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Il cerchio e la saetta. Storia dei centri sociali romani
di Francesco C. Fandango libri, 2025 La stagione delle occupazioni degli spazi sociali a Roma è una storia lunga che parte dagli anni Ottanta e arriva fino a oggi. I centri sociali occupati autogestiti hanno rappresentato una parte vitale del tessuto politico, sociale e culturale di Roma, sono stati spazi di resistenza, inclusione, lotta, cultura e creatività. Fabrizio C., che ha fatto parte dell’assemblea del CSOA La Torre, realtà occupata dagli anni Novanta che dura ancora oggi nel quadrante nord-est di Roma, raccoglie le voci delle e dei militanti di questa stagione e ne ripercorre la storia fra entusiasmi, prospettive, lotte e sgomberi.A partire dal racconto degli scontri avvenuti nel luglio del 1995 per resistere allo sgombero del CSOA La Torre, scontri che l’indomani sarebbero stati commentati dai principali quotidiani nazionali sotto la definizione di “Il Leoncavallo romano”, questo libro restituisce le vicende e le passioni di una storia collettiva collegando ricordi, documenti, controinformazione e aneddoti. Sono storie orali, testimonianze di vita e di militanza, spesso talmente intrecciate da essere inestricabili. Quali sono i percorsi di politicizzazione che hanno caratterizzato le generazioni protagoniste di questa stagione? Quali erano i loro desideri? Cosa è cambiato dalle politiche di contrasto al dissenso che hanno caratterizzato gli anni Settanta e Ottanta alle nuove leggi repressive che sotto l’ombrello della “sicurezza” promuovono uno Stato autoritario e punitivo? Il cerchio e la saetta non è solo un modo per storicizzare un periodo che è stato una delle spine dorsali dei movimenti radicali, incubatore di lotte e sogni, ma anche un invito a tirare fuori dagli armadi ricordi che possano aiutare a riannodare i fili di una memoria espansa ma mai veramente condivisa (scheda editoriale). 
Aprire una biblioteca dal basso
ANTONELLA AGNOLI DICE CHE SE UNA BIBLIOTECA VIENE VISSUTA COME UN BENE COMUNE, DOVE INSIEME ALLA CONSULTAZIONE DI LIBRI C’È SEMPRE QUALCOSA DA FARE, ALLORA DIVENTA “UNO SPAZIO PUBBLICO SORPRENDENTE CAPACE DI SUSCITARE MERAVIGLIA E STIMOLARE L’IMMAGINAZIONE E LA CREATIVITÀ”. IL COMITATO CITTÀ VIVA DI CASERTA, GERMOGLIATO INTORNO ALL’ESPERIENZA DEL CENTRO SOCIALE EX CANAPIFICIO, INSIEME AI FAMILIARI DI TONINO CASOLARO, STORICO CITTADINO DEL QUARTIERE ACQUAVIVA, SI PREPARANO, PER IL SECONDO ANNO, A RIALZARE OGNI GIORNO LE SERRANDE DELLA BIBLIOTECA TONINO CASOLARO (ISCRITTA NEL SISTEMA NAZIONALE DELLE BIBLIOTECHE ITALIANE) ACCOGLIENDO NUMEROSE INIZIATIVE PROMOSSE DA COLLETTIVI CHE SI OCCUPANO DI ARTE, ANTIFASCISMO, SPORT COME BENE COMUNE MA ANCHE APPUNTAMENTI DI MUSICA DAL VIVO, PROIEZIONI, IL GRUPPO DI LETTURA SEGNALIBRO, LA SCUOLA DI ITALIANO PER MIGRANTI E LO SPORTELLO AL REDDITO. CHE TUTTO QUESTO SIA NATO DAL BASSO DIMOSTRA CHE È SEMPRE POSSIBILE ORGANIZZARE LA SPERANZA Ce lo diciamo spesso: la decisione di aprire la Biblioteca Tonino Casolaro al Rione Volturno, nel cuore del Quartiere Acquaviva di Caserta, è stata forse la cosa più bella degli ultimi tempi. Il sostegno degli amici di Tonino, una marea di compagni e compagne che da ogni parte stanno supportando questo spazio, insieme alle nuove persone conosciute in questo primo anno di apertura, è una carica di bellezza e speranza in tempi difficili. La biblioteca è una biblioteca vera e propria, iscritta nel Sistema nazionale delle Biblioteche italiane OPAC SBN, con migliaia di libri da poter consultare o prendere in prestito (storia, politica, saggi, narrativa e