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Il porto crocieristico di Fiumicino, implicazioni per il sistema di mobilità di Roma
di Pietro Spirito Il contributo di Pietro Spirito, economista dei trasporti, del consiglio direttivo di Carteinregola, al Dossier mobilità Programmi, progetti, conflitti, domande, proposte . In calce il suo intervento in video per la presentazione del Dossier del 4 dicembre 2025. Lo smarrimento delle politiche per la mobilità in una area metropolitana come Roma si misura anche dalla incapacità di valutare le possibili ricadute che si determinano se vengono realizzati progetti fuori dalla cinta muraria, che poi determinano impatti assolutamente rilevanti. Invece di prenderli in considerazione si rischia così di assistere nel silenzio alla futura caduta di tegole in testa, ovviamente essendo a quel punto del tutto incapaci di mettere in campo provvedimenti adeguati a governare una  crescita non imprevedibile, ma non governata, della mobilità. I casi che si potrebbero prendere in considerazione per stigmatizzare questo approccio sono molteplici, ma ne prenderemo in considerazione uno solo, emblematico. Il progetto del nuovo porto turistico-crocieristico di Fiumicino (Isola Sacra) rappresenta un potenziale investimento privato rilevante, pari a circa 600 milioni di euro, con  effetti rilevanti sul sistema di mobilità di Roma. Se fosse realizzato questo nuovo porto crocieristico lungo la direttrice occidentale verso il centro della città, si determinerebbe un forte aumento della congestione. Ovviamente, per inquadrare la questione della mobilità, bisogna inserirla nel contesto di questo progetto. La presente analisi mette in evidenza i seguenti punti: (i) caratteristiche del progetto e quadro; della VIA (Valutazione di Impatto Ambientale); (ii) dinamiche della domanda crocieristica e flussi di passeggeri; (iii) impatti attesi su infrastrutture stradali e ferroviarie; (iv) effetti ambientali locali legati a emissioni e congestione; (v) misure di mitigazione e raccomandazioni per una governance integrata. Negli ultimi mesi la procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per il progetto è stata formalmente pubblicata e ha ricevuto pareri tecnici favorevoli (con robuste condizioni), rendendo il tema attuale e operativo. Il progetto prevede darsene per grandi navi crociera, funzioni ricettive e commerciali e una concessione di lungo periodo[1]. Su quest’ultimo tema è intervenuta l’Autorità Garante per la Concorrenza ed il Mercato[2]. Non torniamo sulle molteplici e rilevanti questioni che rendono il progetto critico per il sistema portuale nel suo insieme, al punto tale da ritenerlo non solo inutile ma dannoso. Stavolta ci soffermiamo sulle implicazioni per il sistema di mobilità dì Roma. Basiamo le nostre osservazioni sulla analisi documentale (documentazione VIA[3], controdeduzioni pubbliche), sulla revisione bibliografica e  su studi empirici di impatto crocieristico su città portuali (studio su big-data per congestione urbana, case studies spagnoli e barcellonesi), ricorrendo anche ad una valutazione qualitativa delle implicazioni per la rete di mobilità regionale (tratte ferroviarie FL-1); ovviamente va presa in considerazione la connettività stradale Isola Sacra–Roma: il carico aggiuntivo rispetto ad una direttrice stradale già oggi oltre le soglie tollerabili del traffico sarebbe oltre il limite soglia della tollerabilità. Fonti ufficiali dei traffici portuali sono state utilizzate per dimensionare i flussi attuali. Le infrastrutture previste richiedono imponenti opere di dragaggio per realizzare banchine per navi di grande stazza. L’articolazione del progetto consiste anche in una marina, hotel e aree commerciali. Nella valutazione della mobilità generata non va solo considerata l’approdo crocieristici ma l’insieme delle funzioni turistiche comprese nel progetto. La  documentazione VIA comporta studi su erosione costiera, qualità delle acque e analisi dei flussi di traffico generati dall’attività crocieristica, anche con uno studio di impatto trasportistico allegato alla VIA. Il Lazio si conferma una regione crocieristica trainante (record passeggeri 2024 e alta densità di accosti). Soprattutto per le caratteristiche di Roma, un approdo crocieristico prende le caratteristiche di home port, vale a dire di scalo per la partenza e l’arrivo delle crociere. Questo schema prevede la presenza dei turisti non solo per il giorno della partenza, ma per altri segmenti di permanenza, in arrivo e partenza. Di conseguenza, il tasso di mobilità cresce ulteriormente. L’attivazione di un nuovo terminal a Fiumicino avverrebbe certamente in presenza di un numero complessivo di sbarchi/imbarchi nella regione in aumento.  Riconfigurare la distribuzione dei passeggeri tra Civitavecchia e Fiumicino non è neutrale per le ricadute sulla mobilità per Roma. La identificazione di un secondo molo crocieristico pone tutta una serie di implicazioni problematiche sulla articolazione complessiva del sistema di offerta. Studi su altre città mostrano che le attività crocieristiche generano picchi giornalieri che si traducono in incrementi significativi del traffico urbano (es.: aumento stimato di congestione fino al ~12%, circa il 12%). Questa valutazione è condotta da studi che usano big-data. Tale valore è utile come ordine di grandezza per la valutazione di impatto trasportistico. I flussi di autobus turistici, navette dedicate e veicoli privati diretti al porto possono concentrare pressioni sulla viabilità di Isola Sacra e sulle direttrici verso Roma (A91, via della Scafa, via Portuense). L’effetto di spill-over può aggravare la congestione su nodi urbani e parcheggi di scambio in prossimità della Capitale. Qualche misura di attenuazione della congestione si può mettere in campo, ma va programmata e finanziata per tempo. E le risorse che servono sono almeno pari ai costo dell’investimento per la costruzione del porto. Si può determinare un significativo incremento della domanda passeggeri sulla FL-1 che potrebbe giustificare corse dedicate e potenziamento delle frequenze (shuttle ferroviari per coincidere con sbarchi/imbarchi). La capacità attuale e la dotazione infrastrutturale (numero di binari, stazioni di interscambio, spazi per parcheggio) richiedono investimenti e accordi contrattuali tra infrastrutture ferroviarie e gestore portuale. La documentazione VIA contiene ipotesi di spostamento modale che necessitano una verifica empirica. Poi c’è ovviamente la questione dell’impatto sull’ambiente., che non riguarda solo il fronte del porto. Le navi a motore tradizionale e i movimenti veicolari generano emissioni locali molto consistenti (NO₂, PM, SO₂). La letteratura indica che, senza misure di elettrificazione e navette pulite, i porti crocieristici possono creare concentrazioni puntuali di inquinanti. Le normative UE e le esperienze (es. Barcellona) mostrano la strada verso shore-power e limitazioni strutturate. Nei documenti di progetto, come accade sempre in casi come questi, sono citati effetti positivi, con la creazione di posti di lavoro, opportunità di sviluppo turistico locale e rigenerazione urbana se integrate con politiche pubbliche. Di converso sono evidenti, e non richiedono dimostrazione, conflitti con i porti esistenti (in particolare Civitavecchia). Al progetto si è determinata opposizione locale per impatti paesaggistici e ambientali, oltre che rischi di sovra-concentrazione turistica in alcune aree della città. Sulla base di quanto abbiano ricostruito, andrebbe definito un Piano di mobilità integrato crociera–città. Significa definire obblighi contrattuali per il gestore del porto su percentuali minime di passeggeri trasportati con mezzi collettivi (treno/navetta elettrica) e su orari di sbarchi differenziati per distribuire domanda.  È in ogni caso necessario potenziare FL-1 e creare hub intermodale: stazione di interscambio dedicata, parcheggi di scambio, corsie preferenziali per navette crociera. Va  poi realizzata la elettrificazione delle banchine e lo  shore-power[4]: obbligo progressivo di connessione alle banchine per ridurre emissioni locali; incentivi a navi compatibili e infrastrutture di ricarica per navette elettriche (prassi già adottata in porti UE). È indispensabile il monitoraggio ambientale con un  osservatorio mobilità: KPI[5]  obbligatori nel contratto di concessione (emissioni, % passeggeri in TPL, tempi medi di trasferimento verso Roma). Invece, di tale questione di occupano solo le associazioni che di sono mobilitate contro il progetto del porto crocieristico di Fiumicino. Nell’orizzonte della pianificazione dell’area metropolitana di Roma non si trova traccia di tale questione. Le tegole si avvicinano implacabilmente. Se si decidesse, non auspicabilmente, di procedere comunque verso la realizzazione del porto crocieristico, sono necessari tavoli di concertazione con Comune di Fiumicino, Città Metropolitana di Roma, AdSP (Autorità di Sistema Portuale) e comunità locali per misure di compensazione ambientale e sociale. Le esperienze internazionali possono offrite spunti dai quali partire per minimizzare almeno i danni potenziali. Città come Barcellona hanno già limitato capacità crocieristica e potenziato shore-power e restrizioni di accesso per gestire l‘overtourism. Questo  percorso fornisce un benchmark per politiche preventive e limiti strutturali alla crescita incontrollata. Studi empirici sull’impatto crociere (uso di big-data) mostrano che i picchi giornalieri sono gestibili solo con infrastrutture di trasporto collettivo dedicate e con politiche di regolazione del flusso. Il progetto del porto crocieristico di Fiumicino presenta rischi rilevanti per la mobilità e l’ambiente se non accompagnato da: investimenti in ferrovia e intermodalità, misure di elettrificazione, governance territoriale e obblighi contrattuali vincolanti sul trasporto collettivo. Il modello ottimale è un’integrazione stretta tra investitore privato, autorità portuale e amministrazioni locali per evitare congestione urbana, ridurre emissioni e massimizzare i benefici socio-economici. Di tutto ciò non si parla. Quando si comincerà a farlo sarà tropo tardi. — Riferimenti bibliografici (documenti e studi citati) Documentazione procedura VIA — Progetto per la realizzazione del Porto turistico-crocieristico di Fiumicino (Ministero / piattaforma VIA). Comunicati e notizie sul via libera alla VIA e dettagli di progetto (Shipping Italy; Cruisetermint; ANSA; Il Faro). Dati traffici portuali AdSP: traffici Porto di Fiumicino (2024, 2025). vedi anche, nella prima parte del Dossier Le città metropolitane e il nodo della mobilità  di PietroSpirito  Vai alla prima parte del Dossier VAI ALL’INDICE DEL DOSSIER SCARICA IL DOSSIER COMPLETO IN PDF vai a Progetto Porto turistico crocieristico di Fiumicino cronologia materiali 5 dicembre 2025 Per osservazioni e precisazioni scrivere a laboratoriocarteinregola@gmail.com NOTE ________________________________________________________________________ [1] Vedi Progetto Porto turistico – crocieristico di Fiumicino – cronologia e materiali https://www.carteinregola.it/idossier-2/progetto-porto-della-concordia-di-fiumicino-cronologia-e-materiali/ [2] L’ Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato nella seduta del 14 gennaio 2025 ha formulato  alcune osservazioni in merito al procedimento VIA relativo al progetto del Porto turistico crocieristico di Fiumicino  scarica l’estratto del Bollettino 4/2025 del 03/02/2025 pag. 33 [3] Vedi il  sito del MITE con la documentazione della VIA [4] Lo “shore power”, noto anche come “cold ironing”,  è il sistema di alimentazione elettrica da banchina che consente alle navi attraccate di collegarsi alla rete elettrica a terra, permettendo così di spegnere i motori ausiliari. [5] Key Performance Indicator, Indicatore Chiave di Prestazione _________________________________________________________________
Demolizione e ricostruzione di immobili, il Consiglio di Stato fa chiarezza
Mentre si profila all’orizzonte una nuova legge che si inserisce nel filone della cosiddetta “Salva Milano” ad opera del Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, proponiamo una sentenza del Cosniglio di Stato pubblicata qualche settimana fa che fa finalmente chiarezza, con rigore e buon senso, su cosa si debba intendere per “rigenerazione urbana” e con quali modalità si debba applicare perchè vada nel senso dell’interesse pubblico e non della speculazione privata. Una sentenza che adesso potrebbe essere del tutto superata dalle modifiche normative al Testo Unico dell’edilizia che si vogliono introdurre e che sono l’ennesima offensiva alla qualità della vita dei cittadini, oltre che della tutela dell’ambiente e del paesaggio. Il dibattito sull’urbanistica scaturito dalla proposta di legge cosiddetta “Salva Milano” (1), a sua volta scaturita dalle indagini della magistratura su controverse decisioni urbanistiche del capoluogo lombardo, ruota fondamentalmente intorno a due punti: il primo riguarda l’obbligo di un “piano particolareggiato” stilato dal Comune per la costruzione di immobili che superano le altezze e gli indici stabiliti dalla legge (2); il secondo, un corollario del primo, riguarda il titolo edilizio necessario per gli interventi, se la SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività), o il Permesso di Costruire rilasciato dal Comune. Nel caso di demolizioni e ricostruzioni di immobili ci si può avvalere della SCIA per interventi che rientrino nella categoria della “ristrutturazione urbanistica”, così come stabilita dal Testo Unico dell’Edilizia (3), mentre è obbligatorio ottenere il Permesso di Costruire in caso di “nuova costruzione” (4). Le ricadute concrete sono consistenti: nel primo caso i costruttori si avvalgono di un’autodichiarazione che sfugge a qualsiasi pianificazione pubblica e che permette una riduzione fino al 40% degli oneri di urbanizzazione, mentre per la nuova costruzione devono corrispondere al Comune gli oneri necessari a garantire le opere pubbliche e i servizi per i nuovi fruitori, secondo le destinazioni d’uso degli immobili (residenze, uffici, commerciale ecc). Un grattacielo di 25 piani sorto dalla demolizione di una palazzina di due piani è ristrutturazione o nuova costruzione? L’interpretazione del Testo Unico dell’edilizia DM 380 /2001, nelle varie versioni che si sono succedute negli anni, in verità non sempre univoca da parte dei tribunali chiamati a dirimere contenziosi, a Milano ha prodotto una vera deregulation edilizia, che rischia di estendersi a tutta la penisola, annullando decenni di battaglie per i diritti degli abitanti e per la vivibilità dei quartieri, con servizi – verde, parcheggi, scuole – adeguate al “carico urbanistico” che si inserisce in una zona abitata. Qualche settimana fa è arrivata una sentenza del Consiglio di Stato (5), che ci sembra faccia chiarezza una volta per tutte sulla questione, con una buona dose di buon senso. Pubblichiamo alcuni stralci della sintesi dal sito Icalex (6) e i passaggi principali della sentenza pubblicata da Lexambiente.it (7), a cui rimandiamo per la lettura del documento integrale. (sintesi dell’articolo sul sito Icalex) La questione nodale dell’intera vicenda ruota intorno alla nozione di ristrutturazione ricostruttiva e al tema della continuità tra il nuovo edificio e quello precedente. Il caso su cui è stato chiamato a esprimersi il CdS, riguarda un intervento di demolizione e ricostruzione di due edifici e contestuale cambio di destinazione d’uso da industriale a residenziale, mediante SCIA alternativa al permesso di costruire. Il TAR di Milano aveva accolto il ricorso presentato da alcuni condomini e dal Condominio confinante annullando il provvedimento con il quale il Comune aveva confermato la legittimità dell’intervento, con la principale motivazione che con la demolizione di un vecchio fabbricato adibito a laboratorio-deposito e la realizzazione in suo luogo di una palazzina residenziale avente due piani fuori terra ed un piano seminterrato “si fuoriesce dall’ambito della ristrutturazione edilizia e si rientra in quello della nuova costruzione quando fra il precedente edificio e quello da realizzare al suo posto non vi sia alcuna continuità, producendo il nuovo intervento un rinnovo del carico urbanistico che non presenta più alcuna correlazione con l’edificazione precedente”. La nozione di ristrutturazione edilizia (3),nel tempo ha subito un progressivo ampliamento, allontanandosi dall’obbligo originario della fedele ricostruzione che prescriveva il rispetto della sagoma, dei prospetti, del sedime e delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, rendendo più incerto il confine tra la  “ristrutturazione ricostruttiva” e la  “nuova costruzione”, rendendo sempre più urgente l’individuazione di una chiara linea di demarcazione tra le due nozioni. La sentenza del Consiglio di Stato prende una posizione netta sul tema della continuità (tra immobile demolito e immobile ricostruito) affermando che detto requisito “se preteso in termini assoluti, non trova fondamento nell’attuale testo dell’articolo 3 del Testo Unico Edilizia” (4) ma che una esegesi rispettosa della norma non può nemmeno condurre a ritenere che dalla demolizione derivi una sorta di credito volumetrico “che il proprietario può spendere rimanendo comunque nell’alveo della ristrutturazione edilizia”. Per questo motivo, il giudice amministrativo, chiarisce che rientra nella nozione di demo-ricostruzione quell’intervento che rispetti i seguenti presupposti: * avere a oggetto un unico edificio (ricade nella nuova costruzione l’accorpamento di due o più volumi in un unico edificio, ovvero il frazionamento di un unico volume originario in più edifici di nuova realizzazione) * è necessaria la contestualità temporale tra la demolizione e ricostruzione, come fasi costruttive di un unico intervento, oggetto quindi di un’unica segnalazione certificata di inizio attività alternativa al permesso di costruire; * il volume dell’edificio ricostruito non può superare quello del fabbricato demolito, in quanto gli incrementi di volumetria sono ammissibili “nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali” Secondo il giudice amministrativo, al di là di tali ipotesi eccezionali, laddove vi sia volumetria aggiuntiva si ricade nella nuova costruzione e, quindi, devono essere qualificate come tale “tutte quelle opere che non siano meramente funzionali al riuso del volume precedente e che comportino una trasformazione del territorio ulteriore rispetto a quella già determinata dall’immobile demolito. Infatti, nelle varie evoluzioni della nozione di ‘ristrutturazione ricostruttiva’ che si sono susseguite, è rinvenibile un minimo comune denominatore, consistente nel fatto che l’intervento deve comunque risultare ‘neutro’ sotto il profilo dell’impatto sul territorio nella sua dimensione fisica”. Il superamento anche solo di uno di questi parametri, pertanto, secondo i giudici, rende la demolizione e ricostruzione di un edificio qualificabile come nuova costruzione, soggetta al regime previsto per il permesso di costruire. Il Consiglio di Stato si è pronunciato in relazione a un complesso non vincolato. Nei casi di immobili soggetti a tutela ai sensi del d.lgs. n. 42/2004, permane, invece, l’obbligo di mantenere coerenza in termini di sagoma, materiali, prospetti e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, a salvaguardia dei valori paesaggistici e culturali riconosciuti. CONSIGLIO DI STATO SEZIONE II, ESTRATTO DALLA SENTENZA DEL 4 NOVEMBRE 2025 N. 8542 (evidenziazioni di Carteinregola) (…) FATTO e DIRITTO 1. Viene impugnata, da più soggetti e in più parti, la sentenza del T.a.r. per la Lombardia che, in accoglimento del ricorso di primo grado, ha annullato il provvedimento con cui il Comune di Milano ha attestato la conformità edilizia e urbanistica dell’intervento di demolizione e ricostruzione, con cambio di destinazione da industriale a residenziale, di un edificio in via -OMISSIS-, negando tuttavia il risarcimento del danno chiesto dai ricorrenti. La decisione è censurata: dall’Ente, con l’appello principale …; dalla società proprietaria del bene oggetto dell’intervento…; dal condominio vicino all’immobile e da singoli condomini ricorrenti in primo grado… 2. I fatti di causa rilevanti, quali emergono dalle affermazioni delle parti non specificamente contestate e comunque dagli atti e documenti del giudizio, possono essere sinteticamente ricostruiti nei termini seguenti. 2.1. La società -OMISSIS- (di seguito, “la società proprietaria” o “la società”) ha acquisito l’immobile oggetto di causa per effetto del decreto del Tribunale di Milano n. -OMISSIS- 2017, emesso nell’ambito della procedura r.g.e. n. -OMISSIS- del 2013. 2.2. Il 27 luglio 2018 ha presentato al Comune di Milano la segnalazione certificata d’inizio attività (Scia) prot. -OMISSIS-avente a oggetto opere di bonifica preventiva alla demolizione e ricostruzione, rappresentando la demolizione degli edifici esistenti, secondo la procedura semplificata disciplinata dall’art. 242-bis del codice dell’ambiente approvato con d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152. Questo progetto è stato interessato da una variante, oggetto della Scia prot. -OMISSIS- del 14 dicembre 2018, relativa a opere di demolizione con l’indicazione della rimozione degli alberi esistenti. Sulla base di questi atti, l’immobile è stato demolito nel 2018. 2.3. In parallelo, il 14 giugno 2018 è stata presentata l’istanza prot. -OMISSIS- per l’attivazione dell’istruttoria preliminare facoltativa prevista dall’art. 40 del regolamento edilizio comunale (disposizione che disciplina l’attivazione di un procedimento istruttorio preliminare che consenta l’individuazione delle linee fondamentali degli elementi caratterizzanti l’intervento e la fattibilità dello stesso), rispetto alla quale – come riferito nell’istruttoria tecnica del 17 ottobre 2023 – sono stati comunicati l’esito negativo dell’istruttoria tecnica e il parere favorevole della commissione per il paesaggio. Un’analoga istanza è stata presentata il 25 agosto 2021 e ha ottenuto un esito favorevole sia sul piano tecnico, sia su quello paesaggistico. 2.4. Il 5 agosto 2022 la società ha presentato al Comune di Milano la Scia prot. -OMISSIS-, alternativa al permesso di costruire, per un intervento di demolizione e ricostruzione dell’immobile in questione, con la stessa superficie lorda di pavimento (s.l.p.) preesistente fuori sagoma e sedime. 2.5. Secondo la relazione allegata alla Scia, l’edificio preesistente, un tempo adibito a laboratorio e poi dismesso, si articolava in due corpi di fabbrica: «il primo, risalente a dopo il 1910, un semplice rettangolo costruito in muratura con grandi specchiature di serramento tipiche dei laboratori produttivi con copertura a volta tirantata ai muri portanti», con una struttura portante in mattoni pieni e legata al muro perimetrale; il secondo, posto in adiacenza al muro di confine verso un’altra proprietà, con una struttura in cemento armato gettato in opera e uno sviluppo su due piani, perché «attraverso una scala in ferro, si sale al corpo che ospitava in origine il locale mensa del laboratorio che è anche il corpo edilizio più alto, che si sviluppa fino ad una altezza di colmo di 9,50mt. e con una altezza di gronda di 7,60mt. dalla quota di “zero”». Il progetto presentato dalla società prevede, riqualificato il sito e demolito il fabbricato precedente con bonifica del terreno, la ricostruzione di un edificio a uso residenziale di due piani fuori terra, con un’altezza massima di gronda di 7,6 mt., destinato a ospitare quattro unità abitative, nonché un piano cantine con garage interrati per sette posti auto (pp. 6-7 della relazione allegata alla Scia). 2.6. Il lotto interessato dall’intervento è situato in via-OMISSIS-, nel secondo cortile interno, e condivide l’accesso dalla pubblica via con il supercondominio confinante (come spiegato nella relazione di consulenza tecnica e stima immobiliare del perito nominato dal giudice civile nell’ambito del procedimento esecutivo, «dall’androne principale, che prospetta direttamente su Via -OMISSIS-, si accede al 1° cortile e da questo attraverso un altro androne si accede al secondo cortile, che insieme ai fabbricati presenti costituiscono l’oggetto della presente procedura»). Essendo intercluso tra i palazzi del condominio, con atto notarile del 17 marzo 1972, n. -OMISSIS-di repertorio e n. -OMISSIS- di raccolta, a favore del fabbricato è stata costituita una servitù di passaggio, pedonale e carrabile, attraverso i due androni condominiali. (…) 17. Data l’importanza giuridica (ma anche economica e sociale) della questione relativa alla definizione della nozione e dell’ambito di applicazione di quella che nella prassi viene chiamata “demoricostruzione” o “ristrutturazione ricostruttiva”, tematica che trascende la vicenda per cui è causa ed è suscettibile di porsi in diverse altre situazioni, alimentando così il contenzioso dinanzi ai giudici amministrativi – come le stesse parti hanno più volte posto in luce, negli scritti e nella discussione orale – il Collegio ritiene opportuno premettere alcune considerazioni di ordine generale, comunque necessarie per l’interpretazione delle disposizioni che vengono in rilievo e per la loro applicazione al caso di specie, muovendo dall’evoluzione che ha interessato la normativa. 17.1. L’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, che dettava norme sull’edilizia residenziale, ricomprendeva gli “interventi di ristrutturazione edilizia” tra quelli di recupero del patrimonio edilizio esistente e li caratterizzava come «rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente». Nel vigore di questa normativa, la giurisprudenza amministrativa aveva già ritenuto di poter ricondurre al concetto di “ristrutturazione” «anche la demolizione seguita dalla fedele ricostruzione del manufatto, con l’unica condizione che la riedificazione assicuri la piena conformità di sagoma, volume e superficie tra il vecchio e il nuovo manufatto, con la conseguente possibilità di pervenire, in tal modo, ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, purché la diversità sia dovuta ad interventi comprendenti il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti, e non già la realizzazione di nuovi volumi o una diversa ubicazione» (Cons. Stato, sez. IV, 22 marzo 2007, n. 1388, e precedenti ivi citati). La definizione dell’art. 31 della legge n. 457 del 1978 è confluita nel testo originario dell’art. 3, comma 1, lettera d), del t.u. dell’edilizia approvato con d.P.R. 6 giugno 2001 n. 380, che, senza modificare il periodo (giunto immutato sino a oggi e tuttora dotato di valenza normativa), ha aggiunto delle precisazioni – secondo cui tali interventi «comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti» – e, soprattutto, ha codificato l’ulteriore ipotesi di “ristrutturazione”, consistente «nella demolizione e successiva fedele ricostruzione di un fabbricato identico, quanto a sagoma, volumi, area di sedime e caratteristiche dei materiali, a quello preesistente, fatte salve le sole innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica». In seguito, il d.lgs. 27 dicembre 2002, n. 301, ha espunto l’aggettivo “fedele” che accompagnava il sostantivo “ricostruzione” e ha eliminato il vincolo relativo all’identità di area di sedime e caratteristiche dei materiali, lasciando dunque – per tutti gli edifici, fossero o meno tutelati – i limiti della volumetria e sagoma del fabbricato preesistente. Nel vigore di questa versione della norma, la Corte costituzionale, con sentenza 23 novembre 2011, n. 309, riconducendo tra i principi in materia di “governo del territorio”, attribuita dall’art. 117, comma 3, Cost. alla potestà legislativa concorrente di Stato e Regioni, le disposizioni legislative che definiscono le categorie degli interventi edilizi, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 27, comma 1, lettera d), della l.r. