Tag - Intesa Sanpaolo

Il greenwashing di Intesa Sanpaolo
Nel 2024, la Great Green Investment Investigation, inchiesta giornalistica guidata dalle piattaforme olandesi Follow the Money e Investico, ha preso in esame 1.277 fondi di investimento che utilizzavano la sigla “ESG” nel proprio nome e li ha confrontati con i database sull’industria fossile messi a disposizione dalla ong tedesca Urgewald. Oltre il 40% di questi fondi “sostenibili” erano in realtà investiti in compagnie di combustibili fossili. Un dato che denuncia, in termini concreti, il problema del greenwashing nel settore finanziario, evidenziando come una quota rilevante di fondi “ESG” possa includere attività contraddittorie rispetto agli obiettivi dichiarati. Avendo notato il problema significativo del greenwashing nei fondi finanziari sotto la sua supervisione, l’ESMA (European Securities and Markets Authority) ha introdotto nel maggio 2024 delle nuove linee guida volte a combattere pratiche ingannevoli di finta sostenibilità, garantire maggiore trasparenza e responsabilità nelle valutazioni ambientali, uniformare e rafforzare l’integrazione dei criteri ESG nei processi di investimento e reporting all’interno del mercato finanziario europeo. Nello specifico, tra i diversi criteri di esclusione presenti nella nuova normativa ESMA, i fondi di investimento allocati nel mercato europeo e che presentano nel proprio nome termini relativi ad “ambiente”, “impatto”, “sostenibilità” devono escludere quelle corporation che derivano una parte significativa dei ricavi da: * Estrazione di carbone fossile e lignite * Estrazione, raffinazione o distribuzione di petrolio e gas * Produzione di energia elettrica con un’intensità di emissioni di gas serra superiore a 100g CO₂e/kWh Un impatto diretto? Nel mercato europeo, industrie del comparto fossile come Eni e Snam non dovrebbero più rientrare in fondi di investimento che utilizzano termini legati a ESG. Questo è quello che ha portato Eurizon, asset manager della prima banca italiana Intesa Sanpaolo, a dover togliere il riferimento ESG da alcuni dei propri fondi tra cui il fondo “Eurizon Bond Corporate Smart ESG”, di circa 246 milioni di euro, che è diventato “Eurizon Bond Corporate EUR LTE”. Una scelta di comodo: togliere il riferimento all’ESG invece di fare pulizia e disinvestire finalmente dalle compagnie di combustibili fossili presenti nel fondo tra cui Eni, Snam, Exxon, Shell, TotalEnergies. Fino a pochi giorni fa, un fondo di investimento pieno delle major del settore oil&gas veniva venduto come “sostenibile”. Nonostante le nuove linee guida dell’ESMA rappresentino un importante passo avanti per sopperire alla discrepanza sostanziale tra le dichiarazioni di sostenibilità e le reali esposizioni agli asset considerati non sostenibili, i criteri dell’autorità europea non escludono esplicitamente quelle compagnie che stanno espandendo il proprio business nel settore del carbone, petrolio e gas e che quindi non sono allineate con gli obiettivi degli Accordi di Parigi. È necessario quindi un urgente intervento regolatorio più ambizioso ed incisivo per porre fine all’abuso del termine ESG che maschera un greenwashing sistemico. Nel frattempo, il 20 Maggio, Snam ha emesso un nuovo Sustainability-Linked Bond di due miliardi di dollari, destinato principalmente al mercato statunitense. Si tratta del più grande Sustainability-Linked bond in dollari mai emesso da una corporation europea e segna il debutto di Snam sul mercato USA. È il segnale di una fuga dai vincoli UE? Una strategia per mantenere accesso a funding “green” in mercati meno normati? 
