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“L’antisemitismo” e l’attentato a Washington
Il paradosso è che si trattava di un evento per portare aiuti umanitari a Gaza. Stiamo parlando della serata organizzata al Capitol Jewish Museum di Washington nel corso della quale sono stati uccisi due giovani funzionari dell’ambasciata israeliana, Sarah Milgrim e Yaron Lischinsky, rispettivamente 26 e 30 anni. Leggendo le cronache emerge un altro paradosso: entrambi erano impegnati per la pace e a creare un ponte tra Israele e Palestina e immaginiamo fossero anche loro contro il genocidio in atto a Gaza, al di là delle disquisizioni lessicali. Il profilo dell’attentatore, Elias Rodriguez, non è quello di un disperato, un fanatico, magari sottoproletario, ma di uno dei tanti che assiste impotente al massacro e alla distruzione della comunità palestinese con la complicità dei governi occidentali che negli ultimi giorni ipocritamente hanno ventilato ipotetici provvedimenti contro Israele. Rodriguez, 30 anni, quindi coetaneo di chi ha ucciso, era laureato, in passato per alcuni mesi sembra avesse militato nel Party for Socialism and Liberation, per poi uscirne. Insomma non un “fondamentalista”. L’esasperazione lo ha portato a compiere un atto ingiustificabile e che non cambierà di certo il corso degli eventi. Del resto la storia ci ha dimostrato ampiamente che l’omicidio politico, anche quando indirizzato contro il tiranno, difficilmente cambia le cose. In questo caso, oltre a spezzare la vita di due giovani innocenti prossimi al matrimonio, ha dato il via alla solita campagna contro “l’antisemitismo”, cavallo di battaglia delle cancellerie e dei media mainstream, quando è evidente che non si tratta di questo, come confermano le prime dichiarazioni dell’attentatore. Ma ogni occasione è buona per mischiare le carte, generare confusione, con il risultato di non saper distinguere quando in effetti ci si trovi di fronte a veri episodi di antisemitismo. Qui la malafede imperversa ed è noto che ogni critica è oggetto di tale accusa, anche quando a profferirla è un ebreo. Moni Ovadia ne sa qualcosa e con lui quegli ebrei della diaspora che a partire dal dopo 7 ottobre hanno gradualmente manifestato contro i crimini israeliani a Gaza e in Cisgiordania. E a proposito di cattiva informazione può essere efficace riportare quanto è successo alcuni giorni fa alla trasmissione di approfondimento “Fuori TG”, che va in onda dal lunedì al venerdì su Rai 3. Si parlava della campagna di Trump contro le università americane, in particolare Harward, e le conseguenze che sta provocando sulla ricerca. In studio era presente Antonio Di Bella e in collegamento con Harward una professoressa italiana che vi insegna da 14 anni. Di Bella oltre a condannare i provvedimenti di Trump subito si affanna a denunciare “l’antisemitismo negli atenei” e – parole testuali –  parla “di una vera e propria caccia all’ebreo”. Per fortuna la professoressa prima di rispondere alla domanda da studio provvede a smentire Di Bella, che ascolta basito, e precisa che insegna da diversi anni nell’università e non ha mai assistito a nessuna caccia all’ebreo. In questo caso c’è stato chi non si è fatto intimorire e ha messo le cose in chiaro, ma è emblematico come si costruiscono notizie ad arte. Sicuramente ci sono stati episodi di intolleranza ma da qui a parlare di “caccia all’ebreo”, come si fosse assistito ad una nuova “Notte dei cristalli”, ce ne corre. Tornando all’attentato di Washington l’auspicio è che il gesto disperato e omicida di Rodriguez non faccia proseliti, perché è evidente che oltre ad essere inammissibile dal punto di vista morale e politico, non fa che mettere in difficoltà le moltitudini che in questi mesi hanno manifestato contro il genocidio di Gaza, e avvallare i provvedimenti liberticidi che l’ineffabile Trump ha subito messo in atto, con il rischio che anche i codini governi europei lo possano imitare, proseguendo su una linea liberticida già praticata, vedi Germania, nei mesi successivi al 7 ottobre. La mobilitazione contro il criminale Netanyahu, il suo governo e il colonialismo israeliano, il sostegno incondizionato alla causa palestinese non possono essere messi in difficoltà da gesti di questo tipo.         . Sergio Sinigaglia