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12, «nella parte in cui esclude l’applicabilità del limite della sagoma alle ristrutturazioni edilizie mediante demolizione e ricostruzione». In seguito, l’art. 30 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, convertito con modificazioni dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, ha nuovamente modificato l’art. 3, comma 1, lettera d), del t.u. dell’edilizia, da un lato eliminando il vincolo della sagoma per gli edifici che non fossero sottoposti a vincolo ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio approvato con d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, dall’altro introducendo un’ulteriore ipotesi di “ristrutturazione”, consistente nel «ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza». Quindi, le condizioni della “demoricostruzione” sono state ulteriormente ridefinite in forza del d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con modificazioni dalla legge 11 settembre 2020, n. 120, il quale ha precisato espressamente che l’immobile ricostruito può avere anche «diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche» rispetto al fabbricato preesistente e persino presentare «incrementi di volumetria» nei casi previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali. Il rispetto di sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente, nonché il divieto assoluto di prevedere incrementi di volumetria, sono stati invece ribaditi per gli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, per quelli ubicati nelle zone A del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (ossia gli agglomerati urbani che rivestono carattere storico, artistico o di particolare pregio ambientale), o in zone a esse assimilate dalla normativa regionale e dai piani urbanistici, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico. Le modifiche più recenti all’art. 3 del t.u. dell’edilizia sono state apportate dal d.l. 1 marzo 2022, n. 17, convertito con modificazioni dalla legge 27 aprile 2022, n. 34, che ha escluso dalla nozione di “ristrutturazione edilizia” gli interventi di demolizione e ricostruzione ovvero di ripristino di edifici crollati o demoliti che si trovino in aree sottoposte a vincolo paesaggistico per legge ai sensi dell’art. 142 del codice dei beni culturali e del paesaggio, nonché dal d.l. 17 maggio 2022, n. 50, convertito con modificazioni dalla legge 15 luglio 2022, n. 91, che ha esteso tale esclusione agli immobili tutelati per il notevole interesse pubblico che essi rivestono, ai sensi dell’art. 136, comma 1, lettere c) e d), del medesimo codice. La disposizione, nel testo attuale e comunque vigente alla data del 5 agosto 2022, quando è stata presentata la Scia oggetto di causa, fornisce dunque la seguente definizione di “interventi di ristrutturazione edilizia”: «gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria». Come messo in luce dalla giurisprudenza, l’evoluzione della normativa ha quindi portato all’individuazione di tre distinte ipotesi di “ristrutturazione edilizia”, che possono tutte portare «ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente»: una prima ipotesi, spesso definita “ristrutturazione conservativa”, che non comporta la demolizione del preesistente fabbricato e che può apportarvi anche modifiche di significativo impatto, compresi, in linea generale, l’inserimento di nuovi volumi o la modifica della sagoma; una seconda e una terza ipotesi, definite anche “ristrutturazione ricostruttiva” o “demoricostruzione”, caratterizzate, rispettivamente, da demolizione e ricostruzione di un edificio e dal ripristino di un fabbricato crollato o demolito (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 30 maggio 2017, n. 2567 e 12 ottobre 2017, n. 4728). 17.2. Dalla qualificazione dell’intervento come “ristrutturazione edilizia” ovvero come “nuova costruzione” dipende l’individuazione del titolo edilizio necessario per legittimare le opere. L’art. 23 del t.u. dell’edilizia consente infatti di realizzare mediante Scia “in alternativa al permesso di costruire” (per questo spesso definita “Super-Scia” nella prassi) «gli interventi di ristrutturazione di cui all’articolo 10, comma 1, lettera c)», il quale a sua volta comprende le ipotesi più impattanti (o “pesanti”) di “ristrutturazione edilizia” («gli interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, nei casi in cui comportino anche modifiche della volumetria complessiva degli edifici ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso, nonché gli interventi che comportino modificazioni della sagoma o della volumetria complessiva degli edifici o dei prospetti di immobili sottoposti a tutela ai sensi del Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, e, inoltre, gli interventi di ristrutturazione edilizia che comportino la demolizione e ricostruzione di edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, o il ripristino di edifici, crollati o demoliti, situati nelle medesime aree, in entrambi i casi ove siano previste modifiche della sagoma o dei prospetti o del sedime o delle caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente oppure siano previsti incrementi di volumetria»). All’art. 23 del d.P.R. n. 380 del 2001 rinvia anche l’art. 33, comma 1, lettera d), della l.r. Lombardia 11 marzo 2005, n. 12 (Legge per il governo del territorio), per l’individuazione dei casi in cui può essere presentata la Scia in alternativa al permesso di costruire (aggiungendone poi di ulteriori). È opportuno ricordare che, in questi casi, gli interventi sono soggetti al contributo di costruzione ai sensi dell’art. 16 del t.u. dell’edilizia (commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione nonché al costo di costruzione) e che, diversamente da quanto avviene secondo il regime della Scia ordinaria, disciplinata dall’art. 19 della legge 7 agosto 1990, n. 241, cui rinvia l’art. 22 del t.u. dell’edilizia con riferimento a interventi meno impattanti (manutenzione straordinaria delle parti strutturali e dei prospetti, restauro e risanamento conservativo che interessino le parti strutturali, ristrutturazione “leggera”, essenzialmente di natura “conservativa” e senza aumenti di volumetria), i lavori non possono avere inizio prima di trenta giorni dalla presentazione della segnalazione. Si aggiunga, con specifico riferimento agli interventi che comportino il mutamento della destinazione d’uso dell’immobile, che l’art. 23-ter, comma 1-quinquies, del t.u. dell’edilizia richiede la Scia “ordinaria” per i cambiamenti senza opere (o con opere rientranti nell’edilizia libera, ai sensi dell’art. 6, ovvero soggette a comunicazione d’inizio lavori asseverata-Cila, ai sensi dell’art. 6-bis), mentre in caso di esecuzione di opere prevede che il titolo richiesto per la loro realizzazione legittimi anche il cambio di destinazione. Inoltre, l’art. 10, comma 2, del medesimo t.u., stabilisce che, fermo restando quanto disposto dal citato art. 23-ter, con legge regionale possano essere definiti «quali mutamenti, connessi o non connessi a trasformazioni fisiche, dell’uso di immobili o di loro parti, sono subordinati a permesso di costruire o a segnalazione certificata di inizio attività». Nel caso della Lombardia, la legge per il governo del territorio n. 12 del 2005, all’art. 42, comma 5, nel dettare la disciplina della Scia alternativa precisa che «nel caso in cui l’intervento comporti una diversa destinazione d’uso, non esclusa dal PGT, in relazione alla quale risulti previsto il conguaglio delle aree per servizi e attrezzature pubbliche e di interesse pubblico o generale, il dichiarante allega impegnativa, accompagnata da fideiussione bancaria o assicurativa». Se dunque gli interventi di “ristrutturazione edilizia” possono essere realizzati previa Scia alternativa, quelli che esorbitano dai confini di tale nozione rappresentano delle “nuove costruzioni” soggette al previo rilascio del permesso di costruire: per avviare i lavori, il privato dovrà quindi attendere l’autorizzazione dell’amministrazione, oppure, sussistendone le condizioni, la formazione del silenzio-assenso, di regola dopo sessanta giorni dall’istanza, ai sensi dell’art. 20, comma 8, del t.u. dell’edilizia (e salvo che sussistano vincoli relativi all’assetto idrogeologico, ambientali, paesaggistici o culturali). È infine opportuno ricordare che, nell’ottica di assicurare una maggiore certezza, l’art. 22, comma 7, del t.u. dell’edilizia riconosce al privato la facoltà di chiedere comunque il permesso di costruire – così trasferendo sull’amministrazione l’onere e la responsabilità di valutare sin dall’origine la legittimità del progetto – per gli interventi subordinati alla Scia (e, a maggior ragione, alla Super-Scia, già di per sé “alternativa” alla richiesta dell’autorizzazione). 17.3. Oltre che ai fini dell’individuazione del titolo legittimante, dalla qualificazione come “ristrutturazione” piuttosto che come “nuova costruzione” di una complessa attività che vede susseguirsi la demolizione di un fabbricato e l’edificazione di un nuovo manufatto discendono anche conseguenze ulteriori. Se infatti in caso di “demoricostruzione” il proprietario può sfruttare il volume dell’edificio demolito, nell’ipotesi di “nuova costruzione” può utilizzare solo la volumetria espressa dall’area di edificazione (come puntualmente osservato dalla difesa del condominio). Inoltre, la “ricostruzione” è consentita nei limiti delle distanze legittimamente preesistenti (come da tempo affermato dalla giurisprudenza – tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 14 settembre 2017, n. 4337 – e come oggi codificato nel comma 1-ter dell’art. 2-bis del t.u. dell’edilizia, come inserito dal d.l. 18 aprile 2019, n. 32, convertito con modificazioni dalla legge 14 giugno 2019, n. 55, e modificato dal d.l. n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020) – mentre i “nuovi edifici” devono rispettare i limiti di distanza tra i fabbricati previsti dall’art. 9 del d.m. n. 1444 del 1968. L’individuazione degli esatti confini della nozione di “ristrutturazione ricostruttiva” o “demoricostruzione” (problema che sconta – come descritto – una non lieve stratificazione normativa) risulta quindi cruciale per la soluzione della presente controversia, non sottacendosi la necessità di chiarezza evocata (anche in corso di discussione all’udienza pubblica) dalle amministrazioni e dagli operatori del settore, trattandosi di un istituto che, da un lato, è ritenuto essenziale dal legislatore per perseguire obiettivi di rigenerazione urbana, contenimento del consumo di suolo, incentivazione degli investimenti – e, conseguentemente, migliore occupazione – ma che, dall’altro, consente modifiche di portata tale da incidere sulla “urbanistica” (e relativo potere di pianificazione) – meglio, sul “governo del territorio” – intesa non solo come coordinamento delle potenzialità edificatorie connesse al diritto di proprietà, ma, più ampliamente e compiutamente, come modello di sviluppo che s’intende imprimere ai luoghi in cui è insediata una comunità (secondo la nota ricostruzione elaborata da Cons. Stato, sez. IV, 10 maggio 2012, n. 2710, e ormai consolidatasi: tra le più recenti, Cons. Stato, sez. IV, 24 gennaio 2023, n. 765, e 27 ottobre 2025, n. 8313). 17.4. Da questo punto di vista, la descritta evoluzione dell’art. 3, comma 1, lettera d), del t.u. dell’edilizia è innegabilmente caratterizzata da un progressivo allontanamento dall’obbligo originario della fedele ricostruzione, mediante eliminazione dei vari vincoli e conseguente estensione della nozione di “ristrutturazione”, rendendo ancor più necessario un chiarimento sui suoi confini rispetto alla “nuova costruzione”. In giurisprudenza si è infatti ritenuto, anche a seguito dell’eliminazione del vincolo della sagoma (fatti salvi gli immobili vincolati) in forza del d.l. n. 69 del 2013 (convertito in legge n. 98 del 2013), che l’esistenza di un “nesso di continuità” tra il fabbricato preesistente e quello risultante dall’intervento sia un requisito essenziale della “ristrutturazione ricostruttiva”, la cui mancanza induce a qualificare l’attività edilizia come “nuova costruzione” (tra le tante, Cons. Stato, sez. VI, 12 maggio 2023, n. 4794, relativa a un caso in cui l’edificio nuovo era «traslato in maniera significativa» rispetto a quello precedente; sez. II, 6 marzo 2020, n. 1641, inerente un’ipotesi di demolizione di un garage con ricostruzione di un edificio diverso per materiale utilizzato e per l’aumento della quota d’imposta; nonché, di recente – ma comunque con riferimento a una fattispecie alla quale era ancora applicabile l’art. 3 del t.u. dell’edilizia nella versione precedente alle modifiche apportate dal d.l. n. 76 del 2020, convertito in legge n. 120 del 2020 – Cons. Stato, sez. IV, 3 aprile 2025, n. 2857; nella giurisprudenza penale, tra le molte, Cass. pen., sez. III, 10 gennaio 2020, n. 280338, secondo cui nella “ristrutturazione” non si può prescindere dalla necessità che venga conservato l’immobile preesistente «del quale – a prescindere dalla identità di sagoma – deve essere comunque garantito il recupero»). Questo orientamento risulta ancora seguito in sede penale (Cass. pen., sez. III, 8 maggio 2024, n. 18044, relativa alla realizzazione di dieci villini in luogo di un unico immobile con destinazione commerciale, e 18 gennaio 2023, n. 1670, relativa all’abbattimento di una casa colonica e per l’edificazione di un complesso residenziale costituito da dieci villini in linea) e a esso ha aderito il T.a.r. nella sentenza impugnata. Tuttavia, il requisito della “continuità” con l’edificio preesistente, se preteso in termini assoluti, non trova fondamento nell’ultimo testo della disposizione, sul quale il legislatore è intervenuto nel 2020 con l’intenzione – ricavabile oggettivamente dalle modifiche apportate (l’espressa puntualizzazione che possono mutare «sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche») ed esplicitato nei lavori parlamentari (in particolare, nella relazione illustrativa al Senato), e nella circolare congiunta del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e del Ministero per la pubblica amministrazione del 2 dicembre 2020 (come ricordato dalla società proprietaria nel proprio appello incidentale) – di ricomprendere, per gli immobili non vincolati, qualsiasi intervento di demolizione e ricostruzione anche con caratteristiche molto differenti rispetto al preesistente, salvo il limite della volumetria (al punto che, secondo C.g.a., sez. giur., 3 giugno 2025, n. 422, la ricostruzione sarebbe possibile «anche altrove, ossia in un diverso lotto, pur sempre nel rispetto delle capacità edificatorie proprie di quest’ultimo»). 17.5. Tuttavia, da altra prospettiva, un’esegesi che sia rispettosa della lettera e della logica della disposizione non può nemmeno condurre a ritenere che dalla demolizione derivi – di per sé sola e in assenza di specifiche previsioni di legge o degli strumenti urbanistici – una sorta di “credito volumetrico” che il proprietario può spendere rimanendo comunque nell’alveo della “ristrutturazione”, dovendo quest’ultima rispettare una serie di limiti e condizioni, che si ricavano dall’art. 3, comma 1, lettera d), del t.u. dell’edilizia e ai quali deve essere ricondotta ogni pretesa di “continuità”. 17.5.1. In primo luogo, l’intervento deve avere a oggetto un unico edificio, nel senso che nella fase di ricostruzione è precluso – meglio, esorbita dall’ambito della “ristrutturazione ricostruttiva” – l’accorpamento di volumi precedentemente espressi da manufatti diversi ovvero il frazionamento di un volume originario in più edifici di nuova realizzazione. Tale condizione è stata affermata dalla giurisprudenza nel vigore delle varie versioni dell’art. 3 del t.u. dell’edilizia (tra le tante, Cons. Stato, sez. IV, 16 dicembre 2008, n. 6214 e, più di recente, 3 aprile 2025, n. 2857, dove si afferma che «l’essenza della nozione di ristrutturazione edilizia è che l’intervento deve agire sull’edificio preesistente al fine di dare continuità all’immobile pregresso, crollato o demolito. In altre parole la ristrutturazione edilizia non può mai prescindere dall’obiettivo di recupero del singolo immobile che ne costituisce oggetto»; nonché, nella giurisprudenza penale, Cass. pen., sez. III, 27 luglio 2020, n. 23010) e risulta dal testo della disposizione, il quale, nel porre a confronto “un organismo edilizio” (quello risultante dall’intervento) con il “precedente” – al singolare – e nell’evocare elementi quali la sagoma, i prospetti, il sedime e le caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, anche solo per sancirne l’irrilevanza, non può che presupporre che come termine di paragone venga assunto un unico edificio, poiché diversamente tali parametri sarebbero già di per sé inutilizzabili. 17.5.2. In secondo luogo la norma, rispetto alla prima ipotesi di “demoricostruzione”, che viene in rilievo nel caso di specie, presuppone necessariamente una contestualità temporale tra la demolizione e la ricostruzione, dando luogo ad una “unitarietà” dell’intervento prospettato con la Scia, nel senso, dunque, che entrambe debbono essere legittimate dal medesimo titolo. Vero è che, come obiettato dal Comune nei suoi scritti, a seguito delle modifiche apportate dal d.l. n. 69 del 2013 (conv. in legge n. 98 del 2013), è ora ricompreso nella “ristrutturazione ricostruttiva” anche il ripristino di edifici crollati o demoliti ed è quindi venuta meno «quella particolare relazione di continuità tra edificio preesistente ed edificio risultante dalla ristrutturazione» in forza della quale si richiedeva «che le due operazioni, cioè la demolizione e la ricostruzione, avvenissero in un unico contesto» (Cons. Stato, sez. IV, 3 aprile 2025, n. 2857). Tuttavia, in questa particolare ipotesi, «la continuità che si perde sul piano temporale viene recuperata, dal legislatore, con la reintroduzione del limite costituito dal rispetto della “preesistente consistenza” del fabbricato non più esistente; é da ritenersi che con tale precisazione il legislatore abbia inteso affermare la necessità di rispettare, nel nuovo fabbricato, la volumetria del fabbricato crollato o demolito» (Cons. Stato, sez. VI, 18 gennaio 2023, n. 616). La differenza tra le due ipotesi di “ristrutturazione ricostruttiva” si coglie soprattutto sui presupposti per la legittimità dell’intervento: nel caso in cui non vi sia soluzione di continuità tra demolizione e ricostruzione, l’edificio è ancora presente nel momento in cui il privato instaura il rapporto con l’amministrazione, presentando l’istanza di rilascio del permesso di costruire ovvero la Scia alternativa allo stesso, con la conseguenza che la sua consistenza può essere verificata da quest’ultima, nell’istruttoria preordinata al rilascio del titolo abilitativo ovvero ai fini dell’eventuale esercizio dei poteri inibitori, repressivi e conformativi di cui all’art. 19, comma 3, della legge n. 241 del 1990; al contrario, quando intenda ripristinare un edificio che non esiste più, il privato deve dimostrarne la “preesistente consistenza”, onere che logicamente non può essere assolto unicamente mediante i rilievi e le asseverazioni del tecnico di fiducia – i quali devono a loro volta essere verificabili – ma deve esserlo mediante elementi oggettivi, quali gli atti di fabbrica o i titoli edilizi che hanno interessato il precedente fabbricato, ovvero le planimetrie catastali, purché da essi siano ricavabili «in maniera pressoché certa, l’esatta cubatura e sagoma d’ingombro del fabbricato su cui intervenire; solo se è chiara la base di partenza, è possibile discutere l’entità e la qualità delle modifiche apportabili» (Cons. Stato, sez. IV, 3 aprile 2025, n. 2857). 17.5.3. Infine, dall’art. 3, comma 1, lettera d), del t.u. dell’edilizia si ricava che il volume dell’edificio ricostruito non può superare quello del fabbricato demolito, perché si stabilisce che gli incrementi di volumetria sono ammissibili «nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali» (sul punto, Cons. Stato, sez. IV, 2 maggio 2024, n. 4005 ha chiarito che «a differenza della fattispecie della ricostruzione con diversa sagoma e sedime, le modifiche e gli ampliamenti volumetrici di manufatti edilizi continuano ad integrare, di regola, interventi di nuova costruzione (art. 3 comma 1 lett. e. 1 D.P.R. n. 380/2001), sicché, ai sensi del richiamato art. 3 comma 1 lett. d) del D.P.R. n. 380/2001, l’incremento volumetrico eccezionalmente (art. 14 disp. prel. cod. civ.) conseguibile con un intervento di ristrutturazione edilizia è soltanto quello specificamente ammesso una tantum dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali per tale tipo di intervento edilizio e non quello (eventualmente) maggiore connesso all’indice edificatorio previsto per gli interventi di nuova costruzione o di ristrutturazione urbanistica»). Tale limite, letto in un’ottica sistematica, comporta che devono ritenersi escluse – meglio, conducono a qualificare l’intervento come “nuova costruzione” – tutte quelle opere che non siano meramente funzionali al riuso del volume precedente e che comportino una trasformazione del territorio ulteriore rispetto a quella già determinata dall’immobile demolito. Infatti, nelle varie evoluzioni della nozione di “ristrutturazione ricostruttiva” che si sono susseguite, è rinvenibile un minimo comune denominatore, consistente nel fatto che l’intervento deve comunque risultare “neutro” sotto il profilo dell’impatto sul territorio nella sua dimensione fisica. Tale condizione, sicuramente sottesa a quella “fedele ricostruzione” che si pretendeva in origine, deve ritenersi presente anche nell’attuale quadro normativo e si evince dall’art. 10 del d.l. n. 76 del 2020 (conv. in legge n. 120 del 2020), il quale, pur avendo eliminato i «precedenti requisiti presupponenti una rigida “continuità” tra le caratteristiche strutturali dell’immobile preesistente e quelle del manufatto da realizzare» (C.g.a., sez. giur., sent. n. 422 del 2025), ha comunque ricondotto tali innovazioni agli scopi di «assicurare il recupero e la qualificazione del patrimonio edilizio esistente» e di «contenimento del consumo di suolo», così confermando la finalità “conservativa” sottesa al concetto di ristrutturazione (Cons. Stato, sez. IV, sent. n. 2857 del 2025). 18. Nel caso di specie, le caratteristiche dell’intervento posto in essere dalla società proprietaria del bene esorbitano dai confini della nozione di “ristrutturazione ricostruttiva”, come sopra delineati, e inducono a qualificarlo come “nuova edificazione”, con ciò che ne consegue in termini di titolo abilitativo necessario (il permesso di costruire, non sostituibile dalla Super-Scia) e limiti applicabili all’attività edilizia. Su questo punto essenziale – e assorbente rispetto a ogni altra questione sostanziale – la sentenza di primo grado merita dunque conferma, seppur con la precisazione che, in ossequio al principio di legalità di cui all’art. 97 Cost. e alla luce del testo vigente dell’art. 3 del t.u. dell’edilizia, nella “demoricostruzione” non può pretendersi una “continuità” tra il nuovo edificio e quello precedente se non nella misura in cui per essa s’intenda il doveroso rispetto dei requisiti, sopra indicati, dell’unicità dell’immobile interessato dall’intervento, della contestualità tra demolizione e ricostruzione, del mero utilizzo della volumetria preesistente senza ulteriori trasformazioni della morfologia del territorio. 19. Premesso che il superamento di uno solo di questi limiti comporterebbe di per sé solo la qualificazione dell’intervento come “nuova costruzione”, nella specie essi risultano tutti inosservati. 19.1. È innanzitutto evidente, e dirimente, l’assenza di continuità temporale, dato che l’edificio preesistente è stato demolito nel 2018, mediante un intervento che non può certo ritenersi legittimato dalla Scia presentata nel 2022 (e che infatti è stato svolto sulla base di una diversa Scia). 19.1.1. Né tale continuità può ricavarsi dal fatto che la società nel 2018 aveva presentato istanza per l’attivazione dell’istruttoria preliminare facoltativa prevista dall’art. 40 del regolamento edilizio comunale: il carattere (appunto “preliminare”) e la finalità (appunto “istruttoria”) della procedura in questione escludono che alla presentazione della domanda – peraltro, poi abbandonata e ripresentata nel 2021, a demolizione già avvenuta – possa farsi retroagire l’effetto legittimante della Scia. A tal proposito, non è superfluo ricordare che, come espressamente stabilito dal comma 2 della stessa disposizione, le definizioni contenute nel primo comma dell’art. 3 del t.u. dell’edilizia prevalgono sugli strumenti urbanistici e sui regolamenti edilizi e la definizione di “ristrutturazione” mediante demolizione e ricostruzione presuppone la contestualità tra le due attività, nel senso che entrambe devono essere realizzate in forza di un unico titolo legittimante (anche al fine di consentire al Comune di verificare l’esatta consistenza del fabbricato preesistente prima che ne inizi la demolizione). 19.1.2. Nemmeno può invocarsi la modifica apportata dal d.l. n. 69 del 2013, che ha ricondotto alla nozione di “ristrutturazione” anche gli interventi volti al ripristino di edifici crollati o demoliti. In primo luogo, e con portata già di per sé dirimente, perché la stessa società proprietaria ha presentato l’intervento come demolizione e ricostruzione, e non come ricostruzione di immobile demolito. Inoltre perché, come già messo in luce, questa speciale ipotesi presuppone che il privato dimostri la preesistente consistenza dell’immobile mediante elementi oggettivi, che tuttavia nella specie non sono presenti (meglio, non sono stati prodotti nel procedimento e nel processo). Mancano infatti gli atti di fabbrica originari e le varie misure necessarie a individuarne l’esatta cubatura e sagoma d’ingombro non sono ricavabili in maniera univoca dagli altri titoli rilasciati e acquisiti al giudizio. In particolare, l’istanza di condono avanzata il 30 aprile 1986 (atto p.g. 178187.400/1986), poi integrata il 22 febbraio 1995, per cui è stata rilasciata la concessione edilizia in sanatoria n. -OMISSIS- del 18 febbraio 2003, ha ad oggetto un intervento che ha interessato l’edificio solo parzialmente (realizzazione di un soppalco, di un deposito, di un locale laboratorio annesso al corpo esistente, di una tettoia completamente chiusa) e, anche per questo, non rappresenta tutti i volumi del complesso nella loro interezza e con le varie misure. Anche la pratica presentata il 17 aprile 1991 (p.g. 116963.400), per cui è stata rilasciata l’autorizzazione n. -OMISSIS- del 16 settembre 1991, ha ad oggetto un intervento parziale (la manutenzione straordinaria alla copertura esistente quale vano deposito) e indica un’altezza di gronda del locale mensa, posto sopra al capannone, pari a 5,95 mt, inferiore a quella di progetto. Un’altezza ancora inferiore si ricava dalla piantina catastale del 1940, dove è indicata in 5,20 mt. Né tali elementi si ricavano dalla CTU svolta nel giudizio davanti al giudice dell’esecuzione, nella quale è peraltro riportata un’indicazione della superficie lorda di pavimento (650 mq) che non collima con quella indicata negli elaborati allegati alla Scia (tanto la tavola 5, quanto la relazione allegata indicano infatti una superficie lorda di 593,33 mq). Per concludere sul punto, dunque, dagli atti acquisiti al giudizio non si ricava quella certezza in ordine all’esatta cubatura e sagoma d’ingombro dell’edificio demolito che si vorrebbe recuperare. 