Assemblea degli azionisti 2025, Intesa Sanpaolo si conferma la prima banca fossile italiana
Intesa Sanpaolo, la più importante banca italiana, continua ad aumentare i suoi finanziamenti e investimenti a favore di petrolio e gas. Nel giorno della sesta assemblea degli azionisti consecutiva a porte chiuse, l’istituto di credito torinese ha risposto alle domande scritte presentate da ReCommon di fatto ribadendo il suo forte e incessante impegno in favore del comparto fossile. Nel 2024, i finanziamenti a carbone, petrolio e gas da parte del Gruppo Intesa Sanpaolo sono aumentati del 18% e ammontano a 11 miliardi di dollari. Anche gli investimenti sono in crescita: a gennaio 2025 sono saliti del 16% rispetto al gennaio 2024, per un totale di 10 miliardi di dollari. ENI si conferma come la multinazionale più finanziata da Intesa Sanpaolo tra quelle con i maggiori piani di espansione nell’estrazione di energie fossili su scala globale. Anche SNAM, colosso europeo nel trasporto di gas, entra con forza negli interessi della prima banca italiana, con un innalzamento del 60% negli investimenti e quasi un raddoppio (96%) dei finanziamenti nel 2024 rispetto all’anno precedente. Di fatto Intesa Sanpaolo non ha risposto in maniera adeguata alle domande poste da ReCommon sui numerosi progetti fossili sostenuti, ribadendo che non intende apportare significativi aggiornamenti sulle sue policy relative al carbone e all’oil&gas, nonostante numerosi competitor europei si stiano muovendo con più coraggio nella direzione di ridurre il sostegno al comparto fossile: le francesi BNP Paribas e Crédit Agricole, per esempio, dall’anno scorso hanno smesso di comprare bond nel settore oil&gas, mentre l’olandese ING ha interrotto i finanziamenti alle compagnie con nuovi progetti di estrazione di petrolio e gas e dall’anno prossimo smetterà di finanziare nuovi progetti per terminal di esportazione del GNL. Tuttavia, le linee guida che si è data la banca torinese impedirebbero finanziamenti a progetti in Paesi dove sono in atto conflitti armati, come in Mozambico, dove Intesa Sanpaolo potrebbe entrare a sostegno dei nuovi impianti per l’estrazione del gas al largo della costa e su terra promossi da ENI, che rispondono rispettivamente al nome di Coral North FNLG e Rovuma LNG. Anche su questo punto però non c’è chiarezza, mentre vale la pena rammentare che l’altro principale istituto di credito italiano, UniCredit, già dal 2023 aveva dichiarato che non finanzierà Rovuma LNG e lo scorso ottobre si è chiamato fuori anche da Coral North FNLG, progetto che attualmente è in attesa di chiudere l’accordo di investimento e su cui Intesa invece non si è mai espressa nonostante le sollecitazioni da parte di numerose organizzazioni della società civile internazionale. I progetti per l’estrazione del gas nella provincia settentrionale del Mozambico di Cabo Delgado hanno contribuito a esacerbare una situazione già profondamente segnata dal conflitto in atto promosso da milizie islamiste, che finora ha provocato oltre 4mila vittime e circa un milione di sfollati. «Intesa Sanpaolo dovrebbe prendere posizione pubblicamente evitando di finanziare nuovi progetti di estrazione e liquefazione in Mozambico, considerata anche la profonda crisi che sta attraversando il Paese, e fare così un passo in controtendenza rispetto ai grandi investimenti nel settore del GNL degli ultimi anni e al forte sostegno a Eni che proprio in Mozambico è capofila dei progetti Coral North FLNG e Rovuma LNG» ha dichiarato Susanna De Guio di ReCommon. «Ci sorprende inoltre che le assemblee degli azionisti della più importante banca italiana continuino a svolgersi a porte chiuse, azzerando la partecipazione democratica che noi di ReCommon abbiamo esercitato attraverso lo strumento dell’azionariato critico» ha dichiarato Daniela Finamore di ReCommon.     Re: Common
