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Movimento Vesuvio libero: “Un incendio evitato è più utile di un incendio spento e domato”
A tre giorni dall’ultima assemblea, che si è tenuta a Boscoreale, abbiamo elaborato i problemi rispetto alla situazione vesuviana. Abbiamo ritenuto necessario fare una differenza fra l’azione di spegnimento delle fiamme e la prevenzione avvenuta. Mentre la prima è stata rapida, rendendo la tragedia quantomeno contenuta, la seconda è stata insufficiente, se non addirittura assente. Come assemblea riteniamo essenziale occuparsi del secondo aspetto, di come un incendio evitato e mai avvenuto sia più utile di un incendio spento e domato. Ormai sono trascorsi 13 giorni da presidio avvenuto a Terzigno, nel quale ci veniva promesso un tavolo tecnico dal sindaco. Assumiamo, a questo punto, una volontà chiara di NON voler ascoltare la voce di chi queste terre le vive e le ama. Il sindaco di Terzigno è uscito pubblicamente annunciando di aver incontrato alcune figure istituzionali, ma a questi incontri mancano cittadini/e vesuviani/e. Continueremo a richiedere altri incontri e saremo nelle nostre strade per riappropriaci di decisionalità negli spazi di discussione. Abbiano analizzato quante siano le speculazioni che avvengono sulla nostra salute e di come gli incendi siano un business che è utile ad alcuni/e. Riteniamo inaccettabile che su di noi si continui a produrre profitto sottraendoci un diritto al futuro. Questa terra la amiamo e vogliamo poterci restare. Movimento Vesuvio libero Redazione Italia
Vesuvio libero: giovedì 21 agosto assemblea in piazza a Boscoreale
Nelle parole scritte ci deve essere una forza militante nonviolenta, ma nelle piazze si manifesta la dimensione più umana della resistenza civile. Domani a Boscoreale, in piazza Vargas, alle 18.30, venite, partecipate all’assemblea cittadina del Vesuvio libero, movimento nato dalle ceneri del recente incendio nel Parco nazionale del Vesuvio. Vogliamo chiedere le dimissioni del presidente del parco, e sarà indispensabile la partecipazione popolare. Hanno già aderito più di duecento persone, e molti di loro fanno parte delle seguenti associazioni o gruppi: Libera contro le mafie, Coordinamento delle student3 vesuviane, Primaurora, Mamme vulcano, Terzigno verde, Rareca Spazio Aperto (Terzigno), Coordinamento ProPalestina di Torre del Greco, Anpi di Scafati (sez. “Dino Fienga”), Cortocircuito, Pompeilab, la Fenice vulcanica, Stop biocidio, Proloco di Scafati, Potere al popolo di Torre del Greco e Ultima Generazione, di cui io faccio parte. https://www.facebook.com/share/1BB1cSw3L3/ Rayman
La piazza ribelle sotto il Vesuvio in fiamme
Dietro i palazzi si alza una nube di fumo dal Vesuvio che brucia. Diversi Canadair sorvolano piazza Vargas, a Boscoreale, dove ieri si è tenuta un’assemblea cittadina nata dal tam tam di messaggi Whatsapp. Ci sono diverse associazioni presenti, un centinaio di cittadine e cittadini preoccupati per il devastante incendio che sta distruggendo flora e fauna del Vesuvio. Lo spirito spontaneo e battagliero di partecipazione popolare spinge a concordare un presidio di protesta per domani 11 agosto alle 18.30 in Via Vecchia Campitelli a Terzigno, nei pressi del campo sportivo. Durante l’assemblea molti hanno parlato di connivenze, malaffare, corruzione. Un incendio divampato su un fronte di due chilometri non può essere casuale. L’Ente Parco del Vesuvio doveva prevenire e vigilare. Senza un controllo trasparente vengono spesi milioni di euro dei contribuenti, ma l’attacco criminale al territorio è sistematico e costante. La rabbia dei cittadini si deve trasformare in lotta nonviolenta, questo è l’auspicio prevalente in piazza. Ricordo Goffredo Fofi, grande intellettuale da poco scomparso, che