Ottanta manifestanti per Gaza arrestati dopo aver occupato la biblioteca della Columbia University
A New York, la polizia ha arrestato ottanta manifestanti alla Columbia University mercoledì, dopo che questi avevano occupato la biblioteca principale del campus per chiedere di disinvestire da Israele. La Columbia Palestine Solidarity Coalition afferma che diversi studenti sono stati ricoverati in ospedale dagli agenti di pubblica sicurezza. Almeno un manifestante è stato portato via in barella. La presidente ad interim della Columbia, Claire Shipman, ha dichiarato: “La Columbia condanna fermamente la violenza nel nostro campus, l’antisemitismo e tutte le forme di odio e discriminazione di cui oggi siamo stati testimoni”. Un gruppo di attivisti pacifisti ebrei della Columbia University si è recato a Washington per fare pressione sui membri del Congresso e per condannare l’uso delle accuse di antisemitismo come arma per mettere a tacere chi critica l’occupazione israeliana della Palestina e l’assalto a Gaza.   Democracy Now!
Esposto contro la trasmissione di Iacona. L’accusa: antisemita. Le reazioni: intimidazione alla stampa
Un esposto sottoscritto e indirizzato al coordinatore nazionale per la lotta contro l’antisemitismo presso la Presidenza del Consiglio chiede di verificare se l’ultima trasmissione di Presa Diretta sia stata parziale e antisemita. A presentarlo sono stati l’onorevole Carlo Giovanardi, l’avvocato Iuri Maria Prado e il semiologo Ugo Volli, puntando il dito contro la puntata andata in onda domenica su Rai 3 e accusando Riccardo Iacona di parzialità, per aver documentato le vittime palestinesi e dato voce a posizioni critiche verso Israele, come quella della relatrice ONU Francesca Albanese. Molte le reazioni a questa iniziativa, definita subito un modo per contrastare la libertà di espressione e la cronaca a tutto tondo dei fatti. Per l’UsigRai “l’esposto contro Presa Diretta è un atto intimidatorio”. “Un reportage e un approfondimento necessari quelli di Presa Diretta su Gaza andati in onda lunedì scorso” si legge nella nota dell’esecutivo UsigRai. “Un lavoro giornalistico che per contenuti rappresenta in pieno il ruolo informativo del servizio pubblico della Rai. Vedere e ascoltare cosa sta succedendo a Gaza, dove ancora oggi i reporter stranieri non possono entrare e i giornalisti locali vengono uccisi a centinaia, è l’unico modo per capire cosa sta subendo ancora, dopo un anno e mezzo da quel tragico 7 ottobre, la popolazione della Striscia. Le questioni aperte sono molte, a partire dalla sorte degli ostaggi israeliani in mano ad Hamas. Ma il tentativo di fermare con un esposto il lavoro della redazione di Presa Diretta, è un atto intimidatorio nei confronti di chi lavora esclusivamente al servizio dei cittadini e del loro diritto ad essere informati. L’Usigrai è al fianco delle colleghe e dei colleghi di Presa Diretta.” Anche per la Rete #NOBAVAGLIO “l’esposto è un atto di vera e propria intimidazione contro Riccardo Iacona, la sua redazione e il servizio pubblico”. “Omettere e non documentare gli orrori che si stanno verificando a Gaza e in Cisgiordania – dove si sta modificando la geografia e la demografia con vere e proprie azioni di guerra, bombardamenti che hanno raso al suolo abitazioni, scuole, strutture sanitarie e reti idriche – è qualcosa di inaccettabile. Per questo motivo chiediamo in un’interrogazione