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RHO (MI): ENI MINACCIA DI SGOMBERO SOS FORNACE. MARTEDÌ 23 SETTEMBRE ASSEMBLEA PUBBLICA
Un mese dopo lo sfratto – sgombero del Leoncavallo, un altro spazio sociale milanese è sotto attacco. Si tratta di SOS Fornace, a Rho. Eni, proprietaria dell’area di via Risorgimento 18 attuale sede del centro sociale, ha chiesto infatti lo sgombero di SOS Fornace presentando istanza di sequestro preventivo dell’immobile. La richiesta è stata avanzata proprio nei giorni successivi allo sgombero del Leoncavallo. Si tratta della seconda istanza presentata nell’ultimo anno – la prima non è stata accolta – durante il quale la “multinazionale di stato” ha intensificando gli sforzi per rientrare in possesso dell’ex deposito occupato dal 2018, sulla scorta della prima, storica occupazione del 2005 in via San Martino. Attiviste e attivisti di SOS Fornace hanno lanciato un’assemblea pubblica che si svolgerà martedì 23 settembre alle ore 21 all’interno dello spazio sociale. Ai microfoni di Radio Onda d’Urto è intervenuto Andrea Papoff, di SOS Fornace. Ascolta o scarica.
La risposta giusta – di Effimera
La giornata di manifestazioni che ha attraversato Milano il 6 settembre 2025, in risposta allo sgombero del centro sociale Leoncavallo, è stata un avvenimento di grande valore che ha spezzato, almeno per un attimo, la narrazione negativa che ci circonda da ogni lato con i suoi corollari di impotenza e di paura. A nostro [...]
A Milano migliaia in corteo per il Leoncavallo
50.000 persone di tutte le età, provenienti da varie regioni d’Italia. hanno manifestato oggi a Milano in solidarietà con il Leoncavallo, il centro sociale sgomberato il 21 agosto scorso. Un gruppo di giovani ha appeso alle impalcature del cantiere del “Pirellino” due lunghi striscioni con la scritta “Giù le mani dagli spazi sociali”. All’ingresso in piazza Duomo, tra fumogeni e petardi, un altro striscione con la scritta “Giù le mani dalla città” è stato affisso alla statua equestre del Re Vittorio Emanuele II. Foto di Gemma Bird Redazione Milano
Le crepe nella falsa democrazia
LO SGOMBERO DEL LEONCAVALLO È L’ENNESIMO SEGNALE DI UNA DEMOCRAZIA IN RAPIDA CADUTA VERSO L’AUTORITARISMO. APRIAMO CREPE E SCENDIAMO IN PIAZZA Milano, 2 settembre: assemblea verso il corteo nazionale del 6 settembre. Foto Leoncavallo -------------------------------------------------------------------------------- Pratiche di resistenza, analisi controcorrente, cultura alternativa, ricostruzione del legame sociale, solidarietà dal basso, autogestione. I centri sociali, nell’eterogeneità e dinamicità delle loro storie, veicolano conflitto, dissenso, libertà di pensiero. Nell’antagonismo delle proposte politiche e nell’eterodossia delle espressioni musicali e artistiche, praticano forme di mutualismo e solidarietà sociale. La loro esistenza, al netto di qualsivoglia idealizzazione – come in tutte le esperienze non mancano contraddizioni, rigidità, ombre -, rappresenta un elemento di vitalità della democrazia. E questo, a prescindere dal fatto che si condividano o meno approcci e azioni (e, sia chiaro, non è una presa di distanza). La democrazia è pluralismo e conflitto, anche quando questo urta e inquieta. Aggiungo: i centri sociali si muovono nel segno della Costituzione. Costruiscono partecipazione effettiva; concretizzano il principio di solidarietà, che sia con gli sportelli (per i migranti, per il diritto alla casa), che sia con la costruzione di spazi di aggregazione sociale; esercitano diritti costituzionali come la libertà di manifestazione del pensiero e il diritto di riunione. Del