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Radio Onda Rossa intervista Serena Tusini dell’Osservatorio sulla leva obbligatoria
Radio Onda Rossa ha intervistato Serena Tusini, docente e attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università, sulla proposta di legge riguardante la riserva ausiliaria volontaria; al contempo si torna a parlare di leva obbligatoria in maniera molto concreta: già sono state depositate due proposte di legge, una della Lega, l’altra del PD e nel quadro europeo molti paesi si muovono nella stessa direzione. Clicca qui per l’intervista su Radio Onda Rossa.
Italia: istituzione della riserva volontaria e ritorno della leva obbligatoria
Ieri, mercoledì 18 giugno 2025, Nino Minardo, presidente della Commissione Difesa della Camera (Lega), ha annunciato che dall’8 luglio governo e opposizioni lavoreranno congiuntamente a un testo di legge unificato per istituire una riserva ausiliaria volontaria; al contempo si torna a parlare di leva obbligatoria in maniera molto concreta: già sono state depositate due proposte di legge, una della Lega, l’altra del PD e nel quadro europeo molti paesi si muovono nella stessa direzione. Ne parliamo con Serena Turini dell’Osservatorio contro la militarizzazione della scuola e dell’università, autrice dell’articolo “La forma della guerra e l'anello che non tiene. l'ideologia della difesa e la militarizzazione della scuola e della società” pubblicato negli Atti del Convegno nazionale svolto nel maggio 2024 dall’Osservatorio, Comprendere i conflitti. Educare alla pace. La foto che ritrae soldati italiani durante la Seconda Guerra Mondiale è di Bert van der Molen  
Serena Tusini al Convegno dell’Osservatorio: “Il ritorno della leva e l’impatto sulla scuola”
Pubblichiamo il video dell’intervento dal titolo “Il ritorno della leva e l’impatto sulla scuola” di Serena Tusini, docente e sindacalista, al convegno nazionale dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università svoltosi il 16 maggio a Roma presso Spin Time dal titolo Scuole e università di pace. Fermiamo la follia della guerra. L’accelerazione del processo di militarizzazione nel nostro Paese ha un piano ben preciso e deliberato, pubblicato nel Piano della Comunicazione delle Forze Armate, come ci mostra Serena Tusini: quale guerra ci prepariamo a combattere? Dopo l’esperienza positiva dello scorso anno l’Associazione Nazionale “Per la Scuola della Repubblica“- OdV, soggetto accreditato alla formazione Decreto MIUR 5.7.2013 Elenco Enti Accreditati/Qualificati 23.11.2016, insieme all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università hanno organizzato a Roma per il 16 maggio 2025 un Convegno nazionale in presenza e online sul processo di militarizzazione dei luoghi della formazione e sulla necessità di costruire percorsi di pace all’interno di un quadro europeo e mondiale che vira inesorabilmente verso un conflitto globale.
Sinistrainrete.info: Vogliono “carne da cannone”. In Europa si riparla di coscrizione obbligatoria
DI SERGIO CARARO PUBBLICATO SU WWW.SINISTRAINRETE.INFO IL 14 APRILE 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante contributo scritto da Sergio Cararo, pubblicato su Sinistra in rete, il 25 aprile 2025 in cui viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. « […] Un processo del resto già avviato da tempo, come denunciano l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università od organizzazioni giovanili come Cambiare Rotta. Nulla esclude che tra qualche mese il ministero dell’istruzione venga avanti con l’Alternanza Scuola-Caserma oltre a quella scuola-lavoro. Alle guerre servono carne da cannone ma il problema, anche in questo caso, potrebbe essere quello della scarsità…continua a leggere su www.sinistrainrete.info.
