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Proposta urgente di mail bombing per Handala
La notte tra il 26 e col 27 luglio, in acque internazionali la nave umanitaria Handala della Freedom Flottiglia, è stata fermata dalle forze armate israeliane. Ricordiamo la presenza sulla nave del nostro compagno, amico e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Antonio Mazzeo arrestato stanotte insieme agli altri attivisti. Ci appelliamo a tutte e tutti invitandovi a: su questo sito Newscord.org inserendo pochi dati e aspettando qualche secondo, parte un mail bombing a tutti gli organi pertinenti, per il rilascio dei volontari della Handala con questo testo: Alla cortese attenzione del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, e per conoscenza all’Ambasciata d’Italia in Israele, Mi rivolgo a voi in qualità di cittadino/cittadina italiana profondamente preoccupato/a per quanto accaduto in queste ore alla nave umanitaria Handala, fermata in acque internazionali da forze armate israeliane (IDF), che sono salite a bordo con le armi, intimidendo e presumibilmente trattenendo civili a bordo impegnati in una missione pacifica e di solidarietà verso la popolazione di Gaza. Si tratta di una grave violazione del diritto internazionale, del diritto alla libera navigazione in acque internazionali e dei diritti umani fondamentali delle persone coinvolte. Chiedo al Ministero di: • Attivarsi immediatamente per verificare le condizioni dell’equipaggio e dei passeggeri a bordo, • Pretendere il rilascio immediato e incondizionato di tutte le persone detenute, • Condannare pubblicamente l’atto compiuto da parte dell’IDF, incompatibile con i principi del diritto internazionale e umanitario. L’Italia non può tacere davanti a un atto di forza contro una missione civile e pacifica. Vi chiediamo di agire con la massima urgenza e trasparenza. Facciamo pressione perché Antonio e l’equipaggio vengano liberati! Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Pirateria in diretta streaming: Israele assalta la Handala sotto gli occhi increduli dell’umanità
Questa notte Israele ha fermato la nave Handala della Freedom Flotilla in acque internazionali e sequestrato i 21 membri dell’equipaggio. Tra loro c’era anche il giornalista e attivista ecopacifista Antonio Mazzeo, che adesso si trova nelle mani dell’IDF. Di lui, dell’altro volontario italiano Tony La Piccerella, come di tutti gli altri internazionalisti, (nel momento in cui si scrive) non si hanno più notizie dalle 22.45 (orario italiano) quando due motoscafi israeliani hanno abbordato la nave umanitaria diretta a Gaza.  Oltre venti soldati israeliani sono saliti a bordo armati, pronti a puntare i loro fucili sugli attivisti. Loro li aspettavano con le mani alzate, intonando Bella Ciao. Indossavano i giubbotti arancioni di salvataggio, seduti uno accanto all’altro, in circolo, sul ponte dell’imbarcazione.  Al centro di questo cerchio umano, gli aiuti e i doni per i bambini da portare a Gaza. Orsacchiotti di peluche, giraffine, bambolotti, un triceratopo di pezza. Molti di questi giocattoli erano stati inviati dai bambini di Siracusa e di Gallipoli. La Handala è stata infatti ormeggiata per mesi ad Augusta (Siracusa) e poi è salpata, esattamente una settimana fa, dal porto pugliese.  Durante una diretta, Mazzeo aveva spiegato che i bambini di Gaza attendevano con ansia i doni che i loro “amichetti” italiani gli stavano inviando. Dove c’è un genocidio, dove c’è lo sterminio per fame pianificato, era stata creata una connessione di amicizia tra le due sponde, tra la costa sud est martoriata del Mediterraneo ed il suo cuore.  Gli attivisti difendevano con i loro corpi questa connessione e questa promessa di pace.  Ed è esattamente questo, l’amicizia tra i popoli mediterranei, che minaccia l’esistenza di Israele, non Hamas, il terrorismo o un fantomatico “antisemitismo”.  La barbarie che è accaduta in diretta ieri notte davanti ai nostri occhi, l’arrembaggio armato di una nave umanitaria in acque internazionali da parte di un esercito, ne è l’inconfutabile dimostrazione.  