resto, si può annotare, è la Costituzione stessa che “disturba”, è della Costituzione stessa che ci si vuol disfare: è una Costituzione antagonista al neoliberismo autoritario e alle brame belliche. Per inciso, questo rende evidente l’errore del ragionamento “dopo il Leoncavallo, almeno sgomberate Casa Pound”: l’esperienza di Casa Pound è in radicale antitesi alla Costituzione, costituisce una riorganizzazione del partito fascista, vietata dalla Costituzione. Casa Pound va sgomberata in nome dell’antifascismo e dei valori ad esso sottesi, che la Costituzione (tutta) sancisce. Non sono situazioni equiparabili. Veniamo alla questione dell’illegalità. Alcuni centri sociali sono occupati: vivono attraverso l’occupazione di un immobile. Due annotazioni. Primo: in una democrazia, vi deve essere «tolleranza del dissenso sino all’estremo limite possibile» (Passerin d’Entrèves); una democrazia non si regge sul comando e sull’obbedienza, sul principio di autorità, ma sulla partecipazione effettiva e sul dissenso. I centri sociali stimolano, interrogano, evidenziano le ambiguità della democrazia. La democrazia si spegne anche nell’apatia, nell’indifferenza, nella passività, nell’omologazione. Una democrazia, certo. Invero, lo sgombero del Leoncavallo è l’ennesimo segnale (in perfetta coerenza con la legge n. 80 del 2025, la legge sulla sicurezza) di una democrazia in rapida caduta verso l’autoritarismo: per il mutamento, di diritto e di fatto, delle sue forme istituzionali (premierato, sistemi elettorali escludenti, sottomissione della magistratura all’esecutivo), delle sue precondizioni (la garanzia, su base universale, dei diritti sociali e il perseguimento dell’uguaglianza sostanziale), della sua essenza (il riconoscimento del conflitto nella pace, sostituito dalla normalizzazione della guerra e dalla costruzione del nemico). Secondo: esistono altre vie rispetto allo sgombero – e nel caso del Leoncavallo erano in corso trattative con il Comune -, quali comodati, intese e forme giuridiche nuove come il bene comune (in tal senso, è la recente esperienza torinese del centro sociale Askatasuna); ricordando che la proprietà, per la nostra Costituzione, non è più un diritto “sacro e inviolabile” ma può essere limitata «allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti» (articolo 42). Ancora. Lo sgombero restituisce la scelta per una sicurezza urbana unicamente concepita come ordine pubblico, in luogo della sicurezza sociale e dei diritti. È la sicurezza a uso e consumo di un modello di città, la città consumista di Pasolini, la città capitalista, la global city, la smart city; è la città dalla quale estrarre valore di scambio (Milano ne è esempio paradigmatico con la sua ossessiva gentrificazione); è la città che occulta ed espelle le diseguaglianze con il daspo urbano; è la città vuota di relazioni dell’individualismo neoliberista. I centri sociali esprimono invece il senso di una città che affronta le sue contraddizioni, che si pone come luogo di vita, una vita dignitosa. Lo sgombero del Leoncavallo è un altro passo nella chiusura degli spazi politici, nella costruzione di una falsa democrazia, forma piatta e levigata dietro la quale occultare diseguaglianze e reprimere divergenze. Apriamo crepe e scendiamo in piazza. -------------------------------------------------------------------------------- Pubblicato sul manifesto del 6 settembre 2025 -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE: > Giù le mani dalla città. Giù le mani dal Leoncavallo -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Le crepe nella falsa democrazia proviene da Comune-info.