Ritorno della leva obbligatoria: militarismo dilagante in Italia e in Unione Europea
La fine dell’esercito di leva rappresentava, quasi un quarto di secolo fa, una svolta epocale dettata dai contesti storici e geopolitici in evoluzione e dai processi tecnologici che andavano rivoluzionando anche il settore militare. E, se i vari paesi europei si sono convinti, nell’arco di pochi anni, di superare la leva, la spiegazione sta proprio nell’evoluzione dello stesso concetto di guerra per il quale servivano élites militari di professione, addestrate e formate anche sul piano ideologico. Così, una volta cessata l’attività militare, queste élites avevano una corsia preferenziale per accedere ai concorsi nella PA e non solo nelle forze di polizia. Con la guerra in Ucraina sono cambiati alcuni scenari da cui scaturisce la necessità di avere organici numerosi, da impiegare in guerre logoranti che si trascinano per anni con l’occupazione e il presidio di vaste distese territoriali. Ma è indubbio che la leva svolga anche un ruolo ideologico, di fedeltà passiva all’idea di patria, che poi rappresenta il terreno ideologico sul quale si costruiscono teorie e pratiche militariste e guerrafondaie. In una fase storica come la nostra non ci sono le controindicazioni degli anni Settanta e Ottanta, per capirci quelle ragioni etiche, morali e politiche così forti da favorire la renitenza alla leva, l’obiezione di coscienza e una crescente disaffezione verso la nozione di patria e il ruolo delle forze armate. Anche a destra il fascino per la divisa era entrato in crisi, non c’era più da presidiare i confini difendendoli dalla minaccia dei paesi socialisti. Oggi la Lega avanza una proposta di legge per ripristinare la leva obbligatoria e altre forze di destra si fanno promotrici di analoghe istanze in altri paesi UE. Un servizio di leva per 6 mesi, nella propria Regione di residenza impiegando ragazzi e ragazze di età compresa tra i 18 e i 26 anni. Per gli obiettori di coscienza ci sarà il servizio civile di durata identica occupandosi della tutela del patrimonio culturale e naturale, di soccorso pubblico e Protezione civile. E per chi si sottrarrà alla leva e al servizio civile ci sarà una accusa penale ai sensi dell’articolo 14 della legge 230 del 1998 con la reclusione da sei mesi a due anni. Una proposta più completa della mini-naja proposta da Ignazio La Russa, ma tale da provocare qualche perplessità anche a destra, almeno tra i fautori dell’esercito professionale, convinti che una leva obbligatoria rappresenti un eccessivo incremento delle spese senza portare benefici reali ai dispositivi militari A detta di questi settori sarebbe, invece, auspicabile il modello israeliano con la militarizzazione di tutta la società e la istituzione della Riserva operativa in cui far confluire ex militari che, dopo aver trovato un diverso impiego, sono disponibili a essere richiamati, con giustificazione al lavoro, due o tre mesi all’anno per addestramento o emergenze. Questi riservisti li ritroviamo nell’occupazione di terreni e case palestinesi per favorire gli insediamenti coloniali e, per quanto impopolare sia oggi il premier israeliano nel suo stesso paese, la stragrande maggioranza della popolazione risponde con solerzia alle chiamate del Ministero della difesa Un’ulteriore spiegazione per il ritorno in auge della leva potrebbe essere anche motivata dal continuo e costante calo degli organici militari (dai 190 mila nel 2010 siamo passati a 154 mila nel 2024 e senza arruolamenti ulteriori ci troveremmo da qui a 6\7 anni l’età media delle truppe attorno ai 50 anni) che indurrebbe a mantenere  da una parte l’esercito professionale, ma dall’altra anche qualche forma di leva prolungata, o di riservisti per destinare questi ultimi a operazioni sul territorio nazionale che vanno dall’ordine pubblico alla lotta agli incendi, dalla protezione fino al presidio del territorio ricordando che l’Operazione “Strade sicure”, impiega circa 7mila soldati che poi verranno a mancare in eventuali scenari di guerra. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Ritorno della leva obbligatoria in tutta Europa: cosa aspettarsi dalla corsa al riarmo
