Impatto ambientale e militarizzazione: proposta di legge FdI esautora enti localiNel maggio del 2024 la deputata di Fratelli d’Italia Maria Paola Chiesa deposita
una proposta di legge che è sfuggita all’attenzione di tanti, troppi, pacifisti
e pacifiste. L’iniziativa legislativa si può leggere direttamente cliccando qui:
DI0146.
Tuttavia, in particolare, segnaliamo per la gravità delle conseguenze, la
premessa in cui si afferma che: «Il progetto di legge in esame si pone
l’obiettivo di ribadire esplicitamente e rafforzare il carattere esclusivo della
competenza dello Stato nella gestione di tutto ciò che afferisce alla difesa e
alla sicurezza nazionale facendo, in particolare, riferimento alle attività di:
predisposizione; organizzazione; preparazione; addestramento; dislocazione. Il
progetto di legge in esame punta dunque a rafforzare il principio della
centralizzazione statale in materia di difesa e sicurezza nazionale. Nel
dettaglio, l’articolo 1, comma 1, lettera a) modifica l’articolo 15 del Codice
dell’ordinamento militare (D.lgs. 66/2010 – COM) introducendo un nuovo comma,
dopo il comma 2-bis. Il nuovo comma 2-ter ribadisce e precisa che tutte le
attività connesse alla difesa e alla sicurezza nazionale rientrano nella
competenza esclusiva dello Stato. Il legislatore ha così voluto chiarire che non
solo le funzioni e i compiti già previsti nei primi due commi dell’articolo 15
del COM (spettanti allo Stato e attribuite al Ministero della Difesa), ma anche
la predisposizione, l’organizzazione, la preparazione e l’addestramento delle
unità degli enti, nonché la dislocazione delle unità militari sul territorio
nazionale e l’individuazione delle aree addestrative, devono essere gestiti
direttamente ed esclusivamente dallo Stato. Si ricorda che l’articolo 117,
secondo comma, lettera d), della Costituzione attribuisce allo Stato la
competenza legislativa esclusiva in materia di difesa e Forze armate, sicurezza
dello Stato, armi, munizioni ed esplosivi. La disposizione in esame, perciò, si
propone di rafforzare il principio per cui tutte le decisioni strategiche e
operative relative alla sicurezza e alla difesa del Paese non possono essere
oggetto di competenza concorrente o residuale da parte di Regioni, rientrando
interamente nell’ambito delle materie assegnate alla competenza esclusiva dello
Stato».
In estrema sintesi, la proposta della parlamentare meloniana è quella di evitare
in futuro l’azione degli Enti locali a salvaguardia dell’ambiente ogniqualvolta
il governo decida di ampliare le servitù militari, di costruire una nuova base,
un poligono di tiro, una infrastruttura militare.
Per anni la resistenza ai processi di militarizzazione si è avvalsa anche di
norme regionali e dell’intervento degli enti locali, di leggi a tutela
dell’ambiente, ma un domani non sarà più possibile. Tutte le funzioni e i
compiti relativi alla difesa e alla sicurezza militare saranno di competenza
statale, le gare di appalto in deroga al codice degli appalti.
Siamo rimasti colpiti nel leggere alcuni progetti relativi a nuove basi militari
con costruzioni ultra ecologiche, senza impatto ambientale, riuso di vari
materiali, energia eolica, impianti di riciclo, costruzioni all’avanguardia,
tutte operazioni con un messaggio assai chiaro: le forze armate difendono
l’ambiente come nessun altro sa fare.
Ma se si tratta di aree adibite a poligono di tiro con decenni di esercitazioni
militari all’anno, utilizzo molteplici tipologie di proiettili, chi si farà
carico di valutare l’impatto ambientale? Se in alcune aree interessate i tumori
risultano in grande crescita, qualcuno potrà ergersi a paladino dell’ambiente, a
difesa della biodiversità e degli ecosistemi nell’interesse delle future
generazioni?
I siti militari e le aree addestrative permanenti sono assimilabili ai siti
industriali dismessi e se le bonifiche di siti contaminati tardano ad arrivare
per gli irrisori stanziamenti economici, quali strumenti avranno a loro
disposizione i cittadini, le cittadine e la comunità stessa?
E, intanto, diventa impresa ardua stabilire il responsabile dell’inquinamento
con i valori di riferimento soggetti a normative e regole in continua
trasformazione. Il rischio che corriamo è proprio quello di favorire i processi
di militarizzazione senza applicare tutte quelle regole in materia di tutela
ambientale e magari con qualche confusione di troppo tra siti inquinati e aree
dismesse ad uso industriale.
Svincolare poi le attività militari dalle norme vigenti in materia di appalto
per semplificare le procedure e bandire gare in tempi rapidi era uno degli
obiettivi strategici già definiti in qualche documento ufficiale da un po’ di
tempo.
Alla fine prevale l’idea che siano proprio le leggi regionali emanate in materia
ambientale, le norme nazionali in caso di appalti a rappresentare un ostacolo,
se non addirittura una minaccia, alla prontezza dello strumento militare. E
visti i piani di riarmo la prontezza diviene un valore assoluto a cui piegare la
democrazia stessa.
Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università