Tag - sciopero generale

Tunisia: il sindacato reagisce alla repressione convocando uno sciopero generale
Dopo l’ondata di arresti che ha messo in galera con la scusa di “complotto contro la sicurezza dello Stato” alcuni dei principali oppositori al regime, il principale sindacato tunisino, l’Union Générale des Travailleurs Tunisiens” (UGTT) ha proclamato uno sciopero generale per il 21 di Gennaio. Di fronte alle pressioni del governo, il segretario generale dell’UGTT, Nourredine Taboubi ha dichiarato “Non ci lasciamo intimidire dalle vostre minacce o dalle vostre prigioni. Non temiamo il carcere”. L’UGTT ha svolto un ruolo centrale nella transizione democratica della Tunisia dopo il 2011, ma in un primo tempo aveva appoggiato il presidente Kais Saied quando aveva nel 2021 sospeso i poteri del parlamento in quello che è stato considerato dall’opposizione un autentico colpo di stato. Pressenza IPA
Licenziamento alla Scala | Quattro domande a Roberto D’Ambrosio, Gianni Giovannelli e Alessandro Villari – di Effimera
Effimera ha rivolto quattro domande al sindacalista della CUB Roberto d'Ambrosio e agli avvocati, Gianni Giovannelli e Alessandro Villari, che hanno rappresentato e difeso la lavoratrice de teatro milanese La Scala licenziata per aver gridato "Palestina libera". Il giudice ha annullato il licenziamento e stabilito che la giovane venga risarcita. Il fatto non ha [...]
Le giornate del 28 e 29 viste dal Medio Oriente
Oggi [il 28, data di pubblicazione dell’articolo, ndr] l’Italia vede a uno sciopero generale nazionale, indetto da due importanti sindacati, per protestare contro la legge di bilancio 2026 proposta dal governo di estrema destra di Giorgia Meloni. Lo sciopero chiede anche un salario minimo dignitoso e il ripristino dell’età pensionabile […] L'articolo Le giornate del 28 e 29 viste dal Medio Oriente su Contropiano.
Il potere pretende la libertà di mentire
Allora. Come protocollo vuole, il proprietario – Alain Elkann, nipote dell’Avvocato Gianni Agnelli e distruttore della Fiat – ha fatto visita ai suoi dipendente della sezione informazione, sottomarchio La Stampa, per mostrare il proprio volto umano di imprenditore sensibile. “L’attacco che questa redazione ha subito due giorni fa è stato […] L'articolo Il potere pretende la libertà di mentire su Contropiano.
Giornalisti, vil razza dannata
Premessa breve, ma necessaria. Siamo un giornale, alcuni di noi hanno lavorato per decenni in altri media, frequentando redazioni, l’alto e il basso della società, palazzi del potere, bar dove cronisti e “fonti riservate” si incontrano quotidianamente. Conosciamo il mestiere e i suoi format, sappiamo riconoscere quando viene messa la […] L'articolo Giornalisti, vil razza dannata su Contropiano.
Sciopero generale, Milano attraversata da un grande corteo
Si sapeva che i numeri non sarebbero stati quelli di fine settembre, e non sappiamo neppure quanta sia stata la percentuale di scioperanti, ma la manifestazione di Milano è venuta molto bene. Appuntamento alle nove e mezza, giornata serena, ma molto fredda. Come spesso avviene all’inizio si è in pochi e gli umori sono piuttosto bassi. Ma alla partenza il corteo è fitto e durante la prima parte del percorso si riempie, settemila? Ottomila? La componente studentesca è maggioritaria, ma ciò significa anche che la forza, il colore e l’energia sono tante. Parte dal centro e va verso la periferia; diversi i camion che mandano musica, da cui partono interventi forti e ascoltati. La causa palestinese si incrocia sempre meglio con una militarizzazione diffusa, una repressione che cresce, investimenti in spese militari da paura, tagli alla spesa sociale che producono rabbia ogni giorno di più, stipendi al palo. Vengono poi ricordate le parole di ministri sempre più impresentabili. “Governo Meloni, dimissioni” grida la piazza. Striscioni, bandiere, cartelli, la giornata si intiepidisce e si cammina si cammina. Si dovrebbe finire alla stazione ferroviaria di Lambrate, ma probabilmente la questura non è d’accordo, c’è pure un elicottero che vola tutto il tempo sulla testa dei manifestanti. Dall’alto hanno deciso che alla stazione non ci si avvicina e così cominciano dei muri di camionette e agenti antisommossa che deviano il corteo, una, due, tre volte. Il corteo è compatto, non si cercano tensioni, gli idranti sopra un enorme camion non devono essere attivati. E così il corteo va avanti, avanti. Alla fine si saranno fatti quasi dieci chilometri, si finisce alle due del pomeriggio, l’anfiteatro della Martesana accoglie coloro che hanno resistito fino alla fine. Viene anche composta una grande scritta “Free Marwan Barghouti” a ricordare che domani inizia una campagna internazionale per la liberazione del leader palestinese e per la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi. La pace è ancora molto lontana. Bisogna continuare. E domani altro corteo alle 14 da piazza 24 Maggio, ma stavolta si finisce in piazza Duomo. Foto di Andrea De Lotto e Fiorella Socci Andrea De Lotto
Sciopero generale a Genova: siamo ancora vivi, siamo ancora vive!
