
La libertà non è un’opinione. Per la liberazione di Mohamed Shahin
Napoli MONiTOR - Saturday, November 29, 2025
(disegno di sam3)Mohamed Shahin, imam della moschea Omar Ibn al-Khattab di via Salluzzo a Torino, si trova al Cpr di Caltanissetta dopo aver ricevuto un decreto di espulsione, firmato dal ministro degli interni Matteo Piantedosi.
A Mohamed è stato revocato il permesso di soggiorno come lungo soggiornante e rischia il rimpatrio nel suo paese d’origine, l’Egitto di Al Sisi, dove prima dell’arrivo in Italia, vent’anni fa, era oppositore al regime. In Egitto, rischia la tortura e la morte.
Le ragioni della revoca del permesso sono legate al suo pensiero ed al fatto di averlo espresso sulla pubblica piazza: parlare di Gaza e del genocidio in corso, prendere posizione senza censure equivale a condannarsi, soprattutto se sei musulmano.
In questi anni Mohamed non è stato il solo a ricevere la revoca del permesso di soggiorno con successivo trattenimento in Cpr per aver parlato di Palestina. Noto è anche il caso del cittadino algeino Saif Bensouibat, trattenuto al Cpr di Ponte Galeria e poi liberato.
Negli anni passati anche diversi palestinesi sono stati rinchiusi in centri per il rimpatrio: a Ponte Galeria, Brindisi, Palazzo San Gervasio. Le ragioni risultano perverse: tra queste la pubblicazione di foto “sospette”, o valutazioni discrezionali delle forze dell’ordine relativamente alle interviste rilasciate alla commissione per la protezione internazionale. Rinchiusi in Cpr per il solo fatto di essere gazawi o per aver parlato a favore della Palestina, questi uomini sono stati prelevati, imprigionati, in un attimo resi nulla e deprivati di ogni diritto, un trauma che ancora oggi segna le loro vite.
La situazione negli ultimi mesi continua a peggiorare, con un attenzionamento feroce verso chi continua a portare in piazza la questione palestinese. Una spirale repressiva che sembra non aver fine e che lede la libertà di espressione soprattutto verso chi osa promuovere una narrazione alternativa a quella dominante, complice dello stato genocida di Israele.
Questi tempi distopici richiedono grande coraggio per continuare a mobilitarsi. Lo ha fatto Mohamed Shain che per questo rischia ora, concretamente, la morte. La negazione del genocidio e dei crimini di Israele, nonostante le testimonianze quotidiane dei palestinesi sotto assedio, dei giornalisti uccisi, delle immagini che arrivano attraverso canali social, delle accuse della Corte penale internazionale e dele relazioni e dichiarazioni dei rapporteurs o della relatrice speciale Onu per i territori palestinesi Francesca Albanese, rappresenta una delle più grandi vergogne della storia, di cui parleranno le future generazioni, pari alla violenza che continua a proseguire a Gaza e in Cisgiordania.
Tante sono le realtà ed i gruppi che hanno espresso solidarietà nei confronti di Mohamed, mostrando la sua forza, evidenziando la sua capacità di promuovere dialogo tra realtà diverse, dialoghi che hanno innescato processi di pacificazione e collaborazione con la comunità ebraica torinese e con le chiese valdesi, come dichiarato in un comunicato firmato circa un mese fa dove Mohamed viene lodato come esempio di dialogo interreligioso e promotore di una convivenza pacifica. Non solo, al fianco di Mohamed vi è anche il gruppo per il dialogo cristiano-islamico di Torino, che ha presentato una lettera al capo dello stato, Mattarella, in difesa di Mohamed e che così riferisce rispetto alla moschea di cui è imam: “Come la maggior parte dei centri culturali islamici della Città di Torino, la moschea di via Saluzzo è sempre stata aperta e collaborativa, ospitando iniziative che hanno coinvolto tutte le comunità, laiche e religiose, testimoniando concretamente e giorno dopo giorno l’impegno sincero della sua direzione, dell’imam e di tutti i fedeli nel senso del rispetto delle leggi, della pace e della cooperazione civile e inter-culturale. Auspichiamo perciò che il sig. Shahin possa essere rilasciato, che gli possa essere concesso di riprendere la sua permanenza in Italia e così la sua opera di dialogo e di solidarietà”.
In questi giorni numerosi sono stati i presidi di piazza a Torino, Caltanissetta, Milano, che hanno solidarizzato con Mohamed cui nel frattempo è stato convalidato il trattenimento e per il quale sono a lavoro gli avvocati Gianluca Vitale e Fairus Ahmed Jama, contro l’espulsione e l’incredibile diniego della commissione per la protezione internazionale.
Una rete di docenti universitari e ricercatori e ricercatrici ha presentato un appello per Mohamed oggi: potete leggerlo a seguire e firmarlo a questo link. Per sottoscrivere la petizione promossa su Change.org invece si può cliccare qui. È nostro dovere rafforzare queste posizioni e continuare a chiedere che Mohamed venga immediatamente liberato, torni alla sua famiglia e nella sua comunità, a Torino, il prima possibile. (yasmine accardo)