oltre Frontiera e Antonio Bagnoli della casa editrice Pendagron. La mostra sarà visitabile fino al 21 giugno con questi orari: lunedì-venerdì dalle 09:00 alle 19:00; sabato: dalle 09:00 alle 14:00. In un’epoca in cui l’Africa è raccontata da numerosi fotografi, spesso con immagini forti e drammatiche, il lavoro di Giulio Di Meo si distingue per la sua capacità di andare oltre la mera documentazione. Le sue fotografie, pur non nascondendo le difficoltà e le sfide del continente, portano alla luce anche storie di speranza, resistenza e ricerca di un futuro migliore. Le sue immagini sono un invito a riflettere sulla sanità globale, con un focus sulle iniziative di cambiamento in Africa, dove le difficoltà in ambito sanitario sono enormi. Come scrive Fausto Podavini nell’introduzione al libro, “In Beyond Borders, il fotografo Giulio Di Meo, con sensibilità e delicatezza, suggerisce e documenta con uno sguardo personale. Ci prende per mano e ci conduce in contesti duri, alternandoli per a situazioni di ricerca e speranza, mantenendo il focus su un aspetto sanitario importantissimo per il mondo intero, ma ancora di più per l’Africa, dove ben conosciamo le grandi difficoltà sanitarie che investono questo continente. Con sapienza ed un attento sguardo, Giulio non solo ci mette davanti gli sguardi di quei ragazzi adolescenti durante il loro quotidiano ma in alcuni frangenti decontestualizza luoghi e persone per rendere tutto più personale. Ed è in quelle fotografie che la narrazione prende più forza.” E aggiunge: “La fotografia ha il potere di evocare riflessioni profonde e stimolare un dialogo interiore. In questo progetto, Giulio Di Meo ci invita a guardare oltre le difficoltà e a scoprire il volto umano di chi lotta per un mondo migliore.” Gino Strada diceva che “i diritti degli uomini devono essere di tutti gli uomini, proprio tutti, sennò chiamateli privilegi”. BEYOND BORDERS si propone come uno strumento di riflessione e consapevolezza, capace di stimolare una nuova comprensione delle sfide e delle speranze del continente africano. Per informazioni: QR Photogallery: Via Sant’Isaia, 90, Bologna Email: info@qrphotogallery.com – terzotropico@gmail.com Orari di apertura della mostra: Lunedì-venerdì: 9:00-19:00 Sabato: 9:00-14:00 Redazione Bologna
Anche a Bologna molte lenzuola bianche per Gaza
Scrive Bruno Stefani :”Lenzuola bianche per Gaza!!! Sudari per chi si ama, o solo si stima, per chi paga con la vita una affermazione o un desiderio di riconoscimento di dignità e indipendenza per un popolo deprivato di irrinunciabile libertà !!” Anche a Bologna molte case hanno appeso alle finestre delle lenzuola bianche per protestare contro la violenza dell’esercito israeliano a Gaza. Un reportage fotografico dal Quartiere San Donato di Bologna realizzato da Renata Vitiello. Redazione Bologna
Un Atlante di genere per una città femminista. L’esperienza di Bologna
Il Comune di Bologna, ufficio Pari opportunità e le associazioni Period Think Tank di Bologna e Sex & the City di Milano hanno dato vita all’Atlante di genere con l’intento di approfondire come le differenze di genere influiscono sull’esperienza urbana delle persone. La realizzazione dell’Atlante di genere di Bologna per una città femminista rappresenta un momento chiave per dare luce, in modo sistematico e strutturato, alla condizione delle donne e di tutte le soggettività di genere nel contesto urbano bolognese. Attraverso una prospettiva integrata e intersezionale, la pubblicazione consente di individuare servizi, iniziative, reti e attività presenti sul territorio che, consapevolmente o meno, supportano la quotidianità delle donne e delle soggettività non conformi al genere dominante. Grazie all’uso combinato di dati disaggregati per genere e mappe tematiche, l’Atlante consente di far emergere gli usi differenziati della città e contribuisce a evidenziare le disuguaglianze che richiedono interventi mirati. “L’orizzonte femminista, scrive Emily Marion Clancy, Vicesindaca del Comune di Bologna, nella prefazione dell’Atlante, non