Assemblea degli azionisti 2025, Intesa Sanpaolo si conferma la prima banca fossile italiana
Roma, 29 aprile 2025 –Intesa Sanpaolo, la più importante banca italiana, continua ad aumentare i suoi finanziamenti e investimenti a favore di petrolio e gas. Nel giorno della sesta assemblea degli azionisti consecutiva a porte chiuse, l’istituto di credito torinese ha risposto alle domande scritte presentate da ReCommon di fatto ribadendo il suo forte e incessante impegno in favore del comparto fossile. Nel 2024, i finanziamenti a carbone, petrolio e gas da parte del Gruppo Intesa Sanpaolo sono aumentati del 18% e ammontano a 11 miliardi di dollari. Anche gli investimenti sono in crescita: a gennaio 2025 sono saliti del 16% rispetto al gennaio 2024, per un totale di 10 miliardi di dollari. ENI si conferma come la multinazionale più finanziata da Intesa Sanpaolo tra quelle con i maggiori piani di espansione nell’estrazione di energie fossili su scala globale. Anche SNAM, colosso europeo nel trasporto di gas, entra con forza negli interessi della prima banca italiana, con un innalzamento del 60% negli investimenti e quasi un raddoppio (96%) dei finanziamenti nel 2024 rispetto all’anno precedente. Di fatto Intesa Sanpaolo non ha risposto in maniera adeguata alle domande poste da ReCommon sui numerosi progetti fossili sostenuti, ribadendo che non intende apportare significativi aggiornamenti sulle sue policy relative al carbone e all’oil&gas, nonostante numerosi competitor europei si stiano muovendo con più coraggio nella direzione di ridurre il sostegno al comparto fossile: le francesi BNP Paribas e Crédit Agricole, per esempio, dall’anno scorso hanno smesso di comprare bond nel settore oil&gas, mentre l’olandese ING ha interrotto i finanziamenti alle compagnie con nuovi progetti di estrazione di petrolio e gas e dall’anno prossimo smetterà di finanziare nuovi progetti per terminal di esportazione del GNL. Tuttavia, le linee guida che si è data la banca torinese impedirebbero finanziamenti a progetti in Paesi dove sono in atto conflitti armati, come in Mozambico, dove Intesa Sanpaolo potrebbe entrare a sostegno dei nuovi impianti per l’estrazione del gas al largo della costa e su terra promossi da ENI che rispondono rispettivamente al nome di Coral North FNLG e Rovuma LNG. Anche su questo punto però non c’è chiarezza, mentre vale la pena rammentare che l’altro principale istituto di credito italiano, UniCredit, già dal 2023 aveva dichiarato che non finanzierà Rovuma LNG e lo scorso ottobre si è chiamato fuori anche da Coral North FNLG, progetto che attualmente è in attesa di chiudere l’accordo di investimento e su cui Intesa invece non si è mai espressa nonostante le sollecitazioni da parte di numerose organizzazioni della società civile internazionale.  I progetti per l’estrazione del gas nella provincia settentrionale del Mozambico di Cabo Delgado hanno contribuito a esacerbare una situazione già profondamente segnata dal conflitto in atto promosso da milizie islamiste, che finora ha provocato oltre 4mila vittime e circa un milione di sfollati. «Intesa Sanpaolo dovrebbe prendere posizione pubblicamente evitando di finanziare nuovi progetti di estrazione e liquefazione in Mozambico, considerata anche la profonda crisi che sta attraversando il Paese, e fare così un passo in controtendenza rispetto ai grandi investimenti nel settore del GNL degli ultimi anni e il forte sostegno a Eni che proprio in Mozambico è capofila dei progetti Coral North FLNG e Rovuma LNG» ha dichiarato Susanna De Guio di ReCommon.  «Ci sorprende inoltre che le assemblee degli azionisti della più importante banca italiana continuino a svolgersi a porte chiuse, azzerando la partecipazione democratica che noi di ReCommon abbiamo esercitato attraverso lo strumento dell’azionariato critico» ha dichiarato Daniela Finamore di ReCommon.