la sezione per l’infanzia). Insieme a tutto questo, è diventata polo sociale e culturale della città. Grazie a questo spazio è stato possibile organizzare tantissime iniziative, molte delle quali assolutamente inaspettate al momento dell’apertura. Persone giovanissime, studenti e studentesse, vivono questo spazio e qui sono nati alcuni collettivi che raccontano una storia di creatività e partecipazione: gli Artisti di Quartiere, con un laboratorio musicale settimanale diventato in poco tempo punto di riferimento per ragazzi e ragazze di diversi paesi, creando un ambiente di scambio e apprendimento attraverso la musica; il Kask, Kollettivo Antiantifascista studentesco casertano, che ha messo al centro l’impegno politico e la mobilitazione; ma anche il Villarno Fc, la squadra di calcetto della Villetta di via Arno bene comune. La Biblioteca Tonino Casolaro è stata aperta quasi ogni giorno, con le serate di “Biblioteca Chill” che hanno animato i lunedì sera tra di set, Musica dal vivo e Proiezioni, il Gruppo di lettura Segnalibro che raduna decine di persone ogni giovedì, la Scuola di italiano per migranti e lo Sportello al reddito, oltre ad assemblee pubbliche, feste e aperitivi dal mondo, in un quartiere che è un arcobaleno di culture. Portiamo Tonino nel cuore e in quello che facciamo ogni volta che alziamo le serrande di questo spazio in via Volturno 30, cosi come ogni volta che costruiamo solidarietà e cura contro egoismo e abbandono. Ci rivediamo presto, per continuare a vivere insieme questo spazio. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI ANTONELLA AGNOLI: > Città e biblioteche -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo Aprire una biblioteca dal basso proviene da Comune-info.
La tormenta e la creazione di un altro mondo
LE RELAZIONI SOCIALI SONO OVUNQUE ORIENTATE DAL CAPITALISMO, CHE PERÒ È ENTRATO IN UNA CRISI ACCELERATA FAVORENDO UN’INTENSIFICAZIONE DELLA VIOLENZA DISTRUTTIVA, QUELLA CHE DA TEMPO GLI ZAPATISTI CHIAMANO TORMENTA, COME DIMOSTRANO LA GUERRA IN UCRAINA, IL GENOCIDIO IN PALESTINA O LE REPRESSIONE DEGLI SPOSTAMENTI MIGRATORI. “È QUINDI NECESSARIO CREARE UN ALTRO MONDO, GENERARE UN ALTRO MODO DI ORGANIZZARE LE RELAZIONI TRA LE PERSONE E CON LA NATURA. SAPPIAMO CHE NON BASTA OPPORSI AL CAPITALISMO, E SAPPIAMO ANCHE DA TEMPO CHE LA RIVOLUZIONE NON CONSISTE NEL PRENDERE IL POTERE STATALE – SCRIVE ALEJANDRO OLMO – DOBBIAMO CREARE UN ALTRO STILE DI VITA BASATO SUL RIFIUTO E LA NEGAZIONE DEL MONDO DEL CAPITALE…. CREARE UN ALTRO MONDO, ALTERNATIVO AL CAPITALISMO, A PARTIRE DA ORA, GENERARE BENI COMUNI IN OGNI LUOGO IN CUI VIVIAMO… CON AZIONI CHE POSSONO ESSERE MOLTO DIVERSE, DALL’AUTO-ORGANIZZAZIONE DI QUARTIERE PER TROVARE UNA SOLUZIONE A UN PROBLEMA LOCALE A UN’ASSEMBLEA IN CUI LE PERSONE SI RIUNISCONO PER DISCUTERE SU COME CAMBIARE IL MONDO. O, IN REALTÀ, FARE ENTRAMBE LE COSE…”. INSOMMA, I CAMBIAMENTI PROFONDI DELLA SOCIETÀ PASSANO PRIMA DI TUTTO DALLA CREAZIONE DI SPAZI/AZIONI NON GERARCHICI E AUTO-ORGANIZZATI CHE PROMUOVANO L’AIUTO RECIPROCO, LA SOLIDARIETÀ E L’AMICIZIA Roma, ottobre 2023, un’assemblea spontanea promossa dai cittadini di Quarticciolo. Tra palestra popolare, doposcuola, polo civico, bottega di quartiere… in questo pezzo di città, tra non poche difficoltà, hanno preso molto sul serio l’idea di creare beni comuni -------------------------------------------------------------------------------- Il modo nel quale ci relazioniamo tra noi stessi e con la natura è una forma mercificata e alienante imposta dal capitale al solo scopo di produrre plusvalore. Questa relazione è recentemente entrata in una