19.2. Sotto altro profilo, è pacifico che l’intervento progettato dalla società accorpi volumi che in precedenza erano distinti. 19.2.1. In particolare, alla volumetria e superficie del capannone principale (con i vari ampliamenti che si sono succeduti nel tempo) si vorrebbero aggiungere quelle del “piccolo deposito” (identificato come “volume C” nella tavola 5 relativa allo stato di fatto e alla dimostrazione della consistenza della superficie lorda), il quale, tuttavia, rappresenta un manufatto totalmente separato. 19.2.2. Per giustificare questa operazione, la società e il Comune ne richiamano la natura pertinenziale, ma l’argomento non risulta convincente. Anche considerandolo una pertinenza, si tratta comunque di un manufatto distinto dall’edificio principale e che esprime una propria volumetria. Il fatto che questa sia irrilevante, ai fini urbanistici, dipende dalle sue caratteristiche strutturali – consistenti in una «dimensione ridotta e modesta» (tra le tante, Cons. Stato, sez. VII, 15 maggio 2025, n. 4175) – ma quella stessa volumetria diviene rilevante laddove si voglia cumularla a quella dell’edificio “principale” per aumentare quest’ultima. In altre parole, l’accorpamento della volumetria della pertinenza a quella dell’edificio principale viola il limite della “neutralità” dell’intervento di “demoricostruzione”, perché, mentre in origine l’impatto sul territorio era limitato al fabbricato principale (proprio per l’irrilevanza della volumetria espressa dalla pertinenza), con la ricostruzione si addiverrebbe a un immobile che presenta una volumetria e un’incidenza maggiore sul territorio. 19.3. Lo stesso limite della “neutralità” è oltrepassato, nel caso di specie, anche per la realizzazione di lavori ulteriori rispetto al mero recupero del volume preesistente, ossia le opere di sbancamento del terreno, costruzione del muro di contenimento e realizzazione del seminterrato, della rampa carraia e della sede viaria di collegamento. Tali lavori non si limitano a quanto strettamente funzionale a riutilizzare la volumetria disponibile – come avverrebbe, per esempio, per le sole opere di fondazione necessarie a riedificare l’immobile su un diverso sedime – ma comportano un rimodellamento della morfologia del terreno, che conduce a qualificare il complessivo intervento – il quale, secondo una consolidata giurisprudenza, deve essere apprezzato in modo globale e non in termini atomistici (tra le più recenti, Cons. Stato, sez. II, 4 luglio 2025, n. 5796) – come “nuova costruzione”. 19.4. Pertanto, per tutte queste ragioni – ciascuna delle quali sarebbe di per sé sola dirimente – la sentenza di primo grado deve essere confermata nella parte relativa alla qualificazione dell’intervento e alla conseguente individuazione del titolo abilitativo necessario, che non può essere la Scia alternativa, ma è rappresentato dal permesso di costruire. Sono dunque infondati il terzo motivo dell’appello del Comune e il secondo motivo di quello della società proprietaria (relativi appunto alla qualificazione dell’intervento), mentre è fondato il terzo motivo riproposto dal condominio (relativo alla realizzazione di opere ulteriori). La portata radicale dei vizi rilevati conduce di per sé a una conferma dell’accoglimento della domanda di annullamento avanzata in primo grado ed esime da una pronuncia sulle altre questioni sostanziali dedotte dalle parti, che possono essere assorbite, così come risulta superflua l’istruttoria richiesta dalla società con l’appello incidentale. 20. È invece infondato l’appello proposto dal condominio contro il capo della sentenza che ha respinto la domanda risarcitoria. Anche sotto questo aspetto, la decisione del T.a.r. è condivisibile. (…) 29 novembre 2025 Per osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com NOTE (1) VEDI Salva Milano, cronologia materiali vai alla Relazione di Carteinregola all’audizione alla Camera sulla Proposta di legge 1987 (disposizioni connesse alla rigenerazione urbana) a cura di Giancarlo Storto 8 febbraio 2025 Audizione Carteinregola al Senato– intervento Giancarlo Storto a 58’20″(> vai alla registrazione (2) in base all’Art. 41-quinquies della legge 1150/1942 le costruzioni non possono superare l’altezza di 25 m e l’indice di fabbricabilità fondiaria non può superare i 3 mc/mq. Per superare tali limiti occorre la preventiva approvazione di un piano particolareggiato o un piano di lottizzazione estesi all’intera area con disposizioni planovolumetriche; In base all’art. 8 del decreto ministeriale 1444/68 le altezze massime degli edifici devono sottostare alle seguenti limitazioni: per la zona “A” alle altezze preesistenti nel caso di interventi di risanamento conservativo o agli edifici circostanti per le nuove costruzioni; per la zona “B” agli edifici circostanti ammettendo la possibilità di altezze superiori solo in presenza di un piano particolareggiato o un piano di lottizzazione estesi all’intera area con disposizioni planovolumetriche; per la zona “C” nessun limite a meno degli edifici “contigui o in diretto rapporto con la zona A” rispetto alla quale le altezze devono risultare “compatibili”. (3) DM 380/2001 articolo 3, comma 1, lett. d) d) “interventi di ristrutturazione edilizia”, gli interventi rivolti a trasformare gli organismi edilizi mediante un insieme sistematico di opere che possono portare ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. Tali interventi comprendono il ripristino o la sostituzione di alcuni elementi costitutivi dell’edificio, l’eliminazione, la modifica e l’inserimento di nuovi elementi ed impianti. Nell’ambito degli interventi di ristrutturazione edilizia sono ricompresi altresì gli interventi di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti con diversi sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche, con le innovazioni necessarie per l’adeguamento alla normativa antisismica, per l’applicazione della normativa sull’accessibilità, per l’istallazione di impianti tecnologici e per l’efficientamento energetico. L’intervento può prevedere altresì, nei soli casi espressamente previsti dalla legislazione vigente o dagli strumenti urbanistici comunali, incrementi di volumetria anche per promuovere interventi di rigenerazione urbana. Costituiscono inoltre ristrutturazione edilizia gli interventi volti al ripristino di edifici, o parti di essi, eventualmente crollati o demoliti, attraverso la loro ricostruzione, purché sia possibile accertarne la preesistente consistenza. Rimane fermo che, con riferimento agli immobili sottoposti a tutela ai sensi del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, ad eccezione degli edifici situati in aree tutelate ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 142 del medesimo codice, nonché, fatte salve le previsioni legislative e degli strumenti urbanistici, a quelli ubicati nelle zone omogenee A di cui al decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 14444, o in zone a queste assimilabili in base alla normativa regionale e ai piani urbanistici comunali, nei centri e nuclei storici consolidati e negli ulteriori ambiti di particolare pregio storico e architettonico, gli interventi di demolizione e ricostruzione e gli interventi di ripristino di edifici crollati o demoliti costituiscono interventi di ristrutturazione edilizia soltanto ove siano mantenuti sagoma, prospetti, sedime e caratteristiche planivolumetriche e tipologiche dell’edificio preesistente e non siano previsti incrementi di volumetria (lettera modificata dall’art. 10, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2020, poi dall’art. 28, comma 5-bis, lettera a), legge n. 34 del 2022, poi dall’art. 14, comma 1-ter, legge n. 91 del 2022 poi dalla legge n. 105 del 2024 di conversione del decreto-legge n. 69 del 2024) (4) DM 380/2001 Art. 3 L) – Definizioni degli interventi edilizi (comma 1 lett. e) 1. Ai fini del presente testo unico si intendono per: e) “interventi di nuova costruzione”, quelli di trasformazione edilizia e urbanistica del territorio non rientranti nelle categorie definite alle lettere precedenti. Sono comunque da considerarsi tali: e.1) la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e.6); e.2) gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune; e.3) la realizzazione di infrastrutture e di impianti, anche per pubblici servizi, che comporti la trasformazione in via permanente di suolo inedificato; e.4) l’installazione di torri e tralicci per impianti radio-ricetrasmittenti e di ripetitori per i servizi di telecomunicazione; (punto da ritenersi abrogato implicitamente dagli artt. 87 e segg. del d.lgs. n. 259 del 2003) e.5) l’installazione di manufatti leggeri, anche prefabbricati, e di strutture di qualsiasi genere, quali roulotte, camper, case mobili, imbarcazioni, che siano utilizzati come abitazioni, ambienti di lavoro, oppure come depositi, magazzini e simili, ad eccezione di quelli che siano diretti a soddisfare esigenze meramente temporanee o delle tende e delle unità abitative mobili con meccanismi di rotazione in funzione, e loro pertinenze e accessori, che siano collocate, anche in via continuativa, in strutture ricettive all’aperto per la sosta e il soggiorno dei turisti previamente autorizzate sotto il profilo urbanistico, edilizio e, ove previsto, paesaggistico, che non posseggano alcun collegamento di natura permanente al terreno e presentino le caratteristiche dimensionali e tecnico-costruttive previste dalle normative regionali di settore ove esistenti; (punto sostituito dall’art. 10, comma 1, lettera b), della legge n. 120 del 2020) e.6) gli interventi pertinenziali che le norme tecniche degli strumenti urbanistici, in relazione alla zonizzazione e al pregio ambientale e paesaggistico delle aree, qualifichino come interventi di nuova costruzione, ovvero che comportino la realizzazione di un volume superiore al 20% del volume dell’edificio principale; e.7) la realizzazione di depositi di merci o di materiali, la realizzazione di impianti per attività produttive all’aperto ove comportino l’esecuzione di lavori cui consegua la trasformazione permanente del suolo inedificato; (5) Consiglio di stato Sezione II, sentenza del 4 novembre 2025 n. 8542, (6) VEDI Icalex 10 11 2025 Ristrutturazione ricostruttiva: il Consiglio di Stato ridefinisce il concetto di continuità tra fabbricato preesistente e quello ricostruito La sentenza del Consiglio di Stato (7) vedi Lexambiente 5 novembre 2025 Urbanistica.Requisiti della demo-ricostruzione e differenza con la nuova costruzione
Modifiche alla LR della rigenerazione urbana: le osservazioni di Carteinregola al testo approvato
Aggiorniamo le Osservazioni di Carteinregola alla Legge Regionale del Lazio n. 12/2025  SEMPLIFICAZIONI E MISURE INCENTIVANTI IL GOVERNO DEL TERRITORIO , il testo approvato definitivamente il 30 luglio 2025 della Proposta di Legge n.171, cominciando dall’ Art. 1 Modifiche alla Legge 7/2017 Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio. La lunga sequenza di modifiche che la LR 12/2025 infligge, con l’articolo 1,   alla LR 7/2017 (36 modifiche in 8 articoli, tra le quali un nuovo articolo inserito, 1 articolo sostituito, 12 nuovi commi inseriti 2 commi abrogati) (1) ripete e anzi  aumenta gli impatti negativi della PL 171, sulla quale avevamo formulato osservazioni fin dall’autunno 2024 – testo approvato dalla Giunta Rocca l’8 agosto 2024 – e poi ancora a giugno 2025 – testo ulteriormente modificato dalla Commissione urbanistica approdato al voto dell’aula (2). Aggiorniamo ora le nostre osservazioni sulla base dell’analisi del testo approvato,  in parte divergente dai precedenti, dopo la lunga serie di emendamenti presentati anche dalla  maggioranza e dallo stesso assessore all’urbanistica Schiboni nel corso della discussione in Consiglio. Apriamo le nostre considerazioni con la prima modifica apportata dal 1 articolo della LR 12/2025 al primo articolo della Legge della Rigenerazione urbana, la cancellazione dalle “Finalità e ambito di applicazione” di un intero paragrafo: promuovere e tutelare l’attività agricola, il paesaggio e l’ambiente, contenere il consumo di suolo quale bene comune e risorsa non rinnovabile che esplica funzioni e produce servizi ecosistemici nonché favorire l’effettivo utilizzo agricolo attraverso il riuso o la riqualificazione, anche con la demolizione e la ricostruzione, di fabbricati esistenti utilizzando le tecniche ed i materiali tipici del paesaggio rurale; in tale contesto la Regione incentiva la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente nelle aree agricole, promuovendo misure volte a disincentivare l’abbandono delle coltivazioni, a sostenere il recupero produttivo, la rigenerazione delle aree agricole dismesse od obsolete, il ricambio generazionale in agricoltura e lo sviluppo dell’imprenditorialità agricola giovanile.[i] Segue una galleria di modifiche che ha per comune denominatore l’aumento delle premialità edilizie concesse ai privati, la maggiore elasticità nei cambi di destinazione, i ridimensionamento delle facoltà pianificatorie dei comuni, in vari casi chiamati a esprimersi in termini ristretti e perentori per escludere alcuni ambiti e situazioni dall’applicazione della legge. Riassumiamo i punti principali: 1. Si estende  la definizione di “area urbanizzata”, ampliandola a comprendere anche lotti di terreno che “sono serviti dalle opere di urbanizzazione primaria, purché divisi, da strade dotate delle reti di servizi di pubblica utilità”[ii] o “frontistanti” “aree urbanizzate o trasformabili  o  ancora che abbiano  una porzione ricadente all’interno dell’area urbanizzata”[iii]. Come già osservato, quest’ultima modifica  è di difficile interpretazione, dato che ci si chiede come possano esserci edifici legittimi che possano ricadere al 70% fuori dal perimetro tracciato dai piani regolatori. Tali modifiche consentono anche di superare la previgente esclusione delle aree naturali protette dalle disposizioni della legge di rigenerazione urbana  – con gli annessi aumenti di cubatura e i cambi di destinazione – nel caso che non sia  stato approvato il piano di gestione delle aree e di includere gli interventi che riguardino le zone territoriali omogenee A e B (parti del territorio interessate da agglomerati urbani totalmente o parzialmente edificati,)o, appunto,  porzioni di territorio urbanizzate secondo la nuova definizione[iv]. * Le contropartite pubbliche per le premialità edificatorie concesse al privato diventano un optional. Avevamo evidenziato  nelle precedenti osservazioni che “La quota di aree aggiuntive  che rientrano  nelle premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, che  i comuni indicano nell’approvazione dei programmi di rigenerazione urbana, passa da un massimo del 35% a un massimo del 60%. Si consente quindi ai privati di ottenere una maggiore premialità  edificatoria in cambio di una maggiore estensione delle aree cedibili al Comune”. Ora dalle “premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente” scompare la destinazione “per la realizzazione di opere pubbliche e/o per cessioni di aree aggiuntive” che resta solo una possibilità, visto che  “il programma può anche riconoscere, al soggetto privato che realizzi opere pubbliche e/o ceda aree all’amministrazione, nuove volumetrie” e ciò “indipendentemente dal recupero degli edifici esistenti, da realizzare su aree trasformate o su aree libere”[v]. Resta anche la modifica che cancella l’obbligo di prevedere almeno il 20% di edilizia sociale nei programmi di rigenerazione urbana che i comuni approvano:  la quota di alloggi da destinare ad edilizia residenziale sociale diventa “eventuale”[vi]. * Si sdoganano le medie strutture di vendita dove prima erano escluse. Nell’ambito degli interventi individuati dai Comuni di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione degli edifici con il riconoscimento di una volumetria aggiuntiva fino al 30 per cento, la modifica cancella il divieto del mutamento delle destinazioni d’uso finalizzato all’apertura di strutture di vendita, esclusione che oggi comprende sia le medie strutture sia le grandi, limitandolo alle grandi[vii]. Ricordiamo che le medie strutture di vendita sono “esercizi aventi superficie superiore a quella degli esercizi di vicinato e fino a 1.500 mq nei comuni con popolazione residente inferiore a 10.000 abitanti e a 2.500 mq. nei comuni con popolazione residente superiore a 10.000 abitanti”. Divieto cancellato anche nelle modifiche all’Art. 4 Disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici[viii] * La moltiplicazione del cemento. Il cospicuo aumento dell’incremento edificatorio introdotto dalla Delibera di Giunta dell’agosto 2024 e di quello aggiunto in sede di Commissione ottiene ulteriori  ritocchi verso l’alto. * Si prescrive ai comuni di individuare ambiti territoriali nei quali, per varie fattispecie di situazioni (inedificabilità, demanio marittimo, fasce di rispetto di strade, ferrovie ecc,), consentire  interventi di demolizione degli edifici esistenti con delocalizzazione totale (in ambiti individuati dai comuni stessi), con un riconoscimento di una superficie/volumetria aggiuntiva fino al 40% di quella preesistente. Come già osservato, il provvedimento,  se si applica a edifici legittimi (ma dovrebbe essere esplicitato nel testo  il riferimento a edifici in possesso di un titolo abilitativo), appare relativo a fattispecie assai ridotte, mentre  invece se  l’applicazione riguardasse  anche edifici  sorti in aree non edificabili – quindi non sanabili – si introdurrebbe una sanatoria mascherata. Ma se già nella proposta della Giunta la cessione all’amministrazione comunale dell’area rimasta libera era  introdotta come una possibilità, così come una possibilità era  indicata la previsione della cessione a titolo gratuito – mentre a nostro avviso avrebbe dovuto diventare  un obbligo in entrambi i casi – con  ulteriore modifica[ix]si prevede “ove necessario”, “il cambio di destinazione d’uso oltrechè  il superamento degli indici edificatori”, e si introduce un ulteriore incremento del 5 per cento “in caso di cessione gratuita all’amministrazione comunale dell’area rimasta libera” * L’articolo che regola il cambio di destinazione d’uso è stato  modificato e impone  un termine perentorio ai Comuni – 31 dicembre 2025 – per stabilire, tramite delibera del consiglio comunale,  se prevedere o escludere dai propri strumenti urbanistici l’ammissibilità di alcuni interventi edilizi, quali  “interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione, di singoli edifici aventi una superficie lorda complessiva fino ad un massimo di 10.000 mq, con mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali… ecc.” [x] . La possibilità si allarga anche a parti di edifici – “almeno il 60 per cento di essi” – e porta  il massimo della superficie lorda “a 15.000 metri quadrati”. La modifica  dell’Art.4 riconferma   i cambi di destinazione “tra” le categorie funzionali  del Testo Unico dell’edilizia, anziché “all’interno” delle categorie funzionali:  una possibilità che a nostro avviso  sovverte di fatto  l’art. 23 ter del T.U. e introduce deroghe agli strumenti urbanistici. * Nell’art.6 Interventi diretti, laddove la norma previgente unificava  la  ristrutturazione edilizia e gli  interventi di demolizione e ricostruzione nella possibilità di ottenere un “incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente”, la modifica introdotta per  la ristrutturazione edilizia di singoli edifici mantiene il massimo incremento al 20%, ma aumenta quello per  gli edifici produttivi al 15% (dal 10%) e,  per interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici o loro porzioni, “sempre consentiti”, aumenta fino a un massimo del 40 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente (nella LR previgente era il 20%, nella PL 171 il 30%), mentre  per gli edifici produttivi l’aumento viene portato dal 10% al 20% della superficie coperta. Quindi capannoni industriali potranno essere demoliti e ricostruiti con un ampliamento di un quinto della superficie[xi].  * Ancora più limitata la pianificazione comunale. Nelle  già citate modifiche dell’articolo 4  (Disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici immobili)[xii], si dà ai comuni la possibilità di  prevedere “l’ammissibilità  di interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione… con mutamento della destinazione d’uso … oppure di escludere del tutto l’applicazione dell’articolo”. Possibilità con obbligo di decisione e tempi contingentati, dato che “Decorso il termine previsto …senza che la deliberazione sia stata approvata, gli interventi previsti …si applicano in via diretta”. Deliberazione in cui i comuni devono individuare “i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili …anche escludendo specifici edifici o aree, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto “per zone omogenee del piano regolatore generale” o “per singoli edifici o complessi edilizi”. Previsione che rischia di fatto di ampliare indiscriminatamente  le aree  nelle quali sono consentiti gli interventi, con la sola esclusione degli edifici e delle aree deliberate dai Comuni. Ma soprattutto,  se le citate deliberazioni comunali  non fossero approvate nel termine previsto, si consentirebbe  ai privati  di ricorrere a  un intervento diretto che bypassa le decisioni comunali.   * Anche all’art. 8 (Dotazioni territoriali e disposizioni comuni) si specifica che “Gli interventi di cui agli articoli  3 – (Ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio), 3 bis– nuovo inserimento (Ambiti territoriali di delocalizzazione)-  4 (Disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici), 6 (Interventi diretti) e 7 (Interventi da attuarsi con il permesso di costruire convenzionato) “sono realizzati indipendentemente dalle disposizioni normative, regolamentari e gestionali degli strumenti urbanistici comunali” [xiii],. * In due  passaggi del testo resta la cancellazione della specificazione che gli interventi sono consentiti solo su edifici legittimi o legittimati, lasciando quindi aperte le possibilità di poter intervenire con le facilitazioni introdotte dalla legge anche su immobili abusivi[xiv] (Legge Regionale del Lazio n. 12/2025  – continua) 2 dicembre 2025 Pe osservazioni e precisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com NOTE DELLA PREMESSA (1)  Legge LR 12/2025 vai alla legge pubblicata sul sito regionale Scarica la LR 12/2025. (2) vedi   osservazioni sull’art. 2 della PL 171 del 9 agosto 2024 e alle ulteriori modifiche introdotte dalla Commissione Urbanistica inviate il 10 giugno 2025 al presidente Rocca e ai consiglieri regionali (scarica il PDF )vedi Regione Lazio: in Consiglio si vota una cascata di cemento (le osservazioni di Carteinregola all’art. 2 della PL 171) 10 giugno 2025 Le osservazioni di Carteinregola alla PL del Lazio “Semplificazioni e Misure Incentivanti il Governo del Territorio” – prima parte –Governo del territorio (26 settembre 2024)  Le osservazioni di Carteinregola alla PL del Lazio “Semplificazioni e Misure Incentivanti il Governo del Territorio” – seconda parte, il Paesaggio (14 ottobre 2024) NOTE DELLE OSSERVAZIONI N.B. I testi dei commi definitivamente approvati sono messi a confronto con quelli previgenti, in carattere barrato le parti eliminate e in grassetto le parti introdotte -------------------------------------------------------------------------------- [i] Art. 1 LR 12/2025   Modifiche alla Legge 7/2017 Art. 1 Finalità e ambito di applicazione  Comma 1 – cancellazione lett lett.f) [ii] Art. 1 LR 12/2025   Modifiche alla Legge 7/2017 Art. 1 Finalità e ambito di applicazione  Comma7 lett. c bis) . Sono definite porzioni di territorio urbanizzate: (…)  C bis) i lotti di terreno che, ancorché non individuati nelle lettere a), b) e c) [parti di territorio già trasformate o individuate come trasformabili NDR] , sono serviti dalle opere di urbanizzazione primaria, purché divisi, da strade dotate delle reti di servizi di pubblica utilità di cui all’articolo 4 della legge 29 settembre 1964, n. 847 (autorizzazione ai comuni e loro consorzi a contrarre mutui per l’acquisizione delle aree ai sensi della l. 18 aprile 1962, n. 167) e successive modifiche, da frontistanti aree individuate dalle precedenti lettere [iii] Art. 1 LR 12/2025   Modifiche alla Legge 7/2017  Art. 1 Finalità e ambito di applicazione  inserito nuovo Comma 7 bis. Gli interventi previsti dalla presente legge sono consentiti per gli edifici la cui superficie ricada, per almeno il 30 per cento, nelle porzioni di territorio urbanizzate di cui al comma 7 [iv] Art. 1 LR 12/2025   Modifiche alla Legge 7/2017  Art. 1 Finalità e ambito di applicazione  comma 2 lett.b) Le disposizioni di cui alla presente legge – “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio –  non si applicano: (..) b) nelle aree naturali protette, ad esclusione delle zone individuate come paesaggio degli insediamenti urbani dal Piano territoriale paesistico regionale (PTPR), fatto salvo quanto previsto dal piano dell’area naturale protetta e dalla legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali) e successive modifiche e integrazioni; delle porzioni di territorio urbanizzate come definite ai sensi del comma 7 nelle quali gli interventi devono rispettare le previsioni del piano di gestione dell’area naturale protetta; nelle aree naturali protette per le quali non è stato approvato il piano di gestione, gli interventi di cui alla presente legge sono consentiti, nel rispetto della legge regionale 6 ottobre 1997, n. 29 (Norme in materia di aree naturali protette regionali) e successive modifiche, nelle zone territoriali omogenee A e B di cui all’articolo 2 del decreto del Ministro per i lavori pubblici 2 aprile 1968 ovvero nelle porzioni di territorio urbanizzate come definite ai sensi del comma 7. Gli interventi di cui alla presente lettera possono essere realizzati previo nulla osta di cui all’articolo 28 della l.r. 29/1997 e successive modifiche;” [v] Art. 1 LR 12/2025   Modifiche alla Legge 7/2017 Art. 2 (Programmi di rigenerazione urbana)    Comma 4 LETT. D) Comma 4 I comuni, nel perseguire gli obiettivi e le finalità di cui all’articolo 1, valutando anche le proposte dei privati, ivi incluse quelle presentate da associazioni consortili di recupero urbano, approvano con le procedure di cui al comma 6 i programmi di rigenerazione urbana, indicando: d) le premialità per il rinnovo del patrimonio edilizio esistente, interessato dal programma per la realizzazione di opere pubbliche e/o per cessioni di aree aggiuntive in misura non superiore al 35 per cento 60 per cento [aumento introdotto dalla Proposta della Giunta]  della superficie lorda esistente; il programma può anche riconoscere, al soggetto privato che realizzi opere pubbliche e/o ceda aree all’amministrazione, nuove volumetrie indipendentemente dal recupero degli edifici esistenti, da realizzare su aree trasformate o su aree libere [vi] Art. 1 LR 12/2025  Modifiche alla Legge 7/2017  – Art. 2 comma 4  lettera f) f) la eventuale  quota di alloggi da destinare ad edilizia residenziale pubblica e nel caso di edilizia sociale una quota non inferiore al 20 per cento; [vii] Art. 1 LR 12/2025    Modifiche alla Legge 7/2017 Art. 3  (Ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio)   comma 2 Per gli interventi di cui al presente articolo è consentito il mutamento delle destinazioni d’uso degli edifici tra le destinazioni previste dallo strumento urbanistico generale vigente ovvero il mutamento delle destinazioni d’uso tra quelle compatibili o complementari all’interno delle categorie funzionali di cui al comma 6*, con il divieto di mutamento delle destinazioni d’uso finalizzato all’apertura delle medie e grandi strutture di vendita di cui all’articolo 24, comma 1, lettere b) e c), della legge regionale 18 novembre 1999, n. 33 (Disciplina relativa al settore commercio) e successive modifiche e integrazioni. di  grandi strutture di vendita, di cui all’articolo 22, comma 1, lettera c), della l legge regionale 6 novembre 2019, n. 22 (Testo unico del commercio) e successive modifiche [viii] Art. 1 LR 12/2025    Modifiche alla Legge 7/2017 Articolo 4  (Disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici immobili) Comma 4 (ex comma 2)Gli interventi di cui al presente articolo non possono prevedere l’apertura di medie e grandi strutture di vendita di cui all’articolo 24, comma 1, lettere b) e c), della l.r. 33/1999. previste dall’articolo 22, comma 1, lettera c), della l.r. 22/2019 [ix] Art. 1 LR 12/2025    Modifiche alla Legge 7/2017 “Art. 3 bis (Ambiti territoriali di delocalizzazione) Nuovo inserimento COMMA 1. I comuni, con una o più deliberazioni di consiglio comunale da approvarsi ai sensi dell’articolo 1, commi 2 e 3, della legge regionale 2 luglio 1987, n. 36 (e successive modifiche, individuano, anche su proposta dei privati, specifici e puntuali ambiti territoriali nei quali, per la presenza di vincoli urbanistici di inedificabilità, di aree del demanio marittimo, di fasce di rispetto delle strade pubbliche, ferroviarie, igienico-sanitarie e tecnologiche, di aree con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali, nonché agli standard previsti nel decreto del Ministero dei lavori pubblici 2 aprile 1968 n. 1444 e successive modifiche o di aree tutelate per legge, ai sensi dell’articolo 142 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 e successive modifiche sono consentiti, previa acquisizione di idoneo e valido titolo abilitativo, previsto nel d.p.r. 380/2001 o del permesso di costruire convenzionato, previsto nell’articolo 28 bis del d.p.r. 380/2001, interventi di demolizione degli edifici esistenti con delocalizzazione totale in diversi ambiti individuati con le medesime deliberazioni, tra le aree trasformabili, prevedendone, ove necessario, il cambio di destinazione d’uso oltrechè  il superamento degli indici edificatori COMMA  2 L’intervento di delocalizzazione comporta il riconoscimento di una volumetria o di una superficie lorda aggiuntive rispetto a quelle preesistenti nella misura massima del 40 per cento, in superamento degli indici edificatori.In caso di cessione gratuita all’amministrazione comunale dell’area rimasta libera, la percentuale di cui al periodo precedente è incrementata di un ulteriore 5 per cento e l’eventuale bonifica della stessa, ove necessario, è a carico del proponente, da regolare con atto d’obbligo e da realizzare nel corso di validità del titolo abilitativo edilizio. [x] Art. 1 LR 12/2025    Modifiche alla Legge 7/2017  Art. 4 (Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso) Comma 1 Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, i comuni, entro il termine del 31 dicembre 2025, con apposita deliberazione di consiglio comunale da approvare mediante le procedure previste dall’articolo 1, commi 2 e 3, della l.r. 36/1987 e successive modifiche, possono prevedere l’ammissibilità, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, di interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione, di singoli edifici o di almeno il 60 per cento di essi per una superficie lorda complessiva massima di 10.000 15.000 metri quadrati, con mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, con esclusione di quella rurale, oppure possono escludere del tutto l’applicazione del presente articolo. [xi] Art. 1 LR 12/2025    Modifiche alla Legge 7/2017 Articolo 6 (Interventi diretti)  COMMA 1 Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il  è consentito un incremento fino al 15 20 per cento della volumetria o della superficie coperta lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi, per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 15 per cento della superficie coperta; sono, inoltre, sempre consentiti interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici o loro porzioni, con incremento fino a un massimo del 30 40 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente,   ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta il 20 per cento della superficie coperta. Tali interventi sono consentiti anche con aumento delle unità immobiliari.”; [xii] Art. 1 LR 12/2025    modifica alla  Legge 7/2017 Art. 4  (Disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici) COMMA 1  Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, i comuni, entro il termine del 31 dicembre 2025, con apposita deliberazione di consiglio comunale da approvare mediante le procedure previste dall’articolo 1, commi 2 e 3, della l.r. 36/1987 e successive modifiche, possono prevedere l’ammissibilità, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, di interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione, di singoli edifici o di almeno il 60 per cento di essi per una superficie lorda complessiva massima di 10.000 15.000 metri quadrati, con mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali individuate previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, con esclusione di quella rurale, oppure possono escludere del tutto l’applicazione del presente articolo. Comma 2 2. Con la deliberazione prevista al comma 1, i comuni, al fine di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti ovvero di edifici o di complessi edilizi in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione, possono consentire gli interventi di cui al comma 1: a)      per zone omogenee del Piano regolatore generale o per ambiti territoriali determinati, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, anche escludendo specifici edifici o aree, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1; b)      per singoli edifici o complessi edilizi, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1. .COMMA 3 Nelle more dell’approvazione della deliberazione del consiglio comunale di cui al comma 1, e comunque non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge  Decorso il termine previsto nel comma 1, senza che la deliberazione sia stata approvata, gli interventi previsti nel comma 1, in presenza dei presupposti e delle finalità di cui all’alinea del comma 2,, si applicano in via diretta, con mutamento delle destinazioni d’uso tra quelle compatibili o complementari di cui all’articolo 3, comma 6, previa richiesta di idoneo titolo abilitativo edilizio previsto nel d.p.r. 380/2001, agli edifici esistenti legittimi o legittimati  per una superficie lorda non superiore a 1.500 metri quadrati, per i comuni con popolazione fino a 10.000 abitanti e non superiore a 2.000 metri quadrati per i comuni con popolazione superiore a 10.000 abitanti, purché non ricadenti: a)  nell’ambito di consorzi industriali e di piani degli insediamenti produttivi; b) all’interno delle zone omogenee D di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968. nelle zone individuate come insediamenti urbani storici nel PTPR. ex comma 3. Nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR e nelle zone omogenee D di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968, i comuni, con la deliberazione di cui al comma 1, possono limitare gli interventi previsti dal presente articolo. Comma 4. (EX 2) Gli interventi di cui al presente articolo non possono prevedere l’apertura di medie e grandi strutture di vendita previste dall’articolo 22, comma 1, lettera c), della l.r. 22/2019. Comma 5. Sono fatte salve le deliberazioni dei consigli comunali già approvate alla data di entrata in vigore della presente disposizione.”; comma ex 5 Nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR, le disposizioni di cui al comma 4 si applicano previa autorizzazione della giunta comunale [xiii] Art. 1 LR 12/2025    modifiche  la  Legge 7/2017“ Art. 8 (Dotazioni territoriali e disposizioni comuni) Comma 2 L’attuazione degli interventi di cui agli articoli 3,3 bis, 4, 6 e 7 sono realizzati indipendentemente dalle disposizioni normative, regolamentari e gestionali degli strumenti urbanistici comunali e sono subordinati è subordinata all’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001, ovvero al loro adeguamento e/o realizzazione, nonché, per gli interventi di demolizione e ricostruzione diversi dalla ristrutturazione edilizia, alla dotazione di parcheggi di cui all’articolo 41 sexies della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e successive modifiche [xiv] Art. 1 LR 12/2025    modifiche  la  Legge 7/2017“ Art.  4  (Disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici)  comma 3 (ex 4) Art. 1 LR 12/2025    modifiche  la  Legge 7/2017“ Art. 5 (Interventi per il miglioramento sismico e per  l’efficientamento energetico degli edifici), comma 3 Art.  4  (Disposizioni per il cambio di destinazione d’uso degli edifici)  comma 3 (ex 4) 3. (ex 4) Nelle more dell’approvazione della deliberazione del consiglio comunale di cui al comma 1, e comunque non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge Decorso il termine previsto nel comma 1 senza che la deliberazione sia stata approvata, gli interventi previsti nel comma 1, in presenza dei presupposti e delle finalità di cui all’alinea del comma 2, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano agli edifici esistenti legittimi o legittimati  si applicano in via diretta, con mutamento delle destinazioni d’uso tra quelle compatibili o complementari di cui all’articolo 3, comma 6, previa richiesta di idoneo titolo abilitativo edilizio previsto nel d.p.r. 380/2001, agli edifici esistenti per una superficie lorda non superiore a 1.500 metri quadrati per i comuni con popolazione fino a 10 mila abitanti e non superiore a 2.000 metri quadrati per i comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti, purché non ricadenti: ecc Art. 1 LR 12/2025    modifiche  la  Legge 7/2017“ Art. 5 (Interventi per il miglioramento sismico e per  l’efficientamento energetico degli edifici), comma 3comma 3 Gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, anche con aumento delle unità immobiliari. Tali interventi si applicano agli edifici legittimi o legittimati per i quali sia stato rilasciato il titolo edilizio in sanatoria, anche se ricadenti nelle zone omogenee E di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968.
L’Assemblea Capitolina deve approvare urgentemente la Delibera che fissa limiti per l’applicazione della Legge regionale della Rigenerazione urbana
La lunga battaglia contro la Proposta di legge 71 della Regione Lazio che abbiamo condotto per quasi un anno, da settembre 2024 a luglio 2025, si è conclusa con l’approvazione della legge regionale 125/2025, in vigore dal 30 luglio scorso, che ha confermato – peggiorato – la maggior parte delle nostre obiezioni. Ora è importante che Roma Capitale approvi la delibera che può impedire l’attuazione delle previsioni più impattanti della legge, sfruttando la possibilità di limitarne gli ambiti, e che lo faccia prima della fine di dicembre. Passi in tale direzione li hanno già fatti l’Assemblea, con una mozione, e la Giunta Gualtieri, con una decisione di Giunta, che vanno nella direzione che Carteinregola auspica da anni. Manca solo il voto dell’Assemblea Capitolina e i tempi sono molto stretti, dato che in mezzo c’è anche l’approvazione del bilancio. Chiediamo quindi ai consiglieri e alle consigliere di attivarsi affinchè questa opportunità non venga sprecata. Nel luglio scorso è stata approvata dal Consiglio regionale del Lazio la legge 12/2025 SEMPLIFICAZIONI E MISURE INCENTIVANTI IL GOVERNO DEL TERRITORIO (1), una vera e propria manovra, più che urbanistica, edilizia, che ha messo mano a decine di norme regionali (2) e che produrrà danni irreversibili al territorio e alla qualità della vita delle persone. Così scrivevamo all’indomani dell’approvazione(3): “sono passate modifiche normative veramente devastanti, di cui si vedranno le superfetazioni edilizie e i danni al paesaggio tra qualche anno, così come stanno atterrando adesso nei quartieri della Capitale le demolizioni e ricostruzioni con aumenti di cubatura del famigerato “Piano casa” di Renata Polverini. In particolare riteniamo contrarie all’interesse publico e destinate solo a fornire vantaggi a varie categorie di privati le modifiche dell’Art. 2 – poi diventato art. 1 – che modifica la legge regionale 18 luglio 2017, n. 7 Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio (4), che riguarda aspetti vitali per i cittadini: le demolizioni e ricostruzioni, i cambi di destinazione, le aree non urbanizzate su cui si potrà costruire, le competenze pianificatorie sottratte ai comuni e molto altro .  Alcune delle modifiche normative più pericolose contengono la previsione che i comuni possano non avvalersene, con una deliberazione del Consiglio comunale da approvare in tempi tempi strettissimi. Nel nuovo comma 2 bis introdotto nella Legge 7/2017 all’ Art. 1 (Finalità e ambito di applicazione) (5) è scritto che i comuni “entro il termine perentorio” – di 150 giorni per i Comuni come Roma, ancora meno per comuni con popolazione inferiore- possono “individuare specifiche porzioni di territorio ovvero immobili nei quali, in ragione di particolari qualità di carattere storico, artistico, urbanistico, paesaggistico, geomorfologico, ambientale ed architettonico, escludere o limitare gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 bis, 4, 5 e 6” (6); nel comma 2 dell’Art. 4 (Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso) (7) si dice che : “i comuni, entro il termine del 31 dicembre 2025, con apposita deliberazione di consiglio comunale… possono prevedere l’ammissibilità …di interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione, di singoli edifici o di almeno il 60 per cento di essi per una superficie lorda complessiva massima di 15.000 (prima 10.000) metri quadrati, con mutamento della destinazione d’uso … oppure possono escludere del tutto l’applicazione del presente articolo“. Ma attenzione: “Decorso il termine previsto… senza che la deliberazione sia stata approvata, gli interventi… si applicano in via diretta“(7). Anche il nuovo comma 1 sexies (8) dell’Art. 6 (Interventi diretti), che riguarda Roma ma non solo (9) consente ai comuni interessati di approvare “una apposita deliberazione di consiglio comunale con la quale possono essere individuate zone dello strumento urbanistico generale ovvero ambiti territoriali nei quali, in ragione di particolari caratteristiche di tipo urbanistico, paesaggistico o ambientale, tali interventi – quelli previsti all’art. 6 comma 1 e al nuovo comma 1 sexies – possono essere esclusi o limitati“(10). Per capire l’importanza e l’urgenza dell’approvazione delle delibere comunali, basterebbe quanto previsto dal comma 1 modificato: “sono sempre consentiti interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici o loro porzioni, con incremento fino a un massimo del 40 per cento della volumetria – prima era il 20% – ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo non può superare il 20 per cento – prima il 10%– della superficie coperta” (10), ma sono molto impattanti altre modifiche, in particolare quelle introdotte nel citato nuovo art.4 (7). Per questo motivo lo scorso 28 ottobre 2025 L’Assemblea Capitolina ha approvato una “mozione di indirizzo alla Delibera per l’attuazione della L.R. 7/2017 come modificata dalla L.R.12/2025” presentata da esponenti di tutti i gruppi di maggioranza (11), che impegna il Sindaco e la Giunta a portare all’esame dell’Assemblea Capitolina entro la fine del mese di novembre la Proposta di deliberazione sulle modalità di attuazione della Legge Regionale n. 7/2017 con particolare riferimento agli articoli 4 e 6 in modo da poterla approvare entro il mese di dicembre. Il 20 novembre La Giunta capitolina ha approvato la 230a Proposta (D.G.C. n. 163 ) “Disposizioni attuative per interventi di rigenerazione urbana e per il recupero edilizio ai sensi dell’art. 1 comma 2 bis della legge Regionale n. 7/2017, come modificata dalla legge Regionale n. 12/2025” (12)con un elenco di limiti da porre all’attuazione della legge regionale che riportiamo in calce, rimandando alla lettura integrale del documento. Una Proposta condivisibile, che intende riportare il governo del territorio nel giusto ambito della pianificazione pubblica e del contemperamento degli interventi privati con l’interesse pubblico e la sostenibilità per l’ambiente, il paesaggio e la vita dei cittadini. Per questo Carteinregola si attiverà affinchè la delibera sia approvata nei tempi dati – incombono le sedute dell’Assemblea Capitolina dedicate al bilancio e la Proposta non è ancora stata ancora inserita all’ODG dei lavori (13) – continuando il lavoro di approfondimento per evidenziare tutte le controindicazioni della LR 12/2025, sperando che l’intervento di tre Ministeri riportato a settembre da fonti di stampa (13) possa davvero spingere il Presidente Rocca e la sua maggioranza a ridimensionare gli impatti devstanti del provvedimento. Per ora prendiamo atto con soddisfazione che  la Giunta Gualtieri e la maggioranza capitolina intendono dare seguito a quello che da anni  Carteinregola chiede a tutti i livelli istituzionali, cioè l’esclusione dell’ applicazione degli aumenti di cubatura previste dall’articolo 6 della legge 7/2017  nei tessuti   più pregiati della città, per evitare la demolizione di palazzi e villini storici nelle aree più appetibili dal punto di vista immobiliare, e per indirizzare la rigenerazione nelle zone della città che ne hanno veramente bisogno. Gruppo Urbanistica Carteinregola Anno 2025 Ordine del giorno n. 52 – 230a Proposta (D.G.C. n. 163 del 20 novembre 2025) “Disposizioni attuative per interventi di rigenerazione urbana e per il recupero edilizio ai sensi dell’art. 1 comma 2 bis della legge Regionale n. 7/2017, come modificata dalla legge Regionale n. 12/2025”. (NOTA: in calce solo il dispositivo finale – scarica la delibera (pubblicata sul sito istituzionale nella sezione ODG e Proposte) (DISPOSITIVO FINALE) (…) L’ASSEMBLEA CAPITOLINA DELIBERA Le seguenti disposizioni attuative per gli interventi di rigenerazione urbana e per il recupero edilizio ai sensi dell’art. 1 comma 2bis della Legge Regionale n. 7/2017, come modificata dalla Legge Regionale n.12/2025: 1. escludere l’applicazione dell’art. 4 della L.R. 7/2017[i]; 2. limitare, nelle porzioni di territorio urbanizzato, l’applicazione dell’art. 5 [ii]della LRL come di seguito specificato: * a) nella Zona omogenea “A”, così come definita all’art. 107 delle NTA[iii], non sono consentiti ampliamenti della volumetria o della superficie lorda esistente degli edifici; * b) nei beni inseriti nell’elaborato “Carta per la Qualità” del PRG vigente; l’assentibilità dell’intervento è subordinata alla verifica dell’effettivo permanere dell’esigenza di conservazione e di valorizzazione del carattere storico, artistico, urbanistico ed architettonico del bene inserito nell’elaborato “Carta per la Qualità”, che dovrà essere effettuata dall’Ufficio procedente, sentita la U.O. Piano Regolatore e la Sovrintendenza Capitolina ai sensi dell’art.16 delle NTA vigenti[iv]; 3. consentire, nelle porzioni di territorio urbanizzato, l’applicazione dell’art. 6 della Legge 7/2017[v] tesa a qualificare la città esistente con le esclusioni ed i limiti di seguito indicati: * a) la ristrutturazione edilizia in assenza di demolizione e ricostruzione è consentita senza premialità volumetriche; * b) la demolizione e ricostruzione del singolo edificio, con l’esclusione di quelli ricadenti in Zona omogenea A così come definita all’art. 107 delle NTA (iii), è consentita con premialità massima pari al 20% della SUL o della volumetria esistente, e comunque tale da non determinare un aumento del VFT (Volume Fuori Terra NDR), come definito all’art. 4, comma 4, delle NTA del PRG[vi], superiore al 20% di quello demo-ricostruito, ad eccezione degli edifici produttivi, per i quali sono consentite premialità volumetriche fino a un massimo del 10% della superficie coperta; * c) gli interventi di cui alle lettere a) e b), ove riguardanti beni inseriti nell’elaborato “Carta per la Qualità” del PRG vigente sono subordinati alla verifica dell’effettivo permanere dell’esigenza di conservazione e di valorizzazione del carattere storico, artistico, urbanistico ed architettonico del bene inserito nell’elaborato “Carta per la Qualità”, che dovrà essere effettuata dall’Ufficio procedente, sentita la U.O. Piano Regolatore e la Sovrintendenza Capitolina ai sensi dell’art.16 delle NTA vigenti (4); * d) è esclusa l’applicazione dell’art. 6, comma 1 quinquies, della LRL[vii]; * e) è limitata l’applicazione dell’art. 6, comma 2, della LRL come di seguito specificato * nei Servizi pubblici gli interventi di cui alle lettere a ) e b) sono assentibili solo per * destinazioni assimilabili a quelle previste dagli articoli 84 e 85 delle NTA vigenti[viii]; nei Tessuti a prevalente destinazione per attività della Città da Ristrutturare gli interventi di cui alle lettere a ) e b) sono assentibili solo per le destinazioni funzionali indicate per la relativa componente dell’art.52 della NTA[ix] con il limite del 10% per la destinazione residenziale 1. 4. dare mandato agli uffici di procedere alla verifica della richiesta di monetizzazione degli standard non reperiti in analogia con le procedure previste per gli interventi realizzabili secondo le prescrizioni delle NTA del PRG vigente, ai sensi della Delibera 73/2010 e s.m.i.[x], nonché della relativa Circolare esplicativa (Prot.n.99440/2012)[xi]; 5. specificare che, trattandosi di procedure non in conformità di piano regolatore generale, l’istruttoria è attribuita ai Municipi solo se relativa ad interventi su edifici di volumetria fuori terra inferiore a 3.000 mc; 6. dare mandato ai Municipi di Roma Capitale di trasmettere al Dipartimento Attuazione Urbanistica l’indicazione degli interventi diretti richiesti e realizzati ai sensi dell’articolo 6 della LRL nonché copia dei progetti depositati presso i Municipi al fine di consentire il monitoraggio richiesto ai sensi dell’art.11 della LRL[xii] 7. dare mandato al Dipartimento Attuazione Urbanistica di predisporre eventuali disposizioni di carattere applicativo ed esplicativo della presente deliberazione, per mezzo di apposite Determinazioni Dirigenziali. -------------------------------------------------------------------------------- Per osservazioni e prcisazioni: laboratoriocarteinregola@gmail.com 1 dicembre 2025 Vedi anche Legge Rigenerazione Urbana del Lazio cronologia materiali Modifiche al PRG cronologia materiali vai a La Legge regionale del Lazio 125/2025 (ex PL 171) (in progress) vai alle osservazioni sull’art. 2 della PL 171 del 9 agosto 2024 e alle ulteriori modifiche introdotte dalla Commissione Urbanistica inviate il 10 giugno 2025 al presidente Rocca e ai consilgieri regionali (scarica il PDF )vedi Regione Lazio: in Consiglio si vota una cascata di cemento (le osservazioni di Carteinregola all’art. 2 della PL 171) 10 giugno 2025 Vai alla pagina con le precenti modifiche apportate dalla Giunta Rocca e dalla Commissione Urbanistica Vai a Urbanistica del Lazio 2023-25 cronologia materiali NOTE ARTICOLO (1) 31 luglio 2025 La Proposta di legge 171 è pubblicata sul BUR – N 63 con la denominazione Legge LR 12/2025 ed è pubblicata sul sito regionale Scarica LR 12/2025 (2)I 21 articoli del testo approdato al voto del Consiglio della Proposta sono intervenuti su 22 leggi regionali con 114 modifiche (tra le quali alcune che sostituivano interi articoli o introducevano sequenze di nuovi commi), nel corso della trattazione in aula sono state approvate decine di emendamenti che hanno apportato ulteriori modifiche e fatto lievitare la legge a 28 articoli, più il ventinovesimo dell’entrata in vigore. L’articolo 1 (ex 2) ha introdotto 36 modifiche in 8 articoli della lr 7/2017, tra le quali un nuovo articolo inserito, 1 articolo sostituito, 12 nuovi commi inseriti 2 commi abrogati. (3) vedi Nell’indifferenza generale il centrodestra del Lazio cambia – in molto peggio – le regole dell’urbanistica (ma salva i cinema chiusi) (4) vedi Legge 12/2025 Art. 1    Modifiche alla legge regionale 18 luglio 2017, n. 7 “Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio” e successive modifiche vedi Legge Regione Lazio 12/2025, le modifiche alle Legge 7/2017 (Rigenerazione Urbana) con evidenziate inziative nella potestà dei Comuni (5) Art. 1 nuovo comma 2 bis. Fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 1 sexies,  entro il termine perentorio di novanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione per i comuni con popolazione inferiore a 50 mila abitanti, entro il termine perentorio di centoventi giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione per i comuni con popolazione pari o superiore a 50 mila abitanti ed entro centocinquanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione per i comuni con popolazione pari o superiore a 100 mila abitanti, con deliberazione del consiglio comunale è possibile individuare specifiche porzioni di territorio ovvero immobili nei quali, in ragione di particolari qualità di carattere storico, artistico, urbanistico, paesaggistico, geomorfologico, ambientale ed architettonico, escludere o limitare gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 3 bis, 4, 5 e 6. Fino alla scadenza dei termini di cui al periodo precedente sono sospese le segnalazioni certificate di inizio di attività (SCIA) e le istanze per il rilascio dei titoli abilitativi per gli interventi di cui agli articoli 2, 3, 4, 5 e 6 presentate successivamente alla data di entrata in vigore della presente disposizione; le SCIA e le istanze per il rilascio dei titoli abilitativi presentate prima della data di entrata in vigore della presente disposizione sono regolate, a eccezione dei mutamenti di destinazione d’uso da turistico ricettivo ad altra destinazione che restano in ogni caso sospesi, dalle disposizioni previste dalla disciplina previgente purché alla data di entrata in vigore della presente disposizione siano maturate le condizioni di cui, rispettivamente, all’articolo 23, commi 1, 3 e 4, e all’articolo 20, comma 8, del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche. Decorso un anno dalla scadenza di cui al periodo precedente, i comuni possono aggiornare le deliberazioni approvate o, nel caso non abbiano deliberato, approvare le deliberazioni per la prima volta. Le esclusioni introdotte con le deliberazioni di cui al presente comma sono efficaci anche nei confronti delle deliberazioni precedentemente approvate ai sensi della presente legge, fatti salvi i titoli edilizi rilasciati.”; (6) Legge 7/2017 Disposizioni per la rigenerazione urbana e per il recupero edilizio articoli 2, 3, 3 bis, 4, 5 e 6 * Art. 2 (modificato) (Programmi di rigenerazione urbana) * Art. 3 (modificato) (Ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio) * Art. 3 bis (nuova introduzione) (Ambiti territoriali di delocalizzazione) * Art. 4 (sostituito da nuovo articolo)(Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso) * Art. 5 (modificato) (Interventi per il miglioramento sismico e per l’efficientamento energetico degli edifici) * Art. 6 (modificato) (Interventi diretti) (7) Art. 4 (Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso) TESTO MODIFICATO Legge 7/2017 Art. 4 COMMA 1. Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, i comuni, entro il termine del 31 dicembre 2025, con apposita deliberazione di consiglio comunale da approvare mediante le procedure previste dall’articolo 1, commi 2 e 3, della l.r. 36/1987 e successive modifiche, possono prevedere l’ammissibilità, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, di interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione, di singoli edifici o di almeno il 60 per cento di essi per una superficie lorda complessiva massima di 10.000 15.000 metri quadrati, con mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, con esclusione di quella rurale, oppure possono escludere del tutto l’applicazione del presente articolo. 2. Con la deliberazione prevista al comma 1, i comuni, al fine di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti ovvero di edifici o di complessi edilizi in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione, possono consentire gli interventi di cui al comma 1: a)      per zone omogenee del Piano regolatore generale o per ambiti territoriali determinati, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, anche escludendo specifici edifici o aree, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1; b)      per singoli edifici o complessi edilizi, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1. 3. (ex 4) Nelle more dell’approvazione della deliberazione del consiglio comunale di cui al comma 1, e comunque non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge Decorso il termine previsto nel comma 1 senza che la deliberazione sia stata approvata, gli interventi previsti nel comma 1, in presenza dei presupposti e delle finalità di cui all’alinea del comma 2, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano agli edifici esistenti legittimi o legittimati  si applicano in via diretta, con mutamento delle destinazioni d’uso tra quelle compatibili o complementari di cui all’articolo 3, comma 6, previa richiesta di idoneo titolo abilitativo edilizio previsto nel d.p.r. 380/2001, agli edifici esistenti per una superficie lorda non superiore a 1.500 metri quadrati per i comuni con popolazione fino a 10 mila abitanti e non superiore a 2.000 metri quadrati per i comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti, purché non ricadenti: a) nell’ambito di consorzi industriali e di piani degli insediamenti produttivi; b) all’interno delle zone omogenee D di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968. nelle zone individuate come insediamenti urbani storici nel PTPR. ex comma 3. Nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR e nelle zone omogenee D di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968, i comuni, con la deliberazione di cui al comma 1, possono limitare gli interventi previsti dal presente articolo. 4. (EX 2) Gli interventi di cui al presente articolo non possono prevedere l’apertura di medie e grandi strutture di vendita previste dall’articolo 22, comma 1, lettera c), della l.r. 22/2019. 5. Sono fatte salve le deliberazioni dei consigli comunali già approvate alla data di entrata in vigore della presente disposizione.”; ex 5 Nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR, le disposizioni di cui al comma 4 si applicano previa autorizzazione della giunta comunale (8) Legge 7/2017 Art. 6 nuovva comma 1 sexies 1 sexies. Nei comuni a cui è stato conferito, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’esercizio delle funzioni in materia di governo del territorio ai sensi dell’articolo 9, comma 67, della legge regionale 23 novembre 2022, n. 19 (vedi nota 9), gli interventi di cui ai commi 1 e 1 quinquies (vedi nota 10) sono subordinati all’approvazione di una apposita deliberazione di consiglio comunale con la quale possono essere individuate zone dello strumento urbanistico generale ovvero ambiti territoriali nei quali, in ragione di particolari caratteristiche di tipo urbanistico, paesaggistico o ambientale, tali interventi possono essere esclusi o limitati. Nelle more dell’approvazione di tale deliberazione, per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta. (9) ai sensi dell’articolo 9, comma 67, della legge regionale 23 novembre 2022, n. 19, Disposizioni collegate alla legge di stabilità regionale 2022. Disposizioni varie* comma 66 (modificato dalla LR 12/2025)  Le disposizioni relative al conferimento di funzioni per l’approvazione delle varianti di cui ai commi 64, lettera a) e 65 si applicano, inoltre, ai comuni capoluogo di provincia e ai comuni con popolazione residente superiore a cinquantamila abitanti. Sono fatte salve le disposizioni relative al conferimento di funzioni per l’approvazione delle varianti di cui ai commi da 61 a 65 per i comuni che, alla data del 30 giugno 2024, abbiano già sottoscritto la convenzione di cui al comma 67. comma 67.  L’esercizio delle funzioni  di cui ai commi da 61 a 65 decorre dalla data di sottoscrizione  di  apposita convenzione tra i comuni interessati e la Regione concernente le modalità, anche organizzative,  di esercizio delle stesse. (sul sito della Regione Laizo un post aggiornato al 18/9/2024 contiene l’ Elenco dei comuni che hanno sottoscritto con la Regione Lazio la convenzione e che dunque ad oggi esercitano le funzioni di cui alla l.r. 19/2022: Aprilia, convenzione del 23 maggio 2024: * Roma Capitale, convenzione del 29 dicembre 2022; * Rieti, convenzione del 19 marzo 2024; * Latina, convenzione del 4 aprile 2024; * Aprilia, convenzione del 23 maggio 2024 *Vedi Il testo approvato dal Consiglio regionale che conferisce funzioni urbanistiche a Roma Capitale (e non solo) 28 novembre 2022 (10) Legge 7/2017 Art. 6 comma 1 e 1 sexies comma 1 (con confronto precedente testo, barrato testo eliminato in grassetto testo introdotto dalla LR 12/2025) Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il  e’ consentito un incremento fino al 20 per cento della volumetria o della superficie coperta lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi, per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 15 per cento della superficie coperta; sono, inoltre, sempre consentiti interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici o loro porzioni, con incremento fino a un massimo del 40 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente,   ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta il 20 per cento della superficie coperta. Tali interventi sono consentiti anche con aumento delle unità immobiliari.”; comma 1 quinquies. (nuovo inserimento) Per il perseguimento di una o più delle finalità previste nell’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, sono inoltre consentiti, in aggiunta a quelli di cui al comma 1, interventi di recupero di superfici o volumi preesistenti a carattere accessorio o pertinenziale, ancorché non computati ai fini del rilascio del titolo edilizio, ad esclusione di quelli funzionali e connessi all’attività agricola. Tale recupero di volumi o superfici è consentito fino al 20 per cento del volume o della superficie di ogni edificio e fino a un massimo di 100 metri quadrati. Le parti recuperate assumono la destinazione dell’edificio di riferimento (11) 28 ottobre 2025 L’Assemblea Capitolina approva la mozione di indirizzo alla Delibera per l’attuazione della L.R. 7/2017 come modificata dalla L.R.12/2025 presentata dai consiglieri Baglio (PD), Caudo (RF), Melito (PD), Luparelli (SCE), Petrolati /Demos), Amodeo e Trabucco (Lista Gualtieri) che impegna il Sindaco e la Giunta “a portare all’esame dell’Assemblea Capitolina entro la fine del mese di novembre la Proposta di deliberazione sulle modalità di attuazione della Legge Regionale n. 7/2017 con particolare riferimento agli articoli 4 e 6 in modo da poterla approvare entro il mese di dicembre” con un elenco di proposte per porre dei limiti all’applicazione della legge regionale come modificata il 30 luglio 2025 scarica la mozione (12) 20 novembre 2025 La Giunta capitolina approva la 230a Proposta (D.G.C. n. 163 del 20 novembre 2025) “Disposizioni attuative per interventi di rigenerazione urbana e per il recupero edilizio ai sensi dell’art. 1 comma 2 bis della legge Regionale n. 7/2017, come modificata dalla legge Regionale n. 12/2025” con un elenco di limiti da porre all’attuazione della legge regionale scarica la delibera (pubblicata sul sito istituzionale nella sezione ODG e Proposte) (13) La Proposta non è inserita nelle convocazioni della settimana del 2 e del 4 dicembre NOTE PROPOSTA DI DELIBERA [i] Legge 7/2017 Art. 4 (2n) (Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso) (evidenziate le modifiche introdotte dalla legge 12/2025 del 30 luglio 2025, barrato testo eliminato, grassetto testo introdotto) “Art. 4 (Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso) TESTO MODIFICATO Legge 7/2017 Art. 4 COMMA 1. Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, i comuni, entro il termine del 31 dicembre 2025, con apposita deliberazione di consiglio comunale da approvare mediante le procedure previste dall’articolo 1, commi 2 e 3, della l.r. 36/1987 e successive modifiche, possono prevedere l’ammissibilità, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, di interventi di ristrutturazione edilizia, compresa la demolizione e ricostruzione, di singoli edifici o di almeno il 60 per cento di essi per una superficie lorda complessiva massima di 10.000 15.000 metri quadrati, con mutamento della destinazione d’uso tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, con esclusione di quella rurale, oppure possono escludere del tutto l’applicazione del presente articolo. 2. Con la deliberazione prevista al comma 1, i comuni, al fine di razionalizzare il patrimonio edilizio esistente nonché di promuovere e agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti ovvero di edifici o di complessi edilizi in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati o in via di dismissione, possono consentire gli interventi di cui al comma 1: a)      per zone omogenee del Piano regolatore generale o per ambiti territoriali determinati, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, anche escludendo specifici edifici o aree, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1; b)      per singoli edifici o complessi edilizi, individuando i mutamenti di destinazione d’uso ammissibili tra le categorie funzionali previste nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001, limitando i mutamenti, fissando superfici inferiori al limite massimo previsto nel comma 1. 3. (ex 4) Nelle more dell’approvazione della deliberazione del consiglio comunale di cui al comma 1, e comunque non oltre dodici mesi dall’entrata in vigore della presente legge Decorso il termine previsto nel comma 1 senza che la deliberazione sia stata approvata, gli interventi previsti nel comma 1, in presenza dei presupposti e delle finalità di cui all’alinea del comma 2, le disposizioni di cui al presente articolo si applicano agli edifici esistenti legittimi o legittimati  si applicano in via diretta, con mutamento delle destinazioni d’uso tra quelle compatibili o complementari di cui all’articolo 3, comma 6, previa richiesta di idoneo titolo abilitativo edilizio previsto nel d.p.r. 380/2001, agli edifici esistenti per una superficie lorda non superiore a 1.500 metri quadrati per i comuni con popolazione fino a 10 mila abitanti e non superiore a 2.000 metri quadrati per i comuni con popolazione superiore a 10 mila abitanti, purché non ricadenti: a) nell’ambito di consorzi industriali e di piani degli insediamenti produttivi; b) all’interno delle zone omogenee D di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968. nelle zone individuate come insediamenti urbani storici nel PTPR. ex comma 3. Nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR e nelle zone omogenee D di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968, i comuni, con la deliberazione di cui al comma 1, possono limitare gli interventi previsti dal presente articolo. 4. (EX 2) Gli interventi di cui al presente articolo non possono prevedere l’apertura di medie e grandi strutture di vendita previste dall’articolo 22, comma 1, lettera c), della l.r. 22/2019. 5. Sono fatte salve le deliberazioni dei consigli comunali già approvate alla data di entrata in vigore della presente disposizione.”; ex 5 Nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR, le disposizioni di cui al comma 4 si applicano previa autorizzazione della giunta comunale [ii] Legge 7/2017 Art. 5  (Disposizioni per il mutamento di destinazione d’uso) (evidenziate le modifiche introdotte dalla legge 12/2025 del 30 luglio 2025, barrato testo eliminato, grassetto testo introdotto) Art. 5 (Interventi per il miglioramento sismico e per l’efficientamento energetico degli edifici) 1. Al fine di incentivare gli interventi di miglioramento sismico e di efficientamento energetico degli edifici esistenti i comuni, con deliberazione di consiglio comunale, da approvare mediante le procedure di cui all’articolo 1, comma 3, della l.r. 36/1987, possono prevedere nei propri strumenti urbanistici generali vigenti la possibilità di realizzare sono consentiti, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, interventi di ampliamento del 20 per cento della volumetria o della superficie utile lorda  esistente degli edifici a destinazione residenziale, per un incremento massimo di 70 metri quadrati di superficie; tale incremento è aumentato di un ulteriore 5 per cento, fino ad un massimo di 80 metri quadrati, nel caso si tratti di interventi di bioedilizia, quali tetti verdi o tetto giardino, tali da garantire un miglioramento dell’ossigenazione dell’aria, una migliore integrazione dell’edificio rispetto al contesto paesaggistico-geomorfologico ed un maggior risparmio energetico. Per gli edifici a destinazione non residenziale l’incremento massimo è di 150 metri quadrati.” 2. Nel caso in cui gli edifici rispettino quanto previsto dalle norme tecniche per le costruzioni di cui al d.p.r. 380/2001, gli ampliamenti di cui al presente articolo sono consentiti con il solo efficientamento energetico dell’edificio che genera l’ampliamento e, negli edifici a schiera, per ogni singola unità immobiliare dotata di specifica autonomia funzionale. Gli interventi di efficientamento energetico devono garantire, se l’edificio è inferiore alla classe C, il miglioramento di due classi di certificazione energetica e se l’edificio è in classe C o superiore, di una classe. Gli interventi di miglioramento sismico sono consentiti in tutto il territorio comunale, indipendentemente dal requisito del territorio urbanizzato previsto nell’articolo 1, comma 7. comma 3 Gli ampliamenti di cui al comma 1 sono consentiti previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, anche con aumento delle unità immobiliari. Tali interventi si applicano agli edifici legittimi o legittimati per i quali sia stato rilasciato il titolo edilizio in sanatoria, anche se ricadenti nelle zone omogenee E di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968. 4. Gli ampliamenti di cui al presente articolo si realizzano: a)    in adiacenza o in aderenza rispetto al corpo di fabbrica, anche utilizzando superfici preesistenti a carattere accessorio o pertinenziale dell’edificio; ove ciò non risulti possibile oppure comprometta l’armonia estetica del fabbricato esistente, può essere autorizzata la costruzione di un corpo edilizio separato;  a bis) anche al di fuori delle porzioni di territorio urbanizzato, purché per motivate ragioni e comunque all’interno del medesimo lotto in cui ricade l’edificio; b)    nel rispetto delle altezze e delle distanze previste dalla legislazione vigente ai sensi degli articoli 8 e 9 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968; c)    nel rispetto di quanto previsto per gli interventi di miglioramento sismico sugli edifici esistenti dalle norme tecniche per le costruzioni di cui al d.p.r. 380/2001. 5. Gli ampliamenti devono essere realizzati nel rispetto di quanto previsto dalla normativa statale e regionale in materia di sostenibilità energetico-ambientale e di bioedilizia e, in particolare, dal decreto legislativo 19 agosto 2005, n. 192 (Attuazione della direttiva 2002/91/CE relativa al rendimento energetico nell’edilizia) nonché dalla l.r. 6/2008, dai decreti del Presidente della Repubblica 16 aprile 2013, n. 74 e n. 75 e dal decreto del Ministro dello sviluppo economico 26 giugno 2009 (Linee guida nazionali per la certificazione energetica degli edifici). 6. Gli ampliamenti di cui al presente articolo non si sommano con gli ampliamenti eventualmente consentiti sui medesimi edifici dalla presente legge, nonché con quelli previsti o già realizzati in applicazione di altre norme regionali o degli strumenti urbanistici vigenti. 7. Per la realizzazione degli ampliamenti di cui al presente articolo, fatto salvo quanto previsto al comma 4, lettera b), si applicano le disposizioni di cui all’articolo 8. 8. La variante di cui al comma 1, in difformità rispetto alle disposizioni di cui all’articolo 65 della legge regionale 22 dicembre 1999, n. 38 (Norme sul governo del territorio) e successive modifiche, è ammessa anche nel caso in cui i comuni siano dotati di programma di fabbricazione, purché la relativa disciplina sia estesa all’intero territorio comunale. 8. Le deliberazioni dei consigli comunali già approvate cessano di avere efficacia, unitamente alla conseguente modifica apportata alle norme tecniche attuative degli strumenti urbanistici generali, alla data di entrata in vigore della presente disposizione. 9. Le disposizioni di cui al presente articolo non si applicano nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR. 10. Nei comuni della Regione individuati dall’Allegato 1 del decreto-legge 17 ottobre 2016, n. 189 (Interventi urgenti in favore delle popolazioni colpite dagli eventi sismici del 2016), convertito, con modifiche, dalla legge 15 dicembre 2016, n. 229 e successive modifiche, gli interventi di ampliamento mediante la realizzazione di un corpo edilizio separato di cui al presente articolo possono essere autorizzati anche in altro lotto nella disponibilità del richiedente purché sito nello stesso territorio comunale su cui insiste l’edificio e non ricadente in zona omogenea E di cui al decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968, ad eccezione di quelle in cui sia comprovata l’esistenza delle opere di urbanizzazione primaria di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001. [iii]  NTA PRG 2008  Art.107. Zone territoriali omogenee Comma 1. Con riferimento alle zone territoriali omogenee di cui al DM n. 1444/1968, le componenti del presente PRG sono così classificate: a) sono classificate come zona territoriale omogenea A: le componenti della Città storica, salvo gli Ambiti di valorizzazione; [iv]  Vedi Art. 16 NTA PRG 2008 e Art. 16 modificato da Delibera modifiche NTA PRG adottata 11 12 2024 https://www.carteinregola.it/idossier-2/modifiche-al-piano-regolatore-di-roma-cronologia-materiali/delibera-di-adozione-modifiche-piano-regolatore/adozione-modifiche-nta-prg-art-16-carta-per-la-qualita/ [v] Legge 7/2017 Art. 6 (Interventi diretti) (evidenziate le modifiche introdotte dalla legge 12/2025 del 30 luglio 2025, barrato testo eliminato, grassetto testo introdotto) COMMA 1 Per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il  e’ consentito un incremento fino al 20 per cento della volumetria o della superficie coperta lorda esistente, ad eccezione degli edifici produttivi, per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 15 per cento della superficie coperta; sono, inoltre, sempre consentiti interventi di demolizione e ricostruzione di singoli edifici o loro porzioni, con incremento fino a un massimo del 40 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente,   ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta il 20 per cento della superficie coperta. Tali interventi sono consentiti anche con aumento delle unità immobiliari.”; “1 bis. La ristrutturazione edilizia di cui al comma 1 deve consistere in interventi rivolti a trasformare l’organismo edilizio mediante un insieme sistematico di opere che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente. 1 ter. La ricostruzione, successiva alla demolizione, di cui al comma 1 può avere luogo, anche ridistribuendo la superficie o la volumetria assentite in più edifici, su lotti diversi, purché ricadenti nella medesima zona e sottozona di piano regolatore e con uguali indici edificatori, oltre che significativamente vicini secondo la valutazione del comune che tenga conto della omogeneità dei lotti dal punto di vista urbanistico e dell’impatto sulle dotazioni territoriali. In tutte le ipotesi di ricostruzione su lotti diversi l’intervento deve essere autorizzato mediante il permesso di costruire convenzionato di cui all’articolo 7. 1 quater. La ricostruzione di cui al comma 1, con le relative premialità, può avvenire, per motivate ragioni, anche al di fuori delle porzioni di territorio urbanizzato, purché comunque all’interno del medesimo lotto in cui ricade l’edificio. 1 quinquies. Per il perseguimento di una o più delle finalità previste nell’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, sono inoltre consentiti, in aggiunta a quelli di cui al comma 1, interventi di recupero di superfici o volumi preesistenti a carattere accessorio o pertinenziale, ancorché non computati ai fini del rilascio del titolo edilizio, ad esclusione di quelli funzionali e connessi all’attività agricola. Tale recupero di volumi o superfici è consentito fino al 20 per cento del volume o della superficie di ogni edificio e fino a un massimo di 100 metri quadrati. Le parti recuperate assumono la destinazione dell’edificio di riferimento. 1 sexies. Nei comuni a cui è stato conferito, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, l’esercizio delle funzioni in materia di governo del territorio ai sensi dell’articolo 9, comma 67, della legge regionale 23 novembre 2022, n. 19, gli interventi di cui ai commi 1 e 1 quinquies sono subordinati all’approvazione di una apposita deliberazione di consiglio comunale con la quale possono essere individuate zone dello strumento urbanistico generale ovvero ambiti territoriali nei quali, in ragione di particolari caratteristiche di tipo urbanistico, paesaggistico o ambientale, tali interventi possono essere esclusi o limitati. Nelle more dell’approvazione di tale deliberazione, per il perseguimento di una o più delle finalità di cui all’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, sono sempre consentiti interventi di ristrutturazione edilizia o interventi di demolizione e ricostruzione con incremento fino a un massimo del 20 per cento della volumetria o della superficie lorda esistente ad eccezione degli edifici produttivi per i quali l’incremento massimo consentito non può superare il 10 per cento della superficie coperta.”; 2. Nell’ambito degli interventi di cui al comma 1 è consentito: a) il mantenimento della destinazione d’uso in essere b) i cambi  mutamenti di destinazione d’uso nel rispetto delle destinazioni d’uso previste dagli strumenti urbanistici generali vigenti,indipendentemente dalle percentuali previste dagli strumenti urbanistici comunali per ogni singola funzione nonché dalle modalità di attuazione, dirette o indirette, e da altre prescrizioni previste dagli stessi. Sono, altresì, consentiti incondizionatamente i cambi all’interno della stessa categoria funzionale di cui all’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 e successive modifiche. c) i mutamenti di destinazione d’uso all’interno della stessa categoria funzionale, previsti nell’articolo 23 ter del d.p.r. 380/2001 d)  il mantenimento, per gli edifici a destinazione mista, di una o più delle destinazioni esistenti anche con quote diverse; e) nel rispetto di quanto previsto alle lettere precedenti, il mutamento di destinazione d’uso effettuato nell’ambito dell’intervento di ristrutturazione edilizia che interessi almeno il  60 per cento dell’edificio, senza incremento della volumetria o della superficie lorda esistente.”; COMMA 3 In applicazione dell’articolo 28, comma 5, della legge 14 novembre 2016, n. 220 (Disciplina del cinema e dell’audiovisivo), previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo di cui al d.p.r. 380/2001, al fine di tutelare la funzione degli immobili già destinati alle attività cinematografiche e a centri culturali polifunzionali, di agevolare le azioni finalizzate alla riattivazione e alla rifunzionalizzazione di sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali chiusi o dismessi, di realizzare nuove sale per l’esercizio cinematografico e nuovi centri culturali polifunzionali e i servizi connessi, di realizzare interventi per la ristrutturazione e l’adeguamento strutturale e tecnologico delle sale, sono consentiti: a)    interventi di ristrutturazione edilizia o di demolizione e ricostruzione con un incremento della volumetria o della superficie lorda esistente fino a un massimo del 20 per cento degli edifici esistenti; b)    interventi per il recupero di volumi e delle superfici accessorie e pertinenziali degli edifici esistenti. 4. All’interno degli edifici destinati a teatri, sale cinematografiche e centri culturali polifunzionali, ivi inclusi gli edifici riattivati o rifunzionalizzati ai sensi del comma 3, è consentito l’esercizio di attività commerciali, artigianali e di servizi, fino ad un massimo del 30 per cento della superficie complessiva, purché tali attività siano svolte unitamente all’attività prevalente, come definita dall’articolo 78, comma 1, lettera a), della legge regionale 6 novembre 2019, n. 22 (Testo unico del commercio). (2c) 4 bis. Per gli interventi degli enti gestori di edilizia residenziale pubblica volti a recuperare e rifunzionalizzare, per attività socio-culturali e sportive con finalità sociali, le pertinenze o gli altri locali tecnici dismessi e le altre parti comuni degli edifici di cui all’articolo 1117 del codice civile, il contributo straordinario relativo agli interventi su aree o immobili in variante urbanistica, in deroga o cambio di destinazione d’uso, è dovuto in misura non superiore al 10 per cento del maggior valore generato dagli interventi. (1.1) 5. Gli interventi di adeguamento delle strutture ricettive all’aria aperta di cui all’articolo 23, comma 1, lettera c), della legge regionale 6 agosto 2007, n. 13, concernente l’organizzazione del sistema turistico laziale, alle prescrizioni di cui al regolamento regionale 24 ottobre 2008, n. 18 (Disciplina delle strutture ricettive all’aria aperta) e successive modifiche, si attuano con modalità diretta, nel rispetto delle disposizioni di cui al presente articolo. 5 bis. Le disposizioni del presente articolo, con esclusione di quelle che consentono il cambio di destinazione d’uso dell’edificio, si applicano anche alle opere di urbanizzazione secondaria, di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001. La legittimità della preesistenza non deve essere dimostrata per gli interventi realizzati prima della data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) e successive modifiche. L’esistenza dei fabbricati a quella data può essere dimostrata tramite documenti probanti, quali estratti catastali, riprese fotografiche, estratti cartografici e altri documenti d’archivio. Per gli immobili realizzati successivamente, la legittimità della preesistenza dei fabbricati deve essere dimostrata ai sensi dell’articolo 9 bis del d.p.r. 380/2001. La determinazione della consistenza delle opere di cui al presente comma è calcolata, in relazione allo stato di fatto dell’edificio, mediante perizia giurata o relazione asseverata di un tecnico abilitato. (8b) 5 bis. Le disposizioni del presente articolo, con esclusione di quelle che consentono il cambio di destinazione d’uso dell’edificio, si applicano anche alle opere di urbanizzazione secondaria, di cui all’articolo 16 del d.p.r. 380/2001. La legittimità della preesistenza non deve essere dimostrata per gli interventi realizzati prima della data di entrata in vigore della legge 6 agosto 1967, n. 765 (Modifiche ed integrazioni alla legge urbanistica 17 agosto 1942, n. 1150) e successive modifiche. L’esistenza dei fabbricati a quella data può essere dimostrata tramite documenti probanti, quali estratti catastali, riprese fotografiche, estratti cartografici e altri documenti d’archivio. Per gli immobili realizzati successivamente, la legittimità della preesistenza dei fabbricati deve essere dimostrata ai sensi dell’articolo 9 bis del d.p.r. 380/2001. La determinazione della consistenza delle opere di cui al presente comma è calcolata, in relazione allo stato di fatto dell’edificio, mediante perizia giurata o relazione asseverata di un tecnico abilitato.”; 6. Le disposizioni di cui al presente articolo non possono riferirsi ad edifici siti nelle zone individuate come insediamenti urbani storici dal PTPR. [vi] NTA PRG Art. 4 comma 4 Art.4. Grandezze edilizie 4. Volume fuori terra (Vft): esprime in termini di volume la consistenza dell’ingombro di un fabbricato emergente dalla linea di terra, al netto degli spazi di cui alle lett. b) e c) del comma 1 [vii] 1 quinquies. Per il perseguimento di una o più delle finalità previste nell’articolo 1, previa acquisizione di idoneo titolo abilitativo previsto nel d.p.r. 380/2001, sono inoltre consentiti, in aggiunta a quelli di cui al comma 1, interventi di recupero di superfici o volumi preesistenti a carattere accessorio o pertinenziale, ancorché non computati ai fini del rilascio del titolo edilizio, ad esclusione di quelli funzionali e connessi all’attività agricola. Tale recupero di volumi o superfici è consentito fino al 20 per cento del volume o della superficie di ogni edificio e fino a un massimo di 100 metri quadrati. Le parti recuperate assumono la destinazione dell’edificio di riferimento. [viii] PRG NTA Art.85 Vedi Art. 85 NTA PRG 2008 e Art. 85 modificato da Delibera modifiche NTA PRG adottata 11 12 2024 Art. 85 Verde pubblico e servizi pubblici di livello locale 71 modificati commi 1-2 inserito comma 2 bis (nella delibera di Giunta 2023 non presenti modifiche) Vedi Art. 86 NTA PRG 2008 Art.87. Verde privato attrezzato 1. Le aree per Verde privato attrezzato, individuate negli elaborati 2. e 3.“Sistemi e Regole”, rapp. 1:5.000 e 1:10.000, sono destinate al mantenimento e/o alla messa a dimora di alberature, accompagnate dalla realizzazione di attrezzature sportive e di servizi connessi (servizi igienici, spogliatoi, magazzini) e com- plementari (bar, ristoro, mini-shop; servizi culturali, didattici e ricreativi; foresterie, alloggio custode). 2. Parametri e grandezze urbanistico–ecologiche: – ET = 0,09 mq/mq, di cui non oltre 0,03 mq/mq per servizi complementari (sono esclusi dal computo della SUL gli impianti sportivi scoperti o con copertura pressostatica); – H max = m. 10, salvo impianti sportivi coperti; – IC max = 15% (impianti sportivi coperti, servizi connessi e complementari); – IP = 70%; – DA = 40 alberi/Ha; DAR = 80 arbusti/Ha; – Parcheggi privati = 3 mq/10 mq SUL; – Parcheggi pubblici = un posto auto, pari a 20 mq, ogni 2,5 unità di capienza degli impianti, calcolata come numero massimo di praticanti e spettatori, con le modalità di cui al comma 3; è consentito sostituire un posto auto con 3 posti moto di 5 mq ciascuno. 2. Sono consentiti interventi di recupero degli edifici esistenti, di categoria MO, MS, RC, RE con modalità diretta ovvero diretta convenzionata gli interventi di cui all’art.21 comma 5 lett.a) e soggetti a contributo straordinario di cui all’art.20. Sono altresì̀ consentiti interventi di categoria di Ristrutturazione edilizia con demolizione. e ricostruzione connessa o non ad ampliamento con incremento della SUL fino all’indice ET=0,6 mq/mq, senza eccedere il 50% della SUL esistente. La SUL aggiuntiva destinata ai servizi di cui al comma 1, escluse le sedi amministrative, e alle “attrezzature collettive”, come definite all’art. 6, comma 1, lett. c). Per la SUL esistente, sono ammessi cambi di destinazione d’uso nell’ambito dei servizi specificati al comma 1, esclusi quelli volti a introdurre o incrementare le sedi amministrative. 3. Salvo diversa o integrativa disciplina di settore, la capienza di spettatori è calcolata secondo il tipo di manifestazione per cui l’impianto è omologato e la capienza di spazi appositamente dedicati (0,40 mq per posto a sedere; 0,25 mq per posto in piedi), mentre la capienza di praticanti per le diverse tipologie di impianti sportivi, salvo diversa o integrativa normativa di settore, è così calcolata: – campo da tennis: 5 persone; – campo polivalente: 20 persone; – campo di calcio, atletica, rugby, hockey, baseball: 30 persone; – pista di pattinaggio: 1 persona/4 mq di pista; – palestra: fino a 500 mq: 1 persona/15mq; oltre 500 mq: 1 persona/20 mq; – piscina con corsie per nuoto: 1 persona/20 mq di specchio d’acqua; – piscina per gioco o parco-acquatico: 1 persona/2 mq di specchio d’acqua. 4. Le aree già destinate dal precedente PRG a zone G4, con superficie territoriale (ST) superiore a 10 Ha, possono essere destinate a parchi tematici o parchi-divertimento, con i seguenti parametri: – ET = 0,15 mq/mq; – IC max = 25%; – IP = 60%; – DA = 30 alberi/Ha; DAR = 60 arbusti/Ha; – Destinazioni d’uso: Commerciali a CU/b e CU/m; Servizi, escluso “sedi della pubblica amministrazione e delle pubbliche istituzioni nazionali, estere e sopranazionali”; Turistico-ricettive; – Mix funzionale: Commerciali + Servizi (escluso direzionale privato e attrezzature collettive) + Turistico-ricettive: max 30% SUL; “direzionale privato”: max 5% SUL; “attrezzature collettive”: min. 50%. 5. Gli interventi di cui al comma 1 si attuano con modalità diretta convenzionata; gli interventi di cui al comma 4 si attuano con modalità indiretta; in entrambi i casi, la definizione progettuale è estesa all’intera area della componente di PRG. 6. Nell’ambito dei progetti unitari di cui al comma 5, e comunque nel rispetto dei parametri complessivi di cui al comma 2: a) una quota della ST non superiore al 15% può essere destinata ad autorimesse e box privati interrati, riservati ai residenti delle zone limitrofe; b) una quota della ST non superiore al 40% può essere destinata ad aree attrezzate per campeggi, come disciplinate dall’art. 88, o ad aree per impianti da golf: in tale ultimo caso, la quota massima del 40% di ST può essere applicata anche all’insieme di più aree di cui al comma 1, associate in un’unica proposta progettuale. 7. I parametri e le grandezze urbanistico-ecologiche di cui ai commi 2, 3 e 4 e le destinazioni d’uso di cui al comma 6, non sono applicabili alle aree già trasformate sulla base di strumenti urbanistici esecutivi. 8. Per tutti gli impianti sportivi esistenti alla data di adozione del presente PRG, anche localizzati all’esterno delle aree di cui al comma 1, è consentito un incremento una tantum della SUL fino al 10%, anche in eccedenza all’indice di cui al comma 2, finalizzato alla realizzazione o ampliamento dei servizi connessi alle attrezzature sportive, come definiti dal comma 1, o comunque all’adeguamento alle norme funzionali e di sicurezza: tale esclusiva finalizzazione è accertata. mediante il raffronto con i progetti in precedenza abilitati. Sono fatti salvi eventuali maggiori incrementi consentiti dalle diverse norme di componente. [ix] PRG NTA Art. 52 https://geoportale.comune.roma.it/georoma/norme/ART_NTA/Art_52.htm Vedi anche Art. 52 Tessuti della Città da ristrutturare 48 modificati commi 3-4-5- 7-8 -10-11 abrogati commi 5 bis -8 bis – inseriti comma 5 ter – 11 bis (nella delibera di Giunta 2023 modificati commi 3-4-5 inseriti commi 5 bis- 5 ter – modificati commi 7-8 inserito comma 8 bis – modificati commi 10-11) vai alle Osservazioni di Carteinregola del 7 4 25 sull’articolo [x] La  Delibera 73/2010 di Roma Capitale è una delibera del Consiglio Comunale, approvata il 30-31 luglio 2010, che disciplina la monetizzazione degli standard urbanistici non reperiti, ovvero il versamento di un corrispettivo in denaro al Comune in alternativa alla cessione di aree destinate a servizi pubblici. La delibera ha anche stabilito dei valori convenzionali e criteri per il calcolo di tali monetizzazioni, in particolare per le destinazioni commerciali in zone E/Suburbana https://www.carteinregola.it/wp-content/uploads/2025/11/Delibera-732010-standard-non-reperiti-comune-di-roma.pdf [xi]Circolare esplicativa (Deliberazione Consiglio Comunale n.73/2010) oggetto: Interventi in modalità diretta. Disciplina della monetizzazione https://www.carteinregola.it/wp-content/uploads/2025/11/standard-non-reperiti-comune-di-roma-Circolare-Del-CC-73-2010.pdf [xii] Legge regionale 7/2017 Art. 11 (Clausola valutativa) 1. Il Consiglio regionale esercita il monitoraggio sull’attuazione della presente legge e ne valuta gli effetti relativamente alla misura del ricorso agli interventi previsti ed ai risultati prodotti sul territorio regionale. 2. I comuni, entro il 31 maggio, inviano alla struttura della Giunta regionale competente in materia di urbanistica i dati sugli interventi approvati e su quelli realizzati ai sensi della presente legge, nel rispetto dei diritti alla riservatezza degli interessati e con le modalità previste dal decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali). 3. Entro il 30 giugno 2020 e, successivamente, con cadenza biennale, la Giunta regionale presenta alla commissione consiliare competente e al Comitato per il monitoraggio dell’attuazione delle leggi e la valutazione degli effetti delle politiche regionali una relazione contenente (5a): a) l’indicazione dei programmi di rigenerazione urbana approvati dai comuni ai sensi dell’articolo 2, lo stato di attuazione degli interventi, le loro caratteristiche, gli obiettivi e le finalità perseguiti; b) l’indicazione degli ambiti territoriali di riqualificazione e recupero edilizio individuati ai sensi dell’articolo 3, suddivisi per comuni, e le tipologie di interventi realizzati; c) l’indicazione dei comuni che hanno previsto l’ammissibilità di interventi di ristrutturazione edilizia con mutamento della destinazione d’uso ai sensi dell’articolo 4, le richieste presentate e le tipologie di interventi realizzati, nonché le richieste presentate nelle more della deliberazione del consiglio comunale; d) l’indicazione dei comuni che hanno previsto la possibilità di interventi di ampliamento per il miglioramento sismico e l’efficientamento energetico ai sensi dell’articolo 5, il numero degli interventi realizzati e la tipologia degli stessi; e) l’indicazione degli interventi diretti richiesti e realizzati ai sensi dell’articolo 6 e relative tipologie e contenuti, suddivisi per comuni; f) l’indicazione degli interventi di riordino dei manufatti in aree demaniali marittime ai sensi dell’articolo 9 e relative caratteristiche, suddivisi per comuni.
La newsletter di Carteinregola del 26 novembre 2025
13 anni di Carteinregola e un nuovo sito ­ Da molto tempo la nostra associazione era al lavoro per  rinnovare quello che è il nostro principale strumento di comunicazione, il megafono delle nostre battaglie e proposte. Volevamo migliorare la grafica e la struttura,  mantenendo però quello che è diventato  il marchio di Carteinregola,  un’impostazione che dal 2016 a oggi  è stata premiata da decine di migliaia di visualizzazioni ogni anno. ­ Leggi tutto Presentazione del Dossier Mobilità di Carteinregola ­ Giovedì 4 dicembre 2025 dalle 17 alle 19 alla Casa del I Municipio Via Galilei 53 Roma Presentazione del Dossier Mobilità di Carteinregola: Programmi, progetti, conflitti, domande, proposte Presentano Anna Maria Bianchi Paolo Gelsomini Pietro Spirito Giancarlo Storto Partecipa il Gruppo mobilità di Carteinregola – Intervengono Giovanni Zannola Presidente della Commissione Mobilità di Roma Capitale- Ing. Alessandro Fuschiotto Roma Servizi per la Mobilità ­ Leggi tutto Carteinregola per il NO alla riforma della magistratura Come già per altre riforme tese a scardinare la nostra Costituzione, sentiamo il dovere di schierarci in difesa dei capisaldi della Carta, della separazione dei poteri, dell’autonomia della magistratura, della legge uguale per tutti. ­ Leggi tutto Autonomia differenziata: il Ministro Calderoli sottoscrive le pre intese con Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria Leggi tutto Walter Tocci: perché sono contrario alla legge per Roma Capitale L’intervento di Walter Tocci nell’audizione alla Commissione Affari Costituzionali, pubblicato dal suo blog il 7 novembre 2025 Leggi tutto IV Rapporto alla città del Sindaco Gualtieri Il video e i materiali dell’ appuntamento all’Auditorium il 7 novembre  del Sindaco Gualtieri per raccontare quanto realizzato nel 4 anno di consiliatura.  Leggi tutto Pup di Largo Capponi, il Municipio approva una risoluzione contro il parcheggio ma la Convenzione è già stata stipulata (dopo l’ordinanza commissariale di Gualtieri) Leggi tutto SEGNALAZIONI Mercoledì 26 novembre 2025 ore 17.30 Teatro delle Case Famiglia Caritas di Villa Glori – via Venezuela, 27 – Roma Caravaggio, Segreti ee Curiosità! Scopriamoli insieme  a cura di Amuse PER INFO  Mercoledì 26 novembre ore 18:00 presso il centro sociale anziani Ostiense ex Mercati generali via Francesco Negri 6  Ostiense Oggi Ostiense domani incontro pubblico sulla riqualificazione dei mercati generali e trasformazione del quadrante Ostiense a cura del municipio ottavo Lunedì 1 dicembre ore 15 Spazio Europa Via IV novembre 149  MOBILITIAMO ROMA 2025 – organizzato dal Presidente della Commissione Mobilità Giovanni Zannola Per Confermare la presenza all’eventoGiovedì 4 dicembre 2025 dalle 17 alle 19 alla Casa del I Municipio Via Galilei 53 Roma Presentazione del Dossier Mobilità di Carteinregola: Programmi, progetti, conflitti, domande, proposteVai alla pagina 4- 8 dicembre Più libri più liberi, la Fiera Nazionale della Piccola e Media Editoria a  La Nuvola dell’Eur tre mostre, 70 attività per bambine e bambini, ragazze e ragazzi, tra letture e laboratori, 24 incontri su promozione della lettura, partecipazione e dialogo costituiscono il ricco programma di iniziative proposte. Gli appuntamenti nello Spazio Arena saranno dedicati a momenti di informazione e approfondimento sulla realtà delle biblioteche, sulle comunità dei Circoli di lettura, sui progetti di promozione della lettura, sull’attenzione alle esigenze dei giovani lettori e molto altro. Tutte le informazioni e il programma dettagliato sul sito di bibliotechediroma Giovedì 11 dicembre 2025 10:00-18:00 Polo Civico Esquilino Via Galilei 57 giornata di studio Città, una cosa per ricchi? la politica, gli abitanti, la finanza a cura della Fondazione per la critica sociale con la rivista “La Città manifesta”. partecipa Carteinregola.  Il seminario si svolgerà anche online sulla piattaforma Zoom e in diretta Facebook sulla pagina “La Città manifesta” Per richiedere il link, scrivere a eventi@fondazionecriticasociale.org Venerdì 12 dicembre 2025  Casa dell’Architettura  Piazza Manfredo Fanti, 47 – ore 9.30 ALL WE NEED IS HOME – 4 sfide per l’abitare, la nuova conferenza che Roma Capitale dedica al tema della casa, affrontandolo su scala globale, europea e locale.Ingresso gratuito con registrazione obbligatoria va alle info  Associazione CARTEinREGOLA www.carteinregola.it laboratoriocarteinregola@gmail.com info@carteinregola.it Cell. 3356930035 carteinregola@casellapec.com Per osservazioni e precisazioni scrivere a: laboratoriocarteinregola@gmail.com 26 novembre 2025 ISCRIVITI ALLA NEWSLETTER ATTENZIONE  Stiamo cambiando sistema per l’invio della newsletter, ci scusiamo per eventuali disguidi Cara amica, caro amico, alla luce del nuovo Regolamento UE 2016/679 sulla Protezione dei Dati Personali (GDPR), entrato in vigore a partire dal 25 maggio 2018, abbiamo aggiornato la nostra Informativa Privacy e le Condizioni Generali che regolano i servizi erogati da carteinregola.it – Clicca qui per consultare la versione aggiornata dell’Informativa Privacy  In ogni momento sarà possibile chiedere di essere rimossi dall’indirizzario inviando una e-mail con oggetto “CANCELLAMI” a laboratoriocarteinregola@gmail.com.
Autonomia differenziata: il Ministro Calderoli sottoscrive le pre intese con Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria
Informa il sito istituzionale (1) che “Il Ministro per gli affari regionali e le autonomie Calderoli a seguito dei negoziati relativi all’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione (autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario), in seguito all’approvazione della legge n. 86 del 2024 (2) ha sottoscritto, il 18 e il 19 novembre 2025, quattro accordi preliminari (cd. pre-intese) con le Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte e Liguria. Ciascun accordo preliminare impegna il Governo e la rispettiva Regione a concludere i negoziati già avviati ai fini dell’intesa, con riguardo a funzioni concernenti le materie “protezione civile”, “professioni”, “previdenza complementare e integrativa” e “tutela della salute – coordinamento della finanza pubblica”, quattro cosiddette “materie non LEP” (Livelli Essenziali di Prestazione). In ciascun accordo, sottoscritto dal Ministro Calderoli e dai rispettivi Presidenti di Regione, sono indicati i contenuti specifici, relativi a ognuna delle materie”. Gli accordi impegnano il Governo e le quattro Regioni a concludere i negoziati già avviati ai fini dell’intesa. Pubblichiamo in calce il testo della pre intesa della Liguria e mettiamo in download i testi delle pre intese delle Regioni Veneto, Lombardia, Piemonte. A breveupubblicheremo riflessioni e approfondimenti. (AMBM) > Vai a Autonomia Regionale Differenziata, cronologia e materiali > > Vai al nostro libro Autonomia differenziata Perchè NO – le 23 materie che > possono cambiare i connotati al nostro Paese e ai diritti dei cittadini (> vai > alla pagina con l’indice e il libro scaricabile gratuitamente del giugno 2024) ACCORDO PRELIMINARE IN MERITO ALL’INTESA PREVISTA DALL’ARTICOLO 116, TERZO COMMA, DELLA COSTITUZIONE TRA IL GOVERNO DELLA REPUBBLICA ITALIANA E LA REGIONE LIGURIA I testi degli accordi preliminari sono reperibili al seguente link: https://www.affariregionali.it/it/il-ministro/comunicati/autonomia-ministro-calderoli-pubblica-le-pre-intese-con-le-4-regioni/ Accordo preliminare in merito all’Intesa prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, tra il Governo della Repubblica Italiana e la Regione Liguria Il presente accordo preliminare (cd. pre-intesa) viene sottoscritto tra il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, Roberto Calderoli, per conto del Presidente del Consiglio dei ministri, Giorgia Meloni, e il Presidente della Regione Liguria, Marco Bucci. VISTI: * l’articolo 5 della Costituzione, il quale dispone che la Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali, informando “i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento”; * l’articolo 114 della Costituzione, a norma del quale “la Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dale Regioni e dallo Stato” e le Regioni, al pari degli altri enti territoriali, “sono enti autonomi con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione”; * l’articolo 117 della Costituzione, che definisce i principi cui la legislazione statale e regionale devono ispirarsi, ripartendo le rispettive competenze legislative, secondo uanto stabilito dalla Costituzione; * l’articolo 118 della Costituzione, il quale, in materia di ripartizione delle competenze amministrative tra Comuni, Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, richiama i principi di sussidiarietà, differenziazione e adeguatezza che il legislatore statale e i legislatori regionali sono tenuti a rispettare nell’attribuzione delle funzioni amministrative ai livelli territoriali di governo richiamati nell’articolo 114 della Costituzione quali elementi costitutivi della Repubblica; * l’articolo 119 della Costituzione, che riconosce l’autonomia finanziaria dei Comuni, delle Province, delle Città metropolitane e delle Regioni, fermo restando il rispetto dell’equilibrio di bilancio e dei vincoli economici e finanziari derivanti dall’ordinamento europeo, stabilendo inoltre che le risorse derivanti dalle fonti di finanziamento ivi indicate devono consentire a Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite; VISTO l’articolo 3 della Costituzione; VISTO, altresì, l’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, che riconosce la possibilità di attribuire alle Regioni a statuto ordinario ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, concernenti le materie di cui al terzo comma dell’articolo 117 e le materie indicate dal secondo comma del medesimo articolo alle lettere I), limitatamente all’organizzazione della giustizia di pace, n) e s), precisando in proposito che: * l’iniziativa del procedimento per l’attribuzione delle anzidette ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia spetta alla Regione interessata e su di essa devono essere sentiti gli enti locali; * tale attribuzione avviene con legge dello Stato, approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base dell’intesa tra lo Stato e la Regione; VISTI l’articolo 5, par. 3, del Trattato sull’Unione europea, nonché il Protocollo (n. 2) sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e proporzionalità, che, nel delineare la sussidiarietà quale principio fondamentale dello spazio costituzionale europeo, mirano a garantire che ledecisioni siano adottate al livello territoriale che sia il più vicino possibile al cittadino; VISTA la legge 30 dicembre 1989, n. 439, che ha autorizzato la ratifica e dato esecuzione alla Convenzione europea relativa alla Carta europea dell’autonomia locale, firmata a Strasburgo il 15 ottobre 1985, dagli Stati membri del Consiglio d’Europa; CONSIDERATO il quarto rapporto di monitoraggio dell’applicazione della Carta, adottato nel corso della 46^ sessione del Congresso dei poteri regionali e locali del Consiglio d’Europa, svolta il 26-28 marzo 2024, nel quale il Congresso prende atto con soddisfazione dell’introduzione del concetto di “autonomia differenziata”, notando anche come il medesimo concetto possa essere di interesse anche per altri Paesi. CONSIDERATA, inoltre, la legge 26 giugno 2024, n. 86, recante “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”, la quale definisce i principi generali per l’attribuzione ale Regioni a statuto ordinario di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia e per la modifica e la revoca delle stesse, nonché le relative modalità procedurali di approvazione delle intese fra lo Stato e una Regione; RILEVATO, in particolare, che, nell’ambito delle materie individuate dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, la legge n. 86 del 2024, ai fini dell’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia, opera una distinzione tra materie per le quali occorre preliminarmente procedere all’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali (LEP) che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale e materie che, per contro, non sono riferibili a LEP; CONSIDERATO che l’articolo 3 della medesima legge n. 86 del 2024 individua le materie nelle quali sono determinati i LEP; TENUTO CONTO che, successivamente alla entrata in vigore della legge n. 86 del 2024, in data 8 luglio 2024, il Vicepresidente della Regione Liguria, con comunicazione indirizzata al Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha trasmesso gli atti di iniziativa volti a riprendere il procedimento già avviato nel 2017 per l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché della medesima legge di attuazione; CONSIDERATO, difatti, che: * tale richiesta fa seguito al percorso intrapreso dalla Regione Liguria, allorquando la Giunta regionale, con deliberazione n. 1175 del 28 dicembre 2017, e successivamente il Consiglio regionale – Assemblea legislativa, con la risoluzione n. 1 del 23 gennaio 2018, hanno dato mandato al Presidente della Regione di avviare il confronto con il Governo, secondo le procedure individuate, al fine di definire i contenuti di un’intesa ai sensi e per gli effetti dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, per il riconoscimento alla Regione Liguria di forme e condizioni particolari di autonomia, individuando comeoggetto della contrattazione i relativi ambiti di competenza; * le trattative così avviate sono proseguite nel corso del 2019, come risulta dalla ulteriore documentazione allegata dal Vicepresidente della Regione Liguria ala nota del 26 luglio 2024, senza tuttavia addivenire alla sottoscrizione della prevista intesa; RILEVATO che con le note dell’8 e del 26 luglio 2024 del Vicepresidente della Regione Liguria: * è stata manifestata la volontà di riprendere i negoziati nel rispetto delle previsioni di cui alla legge n. 86 del 2024, partendo quindi dall’attribuzione di quelle materie per cui non è necessaria la previa individuazione dei LEP; * a tal fine, sono stati trasmessi sia la deliberazione della Giunta regionale n. 1175/2017, la risoluzione del Consiglio regionale n. 1/2018 e anche la deliberazione della Giunta regionale n. 707 del 17 luglio 2024, oltre alla corrispondenza intercorsa nel 2019 tra il Presidente della Regione pro-tempore e l’allora Ministro per gli affari regionali e le autonomie, e specificamente, le deliberazioni della Giunta regionale n. 34 del 25 gennaio 2019 e n. 181 dell’8 marzo 2019, il parere favorevole espresso all’unanimità dal Consiglio delle autonomie locali (CAL) con deliberazione n. 2 del 7 febbraio 2019, riferito alla deliberazione n. 34/2019, nonché le schede relative a ciascuna delle materie oggetto di richiesta; * nel dettaglio, sono state oggetto di richiesta innanzitutto le seguenti sei materie cd. non- LEP: commercio con l’estero; coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; previdenza complementare e integrativa; professioni; protezione civile; rapporti internazionali e con l’UE; * è stata in ogni caso sottolineata la possibilità di successive integrazioni in ordine alle materie richieste, restando impregiudicato l’interesse della Regione Liguria a richiedere l’attribuzione di maggiori competenze e funzioni anche sulle altre materie di cui all’art. 116, terzo comma, della Costituzione; *  in data 12 novembre 2024, a supporto dell’istanza di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia avanzata dalla Regione Liguria, è stata trasmessa un’ulteriore nota, con relativi allegati, concernente il quadro finanziario della medesima Regione di cui all’art. 2, comma 1, della legge 26 giugno 2024, n. 86; CONSIDERATO che, in data 1° luglio 2024, 10 luglio 2024 e 25 luglio 2024, analoghe richieste finalizzate all’avvio del negoziato per l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, e della legge n.86 del 2024, sono state trasmesse rispettivamente dalle Regioni Veneto, Piemonte e Lombardia; TENUTO  CONTO che: * in data 26 luglio 2024, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, ritenendo gli atti di iniziativa regionali ricevuti compatibili con quanto previsto dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché dalla legge n. 86 del 2024, ha provveduto a darne comunicazione al Presidente del Consiglio dei ministri, trasmettendoli al contempo ai Ministri competenti per materia e al Ministro dell’economia e delle finanze, ai fini dell’acquisizione delle loro valutazioni; * nella medesima data del 26 luglio 2024, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha informato il Consiglio dei ministri delle richieste di avvio dei negoziati pervenute dalle anzidette Regioni; * in data 12 settembre 2024, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha reso analoga informativa alla Conferenza unificata ai sensi dell’articolo 2, comma 1, della legge n. 86 del 2024; * in data 24 settembre 2024, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha tramesso ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica una nota al fine di informare le medesime Camere, ai sensi dell’articolo 2, comma 1, quinto periodo, della legge n. 86 del 2024, circa gli atti di iniziativa trasmessi dalle predette Regioni; * in data 3 ottobre 2024, è stata convocata la prima riunione congiunta tra il Ministro per gli affari regionali e le autonomie e i rappresentanti delle quattro Regioni richiedenti dedicata alla definizione delle modalità organizzative per l’avvio dei negoziati a seguito degli atti di iniziativa trasmessi; * all’esito della predetta riunione, è stato concordato di procedere alla costituzione di un tavolo congiunto di lavoro, al cui interno coinvolgere anche i rappresentanti delle amministrazioni statali competenti, partendo dalle materie oggetto di comune richiesta da parte di tutte e quattro le Regioni; * in data 1 novembre 2024 è stato, quindi, convocato il predetto tavolo congiunto di lavoro allo scopo di avviare il negoziato relativo all’attribuzione alle anzidette quattro Regioni di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia nell’ambito della materia “protezione civile” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione; DATO ATTO  che: * è intervenuta la sentenza n. 192 del 2024, con cui la Corte costituzionale ha in parte accolto e in parte respinto o dichiarato inammissibili i ricorsi promossi in via principale dalle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania avverso la legge n. 86 del 2024; * con tale pronuncia, la Corte costituzionale, ferma restando la distinzione tra materie LEP e non-LEP, ha tra l’altro precisato che il trasferimento previsto dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione deve riguardare specifiche funzioni, di natura legislativa e/ o amministrativa, che si collocano all’interno delle materie individuate dalla norma costituzionale, nonché basarsi su una ragionevole giustificazione, espressione di un’idonea istruttoria, alla stregua del principio di sussidiarietà, il cui rispetto dovrà essere dimostrato da ciascuna Regione; * la sentenza, pertanto, non ha prodotto effetti ostativi al proseguimento dei negoziati già avviati con le quattro Regioni richiedenti con riguardo alle funzioni relative alle materie non-LEP ovvero per le quali i LEP siano gia stati determinati; * in data 9 dicembre 2024, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha reso al Consiglio dei ministri un’informativa sul seguito della sentenza n. 192 del 2024 della Corte costituzionale, nel corso della quale ha sottolineato che la stessa non preclude il proseguimento dei negoziati già avviati; * alla luce di tali conclusioni, in data 24 gennaio 2025, nell’ottica della ripresa dei negoziati già avviati, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie ha trasmesso alle quattro Regioni richiedenti una nota con cui ha chiesto di integrare la documentazione già trasmessa a corredo di ciascun atto di iniziativa al fine di dimostrare che essa sia giustificata alla luce del principio di sussidiarietà, allegando a questo fine un apposito modello di griglia di valutazione; * in data 1 febbraio 2025 sono, dunque, riprese le attività del predetto tavolo congiunto di lavoro avviate in data 1 novembre 2024, al fine di procedere con le trattative per l’attribuzione alle anzidette quattro Regioni richiedenti di specifiche funzioni nell’ambito della materia “protezione civile” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione; * nelle date 5 giugno 2025 e 25 giugno 2025 sono stati altresì avviati, attraverso la convocazione di appositi tavoli congiunti di lavoro, i negoziati volti all’attribuzione alle anzidette quattro Regioni richiedenti di specifiche funzioni, rispettivamente, nell’ambito delle materie “professioni” e “previdenza complementare e integrativa” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione; * nel corso di successive interlocuzioni, la Regione Liguria ha altresì rappresentato la volontà di integrare i negoziati già intrapresi con riguardo alla richiesta di attribuzione di specifiche funzioni nell’ambito della materia “tutela della salute – coordinamento della finanza pubblica”; PRECISATO che tale richiesta è stata ritenuta idonea in quanto non si pone la necessità di procedere alla previa determinazione di LEP, anche in considerazione del fatto che, come riconosciuto dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 192 del 2024, al punto 9.2. del Considerato in diritto, i LEP sono già stati determinati attraverso la definizione dei livelli essenziali di assistenza – LEA, su cui è intervenuto da ultimo il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all’articolo 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502»; CONVENUTO altresì che, in considerazione della correlazione con i livelli essenziali delle prestazioni, l’attribuzione di specifiche funzioni nell’ambito della materia “tutela della salute – coordinamento della finanza pubblica” sarà oggetto di autonoma e distinta intesa, in conformità all’articolo 2, comma 1, della legge n. 86 del 2024; RILEVATO, inoltre, che: * in data 13 ottobre 2025, la Regione Liguria ha integrato la documentazione già trasmessa al fine di dimostrare la giustificazione delle richieste ala luce del principio di sussidiarietà; * gli elementi così prodotti dalla Regione Liguria sono stati ritenuti idonei a giustificare l’iniziativa alla luce del principio di sussidiarietà; C O N S I D E R AT O che: * in relazione alle funzioni oggetto di richiesta di trasferimento da parte delle anzidette Regioni, l’attribuzione di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia non comporta in ogni caso la riduzione delle funzioni già loro assegnate ed esercitate nell’ambito delle medesime materie, di cui viene assicurato il mantenimento; * la gradualità dell’attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, richiedela stipula di un accordo preliminare che guidi il completamento dei negoziati nel solco tracciato dalle disposizioni di cui alla legge n. 86 del 2024, nell’osservanza di quanto stabilito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 192 del 2024; * – nelle more della conclusione dei negoziati avviati, le Parti hanno dunque ravvisato la necessità di attribuire sin da ora rilevanza al percorso intrapreso, in ossequio al principio di leale collaborazione, attraverso la sottoscrizione di un accordo preliminare con riguardo a funzioni concernenti le medesime materie oggetto delle trattative in corso, da intendere quale atto iniziale del percorso concordato tra le Parti ai fini della sottoscrizione dell’intesa prevista dall’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, nonché dalla legge n. 86 del 2024; RITENUTO, quindi, di potere procedere alla sottoscrizione di un accordo preliminare tra il Governo e la Regione Liguria, che costituisce un primo passo lungo il percorso di attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, sulla base di quanto previsto dalla legge n. 86 del 2024 e dalla sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024, con riguardo a funzioni concernenti materie non attinenti a LEP o a LEP già fissati dalla legislazione vigente e specificamente “protezione civile”, “professioni”, “previdenza complementare e integrativa”, “tutela della salute – coordinamento della finanza pubblica”; VISTA la nota con cui il Presidente del Consiglio dei ministri ha autorizzato, delegandolo a tal fine, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie, sen. Roberto Calderoli, a sottoscrivere ilpresente accordo preliminare; tutto ciò premesso, i firmatari concludono il presente accordo preliminare e convengono quanto segue: 1.Il presente accordo preliminare impegna il Governo e la Regione Liguria a concludere i negoziati già avviati ai fini dell’intesa, con riguardo a funzioni concernenti le materie “protezione civile”, “professioni”, “previdenza complementare e integrativa” e “tutela della salute – coordinamento della finanza pubblica”, nel rispetto della Costituzione, della legge n. 86 del 2024 e della sentenza n. 192 del 2024 della Corte costituzionale, secondo il principio di leale collaborazione, cardine fondamentale delle relazioni tra istituzioni che, ai sensi dell’art. 114 della Costituzione, sono enti costitutivi della Repubblica, nella consapevolezza del suo carattere unitario e indivisibile. 2.Il Governo e la Regione Liguria convengono che l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia con riguardo a funzioni relative alle materie “protezione civile”, “professioni”, “previdenza complementare e integrativa” e “tutela della salute – coordinamento della finanza pubblica”, nei termini di cui agli allegati del presente accordo preliminare, corrisponde a specificità proprie della Regione richiedente e immediatamente funzionali alla sua crescita e sviluppo. Soddisfa, inoltre, il principio di sussidiarietà. 3. I negoziati avviati per il trasferimento delle funzioni nelle materie oggetto del presente accordopreliminare saranno conclusi, nel rispetto delle procedure previste dall’ordinamento regionale, entro il 31 dicembre 2025, al fine della predisposizione dello schema di intesa preliminare da sottoporre alla deliberazione del Consiglio dei ministri secondo quanto previsto dalla legge n. 86 del 2024 e in conformità a quanto stabilito dalla sentenza della Corte costituzionale n. 192 del 2024. 4. Gli allegati al presente accordo preliminare ne costituiscono parte integrante e sostanziale, al fine del proseguimento e della conclusione del negoziato sulle richieste di autonomia differenziata. Resta impregiudicato ogni ulteriore negoziato su ulteriori funzioni relative ale medesime materie o su funzioni relative ad altre materie, che siano state indicate o saranno indicate dalla Regione Liguria. Firmato a Genova, il 19 novembre 2025, in due identici originali. Allegato 1. Protezione civile, Professioni e Previdenza complementare e integrativa. TITOLO I DISPOSIZIONI GENERALI Art. 1 (Oggetto e contenuto) 1. Il presente accordo preliminare (cd.-pre-intesa) ha ad oggetto l’attribuzione alla Regione Liguria di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, e della legge 26 giugno 2024, n. 86, nel rispetto dei principi posti dagli articoli 3, 5, 81,117, 118 e 119 della Costituzione e del principio di leale collaborazione, posto a fondamento delle relazioni tra enti che, ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione, compongono la Repubblica, nella consapevolezza del suo carattere unitario e indivisibile. 2. Il riconoscimento di forme e condizioni particolari di autonomia corrisponde all’attribuzione alla Regione Liguria di specifiche funzioni concernenti le materie “protezione civile”, “professioni” e “previdenza complementare e integrativa” di cui all’articolo 117, terzo comma, della Costituzione. TITOLO II Attribuzione di funzioni CAPO I PROTEZIONE CIVILE Art. 2 (Ordinanze regionali di protezione civile) 1. Fermo restando il potere di ordinanza della Regione di provvedere ai sensi dell’articolo 25, comma 11, del codice della protezione civile, di cui al decreto legislativo 2 gennaio 2018, n. 1, per gli eventi calamitosi di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b), del medesimo codice che interessano esclusivamente il territorio regionale, il Presidente della Regione, nei limiti previsti dal presente articolo, può emanare ordinanze in deroga alle disposizioni normative statali vigenti, fatto salvo il rispetto delle disposizioni penali, delle disposizioni del codice delle leggi antimafia e delle misure di prevenzione, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea nonché dele disposizioni del citato codice della protezione civile. Rimane fermo quanto previsto dal presente articolo e dagli articoli da 3 a 6. 2. Le deroghe alla disciplina statale ai sensi del comma 1, in ogni caso, sono previste per un tempo limitato, non superiore alla durata dello stato di emergenza e, comunque, non superiore a due anni dalla deliberazione dello stato di emergenza ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera b), del decreto legislativo n. 1 del 2018. 3. Le ordinanze di cui al comma 1 hanno efficacia limitatamente al territorio regionale, sono specificamente motivate, indicano espressamente le disposizioni normative che intendono derogare e sono emanate acquisita la previa autorizzazione statale. A tali fini, il Consiglio dei ministri, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o dell’autorità politica delegata per la protezione civile ove nominata, formulata su richiesta del Presidente della Regione, può autorizzare l’emanazione delle ordinanze di protezione civile in deroga alla disciplina statale ai sensi del presente articolo, stabilendo la durata e l’ampiezza della deroga, in ogni caso nei limiti delle misure proposte dalla Regione e avuto riguardo alla natura e alla qualità degli eventi. Le ordinanze adottate in deroga alle disposizioni legislative statali sono tempestivamente trasmesse al Presidente del Consiglio dei ministri o all’autorità politica delegata per la protezione civile ove nominata. Rimane salvo il potere del Consiglio dei ministri di revocare l’autorizzazione di cui al secondo periodo ai sensi dell’articolo 21-quinquies della legge 7 agosto 1990, n. 241. 4. Quando ricorrono gravi e comprovate ragioni di urgenza che non consentono di attendere la deliberazione del Consiglio dei ministri di cui al comma 3, il Presidente della Regione può senza indugio, sentito il Capo del Dipartimento della protezione civile della presidenza del Consiglio dei ministri, emanare le ordinanze di protezione civile in deroga ala disciplina statale ai sensi del presente articolo. Le ordinanze di cui al precedente periodo sono trasmesse lo stesso giorno di emanazione al Presidente del Consiglio dei ministri o all’autorità politica delegata per la protezione civile ove nominata e da questi sono immediatamente sottoposte all’approvazione al Consiglio dei ministri, alo scopo convocato nella prima data utile e, comunque, di regola non oltre otto giorni dalla ricezione dell’ordinanza. In caso di mancata approvazione ai sensi del presente comma, a far data dalla deliberazione negativa del Consiglio dei ministri, l’ordinanza regionale cessa di produrre ulteriori effetti giuridici. Rimane fermo il potere del Consiglio dei ministri, in caso di approvazione, di stabilire, per l’avvenire, la durata e l’ampiezza della deroga, in ogni caso nei limiti delle misure adottate dalla Regione e avuto riguardo alla natura e alla qualità degli eventi. Restano efficaci gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base delle ordinanze regionali non approvate o approvate con limitazioni ai sensi del presente comma. 5. Al fine di rendere più agevole l’erogazione delle risorse per l’attuazione delle misure e degli interventi volti al superamento dell’emergenza, le ordinanze emanate ai sensi del comma 1 possono autorizzare l’apertura di contabilità speciali presso la tesoreria regionale. La contabilità speciale può essere mantenuta per un periodo massimo di 48 mesi dalla data di deliberazione dei relativi stati di emergenza. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 27 del citato Codice della protezione civile, ivi compresa la disciplina dei relativi controlli (MEF – Corte dei conti). 6. Con direttiva da adottarsi ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo n. 1 del 2018 sono disciplinati i tempi e le procedure istruttorie propedeutiche ala deliberazione di autorizzazione o approvazione di cui ai commi 3 e 4 e i relativi adempimenti di competenza dei Presidenti delle Regioni, nel rispetto del principio di leale collaborazione. 7. Con direttiva da adottarsi ai sensi dell’articolo 15 del decreto legislativo n. 1 del 2018, di concerto con i Ministri interessati, acquisita l’intesa della Regione e consultando preventivamente le componenti e strutture operative nazionali interessate, possono essere adottate linee guida non vincolanti, finalizzate all’individuazione delle disposizioni statali di prassi derogabili in regime di emergenza ai sensi del presente articolo. Art. 3 (Ruolo del Presidente della Regione nella gestione delle emergenze di rilievo nazionale) 1. Per gli eventi calamitosi di rilievo nazionale ai sensi dell’articolo 7, comma 1, lettera c), del Codice della protezione civile, che interessano esclusivamente il territorio della Regione, il commissario delegato di cui all’articolo 25, comma 7, del medesimo Codice è individuato nel Presidente della Regione ovvero, previa intesa con il Capo del Dipartimento della protezione civile della Presidenza del Consiglio dei ministri, in altra persona dal medesimo Presidente indicata. Art. 4 (Attribuzione di funzioni) 1. È attribuita alla Regione potestà normativa e amministrativa in materia di “Protezionecivile”, con riferimento all’esercizio delle funzioni: a) di reclutamento, anche con possibilità di attivare procedure d’urgenza per l’assunzione a tempo determinato di personale regionale addetto alle funzioni di protezione civile di cui all’articolo 6, comma 1, lett. d) del citato Codice della protezione civile anche in deroga a quanto previsto dall’articolo 35, comma 4, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ai vincoli assunzionali e ai limiti di spesa di cui alla normativa vigente in caso di necessità e urgenza. La facoltà di attivare le procedure d’urgenza ai sensi del primo periodo della presente lettera si applica anche per il personale delle Province e della Città metropolitana, ai fini del reclutamento del relativo personale addetto alle funzioni di protezione civile di cui all’articolo 6, comma 1, lettera d), del Codice; b) per la valorizzazione della specificità del personale di cui all’articolo 6, comma 1, lettera d), del Codice anche attraverso l’istituzione, nell’ambito del comparto funzioni locali, per la specifica professionalità, di apposite sezioni contrattuali relative al personale assegnato, nel rispetto delle procedure di contrattazione collettiva, ferme rimanendo le materie dell’ordine pubblico, della sicurezza e del soccorso pubblico di competenza statale; c) di formazione degli operatori di protezione civile, con riferimento alla determinazione ed al riconoscimento dei percorsi formativi ad esclusione delle materie concernenti la prevenzione e lotta attiva agli incendi e le relative attività di soccorso, all’individuazione e al riconoscimento degli enti erogatori, ai sistemi di credito e all’individuazione dei docenti. La Regione csercita questa funzione nel rispeto degli indirizzi previsti con direttiva da adottarsi ai sensi dell’articolo 15 del citato Codice entro sessanta giorni dall’entrata in vigore della presente legge. Art. 5 (Veicoli e conducenti) 1. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 11-bis dell’articolo 138 del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, si applicano anche ai veicoli ed ai conducenti della Protezione Civile della Regione. 2. L’applicazione delle disposizioni di cui al comma 1 del citato articolo 138 è subordinata alla definizione di specifici parametri di equipollenza alle disposizioni unionali armonizzate delle patenti rilasciate ai sensi del comma 3 del medesimo articolo 138, individuati mediante apposito protocollo di intesa tra la Direzione generale per la motorizzazione del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e la Regione. L’applicazione del suddetto comma 1 del citato articolo 138 è altresì subordinata all’obbligo di comunicazione dei dati completi dei veicoli immatricolati ai sensi del comma 1 del medesimo articolo 138, secondo modalità definite con apposito provvedimento della medesima Direzione generale per la motorizzazione. Art. 6 (Disposizione transitoria) 1. Qualora la deroga ale disposizioni statali di cui all’articolo 2 riguardi funzioni che attengono a prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, rimane ferma la necessità di determinare previamente i relativi livelli essenziali delle prestazioni. CAPO II PROFESSIONI. Art. 7 (Disciplina di professioni di rilievo regionale) 1. In attuazione dell’articolo 116, comma 3, della Costituzione, e nel rispetto della Costituzione, dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea, sono attribuite alla Regione Liguria funzioni normative e amministrative volte a disciplinare professioni di rilievo regionale. 2. Sono escluse dall’attribuzione di cui al comma 1 le attività riservate per legge a soggetti iscritti in albi o elenchi ai sensi dell’art. 2229 del codice civile, le professioni sanitarie e relative attività tipiche. 3. Ai fini della presente intesa per professione di rilievo regionale si intende l’attività economica che presenta, congiuntamente, i seguenti requisiti: a) è diretta alla prestazione di servizi a favore di terzi nel territorio della Regione; b) è esercitata abitualmente mediante lavoro intellettuale, o comunque con il concorso di questo; c) riguarda attività che presentano un nesso diretto ed evidente con le caratteristiche peculiari del territorio della Regione, o di parti di esso, e della relativa economia, e che richiedono, rispetto all’attività comunemente svolta sul territorio nazionale, abilità, conoscenze e competenze ulteriori acquisibili attraverso l’esperienza e la formazione specialistica su base locale. 4. L’esercizio delle professioni di cui al comma 3 è subordinato all’iscrizione in apposito elenco. Fermo restando quanto previsto dal comma 5, lettera b), n. 1, l’iscrizione abilita all’esercizio della professione limitatamente al territorio della Regione. 5. Fermo restando il rispetto del decreto legislativo 16 ottobre 2020, n. 142, la Regione, nell’esercizio delle competenze di cui al comma 1, non può: a) subordinare l’esercizio della professione regionale a requisiti soggettivi che discriminano in base alla provenienza territoriale o al luogo di residenza; b) vietare, impedire o, comunque, rendere più gravoso per i cittadini dell’Unione europea, di uno Stato appartenente allo Spazio economico europeo o della Svizzera, in possesso della qualifica per lo svolgimento della professione regionale o di una professione ad essa affine, in conformità alla normativa nazionale, di un altro Stato membro dell’Unione europea, dello Spazio economico europeo o della Svizzera: 1) l’esercizio di dette professioni su base temporanea e occasionale, in regime di libera prestazione di servizi, ai sensi dell’articolo 9 del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206; 2) l’esercizio in maniera stabile di dette professioni, fermo restando l’obbligo di iscrizione nell’elenco di cui al comma 3 in caso di svolgimento della professione regionale; c) in ogni caso avere ad oggetto lo svolgimento di attività che connotino una professione già regolata da legge dello Stato. 6. Ai fini dell’iscrizione nell’elenco di cui al comma 3, da parte dei soggetti che esercitano in maniera stabile nel territorio di un’altra regione la professione regionale disciplinata ai sensi del comma 1 ovvero una professione ad essa affine, in conformità alla normativa statale o regionale, la Regione provvede all’accertamento del possesso dei requisiti di cui al comma 3, lettera c), mediante acquisizione, al momento della richiesta di iscrizione, di una dichiarazione rilasciata dall’interessato ai sensi degli articoli 46 e 47 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, fermo restando l’obbligo di controllo della dichiarazione presentata secondo le modalità previste dagli articoli 43 e 71 del medesimo decreto del Presidente della Repubblica. In caso di mancata presentazione della dichiarazione di cui al primo periodo, è comunque consentita l’iscrizione nell’elenco istituito ai sensi del comma 3, fermo restando l’obbligo del richiedente di acquisire l’esperienza e la formazione specialistica su base locale secondo le modalità definite dalla Regione nel rispetto dei principi di proporzionalità e di adeguatezza. Art. 8 (Riconoscimento delle qualifiche professionali) 1. Ai fini dell’esercizio in maniera stabile da parte dei soggetti di cui all’art. 7, comma 5, lettera b), alinea, delle professioni regionali istituite ai sensi del comma 1 del medesimo art. 7, la Regione provvede, in qualità di autorità competente ai sensi del titolo Il e del titolo III, capo Il e capo II, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206, al riconoscimento delle qualifiche possedute da detti soggetti, previa eventuale integrazione della formazione mediante una misura compensativa ai sensi degli articoli 22 e 23 del medesimo decreto legislativo n. 206 del 2007, consistente, a scelta del richiedente, nel superamento di una prova attitudinale in lingua italiana o, in alternativa, nel compimento di un tirocinio di adattamento. 2. La Regione Liguria, in attuazione dell’articolo 5, comma 2, del decreto legislativo 9 novembre 2007, n. 206 e per le attività di cui al titolo III, capo III, del decreto legislativo citato, è autorità competente per il riconoscimento delle qualifiche professionali conseguite in uno Stato membro dell’Unione europea, in uno Stato dello Spazio economico europeo, in Svizzera ovvero, ai sensi dell’articolo 49 del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, in Paesi terzi. CAPO III PREVIDENZA COMPLEMENTARE E INTEGRATIVA. Art. 9 (Previdenza complementare e integrativa) 1. Fermo restando il rispetto dei principi generali dell’ordinamento giuridico e delle norme dell’Unione europea, con particolare riguardo alle disposizioni della Direttiva (UE) 2016/2341 del 14 dicembre 2016, al decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, e alle procedure di vigilanza ivi previste, la Regione Liguria: a) promuove e finanzia forme di previdenza complementare e integrativa su base regionale anche attraverso la stipula di apposite convenzioni con fondi pensione già esistenti; b) disciplina il funzionamento delle forme di previdenza complementare e integrativa ad ambito regionale. 2. In relazione alle funzioni di cui al comma 1, con riferimento al personale dipendente dalla Regione, dagli enti pubblici regionali, dagli Enti locali del territorio regionale e dal Sistema sanitario regionale, spetta alla Regione medesima la rappresentanza negoziale per la stipula dei contratti o accordi collettivi con i fondi pensione a livello regionale. TITOLO III DISPOSIZIONI COMUNI. Art.10 (Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali) 1. Con riguardo all’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia concernenti la “protezione civile”, le “professioni” e la “previdenza complementare e integrativa”, è istituita una Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali, composta per lo Stato, da un rappresentante del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, da un rappresentante del Ministro dell’economia e delle finanze e da un rappresentante del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, del Ministro per la pubblica amministrazione, del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, del Ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, del Ministro dell’interno, del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, del Ministro delle imprese e del made in Italy e, per la Regione Liguria, da nove rappresentanti regionali, oltre che da un rappresentante designato dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e da un rappresentante designato dall’Unione delle province d’Italia (UPI). 2. Ai componenti della Commissione paritetica non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. 3. Al funzionamento della Commissione paritetica si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Art. 11 (Verifiche e monitoraggio) 1. La Commissione paritetica di cui all’articolo 10 provvede annualmente alle verifiche previste dall’articolo 8 della legge n. 86 del 2024. Art. 12 (Clausola di invarianza finanziaria) 1. Potrà essere effettuata una verifica congiunta con il MEF circa l’eventuale onerosità delle funzioni, ai fini di cui all’articolo 4, comma 2, della legge n. 86 del 2024 e dell’articolo 5, comma 1, della medesima legge. 