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DL SICUREZZA: LA CASSAZIONE SOLLEVA DUBBI SULLA COSTITUZIONALITÀ “NEL MERITO E NEL METODO”
L’ufficio del Massimario della Cassazione ha rilevato criticità sul decreto legge Sicurezza del governo Meloni. I giudici hanno prodotto un documento di 129 pagine nel quale esprimono e raccolgono una lunga serie di perplessità “sul merito e sul metodo”. I giudici, infatti, per quanto riguarda i contenuti del pacchetto di norme liberticide e repressive volute dalla destra al governo per colpire le lotte sociali, sollevano alcuni dubbi sulla proporzionalità dei nuovi reati o delle nuove pene previste in relazione alla gravità dei reati contestati. Per quanto riguarda il metodo, il Massimario della Corte di Cassazione mette in dubbio anche la legittimità del “golpe burocratico” con cui il governo ha trasformato il disegno di legge, che stava affrontando la discussione in aula secondo l’iter parlamentare, in decreto legge. Il documento dei giudici afferma che “non c’era nessuna necessità di procedere con una legiferazione d’urgenza”. Il commento dell’avvocato Eugenio Losco ai microfoni di Radio Onda d’Urto. Ascolta o scarica.  
La Corte di Cassazione boccia il Decreto Sicurezza: viola la legalità con aggravanti ingiustificate
La Cassazione boccia il Decreto Sicurezza: manca urgenza, norme eterogenee, viola legalità e proporzionalità. Rischio carcere per marginalità e dissenso. E’ un duro colpo per il governo e la maggioranza: la Legge 9 giugno 2025, n. 80, che ha convertito il controverso Decreto Legge 11 aprile 2025, n. 48, il cosiddetto Decreto Sicurezza, è a rischio di incostituzionalità in più punti. La Corte di Cassazione, nella sua relazione 33/2025 sulle novità normative (documento non vincolante ma di altissima autorevolezza giuridica), ha espresso una bocciatura senza appello, raccogliendo e facendo proprie le criticità evidenziate da tutta la comunità giuridica: dall’accademia alla magistratura, fino all’avvocatura. Il risultato, secondo la Suprema Corte, sarà un aumento dei processi e del numero di persone in carcere. Le critiche della Cassazione si concentrano su due aspetti principali: il metodo di adozione del provvedimento e i suoi contenuti. La relazione sottolinea la mancanza dei requisiti di necessità e urgenza che, per Costituzione, sono imprescindibili per l’adozione di un decreto legge. Il provvedimento ha infatti inglobato un disegno di legge che era già da mesi all’esame del Parlamento e aveva già ottenuto l’approvazione della Camera. L’uso del decreto d’urgenza, motivato con l’esigenza di “evitare ulteriori dilazioni al Senato”, si scontra con la giurisprudenza consolidata della Corte Costituzionale, la quale ha più volte ribadito che il ricorso al decreto-legge non può fondarsi su una “apodittica enunciazione dell’esistenza delle ragioni di necessità e di urgenza” . Il decreto inoltre è eterogeneo. Si occupa, infatti, di una pluralità di materie vastissime e disparate che non sono tra loro connesse e omogenee: terrorismo, mafia, beni confiscati, sicurezza urbana, tutela delle forze dell’ordine, vittime dell’usura, ordinamento penitenziario, strutture per migranti e coltivazione della canapa. Questa eterogeneità è considerata un ulteriore vizio di legittimità costituzionale per i decreti legge. La relazione della Cassazione individua “profili problematici” anche nei contenuti di alcune norme: * aggravanti “di luogo”: vengono citate le aggravanti introdotte per i reati compiuti “dentro e fuori le stazioni ferroviarie e della metro”. La Cassazione sottolinea come non sia chiaro per tutte le condotte punibili il nesso con il principio di offensività(secondo cui un reato deve ledere o mettere in pericolo un bene giuridico). Inoltre, il riferimento alle “immediate adiacenze” delle stazioni può generare incertezze interpretative e disparità di trattamento, come già evidenziato dal CSM (Consiglio Superiore della Magistratura); * aggravanti “di luogo e di contesto” per