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TORINO: XR BLOCCA L’INGRESSO ALL’AEROSPACE AND DEFENCE MEETING: «QUI SI FINANZIA GUERRA E CRISI CLIMATICA»
Questa mattina, mercoledì 3 dicembre, Extintion Rebellion ha bloccato gli accessi alla decima edizione dell’Aerospace and Defence Meeting, – una delle più grande convention al mondo in tema di aersopazio e difesa – in programma in questi giorni presso l’Oval Lingotto di Torino. Una trentina di attivisti e attiviste si sono incatenate ai cancelli per ostacolare l’ingresso ai visitatori, mentre tre di loro si sono arrampicate su una struttura dietro il palazzo della Regione, dove hanno  esposto lo striscione “Qui si finanzia guerra e crisi climatica”. Il movimento ha denunciato così il coinvolgimento di Leonardo, Thales e Avio nei conflitti globali, riticando anche il sostegno istituzionale al settore bellico. Presente sul posto, il consueto, massiccio dispiegamento delle forze dell’ordine, che sono intervenute più volte per cercare di interrompere il blocco senza riuscirci, come hanno raccontato ai nostri microfoni Giulia e Pietro di Extintion Rebellion, in collegamento con noi da Torino Ascolta o scarica
Lo specchio dei tempi. Sulle reazioni all’irruzione a La Stampa di Torino
(disegno di martina di gennaro) È fecondo configurare l’attualità come storia contemporanea. In merito all’irruzione presso la redazione de La Stampa di Torino di venerdì 28 novembre, lo storico contemporaneo dovrebbe studiare la reazione mediatica, e spettacolare, che si è scatenata, e chiedersi perché in modo così unanime e accorato istituzioni, politici, intellettuali e organizzazioni di questo paese hanno condannato l’evento. Qual è l’origine materiale di un discorso tanto compatto, in apparenza inscalfibile? Il primo dicembre nelle pagine nazionali de La Stampa compare un articolo intitolato: “Stampa città aperta”. Si riportano le visite in solidarietà alla redazione e le dichiarazioni rilasciate per l’occasione. Appaiono l’editore Elkann, il presidente della regione Piemonte, un deputato del Pd, un ministro del governo; è annunciata la venuta del ministro della cultura e, forse, di Elly Schlein. Il sindaco della Città s’era già presentato in visita. Uno sguardo storico deve allora individuare le relazioni concrete fra un centro di emanazione dei discorsi e le classi dirigenti. E da qui discende una possibile mappatura delle forme del potere e della loro riproduzione simbolica. Ecco un esempio, forse marginale eppure peculiare. Una delle prime reazioni è stata quella di Jacopo Rosatelli, assessore alle politiche sociali della Città e membro di Sinistra Ecologista, la costola di Avs a Torino. Lo stesso venerdì pomeriggio dalle colonne blu di Facebook scriveva l’assessore: “Nel giorno in cui le e i giornalisti scioperano, un vile attacco squadrista colpisce la redazione de La Stampa. Nulla può giustificare questa violenza. Solidarietà al quotidiano e a tutta la comunità professionale dell’informazione torinese”. Durante il mandato di Rosatelli sono stati sgomberati i baraccati di piazza d’Armi e senza garantire degne soluzioni abitative. Di recente sono state create “zone a vigilanza rafforzata” per sottoporre a controlli di polizia persone potenzialmente destinate al Cpr e si è condotta una repressione sistematica di uomini senza dimora che vendono pochi oggetti in strada. Ancora, si è portata avanti una campagna di sgombero di famiglie occupanti di case Atc senza offrire soluzioni alternative e spesso lasciando in strada donne e bambini. In merito a questa violenza urbana contro poveri e subalterni La Stampa, come tutto il giornalismo cittadino, è silente o compiacente. Per quale ragione? Come spiegare il silenzio? Lo sgombero di piazza d’Armi avvenne per permettere il sereno svolgimento di Eurovision. Accanto alle zone a vigilanza rafforzata sorgono aree interessate da interventi di speculazione immobiliare, i presìdi di polizia riguardano spesso i distretti aperti ai sogni turistici e gli isolati pronti ad accogliere la nuova linea della metropolitana. E dopo la stagione di sgomberi degli