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Da Unibo, a Unimore fino al Mur: studenti, lavoratori e docenti rifiutano l’elmetto!
Ieri siamo stati in presidio insieme al personale TAB dell’@unionesindacaledibase e ai docenti al MUR, all’Università di Bologna e all’Università di Modena e Reggio Emilia per ribadire al Governo Meloni e alla Ministra Bernini che non c’è posto per l’accademia militare né a Bologna né altrove. La decisione, frutto delle […] L'articolo Da Unibo, a Unimore fino al Mur: studenti, lavoratori e docenti rifiutano l’elmetto! su Contropiano.
Nessun accordo UniBo–Accademia militare di Modena!
Sono di qualche giorno fa le polemiche del capo di Stato Maggiore dell’Esercito Carmine Masiello, in occasione degli Stati Generali della Ripartenza a Bologna, sul rifiuto di attivare un corso di laurea in Filosofia, ad hoc ed esclusivo, per 10 ufficiali dell’Accademia militare di Modena, seguito dalle dichiarazioni sdegnate del […] L'articolo Nessun accordo UniBo–Accademia militare di Modena! su Contropiano.
L'Italia sull'attenti! Le spese #militari e i tagli alla #spesa sociale.
#nowar - #Modica (#Ragusa), sabato 22 novembre 2025, ore 19.30 - L'Italia sull'attenti! Le spese #militari e i tagli alla #spesa sociale. Intervengono: Antonio Mazzeo (Rearm Europe, spese militari e coinvolgimento dell'Italia nei conflitti attuali); Peppe Cannella (Disordine globale, riarmo e war-ansiety); Claudio Tamagnini (Testimonianza dalla Palestina). Modera Paola Ottaviano (Comitato Modicano Palestina Viva).
Militari israeliani nelle scuole italiane: inchiesta di Assemblea Scuola Torino sul progetto Net@
PUBBLICHIAMO UNA INTERESSANTE INCHIESTA DI ASSEMBLEA SCUOLA TORINO SU UNA TERRIBILE PROPAGANDA ISRAELIANA CHE VIENE PRESENTATA NELLA SCUOLE SOTTO FORMA DI PCTO. COME OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ STIGMATIZZIAMO QUESTE INIZIATIVE E RINGRAZIAMO ASSEMBLEA SCUOLA TORINO PER QUESTO PREZIOSO CONTRIBUTO CHE CI HA FATTO PERVENIRE. NET@. DA BE COOL! A PROPAGANDA ISRAELIANA DENTRO LE NOSTRE SCUOLE Dobbiamo puntare molto sulle scuole e abbiamo insegnanti giovani e carismatici che dovranno sfidare un sistema scolastico spesso molto tradizionale portando energia e innovazione. Dafna Gaber Lifshitz, CEO di Appleseeds Net@ a scuola si presenta come un progetto di PCTO (da poco Formazione Scuola-Lavoro) proposto agli studenti: un’opportunità imperdibile per sviluppare digital and social skills utili per la propria crescita umana, professionale e imprenditoriale. L’immagine che vogliono trasmettere è legata a un approccio innovativo, interculturale e utile a colmare diseguaglianze digitali soprattutto nelle zone economicamente e socialmente più svantaggiate. Lo scopo è diffondere competenze digital high-tech, in inglese, per studenti delle scuole superiori. Il progetto di durata pluriennale, spesso si presenta come ‘giovane’ perché, a differenza delle lezioni curricolari standard, è condotto da universitari che capiscono gli studenti e, di conseguenza, sono in grado di proporre un insegnamento molto più efficace rispetto alla scuola tradizionale. All’interno del programma viene insegnato come creare siti web per sponsorizzare prodotti, avviare start up, parlare in pubblico, il time management, ecc. Il programma del terzo e quarto anno in particolare prevede di occuparsi anche di cyber security. Tutto questo è gratuito per le famiglie perché sponsorizzato da istituti, fondazioni, associazioni private e dalle stesse scuole. Quindi un progetto per i giovani, coinvolgente dove la politica non c’entra assolutamente nulla. O quasi. Net@ è un progetto nato in Israele nel 2003. Lì viene pubblicizzato come un merito il fatto che chi esce dopo anni di formazione con Net@ sia in grado di rappresentare una risorsa preziosa per il mercato miliardario delle start up della cybersicurezza e delle tecnologie di guerra, focalizzate sul deep tech, anche per la necessità di dare risposta ai ‘problemi’ di ‘difesa’ e ‘sicurezza’ del paese (che questo settore rappresenti già un rischio per la nostra privacy e le nostre