A Milano per rivendicare il diritto alla città
Per il 6 settembre a Milano è stata convocata la manifestazione nazionale per la difesa degli spazi sociali a seguito dello sgombero improvviso del Leoncavallo del 21 agosto. Che lo spazio fosse sotto attacco del Governo si sapeva, come si sapeva che la società “L’Orologio dei Cabassi”, proprietari dell’area in via Watteau, aveva ottenuto un risarcimento da parte del Ministero dell’Interno per il mancato sgombero di più di tre milioni di euro. Nonostante questo la giunta Sala non era riuscita a trovare un’alternativa affinché l’esperienza del Leoncavallo potesse continuare a vivere. Si è parlato di una proposta per l’assegnazione di un immobile in via San Dionigi, ma per rendere agibile questo stabile serve un investimento di risorse molto ingente: per la bonifica dell’amianto, la realizzazione delle rete di fognature, la messa a norma degli spazi e la completa ristrutturazione. Le adesioni all’iniziativa del 6 sono state molte, come dimostra la grande partecipazione all’assemblea che si è tenuta il 2 settembre alla Camera del Lavoro di Milano. Oltre a rappresentanti dei partiti erano presenti molte associazioni, sindacati e realtà sociali, la lista delle adesioni si allunga di giorno in giorno. > Quello che è successo a Milano non riguarda solo il Leoncavallo, ma è da > leggere come un attacco all’idea di città che gli spazi sociali hanno > costruito negli ultimi cinquant’anni nel nostro paese. L’occupazione di spazi inutilizzati, scarti urbani che non servivano all’accumulazione di rendita, ha consentito di realizzare comunità autogestite, luoghi di valorizzazione sociale e di sperimentazione culturale. Contemporaneamente ha messo in atto pratiche conflittuali per arginare la gentrificazione di interi quartieri, la riduzione degli spazi pubblici e per rivendicare il diritto all’abitare per chiunque scelga di vivere in città. Lo spazio autogestito il Cantiere, anch’esso minacciato di sfratto, ha scritto: «scenderemo in piazza contro lo sgombero del Leoncavallo per rivendicare lo strumento dell’occupazione e perché crediamo che difendere la memoria militante del Leoncavallo significhi difendere gli spazi e le lotte di oggi. Occupiamo spazio per socializzare stare insieme e praticare sport, senza dover sempre spendere soldi, senza essere serviti e servire, ma costruendo comunità autogestite, dove chiunque si possa mettere in gioco, dare una mano o ricevere aiuto. Occupiamo per sottrarre spazio e soldi ai padroni della città, che lucrano sugli affitti brevi e privatizzano la Città Pubblica, contribuendo alla metropoli vetrina del turismo di lusso e della rendita». Il laboratorio politico Off Topic scenderà in piazza «Contro la città dei padroni, contro la loro arroganza, la loro violenza liberticida, la loro sete di potere e denaro». Per dimostrare che Milano non è solo «una città grigia di cemento, acciaio e vetro, su misura di ricco. La Milano che chiamiamo in piazza è viva, colorata e moltitudinaria. La Milano degli Spazi Sociali, una Milano capace di dire a gran voce e senza timore: questa città di chi pensi che sia?» > L’appello per la convocazione della manifestazione chiarisce che: «Noi > abbiamo un’altra idea di città e di mondo che da cinquant’anni a oggi è > cambiata e si è fatta anche transfemminista, intersezionale, antiabilista, una > città a tutela delle agricolture contadine e dei loro territori aggrediti, per > l’accesso al cibo come nutrimento culturale». È tutto questo in gioco con lo sgombero di ogni spazio sociale e non può essere permesso. Giù le mani dalla città! Sabato 6 settembre corteo nazionale Gli spazi sociali si sono dati appuntamento alle 12 a piazza Duca D’Aosta per convergere alle 14 a Porta Venezia da dove partirà il corteo. L’immagine di copertina è Marmolada48 (Wikicommons) SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo A Milano per rivendicare il diritto alla città proviene da DINAMOpress.
Se Israele blocca la Sumud, noi blocchiamo l’Europa – di Effimera
I portuali di Genova hanno capito tutto. E noi dovremmo seguirli, senza pensarci due volte, cogliendo lo spirito del tempo. I centri sociali del Nord Est hanno boicottato la Mostra del Cinema di Venezia, chiedendo l’esclusione dal programma di due star sioniste conclamate: il Lido è stato preso d’assalto da più di diecimila attivisti. [...]