La Handala è stata fermata a 40 miglia dalla costa di Gaza in uno specchio d’acqua che non era di giurisdizione israeliana. L’allarme era scattato alle 19.30 orario italiano (20.30) orario locale.  Io e l’analista geopolitico Stefano Orsi avevamo organizzato assieme ad Antonio Mazzeo una diretta dalla nave proprio per quell’ora. Antonio si è collegato avvisandoci che era scattato l’allarme, doveva unirsi al resto degli attivisti e prendere posizione secondo le misure di sicurezza previste.  L’equipaggio era formato da cittadini di USA, Svezia, Norvegia, Francia, Spagna, Australia, Tunisia, UK, oltre l’Italia. Presenti anche due giornalisti di Al Jazeera provenienti da Marocco e Iraq. A bordo c’erano anche una parlamentare e una europarlamentare francesi.  In base a quanto riferito da Mazzeo, due barconi veloci israeliani erano salpati due ore prima per intercettare la nave della Freedom Flotilla e impedirle di raggiungere Gaza, forzando il blocco. In precedenza si erano addestrati assieme al battaglione San Marco.  Il giornalista messinese ha denunciato in diretta la complicità dei governi occidentali nell’arrembaggio compiuto dai soldati israeliani, che sarebbe poi avvenuto tre ore dopo.  “E’ da almeno 24 ore che la comunità internazionale è a conoscenza della decisione delle forze armate israeliane di mandare una truppa d’assalto per andare all’arrembaggio della nave, come i pirati di qualche secolo fa”.  Anziché costringere Israele a rispettare il diritto di navigazione ed il diritto internazionale umanitario, lasciando che Handala portasse a termine la sua missione di soccorso al popolo palestinese, le cancellerie di USA e Ue hanno trattato con le autorità israeliane l’approdo della nave umanitaria ad Ashdot e il rimpatrio del suo equipaggio.  “Ne dovranno rispondere non soltanto Netanyahu ma anche i governi europei e degli Stati Uniti per il crimine contro l’umanità del sequestro della nave, dell’equipaggio e della sua eventuale espulsione”, ha affermato Mazzeo.  Tutto è accaduto molto in fretta. Gli attivisti avevano un buon animo, determinati a portare a termine la loro missione umanitaria. Per sfuggire all’intercettazione hanno cercato l’aiuto delle autorità egiziane, chiedendo il permesso ad entrare in acque territoriali. Permesso negato. La nave ha virato a sud per mantenere una navigazione parallela alla costa egiziana, intenzionata a chiedere soccorso alla guardia costiera egiziana in caso di assalto.  La situazione è precipitata dopo le 21.30 circa, quando sui radar sono apparsi due imbarcazioni israeliane.  Si avvicinavano alla Handala da direzioni opposte, per effettuare l’arrembaggio.  L’attivista dell’ISM Huwaida Arraf, statunitense di origini palestinesi, ha chiesto il mayday alle autorità egiziane. Ripetutamente. Non è arrivata nessuna risposta.  Al largo delle coste libanesi, in base ai tracciati di Itamilradar, navigava un’imbarcazione militare italiana, la fregata Carabiniere della nostra marina militare. Inoltre è stato tracciato il volo di un elicottero  SH-90A NH Industries (matricola MM81577), sempre della nostra marina.  Entrambi impiegati nell’operazione Mare Sicuro al largo di Israele ed Egitto.  A dispetto del nome della loro missione, non sono entrati in operazione per difendere la sicurezza di due cittadini italiani attaccati in acque internazionali.  “Quello che sta accadendo dovrebbe farci riflettere sulla responsabilità dei governi USA ed europei, non solo per armare Israele, ma anche per consentire che il Mar Mediterraneo, il mare nostrum, il mare dei popoli che vi si affacciano, sia ormai proprietà di Israele”, aveva denunciato poco prima Mazzeo in chiusura del nostro collegamento.  Così, Handala è stata lasciata sola.  Quando i barconi veloci israeliani si trovavano a tre miglia, le autorità israeliane hanno avvertito gli attivisti di non forzare il blocco. Arraf ha risposto che Israele non ha alcuna autorità per imporre un blocco marittimo, non ha alcuna autorità per intercettare una nave umanitaria in acque internazionali, non ha alcuna autorità per impedire che degli aiuti umanitari siano consegnati ai bambini di Gaza. Ha risposto che il governo di Israele sta compiendo un crimine contro l’umanità affamando il popolo palestinese.  