il dissenso: dubbi vengono espressi anche sulle aggravanti che rischiano di colpire “l’area della manifestazione del dissenso”, come quelle applicabili nei cortei. Questo potrebbe portare a una criminalizzazione eccessiva di condotte legate alla protestae alla libera espressione; * carceri e Cpr: preoccupazioni analoghe riguardano le norme sui penitenziari e i Centri di Permanenza per il Rimpatrio (Cpr), dove si rischia di criminalizzare la disobbedienza e la resistenza passiva, aggravando ulteriormente situazioni già critiche; * “diritto penale d’autore” e detenute madri: la relazione riporta le preoccupazioni della dottrina sul cosiddetto “diritto penale d’autore” applicato alle ipotesi di carcere per le detenute madri. Questo concetto, che “guarda non a ciò che l’uomo fa, bensì a quel che l’uomo è” (ad esempio, il riferimento alle borseggiatrici Rom), rischia di colpire le persone non per la condotta illecita specifica, ma per il loro status sociale o l’appartenenza a determinate categorie, violando i principi di uguaglianza e non discriminazione; * materiale propedeutico al terrorismo: sulla detenzione di materiale propedeutico al terrorismo, la norma rischia di anticipare eccessivamente la soglia di punibilità, criminalizzando condotte preparatorie che potrebbero essere ancora troppo distanti dalla realizzazione di un effettivo reato; * non punibilità degli agenti segreti: la Cassazione chiede un’“approfondita riflessione” sulla controversa norma che estende la non punibilità degli agenti segreti alla direzione di organizzazioni terroristiche. Questa disposizione permette agli 007 di “creare gruppi eversivi da zero” a fini preventivi, sollevando forti preoccupazioni sulla mancanza di controllo democratico e sul rischio di devianze.   Articolo 21
Decreto sicurezza: “gravissimi profili di incostituzionalità”. L’appello promosso dai giuristi supera le 5.000 firme
Il Decreto Sicurezza “presenta una serie di gravissimi profili di incostituzionalità“. In primo luogo, la decretazione d’urgenza, “senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza” costituisce una “violazione è del tutto ingiustificata e senza precedenti” delle prerogative del Parlamento. Nel merito, poi, è un decreto che punta a reprimere il dissenso e comprime alcuni diritti fondamentali, tassello fondamentale in qualunque democrazia. Non usa mezzi termini l’appello pubblico promosso da 237 i giuristi italiani, tra cui tre presidenti emeriti della Corte Costituzionale. Le firme sono raccolte sul sito di Articolo21. -------------------------------------------------------------------------------- Riceviamo e volentieri pubblichiamo il testo dell’appello: È compito dei giuspubblicisti nei periodi normali della vita del paese interpretare ed insegnare la nostra Costituzione. È anche compito dei singoli giuspubblicisti assumere delle posizioni individuali all’esterno dell’Università. Ci sono momenti però nei quali accadono forzature istituzionali di particolare gravità, di fronte alle quali non è più possibile tacere ed è anzi doveroso assumere insieme delle pubbliche posizioni. È questo il caso che si è verificato nei giorni scorsi quando il disegno di legge sulla sicurezza, che stava concludendo il suo iter dopo lunghi mesi di acceso dibattito parlamentare dati i discutibilissimi contenuti, è stato trasformato dal Governo in un ennesimo decreto-legge, senza che vi fosse alcuna straordinarietà, né alcun reale presupposto di necessità e di urgenza, come la Costituzione impone. Tale decreto – ultimo anello di un’ormai lunga catena di attacchi volti a comprimere i diritti e accentrare il potere – presenta una serie di gravissimi profili di incostituzionalità, il primo dei quali consiste nel vero e proprio vulnus causato alla funzione legislativa delle Camere. È accaduto spesso in passato ed anche in tempi recenti che la dottrina si trovasse a denunciare l’uso abnorme dello strumento della decretazione d’urgenza. Presidenza della Repubblica, Corte