democrazie ce l’hanno rivelato scandali come il software “Pegasus” e lo spyware “Graphite”, spiando decine di migliaia di cittadini tra capi di stato, giornalisti e attivisti in tutto il mondo). Un altro fiore all’occhiello dei promotori di Net@ è che il 56% dei diplomati si arruola nelle unità tecnologiche d’élite dell’IDF. Dal 2018 Net@ si è diffuso per la prima volta all’estero con un progetto pilota a Milano. La volontà espressa dagli organizzatori fin da subito è di portarlo nel resto del territorio italiano e in altri paesi. A offrire i locali e promuovere a Milano il progetto è la Comunità ebraica, la stessa che ha recentemente invitato un militare dell’IDF accusato di probabili crimini di guerra, Adi Karni, a incontrare gli studenti dei licei per racccontare che a Gaza ha visto “solo odio”, che “stiamo facendo il lavoro sporco per voi” e spiegando che “l’Islam avanza in Europa”. Net@ è promosso e sostenuto dall’Agenzia ebraica per Israele (Sochnut), organizzazione sionista israeliana che sostiene l’ebraicità di Israele e dal Keren Hayesod, fondo nazionale di costruzione d’Israele e la centrale finanziaria del movimento sionista mondiale.  Dal 1967 l’Agenzia ebraica si occupa anche delle attività dei coloni israeliani insediatisi in Cisgiordania, nella Striscia di Gaza e nelle alture del Golan. Oltre alla Jewish Agency for Israel e al Keren Hayesod, altri partner sono l’Appleseeds Academy, l’Associazione Educazione Digitale Italia, la Fondazione Camis De Fonseca e Proedi Media. In un video pubblicato in rete la CEO di Appleseeds, Dafna Lifshitz, afferma che i finanziamenti più importanti di Net@ arrivano dalla USAID (Agenzia degli Stati Uniti per lo Sviluppo Internazionale). L’USAIDè un’agenzia governativa statunitense creata nel 1961 per contrastare l’influenza dell’Unione Sovietica nel mondo. L’agenzia aveva la funzione di sostenere la sicurezza nazionale degli Stati Uniti d’America e viene indicata come uno dei suoi strumenti di soft power. Alcuni paesi accusano l’agenzia di essere una copertura della CIA e di essere parte delle politiche di interventismo degli Stati Uniti nel mondo. A partire dal 2019 il progetto è arrivato a Torino all’Istituto Germano Sommeiller e alla scuola ebraica. I docenti inizialmente sono Shinshinim, ovvero giovani israeliani che hanno completato la scuola superiore e rimandano di un anno il servizio militare obbligatorio per prestare servizio nelle comunità ebraiche all’estero. Il loro nome è un acronimo ebraico per “Shnat Sherut” o “anno di servizio”. Agiscono come ambasciatori culturali, portando la cultura e lo stile di vita israeliani, la lingua ebraica e le tradizioni ebraiche alle comunità locali prima di arruolarsi nell’esercito. A maggio 2022 il Keren Hayesod decide di non continuare il programma all’estero per mancanza di risorse. L’organizzazione e la diffusione presso le scuole sono allora affidate alla Fondazione Camis de Fonseca che da quel momento le promuove a Torino. Dall’anno 2023/2024 il progetto parte anche al Liceo Monti di Chieri. La fondazione Camis De Fonseca (ora anche associazione), con lo scopo di trovare partner italiani per poter continuare il progetto, finanzia “Grow in tech” composta generalmente da giovani studenti universitari che, una volta formati in Israele e alla metodologia, possono entrare nelle classi. Recentemente sono stati coinvolti nel progetto anche Merende Digitali e ESSE I Solutions. Lo scopo è quello di creare un ‘nuovo’ progetto Net@ Italia, ‘ripulito’, ma sempre funzionale alle organizzazioni e agli obiettivi strategici originari. Questo è stato detto in modo esplicito e pubblico durante un convegno del 21 maggio 2023 organizzato nella sede della fondazione Camis De Fonseca in cui, tra gli altri passaggi significativi, viene data la parola al rappresentante del Keren Hayesod per l’Italia, Eyal Avneri, il quale dice: “Stiamo lavorando tutti insieme per continuare il progetto Net@ a Torino con formatori italiani e farò il possibile, per la parte mia, per aiutarvi a realizzarlo, mettendo i contatti con Net@ in Israele, almeno a