Bologna: No al corso per i cadetti dell’Esercito
L’Università di Bologna è nell’occhio del ciclone per le recenti polemiche a
mezzo stampa che toccano il tema dei rapporti tra mondo accademico e forze
armate. La questione riguarda un corso di filosofia pensato esclusivamente per
una quindicina di cadetti dell’Accademia militare di Modena, una proposta che il
Dipartimento di Filosofia ha deciso di respingere.
Il generale Carmine Masiello, capo di Stato maggiore dell’Esercito, ha criticato
pubblicamente la decisione, lamentando che l’ateneo non voglia accogliere gli
allievi militari. Mentre la ministra Bernini ha fatto eco parlando di una
“rinuncia a missione formativa”.
In realtà, la mancata attivazione del corso di studio dedicato non esclude in sé
e per sé i cadetti dalla formazione universitaria: questi possono infatti
iscriversi ai corsi già attivi presso l’Ateneo. La scelta del dipartimento mira,
invece, a difendere l’autonomia dell’università e a evitare che risorse e
programmi di studio vengano piegati a finalità militari o propagandistiche.
Masiello stesso aveva parlato della necessità di sviluppare “linguaggi e
tecniche di persuasione”, chiarendo così la natura selettiva e strumentale del
nuovo percorso di studio.
Non si tratta di pregiudizio: la decisione riflette una scelta etica, sostenuta
anche dagli studenti, dalle studentesse e dal personale universitario che hanno
ampiamente aderito agli scioperi contro guerre e per l’autodeterminazione del
popolo palestinese.
In un contesto di università sottofinanziate, attivare un corso di studio per un
numero così esiguo di studenti è inconfutabilmente uno spreco di risorse
pubbliche. Se poi pensiamo al fatto che migliaia di ricercatori precari stanno
per essere espulsi dagli Atenei italiani a causa della scadenza dei loro
contratti e per mezzo delle riforme volute della Ministra stessa, siamo al
cospetto di una disfunzione davvero singolare: una ricerca a tempo determinato
per tutte/i, contro la proposta di un nuovo corso destinato a essere replicato
per anni, solo per pochi privilegiati.
Il caso ha messo in luce rischi più ampi: la pressione politica o finanziaria
non dovrebbe mai determinare l’offerta formativa di un Ateneo. Il tentativo di
ignorare le esigenze interne per soddisfare i desiderata politici del momento,
minaccia la libertà accademica e l’autonomia universitaria.
La decisione del dipartimento di Filosofia va sostenuta. Si tratta infatti di un
atto di responsabilità: le università devono concentrarsi su ricerca, didattica
ordinaria e diritto allo studio, non su percorsi pensati per élite ristrette.
Difendere questa scelta significa tutelare il sapere come bene comune e
proteggere l’università dai privilegi e dalle logiche di potere nonché agire
contro la militarizzazione delle università.
Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università