Giù le mani dalla città. Giù le mani dal Leoncavallo
“NOI, NEL NOSTRO PICCOLISSIMO, DALLE NOSTRE PROVINCE E PERIFERIE, CON LE TANTE VIGNAIOLE/I E LE AGRICOLTURE CON CUI SIAMO CRESCIUTE/I E ABBIAMO TROVATO CASA ANCHE E SOPRATTUTTO AL LEONCAVALLO, PROVEREMO A PORTARE IL NOSTRO CONTRIBUTO PER FAR SÌ CHE IL 6 SETTEMBRE SIA UNA TAPPA IMPORTANTE CONTRO IL FASCISMO DI GOVERNO E LA GENTRIFICAZIONE DI CHI AMMINISTRA…”. LE PAROLE SCELTE DA LA TERRA TREMA – UNIVERSO NATO ANNI FA DALLA STRAORDINARIA ESPERIENZA DEI CRITICAL WINE (PROMOSSI DA LUIGI VERONELLI E DEI CENTRI SOCIALI AUTOGESTITI) E DALL’OSTINAZIONE CREATIVA DELLO SPAZIO AUTOGESTITO “FOLLETTO25603” DI ABBIATEGRASSO – ARRIVA UN FONDAMENTALE APPELLO VERSO IL CORTEO NAZIONALE DEL 6 SETTEMBRE. “UNA FORZA SOCIALE CHE MANCAVA DA ANNI SI È AFFACCIATA ALL’ANGOLO CON VIA WATTEAU. QUESTA FORZA SOCIALE POTRÀ ESSERE GENERATIVA PER MILANO E PER QUESTO PAESE. NON SARÀ DI SICURO FACILE…” Foto Milanoinmovimento.com -------------------------------------------------------------------------------- La terra trema. Il ciel si oscura | Questa Milano non ha paura VERSO IL 6 SETTEMBRE 2025 MILANO • CORTEO NAZIONALE GIÙ LE MANI DALLA CITTÀ GIÙ LE MANI DAL LEONCAVALLO Per difendere gli spazi pubblici di autogestione e autonomia Perché siano sempre e davvero inclusivi, aperti e solidali Nella giornata del 21 agosto 2025, è avvenuto lo sgombero/sfratto del Leoncavallo Spazio Pubblico Autogestito. Fulmine, in un cielo di fulmini. Atto che conferma i cupi tempi che viviamo. La politica istituzionale (nelle sue due forme di potere esecutivo centrale e amministrativo locale) si è dimostrata ancora una volta opprimente e al servizio degli interessi di speculatori, faccendieri, ricchi immobiliaristi, guerrafondai. Su una torta già ben guarnita qualcuno ha voluto mettere la sua ciliegia candita. Sappiamo bene che è in mano neofascista il Governo di questo paese. Altrettanto bene sappiamo chi governa da quindici anni Milano e al soldo di quali economie. Pensiamo Sala, la sua Giunta e il Consiglio Comunale, come responsabili della fine del Leoncavallo in via Watteau. Artefici dei Piani del Governo del Territorio e dei rapporti di sudditanza con la finanza immobiliare (la società quotata in borsa dei Cabassi, appena dopo lo sgombero, è salita ben oltre il 4%) come le cronache di questi giorni non fanno che confermare. Indipendentemente da quello che dice la magistratura, gli amministratori milanesi, in sinergia con gli speculatori immobiliari, hanno fatto di Milano una città esclusiva per ricchi, espulsiva per le classi più povere e per una consistente fetta di ceto medio. Hanno messo le basi per fare di Greco, l’ennesimo quartiere da asservire alla gentrificazione. Hanno reso possibile, proprio in Via Watteau, la trasmutazione di una carrozzeria di un piano con cortile in un palazzo pseudo lussuoso di oltre dieci piani. Loro non hanno vincolato l’area ex industriale a una destinazione d’uso non favorevole alla Società L’Orologio s.r.l, anzi, hanno steso un tappeto gentry, per la speculazione immobiliarista. Loro, al Leoncavallo, hanno offerto una polpetta avvelenata di amianto e sfasciume nell’estrema periferia sud. Non da meno, la destra neofascista, ha deciso di forzare la mano, mostrare i muscoli e digrignare i denti, alimentando la campagna elettorale permanente in cui sguazza (a Milano è imminente, giacché parliamo del 2026), per mostrare lo scalpo di chi le è ostile e per fare, anch’essa, gli interessi dei più forti e ricchi. I medesimi forti, i medesimi ricchi. Da questo punto