distanza. Sarà, secondo me, una bellissima collaborazione internazionale. […] Vi auguro un in bocca al lupo e spero di vedervi tutti a novembre in Israele”. Durante le attività capita che partecipi la fondatrice della Fondazione De Fonseca, Laura Camis De Fonseca che, sui social, condivide post dove vengono attaccati come antisemiti Papa Bergoglio, la Chiesa Cattolica e agenzie dell’ONU. Si arriva a leggere che “le organizzazioni internazionali sono peggio di una barzelletta, sono diventati organismi criminali che aiutano i jihadisti” e che “gli Stati europei e l’Europa quasi tutta, esattamente come la Chiesa, si riallacciano alle loro vergognose tradizioni antiebraiche”. La fondazione De Fonseca si occupa di geopolitica e ha una posizione politica sul conflitto israelo-palestinese. Basta scorrere velocemente il sito per capire che è una celebrazione del progetto israeliano con una visione piuttosto parziale. Durante l’anno scolastico vengono invitati esperti che propongono un’idea di scuola e di formazione estremamente aziendalistica e imprenditoriale. Altre attività didattiche hanno avuto anche lo scopo di dare una visione estremamente positiva di Israele come “una terra nata da sogni e speranze”, tecnologica, green e inclusiva. Nel 2022 tra gli studenti che partecipano al progetto viene proposto un concorso dal titolo “Israele. Storia, tradizione, sostenibilità e innovazione tecnologica”. I vincitori hanno in premio un viaggio d’istruzione in Israele: visite al museo della diaspora, al Muro del pianto, alla tomba di Ben Gurion. In conclusione, Net@ è un cavallo di Troia che promuove un’idea di scuola aziendale e imprenditoriale al servizio del mercato, valorizza ‘risorse’ per il mondo delle start up e della cybersicurezza, legato mani e piedi al genocidio di Gaza, alla pulizia etnica e alla diaspora palestinese. Forma futuri soldati d’élite nelle unità tecnologiche ed è ideato, organizzato e diffuso da organizzazioni, Istituti e fondazioni sioniste che, non solo negano o non condannano quanto sta avvenendo in Palestina da ottant’anni, ma che ne sono, spesso, direttamente coinvolti. Forse, ancora peggio, Net@ si presenta come un’organizzazione tecnologica giovanile che, proponendo parole d’ordine accattivanti come Be your best self, Be involved, Be open-minded, Be unlimited, Be cool sta consapevolmente formando un movimento giovanile e una parte della futura leadership economica e politica, con lo scopo di renderli funzionali ai suoi obiettivi strategici e organici alla sua ideologia. Assemblea Scuola Torino
Dentro le prigioni israeliane e sotto le macerie di Gaza, emergono gli orrori
L’Ufficio Stampa dell’Associazione dei Prigionieri palestinesi ha riferito che il numero dei prigionieri uccisi dall’inizio dell’aggressione israeliana a Gaza è salito a 81, le cui identità sono state verificate. Decine di altri rimangono dispersi a causa della pratica israeliana delle sparizioni forzate. Il prigioniero palestinese Mohammed Hussein Ghawadra, del villaggio […] L'articolo Dentro le prigioni israeliane e sotto le macerie di Gaza, emergono gli orrori su Contropiano.
LIBANO: CONTINUANO GLI ATTACCHI ISRAELIANI NONOSTANTE LA TREGUA DEL NOVEMBRE 2024. DUE PERSONE UCCISE
Ancora bombardamenti israeliani nel sud del Libano, nonostante l’accordo di tregua concordato nel novembre 2024. Lunedì 27 ottobre due persone sono state uccise e una è rimasta ferita in un attacco israeliano compiuto con un drone nei pressi di una fabbrica di legno nel villaggio di Biyad, a sud di Tiro, nel Libano meridionale. Questo mentre ieri pomeriggio la missione delle Nazioni Unite dislocata nel Libano meridionale (Unifil) ha annunciato che “verso le 17:45, un drone israeliano si è avvicinato a una pattuglia dell’Unifil in azione nei pressi di Kfar Kila e ha sganciato una granata” aggiungendo che “pochi istanti dopo, un carro armato israeliano ha sparato un colpo contro le forze di peacekeeping. Fortunatamente, non sono stati causati feriti o danni”. Ai microfoni, la corrispondenza da Beirut con il giornalista Mauro Pompili. Ascolta o scarica.
