Militarizzazione della società come risposta alla tenuta di un sistema autoritario e refrattario al dissensoÈ trascorso oltre un anno da quando leggevamo alcune interviste, pubblicate da
quotidiani nazionali come Il Messaggero e Il Foglio, al ministro Giuseppe
Valditara sulla sicurezza nelle scuole, un tema gradito alle destre sociali e
politiche per le quali la risposta resta sempre quella di intensificare la
presenza sistematica delle forze dell’ordine.
Siamo andati a rileggere l’articolo che poi riporta la sintesi del pensiero del
Ministro, e del Governo di cui fa parte, per il quale la risposta al disagio
sociale è sempre di natura securitaria: Valditara sulla sicurezza: “Ipotesi
polizia nelle scuole più a rischio” | Il Foglio
Alle logiche repressive e securitarie vanno aggiunge anche ulteriori
considerazioni e per questo si rende necessaria una premessa partendo dalla
recensione di un libro, edito da Derive Approdi, scritta da Vincenzo Scalia,
docente dell’ateneo di Firenze: «Lo Stato ha utilizzato la ricetta nazionalista
per ricompattare le differenze di classe in senso identitario. Si tratta però di
un processo che si forma in parallelo con un’altra dinamica, vale a dire, quella
della nascita dello Stato-Nazione come entità politica antagonista, progressiva
rispetto alla società e alla politica premoderne, caratterizzate da discrezione,
abusi, privilegi e arbitrio. Un’occhiatina a Foucault e Balibar, da questo punto
di vista, non sarebbe stato male dargliela. L’universalità astratta della
cittadinanza si costituisce all’inizio come ipotesi sovversiva, progressiva,
proprio per cancellare le segmentazioni cetuali tra i cui interstizi prosperava
l’arroganza baronale. È stato in seguito all’affermarsi del capitalismo, e alla
repressione sanguinosa delle ipotesi alternative dei Moro, dei Munzer, dei
Winstanley, dei Buonarroti e delle donne di Salem, dei cangaceiros, dei Nat
Turner, che libertà e uguaglianza si sono identificate con l’homo oeconomicus».
Alla ricerca del maranza perduto. Recensione a Houria Bouteldja, “Maranza di
tutto il mondo, unitevi! Per un’alleanza dei barbari delle periferie”,
DeriveApprodi, 2025 – Nuova serie dei delitti e delle pene
Le osservazioni del prof. Scalia ci porterebbero lontano, tuttavia è necessario
citarle perché accompagnano un argomento particolarmente dibattuto sulla stampa,
sulle emittenti radio e televisive private e di Stato, ore e ore di trasmissione
dedicate ai fenomeni giovanili e metropolitani appositamente confezionati per la
narrazione securitaria delle città ostaggio di bande formate prevalentemente da
giovani immigrati pronti a delinquere, inclini alla violenza gratuita, allo
spaccio, pronti a sovvertire l’ordine costituito rappresentando manovalanza ieri
per l’estremismo politico oggi per il terrorismo islamico. Cambiano i soggetti
ma in fondo l’interesse per le classi sociali meno abbienti, per le devianze
sociali è sempre indirizzato a giustificare percorsi repressivi, in questo
ripetuto schema narrativo non c’è traccia alcuna di una critica al progressivo
indebolimento del welfare, alla scomparsa degli operatori di strada, dei centri
di ascolto, dei punti asl chiusi in questi anni.
Al fine di giustificare la presenza, ormai capillare, delle forze dell’ordine
serve alzare l’asticella della paura e della preoccupazione sociale, l’ordine
pubblico viene sentito in perenne pericolo e sotto minaccia e di conseguenza
cresce l’insicurezza percepita dai cittadini. Se andassimo per le strade a
chiedere ai cittadini quali informazioni hanno del decreto sicurezza le risposte
potrebbero essere sconcertanti, lo sappiamo per esperienza diretta avendone
parlato nei luoghi di lavoro e nelle scuole imbattendoci in una disinformazione
costruita ad arte.
L’inizio di ogni ragionamento dovrebbe partire da ben altri presupposti ossia
chiederci la ragione per la quale i reati nella fascia di età inferiore ai 18
anni sono raddoppiati come il numero dei minorenni detenuti negli istituti
penali tanto da indurre il Governo a costruire nuove strutture. Urge quindi
domandarci la ragione di questi fenomeni ed operare conseguentemente in una
ottica non securitaria e repressiva.
Se la risposta ai reati o alle devianze sociali, alle proteste di piazze o al
dissenso, è quella di costruire nuovi articoli del codice penale e relative
aggravanti si intraprende una strada senza ritorno e arriveremo a considerare la
scuola come il terreno dove misurare l’efficacia della risposta securitaria.