scriveva: contro la disillusione bisogna studiare, fare rete, resistere e rompere i coglioni. Quando le persone riescono a organizzarsi possono ottenere risultati inattesi e ciò che sembrava impossibile diventa realtà. Noi siamo il vulcano, la terra, la vita, l’acqua e il fuoco. Non è per caso che la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU) ha condannato l’Italia per la violazione del diritto alla vita nella vicenda della Terra dei Fuochi, riconoscendo che lo Stato non ha agito con la necessaria urgenza per proteggere i cittadini dall’inquinamento causato dai rifiuti. La sentenza, emessa il 30 gennaio 2025, ha imposto all’Italia l’adozione di misure concrete per la bonifica e la protezione della popolazione, con un termine di due anni per l’attuazione. La CEDU ha riconosciuto che l’Italia ha violato l’articolo 2 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, che tutela il diritto alla vita, a causa della sua incapacità di agire efficacemente contro l’inquinamento nella Terra dei Fuochi. La Corte ha ordinato all’Italia di implementare una strategia globale per affrontare il problema, che includa misure generali, un meccanismo di monitoraggio indipendente e una piattaforma pubblica di informazione. La prudenza e la rassegnazione non portano a nulla. Ci vuole una sana e dirompente conflittualità, come ha detto il rappresentante di Libera contro le mafie. Un grido di dolore si è alzato ieri dalla piazza; vedremo domani quanti risponderanno all’appello.   Rayman
In Italia quest’anno sono stati bruciati 30.988 ettari di territorio
Nei primi sette mesi del 2025 sono andati in fumo 30.988 ettari di territorio pari a 43.400 campi da calcio. Il Sud è il più colpito dall’emergenza incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari percorsi dalle fiamme: Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata, Campania e Sardegna. Incendiari, ecomafiosi e crisi climatica tra le cause degli incendi boschivi. Sotto attacco le aree naturali protette: andati persi da inizio anno 6.261 ettari di aree Natura 2000. Preoccupano i ritardi nell’attuazione dei Piani Antincendio Boschivo (AIB): 5 parchi nazionali hanno il piano scaduto e ancora in fase di rielaborazione. Sono i dati del nuovo dossier “Italia in fumo” di Legambiente. Dal 1° gennaio al 18 luglio 2025 nella Penisola si sono verificati 653 incendi, una media di 3,3 incendi al giorno con una superficie media bruciata di 47,5 ettari. Dei 30.988 ettari di territorio bruciati nei primi sette mesi del 2025, 18.115 hanno riguardato ettari naturali (ossia aree boscate); 12.733 ha hanno interessato aree agricole, 120 ettari aree artificiali e 7 ettari aree di altro tipo. Per quanto riguarda gli eventi maggiormente distruttivi che hanno coinvolto una superficie superiore ai 100 ettari, Legambiente mette al primo posto ancora la Sicilia con 49 incendi su un totale nazionale di 81, seguita da Puglia con 10 incendi e 1957 ettari andati in fumo, Basilicata, Sardegna, Campania con rispettivamente 5 roghi e 1880, 1089, e 824 ettari bruciati. Preoccupano anche gli incendi scoppiati in aree naturali: su 30.988 ettari di territorio bruciati, ben 6.260,99 hanno riguardo aree Natura 2000 in 198 eventi incendiari. Il Sud, come si diceva, si conferma l’area più colpita dagli incendi con sei regioni in cima alla classifica per ettari bruciati. Maglia nera alla Sicilia, con 16.938 ettari bruciati in 248 roghi. Seguita da Calabria, con 3.633 ettari in 178 eventi incendiari, Puglia con 3.622 ettari in 69 eventi, Basilicata con 2.121 ettari in soli 13 roghi (con la media ettari per incendio più alta: 163,15), Campania con 1.826 ettari in 77 eventi e la Sardegna con 1.465 ettari in 19 roghi. Tra le regioni del Centro e Nord Italia: ci sono il Lazio (settimo in