in poi è necessario aprire le porte a nuove possibilità. La risposta data il 21 agosto, nel far fronte a questa aggressione insana, è stata viscerale e forte, malgrado lo sgomento che ha travolto tutte/i, ha tracciato un primo passo per un tragitto che dovrà essere capace di rilanciare non solo un futuro per il Leoncavallo. Le persone che hanno animato questo Spazio Pubblico Autogestito negli anni, le cinque generazioni che ne hanno Storia, i collettivi, le realtà politiche, i gruppi informali e soprattutto i singoli che fino a pochi giorni prima hanno attraversato il Leoncavallo, con le loro piccole e grandi differenze e biografie, hanno manifestato tormento e rabbia, si sono dette vive e presenti, nonostante la pioggia battente, arrivando anche da lontano, in un agosto che si pensava deserto hanno ripopolato le vie attigue l’ingresso del Leo, sono accorse numerosissime in difesa di uno spazio fisico, di un simbolo, di una idea diversa di abitare la città e paese, con generosità e premura, guidate da una spinta più alta dell’interesse personale. Una forza sociale che mancava da anni si è affacciata all’angolo con Via Watteau. Questa forza sociale potrà essere generativa per Milano e per questo paese. Non sarà di sicuro facile. Il possibile chiede sempre forti energie per inverarsi. Bisognerà sforzarsi di dire l’indicibile, di indagare le trasformazioni sociali e antropologiche, aver ben chiare le responsabilità politiche, immaginare nuovi linguaggi, nuove pratiche. Noi, nel nostro piccolissimo, dalle nostre province e periferie, con le tante vignaiole/i e le agricolture con cui siamo cresciute/i e abbiamo trovato casa anche e soprattutto al Leoncavallo, proveremo a portare il nostro contributo per far sì che il 6 settembre sia una tappa importante contro il fascismo di governo e la gentrificazione di chi amministra, gomito a gomito con la finanza immobiliare, le città. Per difendere, immaginare e costruire comunità autonome e perturbanti nella metropoli. -------------------------------------------------------------------------------- [La Terra Trema | Folletto25603] -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Giù le mani dalla città. Giù le mani dal Leoncavallo proviene da Comune-info.
Lab sociale Fabbri e Leoncavallo: due città diverse, una storia comune
IL 21 AGOSTO, MENTRE VENIVA SGOMBERATO IL LEONCAVALLO, A FABRIANO UNA DIRIGENTE COMUNALE SI È PRESENTATA ALL’INGRESSO DEL LAB SOCIALE FABBRI, IN SPIAZZI SAN NICOLÒ, PER “LA RICONSEGNA DELL’IMMOBILE E LA RESTITUZIONE DELLE CHIAVI”. QUESTO, NONOSTANTE LA SINDACA AVESSE DETTO DUE GIORNI PRIMA A CHI SI PRENDE CURA DI QUELLO SPAZIO CHE SE NE SAREBBE RIPARLATO A SETTEMBRE. IL LAB FABBRI È UNO SPAZIO STORICO DEL TERRITORIO, LA SOLA VOCE DISSONANTE IN UNA CITTÀ RICCA MA IN CRISI E REMISSIVA DA DECENNI AL COSIDDETTO “MERLONISMO”. AL LAB SOCIALE FABBRI SI SONO SUCCEDUTE DUE GENERAZIONI E OGGI È UNA REALTÀ MOLTO GIOVANE, CAPACE DI PROMUOVERE NUMEROSE ATTIVITÀ CULTURALI E DI RICOMPORRE LE RELAZIONI SOCIALI Milano e Fabriano sono palesemente realtà diverse sotto molti aspetti. Eppure, c’è un filo che nel corso dei decenni, fino ad oggi, le mette in relazione. Negli anni Ottanta e Novanta del secolo scorso, Fabriano aveva il Pil più alto della città di Milano; era chiamata, questa realtà di poco meno di trentamila abitanti, la “Svizzera delle Marche”: il distretto industriale dell’elettrodomestico, della storica cartiera Miliani (poi Gruppo Giano Fedrigoni), il capitalismo familistico e padronale concentrato perlopiù nelle mani dei fratelli