Dopo pochi minuti, uomini in mimetica, armati di fucili di guerra, arrivati a bordo di due motoscafi militari, hanno assaltato l’imbarcazione umanitaria. Alle 22.43 hanno spento le videocamere di bordo. Quelle sono le ultime immagini degli attivisti che abbiamo al momento. Da allora di Antonio e degli altri 20 compagne e compagni dell’equipaggio non abbiamo alcuna notizia.  Per aiutare Antonio Mazzeo, Tony La Piccerella non ci resta che scrivere al nostro governo affinché si muova per il loro rilascio, come chiede l’organizzazione della Freedom Flotilla. Ma non può bastare.  Israele ha commesso un atto di pirateria non per difendere il proprio diritto all’esistenza. La nave umanitaria, con a bordo pacifisti non violenti, carica di giocattoli e orsacchiotti di peluche, non costituisce alcuna minaccia per Israele ed il suo popolo. Costituisce invece un ostacolo tra il governo israeliano e il suo obiettivo di pulizia etnica contro i palestinesi. Costituisce una minaccia per il blocco illegale che affama e uccide Gaza, per la carestia pianificata che Israele utilizza come arma di guerra contro i bambini palestinesi.  L’assalto alla nave umanitaria Handala ha svelato ancora una volta gli intenti di Netanyahu. Ha spezzato il sogno dei bambini palestinesi e dei bambini italiani che volevano aiutarli. Ha spezzato il diritto internazionale umanitario, il diritto di navigazione. Ha insultato ciò che resta della nostra umanità, ogni anelito di libertà e democrazia che resta alla nostra civiltà euro-mediterranea. La società civile non può restare a guardare, mentre Israele pianifica un genocidio per fame, calpestando i nostri principi e i nostri valori, la nostra umanità.    Clara Statello
Presidi per Handala domani pomeriggio di fronte a tutte le prefetture siciliane
Le associazioni pacifiste, i movimenti antimilitaristi, gruppi e collettivi anticapitalisti siciliani si danno appuntamento domani pomeriggio davanti a tutte le prefetture siciliane in solidarietà con la nave Handala e il suo equipaggio e con tutto il popolo palestinese. Riportiamo qui un comunicato sindacale, il primo ad essere uscito stamane. Le Radici del Sindacato – CGIL Sicilia esprimono piena e convinta solidarietà alla missione umanitaria e di pace della Freedom Flotilla Italia, attualmente in navigazione verso Gaza con la nave Handala. Secondo le informazioni a nostra disposizione, mentre si trovava in acque internazionali diretta verso Gaza City con a bordo attivisti internazionali per la pace, la Handala è stata abbordata e sequestrata dalla marina israeliana. L’intero equipaggio risulta sottoposto a fermo forzato, in violazione del diritto internazionale e del principio fondamentale della libertà di navigazione. Esprimiamo profonda preoccupazione per l’incolumità fisica e psicologica di tutti i passeggeri a bordo, tra cui i nostri compagni Antonio Mazzeo e Antonio La Piccirella, militanti da sempre impegnati per la giustizia, la pace e la libertà dei popoli. A loro va il nostro abbraccio fraterno e la nostra vicinanza più sincera. La nostra solidarietà va anche – e soprattutto – al popolo palestinese, stremato da mesi di bombardamenti, assedio e distruzione sistematica, sottoposto a una campagna militare feroce da parte del governo israeliano, che non esitiamo a definire un crimine contro l’umanità. Condanniamo con forza l’abominio perpetrato a Gaza e in tutta la Palestina, e denunciamo le inerzie, l’ipocrisia e le complicità dei governi occidentali e delle istituzioni internazionali, che restano inerti davanti a questa catastrofe umanitaria annunciata, contribuendo con il loro silenzio alla legittimazione dell’occupazione, della pulizia etnica e della guerra. Noi stiamo dalla parte della resistenza palestinese, dalla parte della dignità dei popoli, contro ogni forma di colonialismo, apartheid e oppressione. Che la Palestina possa tornare libera, sovrana, viva. Le Radici del Sindacato Cgil Sicilia Redazione Sicilia
Handala della Freedom flottilla verso Gaza è a sud di Creta