crisi accelerata, e la “mancanza di controllo” del capitale in crisi genera, in risposta, un’intensificazione della violenza distruttiva che potrebbe persino portare all’estinzione parziale o totale della vita sul pianeta. La tempesta è l’epitome della crisi delle relazioni sociali capitaliste. Guerre come quella tra Russia, Ucraina e NATO, genocidi come quello di Gaza, la distruzione di interi territori per mercificare acqua e terra, gli spostamenti migratori in molte parti del mondo e la pandemia del 2020 sono alcune delle espressioni più eloquenti della tormenta. La tormenta contro cui gli zapatisti ci mettono in guardia da anni. È quindi necessario creare un altro mondo, generare un altro modo di organizzare le relazioni tra le persone e con la natura. Sappiamo che non basta opporsi al capitalismo, e sappiamo anche da tempo che la rivoluzione non consiste nel prendere il potere statale. Dobbiamo creare un altro stile di vita basato sul rifiuto e la negazione del mondo del capitale. La creazione di questo altro mondo implica necessariamente e inevitabilmente la rottura con il capitale, il lavoro e il denaro. Implica simultaneamente la creazione di crepe nei rapporti sociali capitalistici. Creare un altro mondo dall’interno della tormenta e contro di essa, “contro e oltre”, come dice John Holloway. Nel dicembre 2024, durante la “Prima Sessione degli Incontri di Resistenza e Ribellione”, gli zapatisti invitarono a riflettere su “La tormenta e il giorno dopo”. In quell’incontro, lo zapatismo ha dimostrato ancora una volta la sua capacità di rigenerarsi, modificando la propria struttura organizzativa dopo aver capito che non funzionava per loro. Tuttavia, l’appello non era solo per spiegare questa riorganizzazione, ma per stabilire un dialogo con chi non è zapatista, con i “cittadini”, come chiamano noi che viviamo nelle città. Così come hanno descritto l’estensione del “noi” ai “fratelli e sorelle” (popoli indigeni non zapatisti), proposero anche di includere in quel “noi” i movimenti, i gruppi o gli individui ribelli che, in un modo o nell’altro, resistono alla tormenta in diverse aree geografiche (una seconda sessione di questi incontri è prevista per agosto 2025, a cui saranno invitati anche questi gruppi). In questa prima puntata del dialogo sono emersi due temi che, dal mio punto di vista, costituiscono una sfida e allo stesso tempo un contagio di entusiasmo e speranza ribelle: l’appello a creare un altro mondo, alternativo al capitalismo, a partire da ora, di fronte a una possibile catastrofe causata dalla tormenta, e, direttamente collegato a tale appello, la generazione di ciò che lo zapatismo chiama “I beni comuni”. Per creare un altro mondo, la sfida che propongono è di generare beni comuni in ogni luogo in cui viviamo. Gli zapatisti hanno spiegato che stanno creando beni comuni attraverso la condivisione della terra, che consiste essenzialmente nel lavorarla in comune e nel distribuire equamente tra tutti ciò che se ne ricava. Moisés commenta che, come hanno sentito durante il loro viaggio in Europa in una zona di Cipro, “la terra non appartiene a nessuno, appartiene a tutti”, e che la condivisione della terra rompe con il pensiero individualista della proprietà privata. Dopo aver spiegato questa idea e il processo che stanno intraprendendo, il comandante insorgente Marcos ha esortato coloro che vivono nelle città a generare beni comuni nella propria geografia e in base ad essa. Se pensiamo alle città, quindi, la cosa ovvia che salta subito all’occhio è che non c’è terra da condividere e da cui ricavare cibo, e quindi nessuna terra su cui stabilire