Merloni, hanno fatto di Fabriano una realtà con un elevato livello di benessere. La famiglia Merloni è stata per decenni, e in parte lo è ancora, potere economico e politico monocratico della città; ha espresso, direttamente o indirettamente, i sindaci fino all’attuale Daniela Ghergo del PD; con una sola anomala eccezione tra il 2017 e il 2022, quando hanno vinto le elezioni i Cinque Stelle. Rispediti a casa subito, per loro limiti sicuramente, ma anche per il formarsi di un cartello omogeneo e monolitico del “tutti contro uno”; con il PD coalizzato a diverse liste civiche personali, la sinistra più radicale con un proprio candidato, e con la desistenza fattuale della destra, che ha messo in campo un poco spendibile ex sindaco del PD. Ma nel 2008, la “Svizzera delle Marche”, viene travolta dalla crisi. Fallisce l’Antonio Merloni industrie (per quindici anni sindaco di Fabriano), Indesit di Vittorio Merloni (ex presidente di Confindustria), all’epoca secondo gruppo europeo di elettrodomestici, passa a Whirlpool nel 2014 e poi successivamente alla turca Beku; i terzisti iniziano a saltare. La Cassa di Risparmio di Fabriano e Cupramontana, gestita con le solite modalità feudali e politiche italiane, finisce nel vortice delle crisi bancarie e passa ad Intesa. Rimane ancora presente sul territorio, ma gran parte della produzione è altrove, l’Ariston; oggi di Paolo Merloni, erede di Francesco (che fu ministro dei Lavori Pubblici). Da qualche mese Beku ha annunciato 226 esuberi solo a Fabriano, e il gruppo Giano Fedrigoni 195, andando ad acuire una crisi economica e sociale da cui dal 2008, la città non è più riuscita a riprendersi. Basta vedere i dati del Centro per l’Impiego e della Caritas cittadina. La città di provincia marchigiana e la metropoli milanese sono tornate ad vedersi accomunate nuovamente il 21 agosto. A Milano è stato sgomberato, con un’azione tipicamente squadrista e con un imponente apparato poliziesco e militare, lo storico centro sociale Leoncavallo, che per anni ha segnato un’idea opposta di socialità, di abitare e di cultura, rispetto alla metropoli delle inchieste sulla cementificazione selvaggia, e dello strapotere dei fondi finanziari e immobiliari (leggi anche Giù le mani dalla città. Giù le mani dal Leoncavallo). A Fabriano proprio il 21 agosto alle ore 11, la dirigente comunale Silvia Campanella, si è presentata, come annunciato nella lettera del 7 agosto, all’ingresso del Lab Sociale Fabbri, in spiazzi San Nicolò, per “la riconsegna dell’immobile e la restituzione delle chiavi”. Questo, nonostante la sindaca Daniela Ghergo avesse detto due giorni prima a chi si prende cura di quello spazio che se ne sarebbe riparlato a settembre, dopo gli approfondimenti legali del Comune. Finito il conciliabolo davanti all’ingresso del centro sociale, la funzionaria, senza più entrare, ha chiesto di inviare un’email al Comune per chiedere dilazione per l’ispezione sullo stato dell’immobile; una situazione degna della letteratura di Ennio Flaiano. L’immobile è un ex asilo comunale dalla storia molto controversa, che parte da dopo il terremoto del 1997, e che vede molti omissis dai tempi della giunta del sindaco Roberto Sorci del PD che amministrò la città dal 2002 al 2012. Per la costruzione in un altro quartiere cittadino di un nuovo asilo con le norme antisismiche post sima ’97, l’ex asilo venne annoverato nel capitolato d’appalto come parte del pagamento alla ditta Sava & C srl, che si era aggiudicata la gara per la costruzione del nuovo asilo. L’impresa, però si trovò l’immobile con una