L’Unione Europea finanzia le aziende tecnologiche israeliane, anche quelle nel settore militare
Le startup israeliane sono tra quelle che negli ultimi anni hanno ricevuto tra i più alti finanziamenti da parte dell’Eic Accelerator. Il programma per giovani imprese lanciato dall’Unione europea in seno a Horizon Europe infatti ne ha supportate in totale 46 fondate in Israele, quasi il doppio delle 27 italiane. Finora le startup […] L'articolo L’Unione Europea finanzia le aziende tecnologiche israeliane, anche quelle nel settore militare su Contropiano.
MADAGASCAR IN RIVOLTA: GEN-Z CACCIA IL PRESIDENTE RAJOELINA, MILITARI ANNUNCIANO LA PRESA DEL POTERE
Rivolta in Madagascar. Dopo settimane di proteste e oltre 30 morti in piazza, l’Assemblea nazionale del Parlamento magascio ha votato per l’impeachment nei confronti del presidente Andry Rajoelina per diserzione dal servizio. La risoluzione votata ieri, martedì 14 ottobre, è stata approvata con 130 voti a favore, ben al di sopra della soglia costituzionale dei due terzi richiesta dalla Camera composta da 163 membri. Dopo settimane di manifestazioni contro il governo del Paese insulare, Rajoelina – rifugiatosi in un “luogo sicuro” – ha respinto il voto in quanto “privo di qualsiasi base giuridica”, mentre l’unità militare d’elite scesa in piazza con i manifestanti ha dichiarato di aver preso il potere dopo il voto di impeachment. L’unità militare d’élite è la stessa che ha consegnato le chiavi del potere a Rajoelina 16 anni fa, quando a essere scalzato di sella fu l’allora capo di Stato Marc Ravalomanana. Rajoelina si sarebbe imbarcato a bordo di un aereo militare francese diretto all’isola della Réunion. I manifestanti, i cui protagoni sono soprattutto giovani e giovanissimi, da settimane protestano contro la corruzione, povertà e disparità sociali in Madagascar. Il movimento “25 settembre”, giorno in cui sono iniziate le proteste contro i continui blackout e la mancanza d’acqua, si sono trasformate rapidamente in una rivolta contro la corruzione e la mala gestione del Paese. Martedì la Corte Suprema del Madagascar ha invitato il colonnello Michael Randrianirina, comandante dell’esercito che aveva annunciato la presa del potere da parte dei militari dopo aver guidato una rivolta a sostegno dei manifestanti della Generazione Z, ad assumere la carica di nuovo presidente del Paese. Il punto della situazione con Marco Trovato, direttore editoriale della rivista Africa. Ascolta o scarica.
Quando la guerra si fa spettacolo: il caso del Villaggio dell’Esercito a Palermo
Dal 2 al 5 ottobre Palermo ha ospitato il “Villaggio dell’Esercito”, un’iniziativa promossa dal Ministero della Difesa e dal Comune di Palermo che ha portato nel cuore della città – in piazza Castelnuovo, davanti al Teatro Politeama, uno dei luoghi simbolo della cultura e della vita civile – mezzi militari, installazioni interattive, aree dimostrative e simulatori dedicati alle professioni dell’esercito. Presentato come un «evento culturale e divulgativo», l’allestimento ha trasformato la piazza in un vero e proprio parco tematico della guerra, con carri armati, elicotteri da combattimento, veicoli blindati utilizzati nelle missioni internazionali e mezzi storici che ripercorrono la tradizione militare italiana. Tra gli spazi interattivi figuravano anche simulatori di volo in realtà aumentata e percorsi «educativi» per bambinə, invitatə a partecipare a mini-esercitazioni al ritmo della sigla di Dragon Ball. Secondo le istituzioni promotrici, l’obiettivo era di «avvicinare la popolazione civile all’esercito italiano», mostrando il volto «umanitario» di questi e l’impegno nelle missioni di peacekeeping. Il sindaco Roberto Lagalla, difendendo l’iniziativa, ha parlato di una manifestazione che valorizza la presenza dell’esercito nelle missioni di pace e il suo contributo alla sicurezza nazionale e internazionale. Ma il messaggio che si diffondeva dalle corazze lucenti dei mezzi bellici e dai soldati in uniforme era tutt’altro che neutro. In una città segnata da precarietà e abbandono, portare carri armati in piazza significa normalizzare la guerra, trasformare lo spazio pubblico – luogo di incontro e di memoria civile – in una vetrina della potenza militare. L’evento ha suscitato una forte reazione da parte della popolazione palermitana, risuonando tra collettivi, sindacati, associazioni e realtà studentesche che hanno denunciato la militarizzazione dello spazio urbano e la propaganda bellicista dietro la facciata “educativa”. «La