legami per un bene comune attorno ad essa. Ma il problema fondamentale è che nelle città (o nelle campagne industrializzate) i legami tra le persone sono più fortemente intersecati dal lavoro, salariato o non retribuito. Il lavoro astratto, che impone il tempo di produzione ed è la grande forza coesiva dei rapporti sociali capitalistici, si presenta a noi come un freno, un ostacolo “invisibile” a qualsiasi ribellione. Almeno nella mia esperienza, insieme a quella di altri compagni, dalla rivolta del 2001 in Argentina fino a oggi, la cosa più difficile è sempre rompere con l’alienazione del lavoro, poiché non è possibile smettere di lavorare da un giorno all’altro e disattivare la sottomissione che genera. Di fronte a questo problema, la sfida è quindi generare azioni che promuovano un’altra comunanza come asse centrale. Forse dovremmo puntare a creare spazi di coesistenza da cui generare queste azioni mentre cerchiamo di liberarci dal lavoro. Spazi di lotta che promuovano relazioni diverse, demercificando i legami, causando a loro volta crepe nelle relazioni sociali prevalenti. E questo implica una lotta per rompere con il lavoro astratto. Queste azioni possono essere molto diverse, dall’auto-organizzazione di quartiere per trovare una soluzione a un problema locale a un’assemblea in cui le persone si riuniscono per discutere su come cambiare il mondo. O, in realtà, fare entrambe le cose, collegando problemi e bisogni particolari a quelli più generali che sono, solo apparentemente, meno immediati. È quindi necessario generare, sulla base di lotte particolari, idee generali o universali su come cambiare il mondo. Ricordiamo la metafora zapatista dell’idra capitalista, che si presenta con molte teste. Se ne tagliamo una, ne crescono diverse nuove, quindi la nostra lotta deve distruggere l’idra, piuttosto che le teste. In ogni caso, questi spazi devono essere spazi di dibattito continuo, dove si generano azioni autodeterminate. Spazi/azioni non gerarchici e auto-organizzati che promuovano l’aiuto reciproco, la solidarietà e l’amicizia. Naturalmente, queste sono idee molto generali, e la sfida è come unirci e metterle in pratica. Interpreto i “beni comuni” che gli zapatisti ci propongono non come qualcosa che già esiste e che deve essere scoperto, ma come qualcosa da creare. Partendo dalla negazione, dalla lotta che si ribella al dominio del capitale, dobbiamo creare questo altro mondo. Penso a questi beni comuni più che altro come a un movimento, a una comunizzazione che va oltre il lavoro astratto che costantemente ci contiene e ci determina. Una comunizzazione che implicherebbe la possibilità di autodeterminazione, di liberare la nostra ricchezza, le nostre capacità di creare vita, attualmente alienate nella produzione di merci. Implicherebbe anche la rottura con il tempo del denaro, aprendo la strada a un tempo di creazione. La generazione di spazi/esperienze diversi, di nuovi modi di organizzarsi e relazionarsi, in luoghi diversi, contribuirà probabilmente a mettere in crisi le forme identitarie proprie del capitale. E perché no, pensare a una o più reti di beni comuni diversi che costituiscano la base per la creazione di quest’altro mondo, che vada oltre il mondo capitalista. -------------------------------------------------------------------------------- Pubblicato sul numero 3 della Revista Crítica Anticapitalista (intitolato La tormenta, la castastrofe y ahora que) di Comunizar, non-collettivo argentino fratello di Comune. -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La tormenta e la creazione di un altro mondo proviene da Comune-info.