Il 20 luglio handala, imbarcazione della Freedom Flotilla Coalition, è partita da Gallipoli alla volta di Gaza, sentiamo oggi un compagno dell'equipaggio mentre la nave è in acque internazionali a sud di Creta. L'imbarcazione, che ha subito alla partenza un tentativo di boicottaggio fortunatamente scoperto dall'equipaggio, si aspetta di poter arrivare nella zona dove Israele potrebbe decidere di intervenire sabato mattina dopo le 12. L'quipaggio è composto da 21 persone tra cui attivist* di vari paesi (7 dagli Usa), infermier*, europarlamentare di France Insoumise.La missione si svolge a poche settimane dall’attacco illegale di Israele alla Madleen, un’altra nave della Freedom Flotilla sequestrata illegalmente da Israele in acque internazionali. Dodici civili disarmati – tra cui un membro del Parlamento Europeo, un medico, giornalisti e difensori dei diritti umani – sono stati sequestrati da un commando israeliano e portati con la forza in Israele, dove sono stati interrogati, maltrattati e poi deportati. Il loro “crimine”? Tentare di portare cibo, medicine e solidarietà ai palestinesi sotto assedio. La nave prende il nome da Handala, il personaggio dei fumetti palestinese: un bambino rifugiato a piedi nudi che volta le spalle all’ingiustizia e che ha giurato di non voltarsi finché la Palestina non sarà libera. Questa imbarcazione porta con sé il suo spirito e quello di ogni bambino di Gaza a cui sono stati negati sicurezza, dignità e gioia. Nel 2023 e 2024, la Handala ha navigato nei porti d’Europa e del Regno Unito, rompendo il blocco mediatico, coinvolgendo il pubblico e costruendo solidarietà con eventi stampa, installazioni artistiche e attività di educazione politica in ogni porto visitato. I bambini e le bambine di Gaza – che rappresentano oltre la metà della popolazione – vivono sotto un assedio brutale da tutta la vita. Dal mese di ottobre 2023, più di 50.000 bambini sono stati uccisi o feriti, decine di migliaia sono orfani, e quasi un milione è stato sfollato con la forza, senza più una casa. Ora affrontano fame, malattie e traumi che pochi di noi possono immaginare. Questa missione è per loro.  
SIRACUSA: PARTITA L’IMBARCAZIONE HANDALA PER TENTARE NUOVAMENTE DI INFRANGERE IL BLOCCO DI ISRAELE AGLI AIUTI PER GAZA
È salpata domenica 13 luglio a Siracusa l’imbarcazione Handala della Freedom Flotilla Coalition. Farà tappa a Gallipoli, in Puglia e poi si dirigerà in Palestina carica di aiuti umanitari, sfidando nuovamente il blocco imposto dallo Stato sionista. Il natante espone bandiera inglese mentre l’equipaggio proviene da numerosi paesi tra i quali, Italia, Stati Uniti e Sud Africa. Numerosi i solidali da tutta la Sicilia che si sono recati al porto in occasione della partenza per esprimere la loro vicinanza. Tra di loro anche diversi sindaci. Sono alti i rischi che corrono la nave e il suo equipaggio, date le precedenti esperienze di altre imbarcazioni della Freedom Flotilla Coalition, che sono state attaccate dall’esercito israeliano. Nel 2010 durante un blitz sulla nave Mavi Marmara le forze armate di Tel Aviv uccisero 10 attivisti turchi. Zaher Darwish, coordinatore per l’italia della Freedom Flotilla, ci racconta la partenza di Handala e ricorda il significato politico della missione. Ascolta o scarica
Politiche guerrafondaie, dissenso e pressione pacifica
Mentre Turchia, USA e le forze cosiddette occidentali proseguono nelle loro strategie neocoloniali volte a mantenere e se possibile allargare la loro influenza in Oriente anche all’Iran, i loro popoli tentano di esprimere il dissenso alle politiche guerrafondaie delle élite che li governano, alle prese con una crisi economica di sistema senza precedenti. La triade che rappresenta la punta più antagonista di questo malcontento dal basso, Carovana Sumoud, Freedom Flottilla e Global March to Gaza, si è data appuntamento a Bruxelles per una serie di iniziative di pressione politica pacifica, ma pur sempre nel quadro di un’ espressione del dissenso che ogni giorno che passa presenta sempre nuovi paletti. In Italia, con il colpo di mano del governo neo-fascista, si sono “inventate” nuove fattispecie di reato, mentre il movimento BDS e altri pro-Pal entrano nella black list di un numero crescente di Paesi. Redazione Italia