destinazione d’uso pubblica, di cui da subito non ha saputo che farsene; per valorizzarlo da un punto di vista residenziale privato o commerciale, sarebbe dovuta intervenire una variante urbanistica che non fu mai (se pur probabilmente informalmente promessa da qualcuno) approvata dal Consiglio Comunale, per evidenti contrasti politici. Per cui la Sava & C. srl, in tutti questi anni non si è mai intestata l’immobile, non è mai stato fatto il passaggio di proprietà, e la proprietà è rimasta sempre al Comune. La ditta, che per la “sòla” avuta, ha anche attraversato problematiche finanziarie, ha intentato causa al Comune, ancora in corso. La sindaca, rispetto al ministero dell’Interno per il Leoncavallo, ha per ora scelto una via più morbida, forse preoccupata dalle imminenti elezioni regionali, per cacciare via le giovani persone del centro sociale autogestito, che da anni animano l’ex asilo comunale. Quella del Lab Fabbri è una realtà storica di Fabriano, uno spazio della città che ha segnato dal punto di vista della presenza civile e politica, la sola voce dissonante in una città remissiva da decenni al cosiddetto “merlonismo”. Al Lab Sociale Fabbri si sono succedute due generazioni, ed oggi è una realtà molto giovane, che promuove attività culturali e sociali, andando spesso, obtorto collo, anche in surroga di compiti che spetterebbero all’Amministrazione Comunale. Come la festa della Liberazione di Fabriano (città medaglia di Bronzo per la Resistenza), il 13 luglio; che dal suo insediamento nel 2022 la giunta Ghergo non ha mai celebrato. Sono stati proprio i giovani del Fabbri, il mese scorso, a promuovere un evento per ricordare la ricorrenza democratica, con un partecipato evento itinerante, conclusosi allo spazio di San Nicolò. Nel 2013 il Lab Sociale Fabbri ha occupato l’immobile dell’ex asilo, non potendo più restare in un’altra sede. Il “pugno duro” pensò di utilizzarlo il sindaco Giancarlo Sagramola del PD, quando proprio in quell’anno fece un’ordinanza di sgombero (poi mai eseguita) al Lab Sociale Fabbri. L’immobile rimase occupato fino al 2019, quando il sindaco Cinque Stelle, Gabriele Santarelli, sanò la situazione, stipulando con il Lab Sociale Fabbri, tramite l’aps “Camminare Domandando e Ascoltando”, un regolare contratto di comodato d’uso gratuito di cinque anni, prevedendone il rinnovo o la proroga (non tacite). La situazione a Fabriano ha avuto un’escalation istituzionale il 7 agosto scorso quando il Comune ha inviato una lettera di diffida, di restituzione dell’immobile e delle chiavi al Lab Sociale Fabbri. Sapendo della scadenza contrattuale del 2024, per rispettare le condizioni dell’atto vigente, dal centro sociale avevano inviato come previsto un’email protocollata al Comune già nel 2023, per chiedere il rinnovo del contratto, alla quale non hanno mai avuto risposta. Da mesi, in particolare dall’inverno di quest’anno, quando il Comune ha staccato senza alcun preavviso l’utenza elettrica nell’immobile, i portavoce del Fabbri hanno chiesto di interloquire con la sindaca per chiedere il rinnovo del contratto di comodato d’uso, ma non sono stati mai ricevuti. Si è arrivati così alla “sorpresa” della lettera di diffida di inizio agosto, a seguito della quale, dopo esser corsi in Comune, agli attivisti è stato concesso un appuntamento con la sindaca lo scorso 19 agosto. Un fatto normale, si direbbe, che un amministratore pubblico riceva nella casa municipale i propri cittadini. Ma invece, il normale è oramai straordinario, eccezione. Non atto dovuto, ma concessione, elargizione. Il 