Stop alle terapie riparative, raggiunto 1 milione di firme: la Commissione UE dovrà pronunciarsi seriamenteQuando mancava solo un giorno alla chiusura della raccolta firme, è stato
raggiunto il milione di sottoscrizioni per chiedere all’Unione europea di
legiferare sul divieto alle terapie riparative per le persone Lgbtq+.
Con l’espressione “terapie riparative” (definite anche “terapie di conversione”)
si fa riferimento ad alcuni interventi di natura psicologica o pseudo-medica che
avrebbero l’obiettivo di sopprimere, reprimere e modificare l’orientamento
sessuale e/o l’identità di genere delle persone Lgbtq+. Questi presunti
trattamenti terapeutici includono in realtà manipolazioni mentali e fisiche,
indottrinamenti psicoipnotici, esorcismi e altri atti abusivi e violenti, che
umiliano e creano danni psicologici profondi nelle persone che li subiscono:
secondo la World Medical Association queste pratiche sono “lesive della dignità
umana” e, secondo le Nazioni Unite, sono equiparabili alla tortura, a causa
della loro natura discriminatoria e fraudolenta. Una tortura che dovrebbe
risultare inconcepibile per tutti dal momento che l’omosessualità è riconosciuta
come una “variante naturale dell’essere umano”. L’omosessualità non è più
considerata una malattia mentale, né dall’American Psychiatric Association (APA)
né dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). L’APA ha rimosso
l’omosessualità dal suo Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali
(DSM) nel 1973, mentre l’OMS ha fatto lo stesso nel 1990.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha eliminato anche la
transessualità dall’elenco delle malattie mentali nel 2018, definendo la
disforia di genere come un disturbo della salute sessuale. Questo significa che
non è più considerata una patologia, ma piuttosto una condizione di disagio e
sofferenza vissuta da persone che non si identificano con il sesso assegnato
alla nascita.
Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, le “terapie di conversione” non
hanno alcuna base scientifica e possono causare: ansia, depressione, disturbi
post-traumatici e, in alcuni casi, tendenze suicide.
Il percorso di depatologizzazione dell’orientamento omosessuale si inserisce nel
quadro dell’emancipazione progressiva dai modelli psicoanalitici e psichiatrici
di inizio Novecento che, a partire dai rispettivi riferimenti eziologici,
determinavano il trattamento di ri-orientamento su base psicologica o su base
somatica. Nel corso degli anni Novanta, con l’emergere di propugnatori di
terapie cosiddette “riparative” o “di conversione”, l’American Psychiatric
Association (1998) ha elaborato un proprio documento nel quale si legge: “L’APA
si oppone ad ogni trattamento psichiatrico, come le terapie riparative o di
conversione, basato sull’assunto che l’omosessualità sia di per sé un disturbo
mentale o basato sull’assunto aprioristico che il paziente debba modificare il
proprio orientamento sessuale”.
Nel marzo del 2000, sempre l’American Psychiatric Association, ha elaborato una
nuova risoluzione, il “Position Statement” sulle terapie mirate al tentativo di
modificare l’orientamento sessuale, in cui si afferma: “[…] Le modalità
psicoterapeutiche per convertire o “riparare” l’omosessualità sono basati su
teorie dello sviluppo la cui validità scientifica è dubbia […] L’APA raccomanda
che i professionisti etici si astengano dal tentare di cambiare l’orientamento
sessuale dell’individuo, tenendo presente la massima medica: “Primo, non
nuocere”. […] La letteratura inerente le terapie “riparative” […] non solo
ignora l’impatto dello stigma sociale […] ma è una letteratura che attivamente
stigmatizza l’omosessualità […].
Nel 2009, l’APA pubblica il report sulle “Appropriate Therapeutic Responses to
Sexual Orientation”.
Nel 2008, l’Ordine Nazionale degli Psicologi in Italia si è espresso in merito,
dichiarando che “lo psicologo non può prestarsi a nessuna terapia riparativa
dell’orientamento sessuale”. In assenza, tuttavia, di chiare linee guida (di cui
si è dotato soltanto l’Ordine degli Psicologi della Campania) tale dichiarazione
ha determinato l’emergere sulla scena italiana di approcci che potremmo definire
“post-riparativi”(Graglia, 2009): non essendo più possibile sostenere che
l’omosessualità sia una malattia, tali approcci mirano al cambiamento
dell’orientamento sessuale aggirando la questione legittimando le terapie di
conversione dei pazienti (e terapeuti) credenti, a dispetto di quanto indicato
inequivocabilmente nel Position Statement dell’APA del 2000, facendo appello ai
concetti di “identità religiosa” e del “principio di autodeterminazione” dei
pazienti.
https://www.sinapsi.unina.it/terapieriparative_bullismoomofobico
In Italia, nonostante l’opinione contraria di gran parte del mondo medico e
scientifico, non esiste una norma che vieti esplicitamente queste pratiche. Il
14 luglio 2016 il senatore dem Sergio Lo Giudice depositò al Senato il Ddl 2402
con il titolo “Norme di contrasto alle terapie di conversione dell’orientamento
sessuale dei minori” proprio in contrasto alle terapie riparative: una proposta
che venne ignorata. Tentativi come il ddl Zan, sono stati osteggiati
politicamente, in particolare dalle forze di centrodestra.
Nel mondo sono 80 i Paesi che ancora permettono pratiche disumane del genere e,
ad ora, sono ancora tollerate in alcuni Stati dell’Unione Europea. Anche in
Italia, secondo una stima del 2022 della Società italiana di Andrologia (Sia ),
1 persona su 10 ancora subisce le terapie riparative.
Non è un caso che neuropsichiatri come Massimo Gandolfini propongano di
risolvere l’incidenza dei suicidi tra i giovani Lgbt con una “correzione del
disagio identitario”. In poche parole: se si suicidano i gay, li spingiamo a
“convertirsi all’eterosessualità”. Un avallo vergognoso e disumano alle pratiche
riparative che non hanno alcuna intenzione di andare alle radici della disforia
di genere.
Nel 2023, il Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi ha ribadito
l’illegittimità professionale delle terapie riparative e ha ricordato ai suoi
iscritti che tali pratiche violano il codice deontologico. Tuttavia, la mancanza
di una legge penale lascia aperta la possibilità che soggetti non regolamentati
possano continuare a proporle, spesso nell’ambito religioso o pseudoscientifico.
Le “terapie di conversione” – che vanno da subdoli abusi verbali e umiliazioni,
fino a violenze psicologiche fisiche, per arrivare all’isolamento, alla
somministrazione di farmaci, finanche a sfociare atti estremi, come esorcismi e
stupri, con l’obiettivo di cambiare o reprimere l’orientamento sessuale o
l’identità di genere di una persona, sopprimendo così la libertà personale e di
autodeterminazione – sono pratiche discriminatorie, degradanti e fraudolente che
hanno un impatto devastante sulla salute di chi le subisce, aumentando i casi di
ansia, depressione e suicidio, soprattutto tra i giovani.
Per questo un gruppo di attivisti e associazioni di diritti umani ha formalmente
richiesto alla Commissione Europea la creazione di una direttiva che vieti sul
territorio europeo queste pratiche medievali.
Come si legge sul sito dedicato alle Iniziative dei cittadini europei, infatti,
“l’Ue svolge un ruolo fondamentale nella protezione dei diritti e dovrebbe
prendere provvedimenti per combattere tutte le pratiche disumane. La Commissione
dovrebbe proporre una direttiva che aggiunga le pratiche di conversione
all’elenco dei reati dell’Ue e/o modificare l’attuale direttiva sulla parità
(2008) per includervi il divieto di tali pratiche. Inoltre, per contrastare la
moratoria legislativa, la Commissione dovrebbe anche attuare una risoluzione non
vincolante che chieda il divieto generalizzato delle pratiche di conversione
nell’Unione”.
Lo stesso sito riporta inoltre dei dati estrapolati da alcuni studi svolti in
Svezia e nel Regno Unito tra il 2017 e il 2022, da cui si evince che circa il 5%
dei giovani Lgbtq+ intervistati è stato sottoposto a pressioni o minacce per
entrare in questi percorsi.
La raccolta firme ha centrato l’obiettivo di 1 milione di firme giusto un giorno
prima della chiusura, prevista per oggi 17 maggio, giornata internazionale
contro l’omolesbobitransfobia.
Ora la Commissione Ue dovrà esaminare la proposta e si pronuncerà sulle azioni
da intraprendere.
https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/16/terapie-conversione-omofobia-giornata-17-maggio-commissione-ue/7991103/
Inoltre bisogna ricordare che la Commissione LIBE (Libertà civili, giustizia e
affari interni) del Parlamento europeo ha approvato una revisione della
direttiva contro gli abusi sessuali sui minori. All’interno del testo sono stati
inseriti due emendamenti presentati dall’eurodeputato italiano Alessandro Zan
(Partito Democratico, gruppo S&D), che rappresentano un potenziale punto di
svolta per la tutela dei diritti delle persone Lgbt in Europa.
L’emendamento approvato inserisce nel testo legislativo una definizione
ufficiale delle pratiche di conversione e le riconosce come potenzialmente
dannose. Inoltre, introduce un’aggravante per i reati sessuali compiuti su
minori per motivi discriminatori legati all’orientamento sessuale o all’identità
di genere. «Si tratta di un passo storico per i diritti Lgbt in Europa», ha
dichiarato Zan. «In un momento in cui i diritti delle persone Lgbt sono sotto
attacco in molti paesi, l’Europa manda un messaggio chiaro: siamo dalla parte
della libertà e dell’autodeterminazione», ha aggiunto.
La direttiva, inclusiva degli emendamenti Zan, non è ancora legge. Per ora, la
definizione delle pratiche di conversione sarà inserita nella direttiva come
parte interpretativa: non obbliga ancora gli Stati membri a vietarle, ma crea
una base legale su cui l’UE potrà costruire nuove norme più vincolanti in
futuro.
https://www.editorialedomani.it/fatti/terapie-di-conversione-anti-lgbt-lue-le-vieta-il-governo-meloni-le-ignora-se1gio8m
Lorenzo Poli