I 12 della Madleen banditi da Israele per i prossimi 100 anni – Thiago Ávila in sciopero della fame e dell’acqua
Un componente del comitato direttivo internazionale di Freedom Flotilla Coalition e il coordinatore della “flotta” brasiliana, Thiago Ávila è prigioniero dello stato israeliano, dove è detenuto in carcere con altri 7 dei 12 attivisti a bordo dell’imbarcazione diretta a Gaza che il 9 giugno scorso, mentre navigava in acque internazionali del Mediterraneo, è stata assaltata e sequestrata dalla marina militare israeliana. Accusando l’equipaggio e i passeggeri della Madleen di essere entrati illegalmente nella propria giurisdizione, l’autorità portuale di Ashod li ha arrestati ieri, 10 giugno, e subito trasferiti nel carcere di Ramleh, dove i 4 di loro che hanno acconsentito a venire espulsi sono stati rilasciati. Stamattina Freedom Flotilla Coalition ha diffuso la notizia che uno degli attivisti attualmente imprigionati ha cominciato a praticare lo sciopero della fame e dell’acqua. Inoltre, FFC ha reso noto che a tutti i 12 della Madleen, anche gli 8 detenuti in carcere, è stata ingiunta la stessa punizione: per i prossimi cent’anni sono tutti banditi dallo stato di Israele, di conseguenza anche diffidati dall’entrare nei territori palestinesi occupati dai coloni e dall’esercito israeliani. Precisando che secondo le norme israeliane in materia chi è accusato di aver fatto ingresso nello stato israeliano illegalmente può essere trattenuto per 72 ore dall’arresto e, se entro questo termine non accetta le condizioni per il rilascio, può venire forzatamente espulso, in attesa della sentenza del tribunale sulla procedura che verrà applicata nei confronti degli 8 prigionieri FFC ha dichiarato: «Palesemente il sequestro, la detenzione e l’espulsione delle persone che navigavano sulla Madleen sono violazioni del diritto internazionale, e persino delle leggi israeliane. Tutti dovevano essere rilasciati immediatamente e incondizionatamente». «I prigionieri ci hanno riferito che nel carcere di Ramleh le condizioni igienico-sanitarie sono pessime, i letti sono infestati da insetti e ai detenuti non è garantita la disponibilità di acqua potabile». «Dalle 16 ora locale del 10 giugno il prigioniero Thiago Ávila protesta astenendosi dal mangiare e dal bere». Impegnato a sostegno della causa palestinese da una 20ina d’anni, Thiago Ávila si è prodigato a soccorrere la popolazione di Gaza dall’ottobre 2023. Un produttore di materiali documentali e didattici su tematiche inerenti all’ecologia e alla convivenza pacifica tra i popoli, in Israele e nei territori palestinesi ha soggiornato spesso e a lungo, svolgendo attività sociali e assistenziali e partecipando a numerose iniziative, in particolare dibattiti che lo hanno coinvolto nel dialogo culturale e inter-religioso e anche nel confronto con i sionisti. Proprio mentre Thiago Ávila cominciava lo sciopero della fame e della sete, la Commissione d’inchiesta internazionale indipendente sui territori palestinesi occupati dell’ONU ha annunciato l’esito della propria indagine che presenterà al Consiglio per i Diritti Umani nella 59esima riunione plenaria, in svolgimento dal 18 al 25 giugno prossimi. Ribadendo che nelle operazioni militari condotte dal suo esercito assediando Gaza sono stati commessi crimini di guerra e crimini contro l’umanità, in base alla valutazione dei molteplici fatti esaminati e di cui riferisce nel proprio report, la Commissione giudica lo stato israeliano responsabile di aver “annientato il sistema educativo” e “distrutto più della metà dei siti religiosi e culturali”. Fonti: * ONU – Israeli attacks on educational, religious and cultural sites in the Occupied Palestinian Territory amount to war crimes and the crime against humanity of extermination, UN Commission says * PRESSENZA – Attivisti della Madleen arrestati in Israele: 4 rilasciati ed espulsi e 8 detenuti Per esprimere solidarietà a Thiago Ávila e alla “flotta” internazionale che lo assiste nella vertenza legale contro lo stato di Israele, tutti possono collegarsi al profilo Facebook dell’attivista brasiliano e firmare l’appello ALL EYES ON DECK: Demand An Independent Investigation into the Attacks on the ‘Conscience’ and an End to Israel’s Blockade of Gaza Freedom con cui la Flotilla Coalition si propone di raccogliere almeno, possibilmente più di 51˙200 firme e, siccome attualmente ne sono state raccolte circa 42 mila, raggiungerà l’obiettivo con altre 8 mila adesioni. Maddalena Brunasti