alloggi occupati è recente la notizia della possibilità di privatizzare alcune unità delle case popolari torinesi. Qui lo storico può intravedere le connessioni tra istituzioni, poteri economici e funzionari della diffusione dell’informazione. Abbiamo in passato analizzato stile e contenuti del giornalismo torinese e di certo dovremo trovare il modo di persistere con più continuità e ostinazione. Ora ricordiamo le parole vivissime che Goffredo Fofi scriveva a proposito del quotidiano torinese. Era il 1964 e il libro – straordinario – è L’immigrazione meridionale a Torino. (redazione monitor) *     *     * Il monopolio a Torino ha costruito una sua catena d’influenza economica e politica, esercitata attraverso il controllo diretto o indiretto della vita pubblica. Questa influenza è determinante anche e specialmente all’interno della fabbrica, dove l’operaio è compresso e asservito da una politica paternalistica, e allo stesso tempo non meno oppressiva: da una parte la possibilità di arrivare al frigorifero, alla 600, alla televisione, e all’appartamento; dall’altra un progresso tecnologico che impone massacranti ritmi di lavoro e un comportamento da macchina, la impossibilità di processi di avanzamento nella qualifica al tempo stesso in cui cambia la mansione e il tipo di lavoro in conseguenza del processo tecnologico, l’impossibilità di un “rapporto tra la forza-lavoro incorporata nelle merci prodotte e l’ammontare delle paghe”. Al di fuori, essa si esercita innanzitutto con uno strumento formidabile di formazione e controllo dell’opinione pubblica, La Stampa. Il giornale della Fiat ha infatti un’influenza determinante nella vita e nelle opinioni dei torinesi. Esso sbandiera un antifascismo sterile e di ricordi, e una politica di “riforme sociali”, propone un paternalismo “illuminato” avallato anche sul piano nazionale grazie alle firme di rispettabili nomi della cultura e dell’antifascismo italiani, e sul piano torinese, con la seconda pagina e “Lo specchio dei tempi”, indirizza l’opinione pubblica su binari ben precisi. In essa trovano posto le “inchieste” e le “denunce” interessate (il costo della vita, le case che mancano e che lo Stato dovrebbe finanziare, e così via), le cronache della Torino-bene e dei suoi eroi con le loro mensili “opere buone”, i preti e gli assi della Juventus, la cronaca delle disgrazie, degli incidenti (narrati, sempre, in stile “Cuore”), i fattacci degli immigrati (con appariscenti titoli: “calabrese ruba…”, “meridionale uccide…”, “siciliano rapisce…”) ed infine le buone azioni quotidiane. Il tono è dato pur sempre dallo “Specchio dei tempi”. Questa rubrica epistolare, che si dice sia personalmente supervisionata dal direttore del giornale, è più una guida che uno specchio della pubblica opinione. In essa trovano posto regolarmente le recriminazioni antimeridionali, il patriottismo più vecchio (specialmente in occasione delle infinite rievocazioni risorgimentali), un’incredibile dose di richiami al “buon senso”, le piccole proteste (della vecchietta sui tranvieri scortesi, ad esempio, ma anche di Togliatti sugli chalet scomparsi dalla Valle d’Aosta o su “l’amore del prossimo”), e infine i “casi pietosi”. La soluzione miracolistica dei problemi più gravi, attraverso la sottoscrizione del “caro Specchio”, serve a contrabbandare il più vecchio dei paternalismi. Ma gli esempi più chiari sono sempre dati dalle lettere, accuratamente scelte e presentate con appropriati titoletti, che riguardano gli operai. L’esaltazione sfacciata del crumiro, condotta durante gli scioperi Fiat (e nella pagina di fronte, si trovava l’articolo di qualche noto scrittore o intellettuale di sinistra) col ricorso al patetico familiare o a quello della “libertà da difendere”; l’appoggio “fraterno” agli operai delle piccole fabbriche come ai tessili della valle di Susa, che guadagnano così poco, e che serve a ricordare agli operai Fiat la loro “condizione di privilegio”; la richiesta di un’automobile che un impiegato Fiat fa allo “Specchio” e che serve di pretesto per stimolare dozzine e dozzine di lettere che lo accuseranno di