2. Dall’attuazione del presente accordo preliminare non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. TITOLO IV DISPOSIZIONI FINALI Art. 13 (Durata) 1. La presente intesa ha una durata di dieci anni. 2. Alla scadenza del termine di durata, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione, manifestata almeno dodici mesi prima della scadenza. 3. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle leggi regionali attuative della presente intesa cessano di avere efficacia, nel territorio regionale, le disposizioni di legge statale di cui all’Allegato 1, che costituisce parte integrante dell’intesa. Allegato 2. Tutela della salute – Coordinamento della finanza pubblica Art. 1 (Oggetto e contenuto) 1. Il presente accordo preliminare (cd.-pre-intesa) ha ad oggetto l’attribuzione ala Regione Liguria di ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione, e della legge 26 giugno 2024, n. 86, nel rispetto dei principi posti dagli articoli 3, 5, 81, 117, 118, 119 e 120 della Costituzione e del principio di leale collaborazione, posto a fondamento delle relazioni tra enti che, ai sensi dell’articolo 114 della Costituzione, compongono la Repubblica, nella consapevolezza del suo carattere unitario e indivisibile. 2. Il riconoscimento di forme e condizioni particolari di autonomia corrisponde all’attribuzione alla Regione Liguria di specifiche funzioni concernenti la materia “tutela della salute – coordinamento della finanza pubblica” di cui agli articoli 32 e 117, terzo comma, della Costituzione, nonché all’articolo 3, comma 3, lettera f), della legge n. 86 del 2024. Art. 2 (Principi e finalità) 1. Nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) da garantire uniformemente sul territorio nazionale, anche con riferimento all’uniforme accesso alle prestazioni sanitarie sul territorio nazionale, e in attuazione degli articoli 32 e 117, commi secondo, lettera m), e terzo, della Costituzione, la presente intesa reca misure per garantire alla Regione Liguria discrezionalità nella gestione delle risorse in ambito sanitario, previa verifica della permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario del settore sanitario da parte del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, istituito ai sensi dell’articolo 12 dell’intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005. Art. 3 (Disposizioni in materia di gestione delle risorse finanziarie in materia sanitaria) 1. La Regione Liguria può, previa intesa con i Ministri della salute e dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, fermo restando il rispetto dei livelli essenziali di assistenza di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017: a. definire in autonomia la gestione del sistema tariffario di rimborso, di remunerazione e di compartecipazione per gli assistiti, in deroga alla normativa vigente in materia; le disposizioni oggetto di deroga potranno essere specificate nello schema di intesa; b. definire in autonomia la programmazione degli interventi sul patrimonio edilizio e tecnologico delle aziende del sistema sanitario regionale, in deroga alla normativa vigente in materia; le disposizioni oggetto di deroga potranno essere specificate nello schema di intesa; c. definire in autonomia l’individuazione di sistemi di governance delle aziende sanitarie e degli enti del servizio sanitario regionale, anche mediante l’istituzione e la gestione di fondi sanitari integrativi, previa iscrizione degli stessi nell’Anagrafe dei fondi sanitari, in deroga alla normativa vigente in materia; le disposizioni oggetto di deroga potranno essere specificate nello schema di intesa; d. fermo restando il limite complessivo della spesa sanitaria, allocare le risorse tra i diversi ambiti e finalità della medesima, in deroga ai vincoli di spesa specifici per le politiche di gestione della spesa sanitaria. Art. 4 (Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali) 1. È istituita una Commissione paritetica Stato-Regione-Autonomie locali, composta pe  lo Stato, da un rappresentante del Ministro per gli affari regionali e le autonomie, da  un rappresentante del Ministro dell’economia e delle finanze e da un rappresentante del Ministro della salute e, per la Regione, da tre rappresentanti regionali, oltre che da un rappresentante designato dall’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e da un rappresentante designato dall’Unione dele province d’Italia (UPI). 2. Ai componenti della Commissione paritetica non spettano compensi, indennità, gettoni di presenza, rimborsi di spese o altri emolumenti comunque denominati. 3. Al funzionamento della Commissione paritetica si provvede nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente. Art. 5 (Verifiche e monitoraggio) 1. La Commissione paritetica di cui all’articolo 4 provvede annualmente alle verifiche previste dall’articolo 8 della legge n. 86 del 2024. Art. 6 (Clausola di invarianza finanziaria) 1. Dall’attuazione del presente accordo preliminare non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. 2. Le amministrazioni interessate provvedono agli adempimenti previsti dal presente accordo preliminare con l’utilizzo delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente. Art. 7 (Durata) 1. La presente intesa ha una durata di dieci anni. L’efficacia dell’intesa è condizionata alla permanenza delle condizioni di equilibrio economico-finanziario di cui all’articolo 2. A tal fine, il Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti, dà tempestiva comunicazione alla Presidenza del Consiglio dei ministri degli esiti della verifica svolta ai sensi dell’articolo 12 dell’intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano nella seduta del 23 marzo 2005. 2. Alla scadenza del termine di durata, l’intesa si intende rinnovata per un uguale periodo, salvo diversa volontà dello Stato o della Regione, manifestata almeno dodici mesi prima della scadenza. 3. A decorrere dalla data di entrata in vigore delle leggi regionali attuative della presente intesa cessano di avere efficacia, nel territorio regionale, le disposizioni di legge statale di cui all’Allegato 1, che costituisce parte integrante dell’intesa. Per osservazioni e precisazioni scrivere a: laboratoriocarteinregola@gmail.com 25 novembre 2025 NOTE (1) https://www.affariregionali.it/it/il-ministro/comunicati/autonomia-ministro-calderoli-pubblica-le-pre-intese-con-le-4-regioni/ (2)  il 28 giugno è pubblicata sulla Gazzetta ufficiale, con entrata in vigore il 13 luglio. Vedi LEGGE 26 giugno 2024, n. 86 Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione. (24G00104) (GU Serie Generale n.150 del 28-06-2024) note: Entrata in vigore del provvedimento: 13/07/2024
Carteinregola per il NO alla riforma della magistratura
Il direttivo di Carteinregola ha deliberato l’adesione dell’associazione al fronte del NO alla Riforma costituzionale della magistratura.  Come già per altre riforme tese a scardinare la nostra Costituzione, sentiamo il dovere di schierarci in difesa dei capisaldi della Carta, della separazione dei poteri, dell’autonomia della magistratura, della legge uguale per tutti. Purtroppo come già per la nostra battaglia contro l’Autonomia Regionale differenziata, dobbiamo fare i conti con una  materia che molti sentono  lontana dai propri problemi quotidiani, e con  una complessità che rende  difficile spiegare le ragioni del  No, mentre, nel campo avverso, è  molto  facile utilizzare  slogan che fanno leva su falsità e luoghi comuni.  Si vuol fare  credere che si tratti di una riforma per migliorare la giustizia, ma si sta apparecchiando un sistema per ridimensionare la libertà dei magistrati che, non dimentichiamolo, è anche presupposto dei diritti  dei cittadini sanciti dalla Costituzione. Carteinregola si impegnerà  a svolgere il suo compito di informazione in vista del previsto referendum, proponendo  testi di approfondimento e una nuova serie di brevi webinar insieme ai protagonisti della battaglia civile e democratica che si sta mettendo in moto. Il mondo in cui siamo immersi è sempre più desolante e preoccupante, ma questo deve spingerci a comunicare con ancora maggiore determinazione le nostre idee e  i nostri sentimenti, e a mettere  le nostre forze al servizio della difesa della nostra democrazia, che senza risposte compatte e adeguate, rischia di non essere più quella che conosciamo, nata dalla  Resistenza e dalle madri e padri costituenti. VAI A IL TESTO DELLA LEGGE COSTITUZIONALE “NORME IN MATERIA DI ORDINAMENTO GIURISDIZIONALE E DI ISTITUZIONE DELLA CORTE DISCIPLINARE Per osservazioni e precisazioni scrivere a: laboratoriocarteinregola@gmail.com 24 novembre 2025
Finalmente è partito il nuovo sito di Carteinregola! (e abbiamo raggiunto 13 anni di impegno)
Da parecchio tempo la nostra associazione era al lavoro per  rinnovare quello che è il nostro principale strumento di comunicazione, il megafono delle nostre battaglie e proposte. Volevamo migliorare la grafica e la struttura,  mantenendo però quello che è diventato  il marchio di Carteinregola,  un’impostazione che dal 2016 a oggi  è stata premiata da decine di migliaia di visualizzazioni ogni anno.  Il cambiamento era diventato  indispensabile anche in seguito a una lunga serie di attacchi informatici che in questi mesi  ha  messo a dura prova il sito.   E per tutelare il nostro lavoro e soprattutto il servizio che cerchiamo di svolgere per tante  cittadine e cittadini che leggono i nostri articoli e  dossier e seguono le nostre iniziative, abbiamo deciso di fare questo investimento, ampiamente ripagato dai tanti messaggi di stima e di incoraggiamento che riceviamo ogni giorno. Il prossimo 1 dicembre l’Associazione Carteinregola compie il suo tredicesimo anno di attività  e possiamo dire essere fieri di quanto abbiamo fatto, anche se non è mai abbastanza rispetto a quello che la nostra  città e  il nostro  Paese richiederebbero.  Siamo fieri per tutte le battaglie che abbiamo affrontato, per quelle vinte e anche per quelle perse, tutte all’insegna  della difesa dell’interesse pubblico, della partecipazione  e della tutela del patrimonio collettivo,  per i cittadini e le cittadine di oggi e per quelli di domani. Ringraziamo tutti quelli che lavorano con noi e  tutti quelli che ci fanno sentire il loro sostegno. Continueremo  a portare avanti  il nostro impegno con la schiena dritta, come sempre, con serietà e  responsabilità, perchè questo tempo così difficile richiede ancora di più speranza e determinazione. Noi vogliamo continuare a credere che si possa costruire in un mondo – una città, un Paese – migliore. Per tutte e per tutti. > VAI A CARTEINREGOLA UN ANNO DI INIZIATIVE, DAL 1 OTTOBRE 2024 AL 30 NOVEMBRE 2025 > VAI A TUTTE LE NOSTRE INIZIATIVE DAL 1 DICEMBRE 2012 > Vai a Carteinregola istruzioni per l’uso    Per osservazioni e precisazioni scrivere a: laboratoriocarteinregola@gmail.com 21 novembre 2025
Pup di Largo Capponi, una buona notizia e molte cattive
Largo Capponi (foto ambm) Avevamo ragione a sostenere l’anomalia procedurale del Progetto del Parcheggio di largo Capponi/Via Porcari nel I municipio, a pochi passi dagli analoghi progetti di Lungotevere Castello e Piazza Risorgimento, che comporterà l’eliminazione dalla piazzetta storica di alberature alte come i palazzi circostanti, per dare la possibilità di acquistare un posto auto per novant’anni a facoltosi  proprietari di appartamenti, alberghi, uffici negozi del circondario e non solo.  Infatti, secondo la scheda dell’intervento inserita nel DPCM Giubileo del 2024, l’intervento prevede la realizzazione di 140 posti auto finanziati da privati per 11.194.570,00 €, che vuol dire che ogni posto auto ammonta a ca 80.000 euro  solo di costi vivi, e va ricordato che i parcheggi pertinenziali possono essere acquistati da proprietari di abitazioni ma anche di  uffici, negozi, alberghi, e non solo nell’area circostante, visto che, dopo una breve prelazione, anche di proprietari di immobili in altri luoghi della città (1). Posti auto che  possono comunque essere affittati a terzi, diventando quindi un fattore di incremento del trafficodi destinazione privato in un’area già molto congestionata.  Il nostro principale motivo di opposizione resta però il destino delle alberature, che nel progetto si dice che saranno “spostate”, ma l’espianto e il reimpianto,  date le dimensioni, richiederebbero interventi altamente specializzati e costosi, oltretutto senza alcuna garanzia di attecchimento (2). Un secondo motivo di contestazione erano per noi le modalità di affidamento del parcheggio interrato a un privato senza alcuna gara di evidenza pubblica e senza che ci fossero atti stipulati in passato a conferire al proponente un diritto alla realizzazione. Parcheggio che è un’opera pubblica, come attestato dall’ANAC.  Avevamo anche segnalato che l’intervento non era neanche inserito nel Piano Urbano Parcheggi vigente – ancora quello del novembre 2008 del Sindaco Alemanno – e che in ogni caso non aveva raggiunto nemmeno la stipula della Convenzione o un’ Ordinanza commissariale,e avevamo più volte sollevato la problematica, con lettere al  Commissario per il Giubileo 2025, il Sindaco Gualtieri. Convinti che, anche se l’intervento era stato inserito nei DPCM Giubileo e quindi sottoposto ai poteri commissariali che consentono di derogare a quasi tutte le normative vigenti, avrebbe comunque dovuto sottostare al Codice dei contratti, e una deroga  avrebbe dovuto comportare una Ordinanza specifica che ne fornisse  la motivazione . E in parte ciò è effettivamente accaduto, dimostrando che avevano ragione. Infatti il 1 settembre 2025 il Sindaco Commissario Gualtieri ha emesso l’Ordinanza che riportiamo in calce, nella quale, con la motivazione della necessità di concludere i lavori del parcheggio prima dell’inizio di quelli per la tramvia TVA(Termini Vaticano Aurelio). – che ci risulta assai in alto mare- si stabilisce “preliminarmente, il formale inserimento del parcheggio in oggetto, a norma dell’articolo 9 comma 4 della legge n. 122/1989 – la cosiddetta “legge Tognoli” – Piano Urbano nell’ambito del Piano Urbano dei Parcheggi di Roma Capitale in relazione alle caratteristiche di opera pubblica di interesse generale dell’intervento in oggetto” aggiungendo che “per le successive fasi approvative e di esecuzione si applicano, pertanto, le disposizioni del vigente Codice degli Appalti, di cui al Decreto Legislativo n. 36/2023, nonché le disposizioni del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al DPR n. 380/2001“. Non è chiaro però se l’applicazione del Codice degli appalti comporterà una successiva procedura di evidenza pubblica per l’assegnazione della realizzazione dell’intervento. Nelle premesse allo schema di Convenzione allegato all’ordinanza si legge: Con successiva deliberazione di Giunta Capitolina si procederà all’approvazione del progetto esecutivo aggiornato sulla base delle indicazioni e delle prescrizioni emerse in conferenza di servizi decisoria e a seguito dello svolgimento di eventuali indagini conoscitive, in attuazione delle disposizioni del vigente Codice dei Contratti, di cui al Decreto Legislativo 31 marzo 2023, n. 36 e ss.mm. ii., nonché delle disposizioni del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380 e ss.mm.ii.  Per adesso, pur mantenendo il nostro giudizio assai critico sull’intervento di largo Capponi,  per i rischi per le alberature e per il danno paesaggistico alla piazzetta storica, incassiamo un successo per noi importante, soprattutto gli interventi di altri parcheggi interrati in luoghi pregiati e sensibili del centro storico – ad esempio Via Garibaldi a Trastevere – che, come quello di Largo Capponi, non erano mai stati inseriti nel Piano parcheggi, ma solo in una delibera della Giunta Alemanno, negli ultimi giorni di consiliatura.  Delibera nella quale si precisava che tali nuovi inserimenti nel PUP  avrebbero dovuto preventivamente  ottenere il parere favorevole dei municipi, pareri che non risultano ottenuti per anni, mentre, per largo Capponi, la Giunta del I municipio ha espresso da tempo un parere fortemente negativo. Resta l’amarezza per un intervento portato avanti a tutti i costi, senza l’ascolto delle istituzioni municipali  né della cittadinanza, attraverso poteri commissariali conferiti per un evento, il Giubileo, che si concluderà prima dell’inizio dei lavori, e per la probabile perdita degli alberi che rendono la piazzetta un angolo suggestivo alle porte di Borgo Pio, ai confini della zona UNESCO.  E resta la speranza che almeno dal punto di vista del rispetto delle regole, si comincino ad adottare le norme vigenti del Codice dei contratti per tutti quegli interventi del Piano parcheggi che sono rimasti in istruttoria e non hanno mai raggiunto stipule di contratti e convenzioni con il Comune. Anna Maria Bianchi Missaglia > A futura memoria > > Il concessionario si impegna a porre in essere tutte le indispensabili ed > opportune forme di comunicazione ed informazione ai cittadini, previo accordo > con i Municipi interessati, sia prima dell’attivazione del cantiere (anche per > la fase di indagini preventive) che durante la realizzazione delle opere, che > ad opere ultimate per ciò che attiene gli aspetti di gestione e manutenzione. > In particolare, oltre alla collocazione di appositi tabelloni contenenti tutte > le informazioni ed indicazioni necessarie per legge, il concessionario si > impegna ad installare sui cantieri apposita segnaletica elettronica luminosa > con indicazione del tempo residuo per il completamento dei lavori (orologio > count down), di adeguate dimensioni e visibilità, da mantenere costantemente > in funzione, nel rispetto delle disposizioni sull’identità visiva relativa > agli interventi del Giubileo 2025. schema di convenzione allegato a OC 48/2025 > Articolo 12 Oneri del concessionario VAI A PUP Largo Capponi/Via Porcari I Municipio cronologia materiali 1 settembre 2025 Il Sindaco Commissario per il Giubileo della Chiesa Cattolica 2025 emette un’ordinanza commissariale con oggetto: Giubileo 2025 – Intervento 128 “Parcheggio interrato Largo Americo Capponi” Approvazione del progetto e dello schema di convenzione per la realizzazione dell’intervento (Scarica l’OC 48/2025 del 1 settembre 2025) scarica gli allegati scarica Lo schema di convenzione. scarica scheda INTERVENTO N. 128 Parcheggio interrato Largo Capponi modificata Le motivazioni dell’Ordinanza  sono la richiesta del Dipartimento Mobilità  di accelerare le procedure in quanto  “i lavori di costruzione del parcheggio e, in particolare, la conclusione della realizzazione del solaio di copertura della struttura, devono  concludersi prima dell’ avvio dei lavori per la realizzazione della tramvia TVA(Termini Vaticano Aurelio)“, che “come stabilito nel cronoprogramma dell’opera, avranno inizio nell’ultimo trimestre del 2026”; ma il Dipartimento ha richiesto al  Commissario Straordinario di predisporre apposita Ordinanza commissariale con la quale “introdurre semplificazioni e snellimenti nell’iter procedurale” e prevedere, preliminarmente, il formale inserimento del parcheggio in oggetto, a norma dell’articolo 9 comma 4 della legge n. 122/1989, nell’ambito del Piano Urbano dei Parcheggi di Roma Capitale in relazione alle caratteristiche di opera pubblica di interesse generale dell’intervento in oggetto, per le successive fasi approvative e di esecuzione si applicano, pertanto, le disposizioni del vigente Codice degli Appalti, di cui al Decreto Legislativo n. 36/2023, nonché le disposizioni del Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia di cui al DPR n. 380/2001; Quindi il Sindaco Commissario con i poteri commissariali derivanti dal Giubileo della Chiesa Cattolica ORDINA 1) la rimodulazione della scheda descrittiva dell’intervento incluso nel Programma dettagliato degli interventi giubilari all’ID 128 recante “Parcheggio interrato Largo Capponi”, secondo la richiesta formulata dal Dipartimento Mobilità Sostenibile e Trasporti di Roma Capitale il 30 luglio 2025 – l’approvazione della Scheda descrittiva dell’intervento che va a sostituire la scheda dell’intervento ID 128contenuta nell’Allegato 1 del DPCM 11 giugno 2024; 2) in deroga alle disposizioni del Testo Unico degli Enti Locali – di approvare il progetto di realizzazione del parcheggio interrato in Largo Capponi, oggetto 3) . in deroga alle disposizioni del Testo Unico degli Enti Locali – di modificare il Piano Urbano dei Parcheggi di Roma Capitale, di cui alle Ordinanze del Commissario delegato all’emergenza traffico n. 98 del 13 febbraio 2008 e n. 129 del 27 novembre 2008, prevedendo l’inserimento, ai sensi del comma 4 dell’articolo 9 della legge 24 marzo 1989 n. 122, del parcheggio interrato, ubicato in Largo Capponi – Via Stefano Porcari, per complessivi 140 posti auto, tutti pertinenziali, con soggetto proponente la Società VF Green Srl – di autorizzare la concessione del diritto di superficie dell’area di proprietà di Roma Capitale interessata dalla realizzazione dell’intervento in oggetto, – di approvare lo schema di convenzione, allegato al presente provvedimento, quale parte integrante e sostanziale, finalizzato alla concessione del diritto di superficie per la realizzazione del parcheggio interrato 4)  di dare mandato al Dipartimento Mobilità Sostenibile e Trasporti di Roma Capitale di proseguire le attività tecniche e amministrative finalizzate alla realizzazione dell’intervento in oggetto, nel rispetto delle tempistiche indicate dallo stesso Dipartimento per dare avvio ai lavori a conclusione dell’anno giubilare. La scheda 128 modificata dall’ordinanza (In rosso la modifica apportata alla scheda 128 del DPCM 2024) Descrizione L’intervento progettuale è in Largo Capponi – Via Porcari, nel territorio del Municipio I del Comune di Roma, tangente a Borgo Pio lato Prati, sull’asse viario principale da P.zza Risorgimento verso il Lungotevere. L’obiettivo principale del programma, è sopperire alla mancanza di parcheggi nell’ambito di influenza dell’opera e finalizzata a rendere effettiva l’Isola Ambientale di BORGO PIO, che ha numeri molto esigui di offerta di parcheggi nell’ambito del proprio perimetro. Il parcheggio sarà di tipo tradizionale e sarà organizzato in n. 140 posti auto ex art. 9 comma 4 della L. n. 122/1989, tutti a stalli pertinenziali considerato l’ambito territoriale all’interno della congestion charge. In ragione delle caratteristiche e delle finalità dell’intervento, la localizzazione dell’opera sarà inserita e andrà a modificare il Piano Urbano dei Parcheggi di Roma Capitale, di cui alle Ordinanze del Commissario delegato all’emergenza traffico n. 98 del 13 febbraio 2008 n. 129 del 27 novembre 2008. La metodologia dell’intervento sarà top_down, ovvero le attività dopo la 1^ fase di costruzione del solaio di copertura avvengono in interrato, al fine di non impattare sulle attività commerciali esistenti in superficie. I due cronoprogrammi a confronto: CRONOPROGRAMMA 2024 CRONOPROGRAMMA 2025 L’Ordinanza commissariale si conclude rimandando all’allegato schema di convenzione, che stabilisce, tra l’altro, le modalità di redazione del progetto esecutivo, nel rispetto di quanto sopra indicato in merito alle normative di riferimento e delle caratteristiche di opera pubblica di interesse generale, quelle per la successiva approvazione, da effettuarsi con deliberazione di Giunta Capitolina che avrà valore di rilascio del titolo edilizio: “Il progetto approvato con detta Ordinanza viene subordinato allo svolgimento del successivo iter procedurale da concludere con la verifica e validazione ex art. 42 del D.Lgs 36/2023 (Codice dei contratti pubblici NDR) e con l’approvazione del progetto esecutivo, con successiva Deliberazione della Giunta Capitolina a valere quale titolo abilitativo in deroga agli articoli 6 e 7 dello schema di convenzione approvato con Ordinanza del commissario Straordinario n. 129/2008“; 20 novembre 2025 NOTE (1) CONVENZIONE PER LA CONCESSIONE DEL DIRITTO DI SUPERFICIE SU UN’AREA Dl PROPRIETA’ COMUNALE (E/O DEL RELATIVO SOTTOSUOLO) PER LA REALIZZAZIONE DI UN PARCHEGGIO AI SENSI DELL’ART. 9, COMMA 4, DELLA LEGGE N. 122 DEL 24 MARZO 1989 – ORDINANZA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO PER IL GIUBILEO DELLA CHIESA CATTOLICA N DEL…… Articolo 22 Obbligo di destinazione d’uso e vincolo di pertinenzialità, titolarità o contitolarità La realizzanda opera dovrà essere destinata a parcheggio di pertinenza di unità immobiliari di proprietà, site nel territorio di Roma Capitale. Entro il termine di 270 (duecentosettanta) giorni dal rilascio del nulla osta inizio lavori, i posti auto/moto pertinenziali sono assegnati/sub concessi esclusivamente ai proprietari di immobili ricadenti nell’ambito di influenza del parcheggio. Decorso tale termine, possono essere assegnatari o sub concessionari anche i proprietari di immobili ricadenti al di fuori dell’ambito di influenza. (…)  L’ambito di influenza per le assegnazioni/sub concessioni di posti auto/moto pertinenziali è pari a ml. 1.000 (metri lineari mille)  (…) Il concessionario si obbliga ad individuare il 50% (cinquanta per cento) degliassegnatari entro 6. mesi; in difetto, gli effetti della concessione del diritto di superficie rimarranno sospesi e potranno prodursi solo a seguito di comunicazione all’Amministrazione capitolina degli aventi titolo che in attuazione del disposto dell’art. 9, comma 4, della legge 122/89, costituiranno il vincolo pertinenziale, di titolarità e/o contitolarità con l’unita immobiliare cui è legato il realizzando parcheggio. Gli effetti della concessione del diritto di superficie potranno comunque prodursi qualora il concessionario, avendo individuato un numero di assegnatari inferiore a detto 50% (cinquanta per cento), si obblighi ad elevare all’80% (ottanta per cento) la polizza fidejussoria prestata a garanzia dell’esatto adempimento di cui al precedente art. 19  (…)  In caso di mancato raggiungimento, nei termini e con le modalità sopra indicate, della percentuale del 50% (cinquanta per cento) degli assegnatari, Roma Capitale potrà revocare la presente convenzione. (2) CONVENZIONE PER LA CONCESSIONE DEL DIRITTO DI SUPERFICIE SU UN’AREA Dl PROPRIETA’ COMUNALE (E/O DEL RELATIVO SOTTOSUOLO) PER LA REALIZZAZIONE DI UN PARCHEGGIO AI SENSI DELL’ART. 9, COMMA 4, DELLA LEGGE N. 122 DEL 24 MARZO 1989 – ORDINANZA DEL COMMISSARIO STRAORDINARIO PER IL GIUBILEO DELLA CHIESA CATTOLICA N DEL…… L’ordinanza Commissariale 48/2025 del 1 settembre 2025 nello schema di convenzione a proposito delle alberature si trovano solo queste indiczioni: Articolo 12 Oneri del concessionario Saranno a totale carico del concessionario oneri e spese relativi:(…) alla sostituzione dei n. 2 Pinus pinea da abbattere, con compensazione tramite messa a dimora di 3 alberidi Platanus acerifolia in aree limitrofe all’area di progetto; – Al trapianto in siti idonei di n. 5 Quercus ilex in siti idonei dotati di ancoraggio e garanzia di attecchimento per due anni – A garantire la fideiussione di 20.000 (ventimila) Euro per ogni singola pianta interessata dai lavori, a titolo di garanzia della condizionestatica vegetativa presente e futura, per la durata di dieci anni; – Alla sottoscrizione di Atto d’obbligo di impegno manutentivo, monitoraggio statico ed assunzione di ogni responsabilità relativa alle piante per n. 10 anni successivi alla fine dei lavori
IV Rapporto alla città del Sindaco Gualtieri
il 7 novembre il consueto appuntamento all’Auditorium del Sindaco Gualtieri per raccontare quanto realizzato nel 4 anno di consiliatura. In calce l’indice del dossier pubblicato dal sito di Roma Capitale […]