Salviamo la Conscience ed il popolo di Gaza
L’attacco alla nave umanitaria Conscience, che doveva portare aiuti alla popolazione civile di Gaza, è cominciato prima delle esplosioni che ne hanno squarciato la prua, e prosegue ancora con il rifiuto delle autorità maltesi di concedere un porto sicuro alla nave, e con la complicità, silente o ipocrita, degli Stati che stanno permettendo ad Israele lo sterminio per fame dei Gazawi, dopo il blocco degli aiuti seguito alla fine della fragile tregua di questo inverno. Se non è ancora chiara la dinamica dell’attacco sono evidenti le responsabilità dei governi che lo hanno facilitato, creando le condizioni per una sostanziale impunità, e che adesso ne stanno aggravando le conseguenze. La nave, della Freedom Flotilla Coalition (FFC), era partita dal porto di Biserta, sulla costa settentrionale della Tunisia, alle 20:30 di martedì 29 aprile, diretta come tappa intermedia a Malta, dove avrebbe dovuto imbarcare alcuni attivisti internazionali. Poche ore prima dell’attacco, avvenuto nella tarda serata di giovedì 1 maggio, il governo di Palau ritirava la bandiera della nave, mentre questa era ancora in navigazione, lasciandola esposta ad ogni possibile tipo di sequestro, rendendo meno sanzionabile anche un attacco armato, come i fatti successivi hanno confermato. Senza il governo dello Stato di bandiera che presenti una denuncia agli organi della giustizia marittima internazionale ed alle Nazioni Unite diventa ancora più arduo, infatti, accertare le responsabilità. Sono gli Stati, e non i privati, che possono agire davanti al Tribunale internazionale di diritto del mare. Non è difficile risalire a chi avrà esercitato pressioni su quel governo per impedire che la nave potesse proseguire la navigazione con la sua bandiera. Nel suo rapporto del 2025, “Lo stato dei diritti umani nel mondo”, Amnesty International ha descritto il 2024 come l’anno in cui il mondo è diventato spettatore passivo di un “genocidio trasmesso in diretta streaming” a Gaza. Adesso dopo l’elezione di Trump e gli accordi con il premier israeliano questo stato di illegalità internazionale si estende a tutto il Mediterraneo ed oltre, perché evidentemente si riesce ad influire anche su Stati molto lontani, quando si devono perpetrare altre violazioni del diritto internazionale. Nel tardo pomeriggio di giovedì 1 maggio un C-130 dell’aeronautica israeliana, dotato di speciali sensori di avvistamento e tracciamento, è decollato da una base aerea a sud di Tel Aviv, per raggiungerei a bassa quota la costa orientale di Malta, sorvolando più volte per circa un’ora il banco di ancoraggio in acque internazionali, nella competenza della ZEE (zona di esclusivo interesse economico) riconosciuta alle autorità maltesi. E’ anche un’area nota per attività di contrabbando di petrolio che si svolgono sotto gli occhi delle autorità de La Valletta, come alcune inchieste condotte in Italia hanno dimostrato. Dopo l’attacco subito dalla Conscience, mentre era in avvicinamento all’area di ormeggio in acque internazionali, già teatro di varie attività illegali,  l’UK Defence Journal chiedeva: “Abbiamo appena assistito all’uso di droni vaganti dispiegati da un aereo militare con equipaggio?”