La giunta di Napoli in cattive acque
-------------------------------------------------------------------------------- Foto di Ferdinando Kaiser -------------------------------------------------------------------------------- Il coordinamento Campano dei comitati per l’acqua pubblica esprime la sua ferma e totale disapprovazione a ogni modifica dello statuto di Abc Napoli azienda speciale e agli aumenti delle tariffe. La prossima estate ci aspetta una siccità devastante che interesserà tutta la Regione causata da una riduzione delle portate di 2.200 litri al secondo delle sorgenti di Cassano Irpino e del Serino. Davanti ai processi di privatizzazione in atto in Italia ci saremmo aspettati il rafforzamento di Abc Napoli, l’unica città metropolitana che ha obbedito al referendum 2011, trasformando l’Arin spa in Acqua Bene Comune azienda speciale. E invece dobbiamo prendere atto di una volontà politica del Consiglio comunale di abbandonare il modello pubblico, efficiente e partecipato, eliminando alcuni degli elementi che lo caratterizzano. Mai ci saremmo aspettati il tradimento del sindaco Gaetano Manfredi che aveva garantito ai comitati e a padre Alex Zanotelli che non avrebbe toccato lo statuto, né tanto meno avremmo creduto che la proposta di delibera provenisse dal consigliere D’Angelo, il quale da Commissario dell’azienda speciale ne aveva sempre sostenuto le caratteristiche. Queste sono le modifiche che attaccano al cuore lo schema dell’azienda speciale. In primo luogo sparisce il bilancio ecologico e partecipato che garantiva la vocazione pubblica di ABC e la natura dell’acqua bene comune. Viene, poi, depotenziato il ruolo di controllo del Comitato di Sorveglianza, trasformato in un fantomatico Comitato di partecipazione, i cui membri passerebbero da 21 a 13, perdendo di fatto la possibilità di sorvegliare sul buon andamento dell’Ente. E infine è previsto che gli organi decidenti possono discostarsi dagli indirizzi espressi dal Comitato, senza nessun obbligo di motivazione. È chiaro che con queste modifiche s’intende mettere il bavaglio alle associazioni ambientaliste, stabilendo la possibilità di decidere qualsiasi cambiamento, senza tener conto degli indirizzi del Comitato. Manfredi imbocca la stessa strada di De Luca che, prima di procedere alla privatizzazione delle fonti regionali, ha l’abrogato l’art. 20 della L.15/2015, eliminando la partecipazione dei cittadini nelle decisioni per la tutela dell’acqua bene comune. Per questi motivi lunedì 5 maggio ci siamo ritrovati in piazza Municipio con cittadini, comitati, associazioni, partiti politici e sindacati – insieme anche a Alex Zanotelli e del professor Alberto Lucarelli – in un’assemblea pubblica per chiedere di non modificare lo Statuto di Abc. -------------------------------------------------------------------------------- LEGGI ANCHE QUESTO ARTICOLO DI RAUL ZIBECHI: > 25 anni dalla Guerra dell’acqua -------------------------------------------------------------------------------- L'articolo La giunta di Napoli in cattive acque proviene da Comune-info.
Le voci della Snia. Storie dalla Cisa Viscosa di Roma
di Ella Baffoni Bordeaux edizioni, 2024 La Snia, una fabbrica di viscosa alla periferia di Roma fondata 100 anni fa, impiegava oltre 1.500 operai, tra cui molte donne e persino bambine. Attingendo all’archivio del personale, scoperto trent’anni fa e oggi liberamente consultabile, i racconti in prima persona degli operai e operaie che qui vissero parte della loro vita restituiscono emozioni, sentimenti, dignità ai protagonisti di lotte dimenticate che idealmente si legano a quelle di oggi. La lotta dei cittadini del quartiere a difesa di questo luogo “unico“, il miracolo di un lago nato da una speculazione edilizia, la battaglia ancora non vinta per trasformare questa area industriale abbandonata in un’oasi naturalistica aperta a tutti (scheda editoriale).
Roma periurbana. Risorse agricole, territorio, realtà sommerse
Autori vari EDUP, 2023 La mostra “ROMA PERIURBANA. Risorse Agricole, Territorio, Realtà sommerse” si è tenuta a Roma su iniziativa dell’Associazione RomaAgricola, una rete di realtà che operano nel campo dell’agricoltura periurbana, a cominciare dalla Cooperativa Agricoltura Nuova di Decima, protagonista dell’occupazione delle terre negli anni ’70 nonché dell’organizzazione della prima conferenza agricola a Roma con il sindaco Argan. Il progetto consiste nel valorizzare e nel recuperare l’agricoltura cittadina e periurbana, assumendone la centralità strategica, in grado di integrare aspetti molteplici: difesa del suolo e dell’ambiente, vivibilità urbana, qualità alimentare, creazione di lavoro qualificato, solidarietà e integrazione sociale, accoglienza degli immigrati, educazione ambientale, sperimentazione e innovazione. L’agricoltura, infatti, rappresenta una straordinaria risorsa territoriale di cui fortunatamente dispone la nostra città, nonostante anni di feroce speculazione edilizia e fondiaria ne abbiano appannato l’evidenza. Le sue effettive potenzialità, unite a una straordinaria consistenza di aree verdi pubbliche, a nostra disposizione, fanno sì che Roma risulti, a tutti gli effetti, capitale europea dell’agricoltura e del verde (scheda editoriale)