Sul finire del secolo scorso, l’esigenza dei paesi NATO era quella di costruire un nuovo modello di difesa con militari di professione, giudicando la leva un antico, e ormai inutile, retaggio del passato. Serviva, insomma, un esercito addestrato, con numeri decisamente inferiori al passato, ma capace di intervenire con efficacia e tempestività. La scarsa motivazione dell’esercito di leva, venuto meno quel clima da opposti schieramenti, anche ideologici, sancito dal lungo secondo dopo guerra, l’evoluzione della tecnologia militare e duale, a partire dalle guerre spaziali degli anni Ottanta, andavano mutando scenari e  priorità. Già 30 anni fa giravano vari studi atti a dimostrare che la leva obbligatoria era fonte di inutile spesa pubblica, non servivano soldati poco motivati e obbligati a mesi nelle caserme, ma forze di pronto intervento rapido da utilizzare negli scenari di guerra e dopo alcuni anni da ricollocare, con corsie preferenziali, negli uffici pubblici. E a quel punto qualche anno da militare di professione spianava la strada anche ad un successivo impiego sicuro, questi erano i presupposti con i quali partiva la campagna per l’esercito professionale 25 anni or sono. Con la fine della Guerra Fredda, nell’arco di pochi anni, quasi tutti i paesi eliminano la leva obbligatoria scegliendo la strada (suggerita dagli USA) delle forze di difesa professionali, iniziano Belgio (1995) e Paesi Bassi (1997) seguiti da innumerevoli paesi per arrivare poi, nel nuovo secolo, ad altre nazioni ossia Germania (2012), Ucraina (2014), Lituania (2015), Lettonia (2023). La leva in realtà nel nostro paese non è stata cancellata, ma solo sospesa e di questo l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università ha ampiamente parlato e scritto negli ultimi mesi, nel frattempo registriamo spinte importanti che vanno nella direzione di ripristinare la obbligatorietà della leva, prevedendo in alcuni casi una scelta tra addestramento militare e un servizio civile. E nazioni come Germania e Polonia da due anni parlano di pianificare l’addestramento militare per i civili per far fronte alla minaccia russa. E questi due paesi sono quelli che maggiormente nel vecchio continente hanno accresciuto le spese belliche in rapporto al loro stesso PIL e nel caso renano sta partendo la riconversione di interi settori dell’economia civile a fini militari, un progetto di economia di guerra sul quale stanno lavorando da un anno. Meno di un anno fa la Polonia annunciava un piano straordinario di addestramento militare a “tutti gli uomini adulti” nell’ottica di costruire un esercito di 500 mila uomini inclusi i riservisti che, sul modello israeliano, diventano sempre più importanti nei futuri scenari militaristi. Se la guerra in Palestina è condotta con ampio utilizzo di tecnologie di ultima generazione e con sistemi all’avanguardia, il conflitto ucraino, per quanto presenti ampio utilizzo di droni e missili, di aerei a guida senza pilota, ha richiesto quantitativi di soldati decisamente maggiori a quelli disponibili, la Russia ha inviato al fronte ex detenuti in cambio della promessa, una volta tornati dalla guerra, di non espiare la pena, in Ucraina i reclutatori dell’esercito costringono giovani ad andare al fronte battendo villaggio per villaggio. In Germania, nel frattempo, si parla di reintroduzione del servizio militare obbligatorio entro la fine dell’anno, in Spagna invece, dove le posizioni sono diametralmente opposte, è iniziata una aspra discussione sulla cultura della sicurezza e della difesa che in soldoni potrebbe portare a rivalutare la leva obbligatoria (con qualche modifica rispetto al passato) da qui a pochissimi anni. Ritorno del servizio militare obbligatorio: più dubbi che certezze – Lavoce.info Servizio militare obbligatorio: Spagna e altri Paesi europei potrebbero ripristinare la leva | EuronewsIl Belgio rilancia il servizio militare volontario: obiettivo 20mila riservisti | Euronews Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università