. Le prime indagini condotte dagli esperti sulle foto dell’area di coperta colpita e dei tracciati di volo, tendono a ritenere compatibili le evidenze delle esplosioni a bordo della nave con il rilascio in quota di droni vaganti con cariche esplosive, direttamente dal portellone dell’aereo in volo. Inutile a questo punto che le autorità maltesi neghino che l’aereo israeliano sia entrato nelle acque territoriali, perchè la Coscience, quando è stata attaccata, si dirigeva alla zona di ormeggio in acque internazionali, ad est di Malta, ma in zona FIR e SAR maltese, 14 miglia al largo della costa de la Valletta. Esattamente la stessa zona battuta poche ore prima dal C 130 dell’aeronautica israeliana. Non è del resto difficile ipotizzare che uno Stato che già nel 2010 aveva colpito un’altra nave umanitaria che stava portando aiuti a Gaza, la Mavi Marmara, affondandola e uccidendo dieci attivisti, lo stesso Stato che oggi colpisce impunemente ambulanze, operatori sanitari e giornalisti, oltre a proseguire nel silenzio della comunità internazionale la quotidiana strage della popolazione civile nella Striscia di Gaza, abbia fatto ricorso ad un ulteriore attacco ad una nave umanitaria in acque internazionali, che comunque risuona come un avvertimento di morte per chiunque voglia portare aiuti al popolo palestinese sotto assedio. Perché a questo punto sono ancora possibili altri attacchi verso chiunque cerchi di avvicinarsi alle coste di Gaza per rifornire la popolazione stremata dai bombardamenti e dal blocco degli aiuti umanitari. Dopo l’impunità garantita agli aggressori della Mavi Marmara, anche per il ruolo debolissimo giocato dalla Corte Penale internazionale, quanto avvenuto al largo di Malta trova ancora una volta le sue cause profonde nella tolleranza verso le violazioni del diritto internazionale commesse da Israele ai danni del popolo palestinese. Vedremo se oggi la Corte Penale internazionale, sottoposta ad un attacco senza precedenti, riuscirà ad indagare anche in questa direzione. Oltre ai responsabili diretti, ce ne sono molti altri indiretti, come la stessa stampa israeliana ha svelato. Secondo il Times of Israel,  le autorità di Malta, Grecia e Turchia hanno avvertito che avrebbero sequestrato la nave se fosse arrivata in porto. Le autorità de La Valletta, dopo avere prestato i primi soccorsi per spegnere l’incendio a bordo della nave, hanno negato l’ingresso in porto per effettuare riparazioni, anche se la nave si trova nella zona SAR (ricerca e salvataggio) maltese, ed hanno pure bloccato due piccole imbarcazioni che con alcuni attivisti internazionali cercavano di raggiungere la Coscience. Il governo maltese impedisce l’ingresso in porto dell’imbarcazione perché non batte bandiera né è assicurata, anche se il diritto di passaggio degli aiuti umanitari è garantito dalle Convenzioni di Ginevra. Di fatto con il suo silenzio, non offre alcuna alternativa al sequestro, se la nave entrerà comunque nelle acque territoriali maltesi, se non all’affondamento, con la perdita del prezioso carico di aiuti che la nave trasportava per sopperire al blocco imposto ad una popolazione ormai ridotta alla fame. La Turchia ha definito l’attacco “inaccettabile”, ma ha negato l’autorizzazione a fare partire la nave umanitaria dai suoi porti. Evidentemente il governo turco condivide la decisione maltese di fare sbarcare l’equipaggio senza consentire l’ingresso in porto per la riparazione della nave. Che tanti vorrebbero vedere affondare. In un post su X, il Commissario europeo per l’equità intergenerazionale, la gioventù, la cultura e lo sport, Glenn Micallef, ha condannato l’attacco definendolo “una palese violazione del diritto internazionale, in netto contrasto con i nostri valori europei e contrario ai principi fondamentali dell’umanità”, aggiungendo che “Gli aiuti umanitari sono vitali per la sopravvivenza della popolazione di Gaza, soprattutto per i bambini. Da due mesi, i bambini della Striscia di Gaza sono privati di beni, servizi e cure essenziali. Ogni attacco a un trasporto di aiuti, sia via terra che via mare, è un attacco ai bambini”. Ma non basta un singolo post, occorre chiedere una condanna formale dell’attacco alla Commissione europea. Deve essere avviata al più presto una indagine indipendente, affidata dall’Unione europea, dal momento che Malta è Stato membro, ad esperti internazionali. Mentre in Italia domina un silenzio che diventa complicità in crimini contro l’umanità, nelle prime ore di sabato 3 maggio, la Relatrice Speciale delle Nazioni Unite per i Territori Palestinesi Occupati, Francesca Albanese, ha lanciato l’allarme sulla sorte della nave colpita, che si