19 agosto le tre giovani portavoce del Fabbri, nel recarsi all’appuntamento, hanno trovato il piazzale del Comune presidiato ai due accessi da polizia e carabinieri, e sotto l’ingresso Digos e polizia municipale. Si saranno sentite accolte, rispettate, o mal sopportate? Ma è questa la dinamica delle post democrazie, anche quelle locali. Intimorire, incutere subalternità, far pensare che chi è in difetto, colpevole, in torto, è chi si prende cura di un bene comune. In generale è proprio questa generazione disarmata e disarmante, che spaventa i decisori politici, detentori di un potere adulto e gerontocratico, terrorizzati dal trovarsi di fronte persone inermi, che li mettono di fronte alla propria inazione. Ma la potenza di questa generazione è l’essere talmente mite, che il potere sbanda, evita, non riceve, rinvia, mistifica, mente. E quando proprio non può evitare il confronto, si militarizza. E sempre più spesso, opprime e reprime. All’incontro, quelle del Fabbri si sono trovate “circondate” dalla sindaca, dagli assessori Giombi, Comodi e Serafini, dal segretario comunale Trojani e dalla dirigente Campanella. Assente, “convitato di pietra” di molte criticate scelte amministrative fabrianesi, l’unico assessore titolato a dare spiegazioni, come scritto nella lettera al Fabbri, sulle “comprovate esigenze di interesse pubblico” relative all’immobile: quello al patrimonio Pietro Marcolini; assessore esterno, maceratese, e eminenza del PD regionale, “importato” a Fabriano dopo una lunga carriera istituzionale in Regione. L’incontro, in cui le ragazze raccontano di aver trovato un clima piuttosto ostile, si è svolto con un nulla di fatto, tra affermazioni dette e ritrattate da parte degli amministratori, incalzati dalle prove evidenti di quanto è accaduto nell’ultimo anno e mezzo. Una cosa è certa e non confutabile in tutto questo tempo: che il Comune è rimasto, ed è tutt’oggi proprietario dell’immobile. La sentenza di appello, per la causa intentata dall’impresa Sava & C srl, e che ha visto già affermare le ragioni del Comune in primo grado, è prevista nel maggio 2026. Si chiede quindi all’Amministrazione Comunale perché al Lab Sociale Fabbri non sia stato prorogato, come richiesto, il contratto almeno fino al giorno dell’udienza di appello. Poi, se quel contratto sottoscritto nel 2019 fosse ritenuto illegittimo, perché l’attuale giunta non ha proceduto a revocarlo al suo insediamento nel giugno 2022? E soprattutto, quali sono le taciute motivazioni di “interesse pubblico” avanzate dal Comune? La giunta ha intenzione di utilizzare quell’immobile e lo spazio per altri progetti? Intende concederne l’uso ad altri soggetti? Sono queste le risposte pubbliche che l’Amministrazione Comunale dovrebbe dare per primo alla città, e per fare anche chiarezza sul comportamento tenuto in questi mesi verso le persone del Lab Sociale Fabbri. Il presidio pacifico delle decine di persone che il 19 agosto si sono radunate sotto il Comune per sostenere il Fabbri, è il segno che questa nuova generazione che ha preso in carico il valore di uno spazio storico (e la memoria dell’anarchico fabrianese Luigi Fabbri, perseguitato dal fascismo), non sarà sola nella lotta per far vivere a Fabriano un’indispensabile laboratorio di democrazia; il solo rimasto. Murales esterno Laboratorio di danzaterapia Loredana Lipperini al Lab sociale Fabbri il 22 agosto Presidio del 19 agosto -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Lab sociale Fabbri e Leoncavallo: due città diverse, una storia comune proviene da Comune-info.