C’era un vento che portava via stamattina, in piazza Verdi, davanti alla stazione Brignole di Genova e a dire il vero non c’era nemmeno la folla che ci si aspettava, o in cui si sperava. Poi, piano piano, la situazione è cambiata: non quella meteorologica, ma quella umana. Gli studenti e le studentesse hanno cominciato a popolare la piazza. Il numero dei partecipanti è diventato più che ragguardevole e non perché è venerdì, come afferma chi non ha altri argomenti. Greta Thunberg, Francesca Albanese, Yanis Varoufakis: non si può certo dire che gli oratori della manifestazione di oggi siano “i soliti.” Foto di https://www.facebook.com/diem25.org Richi Rudino, il portuale che dà il via alla manifestazione, non ha fatto sconti a nessuno: gli aiuti raccolti per Gaza sono ancora fermi ai valichi controllati da Israele. I palestinesi sopravvissuti vivono in tende allagate e non era vero che seguendo i canali “istituzionali “ gli aiuti sarebbero stati consegnati in 48 ore. Non consegna aiuti umanitari chi ha deciso a tavolino di sterminare un intero popolo: perché dovrebbe? E non consegnano aiuti umanitari nemmeno i loro complici. E allora, c’è una sola cosa da fare: blocchiamo tutto, per bloccare la prepotenza del governo israeliano. Si parte, ancora una volta con i portuali in testa al corteo. Foto di Clara Habte Anche ventiquattro anni fa Genova era sulle prime pagine dei giornali. La città che aveva visto la resa dei nazisti ai partigiani e la ribellione di popolo contro il governo fascista Tambroni era stata scelta nel 2001 da Massimo D’Alema come teatro per la parata degli otto grandi, i padroni del mondo, venuti qui a ribadire che comandavano loro. Non perché avessero ricevuto un mandato politico dai popoli, o perché possedessero una qualsiasi legittimazione morale;  semplicemente perché erano i maggiori azionisti della Banca Mondiale. Genova 2001: Carlo Giuliani assassinato, cariche della polizia, torture. La posta in gioco era troppo grande: da una parte i padroni del mondo, dall’altra chi diceva no. Troppo ingenue erano state le persone che avevano pensato che si trattasse solo di una “manifestazione un po’ più importante”: le conseguenze di quei giorni e di quella prepotenza sono ben presenti ancora oggi. Dal 2000, in Italia come nel mondo, la povertà è cresciuta e la forbice tra i più ricchi e i più poveri si è allargata; si è intensificata la guerra contro i migranti; le guerre ed il riarmo sono sempre più considerate cose “normali; Il lavoro è sempre più precario e malpagato e ad esso si subordina qualunque scelta di vita. La solidarietà tra lavoratori è sempre più condizionata. A questo pensavo stamattina quando mi sono avviata in corteo dietro i portuali, che hanno fatto la differenza cinque anni fa bloccando le navi armiere della Bahri. “Sgréuzzi” (grezzi), dicono orgogliosamente di se stessi, ma indispensabili. E pensavo alle differenze e alle analogie con il corteo di stamattina e quelli di ventiquattro anni fa. Via Venti Settembre è ancora in salita (provate a percorrerla in corteo per crederci); gli studenti e le studentesse sono allegramente “misti”, di tutti i colori e di tutte le culture, come quelli che avevano animato il corteo dei migranti del 19 luglio 2001. Questi di oggi, però, allora non erano ancora nati. La repressione di piazza Alimonda e della Diaz, i governi fascisti, il Jobs Act, le riforme peggiorative della scuola e lo svuotamento della rappresentanza attraverso leggi elettorali sempre meno rappresentative non sono riusciti a condizionarli, a impaurirli, a scoraggiarli. Meloni, vai a casa, cantano con i loro ritmi, ma forse i ritmi sono uguali ai nostri…. “Quando è troppo, è troppo” hanno detto i portuali che hanno bloccato le navi armiere.  