non volersi accontentare e lo inviteranno a ringraziare il cielo e Valletta del suo stato di privilegio – tutto questo mira al mantenimento di un clima di subordinazione passiva e addormentamento delle coscienze, mira alla conservazione di una Torino che si vorrebbe tranquillamente sottomessa e che non pensi da sé, ma si lasci guidare, accontentandosi di sentirsi blandita ed esaltata per il suo “buon senso”, le sue “tradizioni di civismo” e la sua “operosità”. Per gli immigrati il discorso viene ripetuto fino alla ossessione, alla nausea: la Torino dal buon cuore che li accoglie, nonostante i loro difetti e i loro demeriti, chiede delle condizioni. Si dice insomma, e con il tono del padrone: siete sporchi e incivili, sfaticati e violenti, analfabeti e disonesti, ma noi – così bravi! – vi lasciamo venire… ma, attenzione!, c’è un patto da seguire: dovete cioè diventare come noi vi diciamo, come il bravo torinese medio, il buon operaio o impiegato che non dà fastidio, il cittadino gentilmente egoista. Dovete “adattarvi” e adeguarvi: adattamento è una parola che si legge con estrema frequenza sulle pagine de “La Stampa” e si sente nelle relazioni e nei discorsi ufficiali sull’immigrazione, come nelle chiacchiere del tram o dell’osteria. I sociologi e gli psicologi – di fabbrica o no – ne fanno poi un uso superlativo, premurandosi tutt’al più di mascherare il concetto con il termine più intelligente di “integrazione”, ma intendendovi esattamente le stesse cose: tutta la tematica dell’immigrazione si riduce per loro, in fondo, a questo. Adattarsi vuol dire dunque inserirsi in uno stato di fatto accettandone in pieno le regole, non provocando scosse, non protestando per la propria condizione inferiore, seguendo i modelli offerti da chi comanda.
C’è una opposizione vera nel paese. No alla criminalizzazione delle mobilitazioni
E’ evidente quanto sfacciato il tentativo degli apparati del governo, dei mass media “a servizio” e delle stesse forze di opposizione, di oscurare due grandi giornate di mobilitazione popolare nelle piazze delle città italiane con lo sciopero del 28 novembre e a Roma con la grande manifestazione del giorno dopo, […] L'articolo C’è una opposizione vera nel paese. No alla criminalizzazione delle mobilitazioni su Contropiano.
MANIFESTAZIONI NAZIONALI A ROMA E MILANO IN SOLIDARIETÀ AL POPOLO PALESTINESE E CONTRO LA MANOVRA DEL GOVERNO
Manifestazioni a Roma e Milano oggi pomeriggio dopo la giornata dello sciopero generale del sindacalismo di base di ieri contro la manovra ed in solidarietà alla Palestina. Tante le manifestazioni che si sono svolte in numerose città, dove si sono anche registrati diversi blocchi: dalla Lombardia con Pioltello, davanti ad un hub della logistica, mentre tra Piemonte e Liguria azioni a Tortona e Alessandria, sempre all’esterno dei poli logistici. In Veneto, a Venezia, blocchi prima all’aeroporto Marco Polo, poi alla sede Leonardo, dove la polizia ha caricato compagne e compagni con un massiccio utilizzo degli idranti e manganellate. Corteo anche a Genova, la piazza più simbolica e significativa per la presenza dei portuali, i primi a lanciare, un paio di mesi fa, la parola d’ordine del “Blocchiamo tutto”. Sempre ieri in una cinquantina di città, migliaia di persone nelle strade dei maggiori capoluoghi di regione come Bologna, Roma, Palermo e anche Torino, dove al centro delle rivendicazioni c’è anche la campagna per la liberazione immediata per Mohamed Shahini, da giorni recluso nel CPR di Caltanissetta e che rischia la deportazione in Egitto. Per questo il corteo torinese ha fatto irruzione nella sede del quotidiano La Stampa vergando scritte sui muri e poi ha versato un mucchio di letame nel cortile, per poi nel tardo pomeriggio manifestare davanti alla Prefettura del capoluogo piemontese.  Rispetto all’azione alla Stampa, che ha avuto com’era prevedile una grande eco mediatico, la Questura di Torino, comunica sarebbero state effettuate una trentina di identificazioni. Oggi intanto si torna in piazza “contro la finanziaria di guerra e il governo Meloni” con le sue complicità con il genocidio per mano israeliana in Palestina. A Milano appuntamento in piazza XXIV maggio a partire dalle ore 15. A Roma appuntamento alle ore 14 a porta San Paolo.  Il bilancio delle manifestazioni di ieri e le ragioni della piazza romana di questo pomeriggio, con Guido Lutrario, dell’esecutivo nazionale dell’USB. Ascolta o scarica