ai vertici della Rai di difendere il prezioso lavoro di inchiesta di Presa Diretta e che siano respinti atti di intimidazione nei confronti di un giornalismo che svolge la sua funzione di servizio pubblico”, dicono in una nota Angelo Bonelli e Peppe De Cristofaro, membri della Commissione bicamerale di Vigilanza Rai. “È semplicemente incredibile: per una volta che il servizio pubblico, con Presa Diretta, ha avuto il coraggio di raccontare l’orrore che sta vivendo la popolazione civile di Gaza, si scatena l’attacco” scrive Sandro Ruotolo, responsabile Informazione della segreteria del Pd ed europarlamentare. “La Rai, invece di essere difesa per aver dato voce a chi spesso non ne ha, viene trascinata nel mirino di chi vuole un’informazione addomesticata, unilaterale, sottomessa. Ma davvero vogliamo decidere, a posteriori, quali morti si possono raccontare? Davvero chi mostra i civili sotto le bombe deve difendersi dall’accusa di antisemitismo? Il vero tema, come ci ricorda oggi anche il Liberties Media Freedom Report 2025, è che la libertà d’informazione è sotto attacco. In Italia i giornalisti RAI sono sotto pressione e la censura politica è ormai all’ordine del giorno. Presa Diretta ha fatto il suo dovere: informare. Difendere Riccardo Iacona e la sua redazione significa difendere il diritto dei cittadini a conoscere la verità. Non c’è libertà senza verità. Non c’è verità senza libertà di stampa. Noi saremo sempre dalla parte del giornalismo libero”. Duro il giudizio dei 5 Stelle. “L’esposto presentato contro la puntata di Presa Diretta del 27 aprile è, di fatto, un’intimidazione. Si accusa Riccardo Iacona di aver raccontato la devastazione di Gaza senza ‘bilanciare’ con riferimenti agli attacchi di Hamas. Questo non solo è falso, perché nel corso della puntata sono stati ricordati, ma chi conosce il lavoro di Iacona sa che Presa Diretta è un raro esempio di correttezza dell’approfondimento, di rigore e ricerca dei fatti” scrive il capogruppo M5S in commissione di vigilanza Rai Dario Carotenuto. Raccontare le conseguenze umane dei bombardamenti israeliani non equivale a giustificare Hamas, così come dare voce a un relatore ONU non è in nulla diverso da ciò che deve fare il giornalismo. Semmai è vero che troppo tardi la Rai ha dato voce a Francesca Albanese, oscurando una voce italiana e autorevole sulla crisi mediorientale. E dobbiamo ribadire che è un diritto dei cittadini, prima ancora che un dovere dell’informazione pubblica, raccontare il massacro in corso in Palestina, che non significa giustificare in nessun modo il terrorismo, ma significa fare informazione su quello che proprio oggi Amnesty International definisce un ‘genocidio in diretta streaming’. E quindi questo significa anche tutelare l’immagine della Rai che non può chiudere gli occhi davanti a questo drammatico passaggio della storia. In Rai servirebbero più voci come quella di Iacona: indipendenti, rigorose, capaci di affrontare con coraggio e onestà intellettuale ciò che altri non raccontano”. Un grazie a “Riccardo Iacona e alla redazione di Presa Diretta per aver mandato in onda una pagina di Servizio Pubblico”, arriva dal Presidente della Federazione nazionale della Stampa Italiana, Vittorio Di Trapani. “Fare informazione – sottolinea –  non è accontentare una parte, ma raccontare i fatti. Ed è quello che Presa Diretta ha fatto rompendo un muro di silenzio che da oltre 1 anno oscura la guerra a Gaza e l’ignobile situazione umanitaria. In risposta a chi presenta intimidatori esposti contro Presa Diretta, ci aspettiamo un pubblico ‘grazie’ a Iacona e la sua squadra da parte del vertice della Rai”. Articolo 21 è vicina ai colleghi di Presa Diretta e ribadisce che siamo davanti all’ennesimo attacco alla libertà di stampa. I giornalisti debbono essere liberi di decidere cosa raccontare.   Articolo 21