Camminando in mezzo ai miei compagni e compagne, finalmente non tutti miei coetanei e coetanee, mi è tornato alla mente un altro ricordo genovese: le lotte contro la Mostra Navale Bellica degli anni ’80. Costruire armi “dà lavoro” si dice da sempre e si diceva anche allora. Da oltre 25 anni manifesto, con pochi compagni e compagne ogni mercoledì sui gradini del Palazzo Ducale, il palazzo del G8, contro tutte le guerre.  “Costruire armi dà lavoro”, ci hanno ripetuto circa cinquemila volte le persone a cui consegnavamo i volantini. E’ da allora che cerchiamo di rispondere che anche l’arte, la salute, la cultura danno lavoro e che la differenza tra costruire armi e fare altro è negli enormi profitti che l’industria bellica dà ai suoi azionisti. Il fatturato della Leonardo spa è cresciuto enormemente da quando i teatri di guerra nel mondo si sono moltiplicati. E in proporzione si sono moltiplicati i compensi del suo amministratore delegato. Quando abbiamo cominciato a manifestare sui gradini del Palazzo Ducale Greta Thunberg non era ancora nata. Chissà se le farebbe piacere sapere che aveva dei compagni e compagne lontani, durante le sue manifestazioni solitarie per il clima davanti al Parlamento svedese e che prima o poi li avrebbe incontrati in piazza. E che anche loro avrebbero cercato di ricordare ai passanti che la guerra distrugge risorse, ambienti, vite e non risolve alcun problema, come sta dimostrando l’Ucraina. “E basta con ‘ste patrie!” recita uno striscione dei pacifisti e delle pacifiste dell’Ora in silenzio per la pace, ai quali, laici e cattolici, piace citare Don Milani: “Se voi avete il diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri, allora io dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri.” (L’obbedienza non è più una virtù) Il corteo genovese di oggi è figlio anche della Global Sumud Flotilla.  Non c’era altro da fare, avranno certo pensato i partecipanti quando si sono imbarcati pieni di grandi speranze e, immagino, di grande paura. L’ingiustizia contro i palestinesi era troppo grande per accettarla in silenzio. E probabilmente molti e molte dei partecipanti, ideologicamente molto lontani dalla teoria e dalla pratica della nonviolenza, non avrebbero mai pensato che una volta nella vita avrebbero camminato, anzi, navigato, sulle orme di Gandhi… Gli incontri sono il bello dei cortei: anch’io ne ho fatti molti stamattina. E anch’io ho cercato tra la moltitudine dei miei compagni e compagne persone che so bene non avrei potuto incontrare, perché hanno lasciato questa vita: come Stefano Kovac, presidente di ARCI Genova, deceduto proprio oggi, o come Don Gallo, che non sarebbe mancato per niente al mondo. Ma c’era anche il più piccolino dei partecipanti, figlio di un mio ex alunno, poco più di un mese di vita… Hai un bel record, ragazzino! Tocca a te, ora! L’irriducibile Papillon del film di Franklin J. Schaffner, (“incorreggibile” l’avrebbero chiamato i giudici francesi) mentre fugge dall’Isola del Diavolo su una zattera ridicola, alza il pugno e grida: “Sono ancora vivo!” Grazie ai portuali, a Greta, a Francesca Albanese, alla Global Sumud Flotilla, agli obiettori e obiettrici di coscienza dell’esercito israeliano,  ai e alle manifestanti  anonimi  di Genova, di Seattle, di Torino, di Roma: siamo ancora vivi. Siamo ancora vive.   Redazione Italia
Oggi sciopero generale contro la manovra del riarmo