La libertà non è un’opinione. Per la liberazione di Mohamed Shahin
(disegno di sam3) Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn al-Khattab di via Salluzzo a Torino, si trova al Cpr di Caltanissetta dopo aver ricevuto un decreto di espulsione, firmato dal ministro degli interni Matteo Piantedosi. A Mohamed è stato revocato il permesso di soggiorno come lungo soggiornante e rischia il rimpatrio nel suo paese d’origine, l’Egitto di Al Sisi, dove prima dell’arrivo in Italia, vent’anni fa, era oppositore al regime. In Egitto, rischia la tortura e la morte. Le ragioni della revoca del permesso sono legate al suo pensiero ed al fatto di averlo espresso sulla pubblica piazza: parlare di Gaza e del genocidio in corso, prendere posizione senza censure equivale a condannarsi, soprattutto se sei musulmano. In questi anni Mohamed non è stato il solo a ricevere la revoca del permesso di soggiorno con successivo trattenimento in Cpr per aver parlato di Palestina. Noto è anche il caso del cittadino algeino Saif Bensouibat, trattenuto al Cpr di Ponte Galeria e poi liberato. Negli anni passati anche diversi palestinesi sono stati rinchiusi in centri per il rimpatrio: a Ponte Galeria, Brindisi, Palazzo San Gervasio. Le ragioni risultano perverse: tra queste la pubblicazione di foto “sospette”, o valutazioni discrezionali delle forze dell’ordine relativamente alle interviste rilasciate alla commissione per la protezione internazionale. Rinchiusi in Cpr per il solo fatto di essere gazawi o per aver parlato a favore della Palestina, questi uomini sono stati prelevati, imprigionati, in un attimo resi nulla e deprivati di ogni diritto, un trauma che ancora oggi segna le loro vite. La situazione negli ultimi mesi continua a peggiorare, con un attenzionamento feroce verso chi continua a portare in piazza la questione palestinese. Una spirale repressiva che sembra non aver fine e che lede la libertà di espressione soprattutto verso chi osa promuovere una narrazione alternativa a quella dominante, complice dello stato genocida di Israele. Questi tempi distopici richiedono grande  coraggio per continuare a mobilitarsi. Lo ha fatto Mohamed Shain che per questo rischia ora, concretamente, la morte. La negazione del genocidio e dei crimini di Israele, nonostante le testimonianze quotidiane dei palestinesi sotto assedio, dei giornalisti uccisi, delle immagini che arrivano attraverso canali social, delle accuse della Corte penale internazionale e dele relazioni e dichiarazioni dei rapporteurs o della relatrice speciale Onu per i territori palestinesi Francesca Albanese, rappresenta una delle più grandi vergogne della storia, di cui parleranno le future generazioni, pari alla violenza che continua a proseguire a Gaza e in Cisgiordania. Tante sono le realtà ed i gruppi che hanno espresso solidarietà nei confronti di Mohamed, mostrando la sua forza, evidenziando la sua capacità di promuovere dialogo tra realtà diverse, dialoghi che hanno innescato processi di  pacificazione e collaborazione con la comunità ebraica torinese e con le chiese valdesi, come dichiarato in un comunicato firmato circa un mese fa dove Mohamed viene lodato come esempio di dialogo interreligioso e promotore di una convivenza pacifica. Non solo, al fianco di Mohamed vi è anche il gruppo per il dialogo cristiano-islamico di Torino, che ha presentato una lettera al capo dello stato, Mattarella, in difesa di Mohamed e che così riferisce rispetto alla moschea di cui è imam: “Come la maggior parte dei centri culturali islamici della Città di Torino, la moschea di via Saluzzo è sempre stata aperta e collaborativa, ospitando iniziative che hanno coinvolto tutte le comunità, laiche e religiose, testimoniando concretamente e giorno dopo giorno l’impegno sincero della sua direzione, dell’imam e di tutti i fedeli nel senso del rispetto delle leggi, della pace e della cooperazione civile e inter-culturale. Auspichiamo perciò che il sig. Shahin possa essere rilasciato, che gli possa essere concesso di riprendere la sua permanenza in Italia e così la sua opera di dialogo e di solidarietà”.  