costituzionale, Presidenti delle Camere hanno più volte preso posizione in difesa del Parlamento e delle sue prerogative gravemente calpestate nell’esercizio della potestà legislativa, rimanendo inascoltati. In quest’occasione la violazione è del tutto ingiustificata e senza precedenti, dato che l’iter legislativo, ai sensi dell’art. 72 della Costituzione era ormai prossimo alla conclusione, quando è intervenuto il plateale colpo di mano con cui il Governo si è appropriato del testo e di un compito, che, secondo l’art. 77 Costituzione può svolgere solo in casi straordinari di necessità e di urgenza, al solo scopo, sembra, di umiliare il Parlamento e i cittadini da esso rappresentati. Quanto al merito, si tratta di un disegno estremamente pericoloso di repressione di quelle forme di dissenso che è fondamentale riconoscere in una società democratica. Ed è motivo di ulteriore preoccupazione il fatto che questo disegno si realizzi attraverso un irragionevole aumento qualitativo e quantitativo delle sanzioni penali che – in quanto tali – sconsiglierebbero il ricorso alla decretazione d’urgenza, dal momento che il principio di colpevolezza richiede che chi compie un atto debba poter sapere in anticipo se esso è punibile come reato mentre, al contrario, l’immediata entrata in vigore di un decreto-legge ne impedisce la preventiva conoscibilità. Numerosi sono i principi costituzionali che appaiono compromessi. Solo a scopo esemplificativo vogliamo ricordarne alcuni: il principio di uguaglianza non consente in alcun modo di equiparare i centri di trattenimento per stranieri extracomunitari al carcere o la resistenza passiva a condotte attive di rivolta; in contrasto con l’art. 13 Cost. e la tutela della libertà personale è il c.d. daspo urbano disposto dal questore che equipara condannati e denunciati; non meno preoccupante è la previsione con cui si autorizza la polizia a portare armi, anche diverse da quelle di ordinanza e fuori dal servizio. Una serie di disposizioni del decreto-legge aggravano gli elementi di repressione penale degli illeciti addebitati alla responsabilità di singoli o di gruppi solo per il fatto che l’illecito avvenga “in occasione” di pubbliche manifestazioni, disposizione che per la sua vaghezza contrasta con il principio di tipicità delle condotte penalmente rilevanti, violando per giunta la specifica protezione costituzionale accordata alla libertà di riunione in luogo pubblico o aperto al pubblico (art. 17 Cost.) mentre altre disposizioni violano palesemente il principio di determinatezza e di tassatività tutelato dall’art. 25 Cost.: si punisce con la reclusione chi occupa o detiene senza titolo “un immobile destinato a domicilio altrui o sue pertinenze”; si rischiano pene fino a sette anni per l’occupazione di luoghi che presentano un’estensione del tutto imprecisata e rimessa a valutazioni e preferenze del tutto soggettive dell’interprete. Torsione securitaria, ordine pubblico, limitazione del dissenso, accento posto prevalentemente sull’autorità e sulla repressione piuttosto che sulla libertà e sui diritti rappresentano le costanti di questi interventi Insegniamo che la missione di chi governa dovrebbe essere quella di cercare un equilibrio nel rapporto tra individuo e autorità. Invece, il filo che lega il metodo e il merito di questo nuovo intervento normativo rende esplicito un disegno complessivo, che tradisce un’impostazione autoritaria, illiberale e antidemocratica, non episodica od occasionale ma mirante a farsi sistema, a governare con la paura invece di governare la paura. Confidiamo che tutti gli organi di garanzia costituzionale mantengano alta l’attenzione e censurino questo allontanamento dallo spirito della nostra Costituzione, che fonda la convivenza della comunità nazionale su democrazia, pluralismo, diritti di libertà ed uguaglianza di fronte alla legge, affinché nessuno debba temere lo Stato e tutti possano riconoscerne, con fiducia, il ruolo di garante della legalità e dei diritti.