è mai raggiunto una volta per tutte (e tutti), ma è un orizzonte mobile che spingiamo sempre più in là con le nostre azioni, i nostri pensieri, le nostre lotte. Di questo abbiamo l’ambizione di parlarvi in questo Atlante, seppure, proprio per la mobilità del nostro orizzonte, senza alcuna pretesa di esaustività e anzi con la possibilità, e la promessa, di aggiornamento, estensione, modulabilità dell’Atlante stesso negli anni a venire. Vi invito dunque a tenere a mente questa indicazione di percorso, prospettiva e ampliamento nello scorrere l’Atlante. Di seguito non troverete un semplice “catalogo” di quello che la città di Bologna offre in una prospettiva di genere, ma uno strumento di analisi e insieme di proposta per il futuro”. Il cuore del lavoro è una lettura critica della città attraverso una lente femminista intersezionale che incrocia dati quantitativi e qualitativi, rendendo visibili dinamiche spesso trascurate. La disaggregazione dei dati per genere, infatti, permette di portare alla luce fenomeni altrimenti invisibili e di fornire alla pubblica amministrazione uno strumento di orientamento concreto per l’elaborazione di politiche urbane evidence-based. In quest’ottica, la programmazione pubblica può diventare più trasparente, efficace e aderente alla realtà vissuta da chi abita la città, influenzando positivamente ambiti fondamentali come urbanistica, mobilità, educazione, sanita, politiche sociali e pari opportunità. L’Atlante mira anche a mettere a sistema informazioni che solitamente risultano frammentate tra enti diversi, restituendo uno strumento di lettura critica, nonché una guida ai servizi della città per donne e per tutte le soggettività di genere. Le diverse sezioni dell’Atlante affrontano tematiche quali la sicurezza nello spazio pubblico (reale e percepita), la mobilità talvolta condizionata da barriere fisiche e culturali, la salute e i servizi sanitari, l’abitare e l’accesso alla casa, la toponomastica cittadina ancora sbilanciata rispetto alla rappresentanza femminile, e il sex work. Il processo di costruzione dell’Atlante ha coinvolto soggetti pubblici e privati, in un dialogo utile a identificare e condividere le aree su cui intervenire con maggiore urgenza. Ad esempio, in un paese in cui il 74% del lavoro di cura e domestico non retribuito è ancora a carico delle donne, non si tratta di supportarle nel mantenere questo carico, ma di ripensare radicalmente le città affinché infrastrutture, reti e servizi siano pensati per rispondere ai bisogni reali della popolazione, superando le disuguaglianze di genere. Allo stesso modo, è essenziale affrontare la questione della paura e della percezione di vulnerabilità che molte donne e minoranze di genere sperimentano nello spazio pubblico, soprattutto in orari serali e notturni. Normalizzare questa paura significa ignorare il problema più ampio dell’accessibilità e della libertà urbana. Occorre quindi interrogarsi: di chi è la città? Chi può davvero viverla in modo sicuro e autonomo? Quali corpi sono accolti e quali respinti? Bologna, con la sua tradizione di innovazione sociale, si configura come un laboratorio ideale per esplorare l’intersezione tra genere e variabili come condizione socio-economica, provenienza geografica, età, disabilità e orientamento sessuale, al fine di stimolare nuove politiche per l’eguaglianza sostanziale. Qui per visionare e scaricare l’Atlante di genere di Bologna per una città femminista: https://www.comune.bologna.it/myportal/C_A944/api/content/download?id=67f6670ee068140098583c63. Giovanni Caprio
Bologna: Conad licenzia 67 facchini, il sindacato ed i lavoratori rispondono con la lotta
Il magazzino Conad di Anzola Emilia, uno dei principali hub logistici per la grande distribuzione, ha recentemente annunciato la chiusura del sito. Con una PEC inviata senza preavviso, 67 lavoratori sono stati licenziati dall’oggi al domani. Nonostante i risultati finanziari di Conad siano in crescita – nel 2024, il fatturato complessivo dell’impresa cooperativa ha raggiunto […]