In questi giorni numerosi sono stati i presidi di piazza a Torino, Caltanissetta, Milano, che hanno solidarizzato con Mohamed cui nel frattempo è stato convalidato il trattenimento e per il quale sono a lavoro gli avvocati Gianluca Vitale e Fairus Ahmed Jama, contro l’espulsione e l’incredibile diniego della commissione per la protezione internazionale. Una rete di docenti universitari e ricercatori e ricercatrici ha presentato un appello per Mohamed oggi: potete leggerlo a seguire e firmarlo a questo link. Per sottoscrivere la petizione promossa su Change.org invece si può cliccare qui. È nostro dovere rafforzare queste posizioni e continuare a chiedere che Mohamed venga immediatamente liberato, torni alla sua famiglia e nella sua comunità, a Torino, il prima possibile. (yasmine accardo)
COLPIRNE UNO: MOHAMED SHAHIN, IL RISCHIO DEPORTAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE@2
Il decreto di espulsione che ha colpito nella giornata di Lunedì 24 Novembre Mohamed Shahin – imam della moschea nel cuore di San Salvario a Torino – ha rappresentato un attacco del governo alla solidarietà contro il genocidio palestinese. Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”. Un attacco che mette sotto accusa partecipazione e dissenso, richiesto e firmato non solo del ministro Piantedosi, ma anche della deputata di fratelli d’italia Augusta Montaruli. Un attacco contro cui, però, non si è fatta attendere una rapida risposta: quella legale, che attraverso l’istanza di richiesta di asilo presentata tempestivamente da avvocate e avvocati ha bloccato la deportazione di Mohamed; e quella politica, iniziata con la conferenza stampa sotto la prefettura di Torino e che adesso si allarga con una serie di iniziative previste nei prossimi giorni da Torino a Caltanissetta (qui, per seguire le iniziative su Instagram). Insieme a Brahim, attivista per la Palestina e membro della comunità islamica torinese, ricostruiamo inizialmente cosa è accaduto da Lunedì ad oggi: Affrontiamo poi, sempre con Brahim,  come islamofobia, degrado e retorica dei maranza rappresentino sfumature diverse nella costruzione del nemico interno e della necessità di coordinarsi per lottare contro razzismo e violenza di stato: Con il contributo di Hafsa, compagna di Torino per Gaza, registrato durante al presidio in conferenza stampa di martedì 25 Novembre continuiamo a parlare di solidarietà e mobilitazione: Attualmente Mohamed Shahin è rinchiuso a più di 1500 km da casa nel CPR di Pian del Lago a Caltanissetta, il rischio di persecuzioni a seguito della deportazione in Egitto è tanto concreto, quanto attuale e non si possono non notare le similitudini tra gli strumenti repressivi utilizzati in Palestina nel progetto coloniale sionista e quelli in via di sviluppo nel nostro paese. Per condividere un quadro del funzionamento e della vita all’interno di un CPR punitivo, come quello di Caltanissetta, gestito dalla cooperativa Albatros di San Cataldo (CL), condividiamo un intervento di alcun* compagn* sicilian* che si organizzano contro frontiere e detenzione amministrativa: Solo nel 2024, le deportazioni collettive verso l’Egitto effettuate con voli charter sono state 10. I voli sono stati operati dai velivoli dalle compagnie aree Aeroitalia, Albastar, Air Cairo, Egypt Air, Smartwings e ETF airways Mese dopo mese i bandi ministeriali consentono a due compagnie di broker che si spartiscono il mercato dei cosiddetti rimpatri – la PAS (Professional Aviation Solutions, tedesca) e la AIR PARTNER (britannica, acquisita nel 2022 dalla statunitense WHEELS UP) – di gestire le tratte deportative al miglior prezzo. Per saperne di più sulle espulsioni in Egitto, qui. Infine, condividiamo un contributo audio dal presidio in piazza Castello dell’avvocata che sta seguendo la tutela legale di Mohamed:
COLPIRNE UNO: MOHAMED SHAHIN, IL RISCHIO DEPORTAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE@3
Il decreto di espulsione che ha colpito nella giornata di Lunedì 24 Novembre Mohamed Shahin – imam della moschea nel cuore di San Salvario a Torino – ha rappresentato un attacco del governo alla solidarietà contro il genocidio palestinese. Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”. Un attacco che mette sotto accusa partecipazione e dissenso, richiesto e firmato non solo del ministro Piantedosi, ma anche della deputata di fratelli d’italia Augusta Montaruli. Un attacco contro cui, però, non si è fatta attendere una rapida risposta: quella legale, che attraverso l’istanza di richiesta di asilo presentata tempestivamente da avvocate e avvocati ha bloccato la deportazione di Mohamed; e quella politica, iniziata con la conferenza stampa sotto la prefettura di Torino e che adesso si allarga con una serie di iniziative previste nei prossimi giorni da Torino a Caltanissetta (qui, per seguire le iniziative su Instagram). Insieme a Brahim, attivista per la Palestina e membro della comunità islamica torinese, ricostruiamo inizialmente cosa è accaduto da Lunedì ad oggi: Affrontiamo poi, sempre con Brahim,  come islamofobia, degrado e retorica dei maranza rappresentino sfumature diverse nella costruzione del nemico interno e della necessità di coordinarsi per lottare contro razzismo e violenza di stato: Con il contributo di Hafsa, compagna di Torino per Gaza, registrato durante al presidio in conferenza stampa di martedì 25 Novembre continuiamo a parlare di solidarietà e mobilitazione: Attualmente Mohamed Shahin è rinchiuso a più di 1500 km da casa nel CPR di Pian del Lago a Caltanissetta, il rischio di persecuzioni a seguito della deportazione in Egitto è tanto concreto, quanto attuale e non si possono non notare le similitudini tra gli strumenti repressivi utilizzati in Palestina nel progetto coloniale sionista e quelli in via di sviluppo nel nostro paese. Per condividere un quadro del funzionamento e della vita all’interno di un CPR punitivo, come quello di Caltanissetta, gestito dalla cooperativa Albatros di San Cataldo (CL), condividiamo un intervento di alcun* compagn* sicilian* che si organizzano contro frontiere e detenzione amministrativa: Solo nel 2024, le deportazioni collettive verso l’Egitto effettuate con voli charter sono state 10. I voli sono stati operati dai velivoli dalle compagnie aree Aeroitalia, Albastar, Air Cairo, Egypt Air, Smartwings e ETF airways Mese dopo mese i bandi ministeriali consentono a due compagnie di broker che si spartiscono il mercato dei cosiddetti rimpatri – la PAS (Professional Aviation Solutions, tedesca) e la AIR PARTNER (britannica, acquisita nel 2022 dalla statunitense WHEELS UP) – di gestire le tratte deportative al miglior prezzo. Per saperne di più sulle espulsioni in Egitto, qui. Infine, condividiamo un contributo audio dal presidio in piazza Castello dell’avvocata che sta seguendo la tutela legale di Mohamed:
COLPIRNE UNO: MOHAMED SHAHIN, IL RISCHIO DEPORTAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE@0
Il decreto di espulsione che ha colpito nella giornata di Lunedì 24 Novembre Mohamed Shahin – imam della moschea nel cuore di San Salvario a Torino – ha rappresentato un attacco del governo alla solidarietà contro il genocidio palestinese. Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”. Un attacco che mette sotto accusa partecipazione e dissenso, richiesto e firmato non solo del ministro Piantedosi, ma anche della deputata di fratelli d’italia Augusta Montaruli. Un attacco contro cui, però, non si è fatta attendere una rapida risposta: quella legale, che attraverso l’istanza di richiesta di asilo presentata tempestivamente da avvocate e avvocati ha bloccato la deportazione di Mohamed; e quella politica, iniziata con la conferenza stampa sotto la prefettura di Torino e che adesso si allarga con una serie di iniziative previste nei prossimi giorni da Torino a Caltanissetta (qui, per seguire le iniziative su Instagram). Insieme