piazza è uno spazio civile, non un’esposizione di potenza militare. Via le armi da Palermo!», hanno gridato i e le manifestanti, ricordando che la pace non si costruisce mostrando fucili, ma garantendo diritti, istruzione, salute, case e lavoro. di Our Voice Il 1° ottobre, un corteo partito da piazza Sant’Anna – nato dal presidio in solidarietà con la Global Sumud Flotilla, iniziativa internazionale in sostegno al popolo palestinese – ha tentato di raggiungere l’area del Politeama per contestare l’allestimento del Villaggio. Il corteo, composto da centinaia di persone, si è trovato di fronte un imponente cordone di forze dell’ordine. Durante i momenti di tensione si sono verificati scontri e una persona è rimasta ferita. Gli e le attiviste hanno denunciato la sproporzionata presenza di polizia e carabinieri, sottolineando come ancora una volta la risposta dello Stato alle voci di dissenso sia stata la repressione. A seguito delle proteste, il prefetto di Palermo ha convocato un tavolo tecnico su richiesta dei e delle manifestanti, per discutere il rinvio o l’annullamento dell’evento. Il prefetto ha accolto le rimostranze portate avanti dalla cittadinanza condividendole, ma dichiarandosi impossibilitato all’annullamento dell’evento “culturale” poiché organizzato da mesi e portato avanti per volontà del ministro della Difesa Guido Crosetto, con il supporto del sindaco e dell’assessore alla cultura Giampiero Cannella. di Our Voice Una decisione che può essere interpretata come un atto politico preciso: l’affermazione, nel pieno centro della città, di una retorica patriottica e militarista, in un momento in cui l’Italia decide di investire in riarmo. Per i promotori, il villaggio rappresenta «un’occasione per valorizzare il ruolo dell’esercito nelle missioni di pace». Ma dietro questa narrazione si nasconde una campagna di consenso: un tentativo di rendere accettabile, persino desiderabile, la presenza militare nella vita quotidiana. L’uso di linguaggi ludici, la partecipazione dei e delle bambine, la mostra di armamenti e uomini in divisa che sfilano: tutto serve a rendere la guerra un gioco, a cancellare la violenza reale che essa produce, a rieducare le nuove generazioni a una visione distorta della pace come ordine armato. Questo contrasto assume un significato ancora più profondo nel contesto attuale, segnato dalle tensioni internazionali e dal dolore, dalla rabbia e dalla frustrazione per il genocidio in Palestina, che scuote le coscienze e riempie le piazze di tutto il mondo. Mentre le immagini di bombardamenti e distruzione entrano ogni giorno nelle nostre case, Palermo si ritrova a ospitare carri armati nel suo salotto buono, come se la guerra fosse un’attrazione, una curiosità tecnologica da toccare e fotografare. In un momento storico in cui cresce la spinta a nuove alleanze militari e all’aumento delle spese per gli armamenti, eventi come il Villaggio dell’Esercito appaiono come strumenti di consenso e addestramento ideologico alla guerra permanente. di Our Voice «Portare carri armati in piazza non avvicina alla pace, ma la allontana», ripetono i e le manifestanti. La pace non è una parata, non è un’operazione di marketing. È un percorso fatto di giustizia sociale, di solidarietà  tra i popoli, di autodeterminazione e di lotta contro chi trae profitto dai conflitti. La presenza di mezzi bellici nel cuore di Palermo non è soltanto una provocazione: è un atto politico che tenta di ridefinire l’immaginario collettivo, abituandoci a convivere con la guerra, a considerarla parte normale del paesaggio urbano. Ma Palermo, città di mare, di accoglienza e di resistenza, non dimentica la propria storia. Dalle lotte dei portuali contro il traffico d’armi ai movimenti per la pace degli anni Novanta, dalle manifestazioni studentesche contro la NATO ai presidi per la Palestina, la città ha sempre saputo dire no alla guerra e sì alla dignità dei popoli. E oggi, di fronte ai carri armati davanti al Politeama, quel “no” risuona ancora una volta forte e chiaro. Perché nessun elicottero Mangusta, nessun blindato, nessuna divisa potrà mai rappresentare la pace. E perché le piazze, le piazze di chi le vive ogni giorno, devono restare spazi di vita, di incontro e di libertà, spazi pubblici non palcoscenici per la propaganda della guerra. Foto di copertina e nell’articolo di Our Voice SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Quando la guerra si fa spettacolo: il caso del Villaggio dell’Esercito a Palermo proviene da DINAMOpress.