classifica) con 696 ettari andati in fumo in 28 roghi e la Provincia di Bolzano (ottava in classifica) con 216 ettari in 3 roghi e la Lombardia. Per Legambiente il Paese paga non solo lo scotto dei troppi ritardi, ma anche l’acuirsi della crisi climatica che amplifica il rischio di incendi boschivi e l’assalto delle ecomafie e degli incendiari. Secondo l’ultimo Rapporto Ecomafia, nel 2024 sono stati 3.239 i reati (incendi boschivi e di vegetazione, dolosi, colposi e generici in Italia) contestati dalle forze dell’ordine, Carabinieri forestali e Corpi forestali regionali, un dato però in calo del 12,2% rispetto al 2023. Sono 459 le persone denunciate (-2,1% rispetto al 2023), 14 invece quelle arrestate (+16,7% rispetto al 2023). L’analisi di questi fenomeni criminali è arricchita dalle attività, anche di carattere preventivo raccontate sempre nel Rapporto Ecomafia grazie al contributo elaborato dal Nucleo informativo antincendio boschivo del Comando Carabinieri per la Tutela forestale e dei Parchi. Il dettaglio delle notizie di reato conferma la prevalenza degli incendi di natura dolosa (1.197 su 2.612, pari al 45,8%), purtroppo per il 95% contro ignoti. Sempre di origine prevalentemente dolosa sono le notizie di reato relative a incendi di vegetazione non boschiva, 294 su 423, pari a circa il 70%, anche in questo caso quasi sempre contro ignoti. Legambiente ha lanciato anche un pacchetto di 12 proposte, chiedendo di: 1) Migliorare il coordinamento istituzionale per il governo integrato degli incendi boschivi e coinvolgere le istituzioni competenti per la gestione forestale. 2) Integrare le strategie di adattamento con la pianificazione forestale e quella antincendio boschivo. 3) Garantire la gestione sostenibile delle zone rurali per ridurre il rischio di incendio. 4) Adottare il pascolo prescritto per la prevenzione degli incendi. 5) Coinvolgere i cittadini e le comunità locali: Fire smart community e Fire smart territory. 6) Garantire dati e statistiche aggiornate e l’attuazione e aggiornamento del catasto delle aree percorse al fuoco. 7) Favorire il ripristino ecologico e funzionale delle aree percorse dal fuoco. 8) Integrare la pianificazione urbanistica con la prevenzione degli incendi boschivi. 9) Potenziare i presidi dello Stato nella lotta agli incendi boschivi. 10) Estendere le pene previste per il reato di incendio boschivo a qualunque tipologia di incendio. 11) Migliorare l’applicazione delle norme contro gli incendi boschivi; 12) Rafforzare i divieti previsti dalle norme nazionali e regionali. Qui il Report di Legambiente: https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/2021/11/2025-Report-Incendi-1.pdf. Giovanni Caprio
Sul disastro a Roma Est
Venerdì 4 luglio una perdita di gas da un autobotte che stava rifornendo in distributore di GPL, a Casino 23, Roma Est. Una serie di esplosioni minori ha richiamato squadre di pompieri, raggiunti poi dalla esplosione più catastrofica che, in tutto simile ad una bomba, ha provocato una cinquantina di feriti tra i soccorritori e due di questi sono gravi. Quello che segue è la riflessione del gruppo Ecomuseo Casilino Riflessione a largo raggio. ‘Stamattina, alle 8, in via dei Gordiani, è successo ciò che da tempo era scritto. Non è fatalismo: è memoria, osservazione, esperienza. Non riusciamo a limitarci a un semplice post di vicinanza verso chi sta soffrendo. Lo siamo, vicini. Ma siamo anche profondamente arrabbiati. Perché questa volta è stato troppo. Solo un anno fa raccontavamo l’incendio al deposito giudiziario di via Artena; poche settimane fa, l’ennesimo rogo al Pratone di Torre Spaccata e al Parco di Centocelle. A Roma Est, ogni mese ha il suo disastro, ogni anno la sua ferita. Un filo rosso unisce luoghi diversi, segnati non dalla sfortuna, ma da una visione vecchia, logora, della città, dello sviluppo e della gestione del territorio. Zone ad alto rischio incastonate tra le case, a pochi passi da scuole e centri ricreativi: un azzardo quotidiano sulla pelle delle persone, in palese contraddizione con leggi e regolamenti comunali (basta leggere il piano carburanti del Comune per scoprire che il benzinaio esploso stamattina, semplicemente, non doveva essere lì). Spazi verdi di grande valore abbandonati all’incuria, soffocati dall’incapacità cronica di anteporre il bene comune agli interessi privati. Mai utilizzati davvero come volano per la riqualificazione ambientale, né come strumenti per mitigare i danni dell’impatto antropico. Aree ex industriali, ex commerciali, ex qualsiasi cosa, senza uno straccio di progetto di riconversione, lasciate lì, a perpetua memoria di quei modelli fallimentari. Un territorio, insomma, trattato come una zona di risulta. Una fastidiosa incoerenza nell’immaginario in franchising di Roma. E sia chiaro: non è un problema solo di oggi. È da almeno quarant’anni che va avanti così. E noi, puntuali come un orologio rotto, ogni anno siamo qui a ripetere le stesse cose. Da quindici anni. Nel frattempo, il Comprensorio Casilino resta senza uno straccio di pianificazione, il Parco di Centocelle continua a bruciare come se fosse previsto dal piano regolatore, e l’ennesimo ferravecchio protoindustriale va in fumo, giusto per non farci mancare nulla. Nel mentre, si inaugura l’ennesimo ipermercato o si lanciano “rivoluzionari” progetti di studentati — ché oggi fa tanto innovazione. Perché qui, a Roma Est, lo sviluppo locale è ancora guidato da strumenti di cinquant’anni fa, superati almeno da trenta. E mentre organizzare un evento culturale richiede una trafila da equilibristi tra regolamenti, permessi e autorizzazioni, se invece si vuole costruire una palazzina davanti a un acquedotto romano bastano una SCIA, due tecnici e un murales. Lo diciamo da sempre: fare periferia è un atto politico. È un disegno chiaro, deliberato. Generare disagio, alimentare incertezza, depotenziare le risorse locali serve a mantenere quelle “zone grigie” che, un domani — magari già domani, vista la recente discesa in campo dei fondi immobiliari milanesi anche su Roma — diventeranno moneta urbanistica. E mentre tutto questo accade, cala il silenzio. Anche da parte delle realtà locali, sempre più spente, sempre più allineate. Qualche comunicato, e poco più. E non bastano persone di cuore, oneste e anche di visione di cui l’amministrazione è piena, perché la macchina è ormai ingrippata, succube di una cultura politica del breve termine. Siamo stanchi. Stanchi di ripeterci, stanchi di fare la parte delle Cassandre. Stanchi di essere sempre quelli “non allineati” — alla politica, ai movimenti, ai comitati, alle “cose importanti”. Sì, siamo diversi. Ed è per questo che oggi, mentre ringraziamo con sincerità chi è impegnato ad aiutare chi è stato colpito, a cui rinnoviamo la nostra vicinanza, invitiamo al silenzio. E alla riflessione. Ma non possiamo tacere il fatto che, se l’esplosione fosse avvenuta due ore più tardi, oggi forse conteremmo le vittime. E non possiamo ignorare che le responsabilità sono chiare: storiche e attuali. Non possiamo perché, come diceva Pasolini: noi sappiamo i nomi. Redazione Roma
Roma, esplosione a Villa De Sanctis