a Brahim, attivista per la Palestina e membro della comunità islamica torinese, ricostruiamo inizialmente cosa è accaduto da Lunedì ad oggi: Affrontiamo poi, sempre con Brahim,  come islamofobia, degrado e retorica dei maranza rappresentino sfumature diverse nella costruzione del nemico interno e della necessità di coordinarsi per lottare contro razzismo e violenza di stato: Con il contributo di Hafsa, compagna di Torino per Gaza, registrato durante al presidio in conferenza stampa di martedì 25 Novembre continuiamo a parlare di solidarietà e mobilitazione: Attualmente Mohamed Shahin è rinchiuso a più di 1500 km da casa nel CPR di Pian del Lago a Caltanissetta, il rischio di persecuzioni a seguito della deportazione in Egitto è tanto concreto, quanto attuale e non si possono non notare le similitudini tra gli strumenti repressivi utilizzati in Palestina nel progetto coloniale sionista e quelli in via di sviluppo nel nostro paese. Per condividere un quadro del funzionamento e della vita all’interno di un CPR punitivo, come quello di Caltanissetta, gestito dalla cooperativa Albatros di San Cataldo (CL), condividiamo un intervento di alcun* compagn* sicilian* che si organizzano contro frontiere e detenzione amministrativa: Solo nel 2024, le deportazioni collettive verso l’Egitto effettuate con voli charter sono state 10. I voli sono stati operati dai velivoli dalle compagnie aree Aeroitalia, Albastar, Air Cairo, Egypt Air, Smartwings e ETF airways Mese dopo mese i bandi ministeriali consentono a due compagnie di broker che si spartiscono il mercato dei cosiddetti rimpatri – la PAS (Professional Aviation Solutions, tedesca) e la AIR PARTNER (britannica, acquisita nel 2022 dalla statunitense WHEELS UP) – di gestire le tratte deportative al miglior prezzo. Per saperne di più sulle espulsioni in Egitto, qui. Infine, condividiamo un contributo audio dal presidio in piazza Castello dell’avvocata che sta seguendo la tutela legale di Mohamed:
COLPIRNE UNO: MOHAMED SHAHIN, IL RISCHIO DEPORTAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE@1
Il decreto di espulsione che ha colpito nella giornata di Lunedì 24 Novembre Mohamed Shahin – imam della moschea nel cuore di San Salvario a Torino – ha rappresentato un attacco del governo alla solidarietà contro il genocidio palestinese. Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”. Un attacco che mette sotto accusa partecipazione e dissenso, richiesto e firmato non solo del ministro Piantedosi, ma anche della deputata di fratelli d’italia Augusta Montaruli. Un attacco contro cui, però, non si è fatta attendere una rapida risposta: quella legale, che attraverso l’istanza di richiesta di asilo presentata tempestivamente da avvocate e avvocati ha bloccato la deportazione di Mohamed; e quella politica, iniziata con la conferenza stampa sotto la prefettura di Torino e che adesso si allarga con una serie di iniziative previste nei prossimi giorni da Torino a Caltanissetta (qui, per seguire le iniziative su Instagram). Insieme a Brahim, attivista per la Palestina e membro della comunità islamica torinese, ricostruiamo inizialmente cosa è accaduto da Lunedì ad oggi: Affrontiamo poi, sempre con Brahim,  come islamofobia, degrado e retorica dei maranza rappresentino sfumature diverse nella costruzione del nemico interno e della necessità di coordinarsi per lottare contro razzismo e violenza di stato: Con il contributo di Hafsa, compagna di Torino per Gaza, registrato durante al presidio in conferenza stampa di martedì 25 Novembre continuiamo a parlare di solidarietà e mobilitazione: Attualmente Mohamed Shahin è rinchiuso a più di 1500 km da casa nel CPR di Pian del Lago a Caltanissetta, il rischio di persecuzioni a seguito della deportazione in Egitto è tanto concreto, quanto attuale e non si possono non notare le similitudini tra gli strumenti repressivi utilizzati in Palestina nel progetto coloniale sionista e quelli in via di sviluppo nel nostro paese. Per condividere un quadro del funzionamento e della vita all’interno di un CPR punitivo, come quello di Caltanissetta, gestito dalla