trovava ancora in alto mare: “La Conscience (nave della flottiglia) si trova attualmente al largo di Malta e deve raggiungere un porto sicuro per riprendersi dall’attacco. Un’altra notte in mare aperto potrebbe renderla vulnerabile a un altro attacco.” L’arcivescovo maltese Charles Scicluna ha denunciato l’attacco contro la Freedom Flotilla definendolo un “grave atto di aggressione” esprimendo una seria preoccupazione sia per il popolo maltese che per la comunità internazionale. Domenica 4 maggio alcune associazioni maltesi hanno indetto per le 17,30 a La Valletta una manifestazione di solidarietà. Ma occorrono atti concreti di solidarietà da parte di autorità di governo che non si vogliano rendere complici di questo attacco che si configura oggettivamente come un crimine contro l’umanità. La Conscience deve fare immediatamente ingresso per ragioni di “forza maggiore” nelle acque territoriali maltesi anche per prevenire ulteriori attacchi. In caso contrario si dovrà chiedere la sospensione o la revoca della zona SAR maltese e la competenza sui soccorsi dovrà essere trasferita alle autorità italiane. Al di là di qualunque ipotesi di blocco navale per ragioni difensive e di sicurezza, nessuna norma di diritto internazionale autorizza attacchi a navi in libera navigazione in acque internazionali, cariche di aiuti umanitari per la popolazione civile, anche se queste sono state private di una bandiera dallo Stato presso cui sono state iscritte. Sono tempi in cui le alleanze tra le grandi potenze sono state strette all’insegna della negazione del diritto internazionale, ma è ancora possibile, anzi doveroso, operare nel rispetto della normativa convenzionale che garantisce la sicurezza della navigazione ed il diritto di portare soccorsi, come stabilito dalle Convenzioni di Ginevra del 1949, base del diritto internazionale umanitario. La Prima e la Seconda Convenzione impegnano gli Stati a proteggere i feriti, i malati, i naufraghi indipendentemente dalla parte in cui combattono, e il personale medico, le ambulanze e gli ospedali. La Terza Convenzione regola il trattamento dei prigionieri di guerra. La Quarta Convenzione contiene norme a protezione dei civili in tempo di guerra. Nel 1977 sono stati approvati due Protocolli aggiuntivi, I e II che Israele non ha ratificato. Il Primo integra la Quarta Convenzione con regole più precise sulla condotte belliche, quali il divieto di attaccare persone e installazioni civili von la limitazione dei mezzi e dei metodi autorizzati. Il Secondo sviluppa l’art. 3, comune alle quattro Convenzioni, in merito alla protezione delle vittime dei conflitti armati non internazionali e si applica a tutti i conflitti armati. Ciascuna Parte contraente accorderà il libero passaggio per qualsiasi invio di medicamenti e di materiale sanitario, come pure per gli oggetti necessari alle funzioni religiose, destinati unicamente alla popolazione civile, anche se nemica. Essa autorizzerà pure il passaggio di qualunque invio di viveri indispensabili, di capi di vestiario e di ricostituenti riservati ai fanciulli d’età inferiore ai quindici anni, alle donne incinte o alle puerpere(art. 23). Gli invii di soccorso non esonereranno affatto la Potenza occupante dalle responsabilità che le incombono in virtù degli articoli 55, 56 e 59. Essa non potrà sottrarre in nessun modo gli invii di soccorso alla destinazione loro assegnata, salvo in caso di urgente necessità, nell’interesse della popolazione del territorio occupato (art. 60). Le violazioni a queste norme sono da considerare come crimini di guerra. Nel più breve tempo possibile uno Stato che non condivida le violazioni del diritto internazionale commesse dal governo israeliano, magari uno degli Stati che si sono dichiarati pronti a riconoscere lo Stato di Palestina, deve concedere la sua bandiera alla Conscience bloccata nella zona di ormeggio in acque internazionali al largo della costa di Malta. La restituzione della bandiera alla Conscience rappresenta il primo passo per evitare ulteriori attacchi e mantenere il progetto di portare aiuti alla popolazione palestinese sotto assedio.   Fulvio Vassallo Paleologo