Oggi manifestazioni e presidi in tutta Italia per lo sciopero generale indetto dai sindacati di base contro la manovra del governo Meloni, il riarmo, la guerra e il proseguimento della complicità con il genocidio del popolo palestinese. Sovranismo e populismo erano propaganda per conquistare una base di massa alla prosecuzione delle politiche neoliberiste al servizio dei gruppi capitalistici dominanti. La manovra sceglie il riarmo, penalizza la sanità e i servizi pubblici, consente all’inflazione di divorare il potere di acquisto di salari e pensioni, ignora l’emergenza abitativa. Meloni riesce a fare peggio dei governi degli ultimi venti anni proseguendo sulla strada di politiche che impoveriscono il paese e costringono centinaia di migliaia di giovani all’emigrazione. Questo è il governo dei ricchi e solo la classe lavoratrice può imporre che si affrontino i problemi delle persone comuni. Hanno vinto le elezioni promettendo di abolire la legge Fornero e riescono a fare peggio. Purtroppo non si sono determinate le condizioni per la convergenza su un’unica data di sciopero generale come noi di Rifondazione Comunista auspicavamo e non e’ stato raccolto l’appello dei Cobas. Lo sciopero generale della Cgil del 12 dicembre sarà il prossimo appuntamento e lo sosterremo con il massimo impegno. La lotta per i diritti sociali e quella contro la guerra sono indissolubili oggi più che mai. Bisogna dire no alla deriva dell’Unione Europea verso l’economia di guerra che pagano i popoli con l’ulteriore ridimensionamento dello stato sociale e le conseguenze disastrose del conflitti in Ucraina. Intanto la mobilitazione prosegue domani sabato 29 nella giornata internazionale della solidarietà con il popolo palestinese. Rifondazione Comunista aderisce alla manifestazione nazionale a Roma e invita alla partecipazione condividendo le piattaforme proposte da Usb, Cobas, Cub e dagli altri sindacati di base e l’appello della Rete ‘Contro i re e le loro guerre’. Per questo diamo appuntamento alle compagne e ai compagni a Roma alle 13 al Parco Schuster per procedere in corteo verso Porta San Paolo, dove il concentramento è previsto alle 14,30. Maurizio Acerbo, segretario nazionale e  Paolo Benvegnù, responsabile lavoro del Partito della Rifondazione Comunista – Sinistra Europea Rifondazione Comunista - Sinistra Europea
Sciopero generale: voci dalle città
Questa mattina, oltre a Roma, abbiamo seguito varie piazze tra cui Pioltello (Milano), Tessera (Venezia), Tortona, Bologna. Vi proponiamo le corrispondenza con le piazze di Genova, Catania e Pescara
Sciopero generale a Roma contro l’economia di guerra e il genocidio a Gaza
Migliaia di aderenti a Cobas, Clap, Sgb e Cub (ma l’USB e realtà studentesche come USB, Osa e Cambiare Rotta hanno optato per un presidio a Montecitorio, poi raggiunto da molti manifestanti una volta terminato il corteo) hanno attraversato Roma passando accanto ad alcuni ministeri e innanzitutto davanti al Ministero dei Trasporti, guidato da uno dei più indecenti esponenti di questa squallida compagine di governo, il più a destra dal dopoguerra. Uno sciopero che senza ambiguità si schiera contro il genocidio a Gaza e il riarmo italiano ed europeo, che dissangua le risorse destinate alle lavoratrici, ai lavoratori, attivi e pensionati e allo stato sociale, a iniziare dalla sanità, dalla scuola e dalla cultura. In testa lo striscione dell’Equipaggio di Terra contro l’economia di guerra. Stop genocide, mentre uno striscione di militanti invoca: “Mai più scioperi separati”. Tantissimi gli studenti delle scuole medie superiori, tra cui gli aderenti alla Rete della Conoscenza e ai collettivi autonomi, tante bandiere palestinesi e curde. Le infantili divisioni tra le organizzazioni non aiutano certo la piena riuscita delle mobilitazioni e il dispiegamento delle potenzialità di questo movimento, che ad ogni modo continua a mantenersi vivo e inarrestabile. Mauro Carlo Zanella