cooperativa Albatros di San Cataldo (CL), condividiamo un intervento di alcun* compagn* sicilian* che si organizzano contro frontiere e detenzione amministrativa: Solo nel 2024, le deportazioni collettive verso l’Egitto effettuate con voli charter sono state 10. I voli sono stati operati dai velivoli dalle compagnie aree Aeroitalia, Albastar, Air Cairo, Egypt Air, Smartwings e ETF airways Mese dopo mese i bandi ministeriali consentono a due compagnie di broker che si spartiscono il mercato dei cosiddetti rimpatri – la PAS (Professional Aviation Solutions, tedesca) e la AIR PARTNER (britannica, acquisita nel 2022 dalla statunitense WHEELS UP) – di gestire le tratte deportative al miglior prezzo. Per saperne di più sulle espulsioni in Egitto, qui. Infine, condividiamo un contributo audio dal presidio in piazza Castello dell’avvocata che sta seguendo la tutela legale di Mohamed:
COLPIRNE UNO: MOHAMED SHAHIN, IL RISCHIO DEPORTAZIONE E LA REPRESSIONE DELLA SOLIDARIETA’ CON IL POPOLO PALESTINESE@4
Il decreto di espulsione che ha colpito nella giornata di Lunedì 24 Novembre Mohamed Shahin – imam della moschea nel cuore di San Salvario a Torino – ha rappresentato un attacco del governo alla solidarietà contro il genocidio palestinese. Un attacco che utilizza le procedure amministrative che regolano ingressi, deportazioni e centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) per colpire e intimorire chi non gode del privilegio dei cosiddetti “giusti documenti”. Un attacco che mette sotto accusa partecipazione e dissenso, richiesto e firmato non solo del ministro Piantedosi, ma anche della deputata di fratelli d’italia Augusta Montaruli. Un attacco contro cui, però, non si è fatta attendere una rapida risposta: quella legale, che attraverso l’istanza di richiesta di asilo presentata tempestivamente da avvocate e avvocati ha bloccato la deportazione di Mohamed; e quella politica, iniziata con la conferenza stampa sotto la prefettura di Torino e che adesso si allarga con una serie di iniziative previste nei prossimi giorni da Torino a Caltanissetta (qui, per seguire le iniziative su Instagram). Insieme a Brahim, attivista per la Palestina e membro della comunità islamica torinese, ricostruiamo inizialmente cosa è accaduto da Lunedì ad oggi: Affrontiamo poi, sempre con Brahim,  come islamofobia, degrado e retorica dei maranza rappresentino sfumature diverse nella costruzione del nemico interno e della necessità di coordinarsi per lottare contro razzismo e violenza di stato: Con il contributo di Hafsa, compagna di Torino per Gaza, registrato durante al presidio in conferenza stampa di martedì 25 Novembre continuiamo a parlare di solidarietà e mobilitazione: Attualmente Mohamed Shahin è rinchiuso a più di 1500 km da casa nel CPR di Pian del Lago a Caltanissetta, il rischio di persecuzioni a seguito della deportazione in Egitto è tanto concreto, quanto attuale e non si possono non notare le similitudini tra gli strumenti repressivi utilizzati in Palestina nel progetto coloniale sionista e quelli in via di sviluppo nel nostro paese. Per condividere un quadro del funzionamento e della vita all’interno di un CPR punitivo, come quello di Caltanissetta, gestito dalla cooperativa Albatros di San Cataldo (CL), condividiamo un intervento di alcun* compagn* sicilian* che si organizzano contro frontiere e detenzione amministrativa: Solo nel 2024, le deportazioni collettive verso l’Egitto effettuate con voli charter sono state 10. I voli sono stati operati dai velivoli dalle compagnie aree Aeroitalia, Albastar, Air Cairo, Egypt Air, Smartwings e ETF airways Mese dopo mese i bandi ministeriali consentono a due compagnie di broker che si spartiscono il mercato dei cosiddetti rimpatri – la PAS (Professional Aviation Solutions, tedesca) e la AIR PARTNER (britannica, acquisita nel 2022 dalla statunitense WHEELS UP) – di gestire le tratte deportative al miglior prezzo. Per saperne di più sulle espulsioni in Egitto, qui. Infine, condividiamo un contributo audio dal presidio in piazza Castello dell’avvocata che sta seguendo la tutela legale di Mohamed: