Belém, COP30 e Vertice dei Popoli: le donne in prima filaSono qui ormai da una decina di giorni trascorsi velocissimi, fitti di incontri,
di emozioni, di scambi che continueranno a germinare per i giorni e (chissà
anni) a venire: esperienza indimenticabile.
Era il 7 novembre quando come delegata di un bel po’ di realtà italiane in
movimento (Rete delle Mamme da Nord a Sud, Movimento Zero Pfas Italia, Movimento
per il clima fuori dal fossile, Forum dell’acqua italiano) ho aperto il quarto
incontro internazionale dei danneggiati dalle dighe e dalla crisi climatica qui
a Belem, dove si sono uniti i popoli di tutto il mondo. Nei giorni successivi
abbiamo continuato a lavorare divisi per gruppi tematici, noi ‘mamme’ nel Gruppo
Salute e Infanzia.
Solo due giorni dopo ecco cosa postavo sulla mia chat/contatti:
11 novembre 2025, Belém du Pará del Brasile: dichiariamo il quadro della
costruzione di un movimento internazionale dei danneggiati dalle dighe e i
cambiamenti climatici. Giornate importantissime, faticose e impegnative, piene
di emozioni, tutte e tutti uniti per costruire un movimento internazionale dei
popoli danneggiati. America, Africa, Europa, Asia, Oceania. Pace, fratellanza,
amore, pazienza, perseveranza, diritti, democrazia, volontà, azione, speranza:
queste le parole che oggi mi hanno dato tanta felicità. Acqua per la vita, non
per la morte! Ai nostri figli lasceremo il nostro esempio, che toccherà poi a
loro lasciare ai loro figli. L’indifferenza non è una cosa che le madri possano
accettare. Ci unisce l’amore per la Vita!”
E eccoci a ieri, 14 novembre. Mentre in tutte le città italiane si snodavano i
cortei più o meno partecipati in difesa dell’ambiente, io ero alla Copola Dos
Povos (Vertice dei Popoli) che si sta svolgendo qui a Belem in concomitanza
della COP30. È un evento parallelo e indipendente che ha l’obbiettivo di dare
voce alle comunità locali, ai popoli indigeni e ai popoli di tutto il mondo,
ovunque accomunati dallo stesso assedio alla vita.
Come italiani siamo stati invitati dal MAB, acronimo che sta per “Movimento dei
colpiti dalle dighe e dai cambiamenti climatici”. L’obbiettivo e di consegnare
ai governi un documento che porti le istanze delle popolazioni che sono
maggiormente colpite da questo cosiddetto sviluppo, che in realtà è solo
devastazione. In primis la questione dell’acqua, che viene mercificata con la
costruzione di dighe e progetti ‘idrogeno-elettrici’, quando non viene proprio
depredata, per essere destinata all’estrazione dei minerali. Privazione
dell’acqua nel primo caso e restituzione di acqua inquinata da piombo e mercurio
nel secondo. Sono sotto accusa anche le coltivazioni intensive che prosciugano i
fiumi, l’uso dei pesticidi mediante aerei e droni, che compromettono la vita
delle persone. E come sempre i bambini sono le prime vittime.
Le multinazionali promettono lavoro e chissà quale “vita migliore”, mentre le
popolazioni locali vengono sfrattate con la forza in zone dove l’acqua non
esiste più. E non si sa neppure a quanto ammonti questo sfollamento a livello
sia globale che locale, perché spesso coloro che vengono colpiti non vengono
censiti, e di conseguenza NON ESISTONO. Dare un volto, parlare con loro, fare
amicizia e condividere è un esperienza che ti graffia dentro al cuore. A volte
“vedere” non è sentire…
Per la prima volta abbiamo parlato anche di Pfas, e soprattutto abbiamo avuto
occasione di parlarne con alcuni giornalisti e ambientalisti indiani, per
avvisarli della pericolosità degli impianti della Miteni che hanno chiuso (come
è noto) in Italia, nel vicentino, ma sono già operativi in India, a poche decine
di km da Mumbai, nello Stato del Maharashtra. E così dopo aver già avvelenato il
sangue di tanti nostri figli, hanno già cominciato a colpire anche lì e a quanto
pare l’opinione pubblica indiana è totalmente all’oscuro della pericolosità di
questa situazione.
Siamo davvero in tanti e tante. Tante madri, tante donne che in primis pagano le
conseguenze maggiori di questo cambiamento climatico e dei danni causati dalla
privazione dell’acqua o dalla contaminazione. Tante madri che in primis si
sentono responsabili della crescita, della qualità della vita, del quotidiano
dei propri figli.
Avrei tanto da raccontare, ma non c’è tempo per scrivere, a malapena riesco ad
annotare i nomi di chi incontro, con qualche appunto: Paula del Perù, Erica
Mendez dal Mozambico, Damaris del Brasile, Giulieta della Repubblica Dominicana,
Vilma del Guatemala … ciascuna di loro è un fiume di testimonianze di persone
che lottano per la vita dei loro figli e del diritto all’acqua, mentre i governi
sono consenzienti e fanno addirittura uccidere chi si oppone.
Come sempre le donne sono in prima fila. Come sempre sono quelle che dimostrano
più forza e coraggio nell’opposizione a questo capitalismo distruttivo e
omicida. Prima o poi anche i responsabili di questo veleno moriranno, con o
senza soldi, ma con la coscienza più nera del petrolio.
Redazione Italia