Con un compagno della Borgata Gordiani parliamo dell'incendio di stamattina. Intorno alle 8 infatti una forte esplosione ha distrutto il distributore di benzina/gpl di via dei Gordiani, difronte Villa De Sanctis. Di seguito il comunicato della Borgata: Al caldo asfissiante si aggiungono il fuoco, il fumo e le esplosioni. È lo scenario apocalittico generato dall’incidente alla pompa GPL di Via dei Gordiani di questa mattina, che segue di pochi giorni l’esplosione di un bus ATAC su via Prenestina. Non è compito nostro ricercare le responsabilità sui singoli casi, ma abbiamo sempre più chiara una cosa: viviamo in un quadrante insicuro. E non per la microcriminalità e lo spaccio, che sicuramente sono problemi che vanno affrontati (ma davvero, sul piano sociale e non solo con la polizia), ma per la loro conformazione. Densità abitativa altissima e tanti luoghi potenzialmente letali, come una pompa GPL a pochi metri da un centro estivo, dai palazzi e dai campi sportivi. Ricordate, poi, pochi anni fa gli incendi agli sfasci di Via Palmiro Togliatti, che generarono giorni interi di nubi tossiche? O quello di pochi giorni fa a centocelle, con l’obbligo per gli abitanti di tenere le finestre chiuse. Ecco. Non sono “casi isolati”, ma qualcosa di ciclico e strutturale. Chi vive nei quartieri popolari non è tutelato. Non lo siamo di fronte al cambiamento climatico, che soffoca le nostre vite e alimenta gli incendi, non lo siamo nella conformazione dei territori che diventano bombe a orologeria che ogni tanto, ma sempre più spesso, esplodono lanciando segnali e, soprattutto, causando feriti, case distrutte e paura, non lo siamo quando saliamo su mezzi pubblici antiquati, vecchi e insicuri. Ora, per noi, è il tempo di stringerci attorno alla nostra comunità colpita, sostenere chi ha visto i vetri delle sue finestre distruggersi e di augurare la pronta guarigione a chi è ferito. Ma bisognerà, da domani, immaginare un modello diverso perché quelli che sembrano episodi isolati e casuali, andando a vedere poi nel dettaglio, non lo sono. Perché, se guardiamo agli altri disastri della città, vediamo come nelle periferie le certezze di ricostruire, di migliorare quello che c’era prima, non c’è mai. E su questo non dobbiamo abbassare la testa. Lo dicevamo anni fa: vogliamo respirare. Oggi vogliamo anche vivere. Vogliamo la messa in sicurezza dei nostri quartieri, delle nostre case, delle nostre strade. Perché le nostre vite contano.
VITERBO: VASTO INCENDIO ALLA FACOLTÀ DI AGRARIA. CAMBIARE ROTTA: “COMPLICE IL DEFINANZIAMENTO DEGLI ATENEI”
Un vasto incendio è divampato questa mattina, mercoledì 4 giugno, presso la facoltà di Agraria dell’Università della Tuscia a Viterbo. Da quanto si apprende – mentre sono ancora in corso le operazioni di spegnimento – una parte del tetto di un edificio del polo del Riello, dove si è sviluppato il rogo, risulta già fortemente danneggiato, ma almeno per ora non si registrano feriti: un operaio inizialmente dato per disperso è stato ritrovato. Nelle ultime ore, l’incendio si è propagato anche a un’altra palazzina del complesso, assumendo dimensioni tali da richiedere l’intervento dell’esercito per coadiuvare i vigili del fuoco nelle operazioni di spegnimento delle fiamme, che si sarebbero propagate dal tetto dove erano in corso dei lavori. Evacuata intanto la zona attorno all’ateneo della Tuscia per un raggio di 500 metri. Per Cambiare Rotta questo incendio “ha messo a rischio la vita di tutti gli studenti che stavano svolgendo gli esami, i docenti e i lavoratori” e chiama un presidio presso il complesso di Santa Maria in Gradi – iniziato alle 15 di questo pomeriggio – per denunciare l’accaduto. “È una vergogna, e non un fatto isolato – scrive Cambiare Rotta nella chiamata al presidio – le condizioni dell’edificio, il sottofinanziamento dell’università, la mancanza di misure di sicurezza hanno messo a rischio la vita di tutti. In più la certezza è che nel prossimo periodo l’edificio e la zona rimarranno inagibili, con conseguenze gravi per tutti gli studenti e i lavoratori che rimarranno senza una sede universitaria”. In collegamento dal presidio, sentiremo Elettra di Cambiare Rotta Ascolta o scarica