E con questa premessa torniamo alle dichiarazioni di Valditara di cui parlavamo
all’inizio: «Nell’ultimo anno scolastico abbiamo registrato un aumento
significativo di violenze contro professori e presidi” dice il ministro
dell’Istruzione. Il suo obiettivo è riportare dietro ai banchi “il rispetto
delle regole”».
Forse il Ministro non legge i giornali perché dovrebbe riflettere sulla
insicurezza vissuta nelle scuole che cadono a pezzi, una edilizia vecchia e
fatiscente senza manutenzione o pensare ad altri fatti di cronaca, ad esempio
l’intervento del Governo presso l’Inail per assicurare studenti e studentesse
impegnati negli stages scuola -lavoro, crescono considerevolmente i feriti o i
morti nel corso di queste attività. La chiusura delle scuole fuori dagli orari
canonici è accettata di buon grado per ragioni di bilancio magari perché mancano
i soldi per pagare dei supplenti e degli straordinari, palestre, aule,
laboratori non devono essere usufruibili al pomeriggio o alla sera, la scuola
pubblica, per iniziativa ministeriale, smarrisce le sue molteplici funzioni
educative.
Ma invece di pensare alle scuole come ambito di incontro, e anche di scontro,
tra più etnie e classi sociali si pensa a istituti comprensivi assediati dalla
malavita, un immaginario collettivo che ci riporta alle pellicole statunitensi
sul finire degli anni Settanta quando iniziava in quel paese un drastico
ridimensionamento del welfare a favore delle guerre stellari, dei processi di
privatizzazione dell’allora presidente conservatore R. Reagan.
Davanti alla aggressione di studenti o docenti, Valditara non ha dubbi: «Nelle
aree particolarmente a rischio si può immaginare una presenza delle forze
dell’ordine a protezione di alcune scuole». La prima riflessione dovrebbe
partire dal ruolo dell’insegnante caduto da tempo in disgrazia, svilito a colpi
di controriforme che ne hanno seppellito ruolo e funzione sotto una montagna di
adempimenti burocratici a mero discapito del rapporto frontale con le classi.
E le classi pollaio, la scuola azienda erano oggetto di critiche da parte
sindacale come la valutazione attraverso il sistema degli invalsi, a distanza di
anni quel patrimonio critico si è assai affievolito.
E attenzione: la delegittimazione della scuola pubblica va di pari passo con
quella della sanità pubblica alla quale mancano risorse, personale e strumenti
per competere con il privato, una scelta (fallimentare) costruita ad arte per
delegittimare la sanità e l’istruzione pubblica e con esse tutto il personale
della PA mortificandone conoscenze, umanità e professionalità.
Quando Valditara parla di maggiore coinvolgimento delle forze dell’ordine negli
istituti fino all’adozione di metal detector intende ben altro ossia lanciare un
messaggio chiaro: la scuola è assediata dalla criminalità, la situazione sociale
è fuori controllo, è bene ripristinare delle regole e chi meglio delle forze
dell’ordine potrà farlo?
E da qui la presenza di uomini e donne in divisa in molteplici vesti, in primis
di educatori ed insegnanti fino al ripristino del voto in condotta che riporta
indietro la scuola a quando si praticava la pedagogia, si fa per dire, della
cieca obbedienza.
Per drammatizzare il messaggio e la situazione vengono sapientemente scelti
alcuni episodi e narrati a mezzo stampa per giustificare la strisciante opera di
militarizzazione delle scuole, degli ospedali e della società. Il ruolo dei
sindacati diventa dirimente, ad esempio le continue richieste di prevenire, a
ragione, aggressione al personale della Pubblica Amministrazione, offre ai
Governanti di turno soluzioni immediate e securitarie.
Le aggressioni ai docenti e agli operatori sanitari avvengono non solo in
contesti degradati nei quali la presenza dello Stato si limita all’azione
repressiva delle forze dell’ordine ma in situazioni nelle quali un paziente può
restare sulla barella del pronto soccorso ore e ore in attesa di cure solo per
mancanza di personale, per locali non idonei.
E sul modello del pacchetto sicurezza si pensa di aumentare le sanzioni e le
pene per chi aggredisce il corpo docente per “riportare nelle scuole il
principio del rispetto delle regole” prima ancora di avere valorizzato il ruolo
sociale ed educativo della docenza rilanciando la scuola pubblica come strumento
di emancipazione anche sociale.
In un paese nel quale l’ascensore sociale è fermo da lustri e le risposte al
disagio sociale sono quasi solo di natura securitaria c’è da attendersi questo e
altro, ad esempio se la via del Riarmo diventa dirimente per il futuro del paese
urge abituarsi alle divise e alla normalità della guerra, a un futuro nel quale
anche il disagio e le rivendicazioni sociali e politiche rappresenteranno una
sorta di lusso intollerabile e insostenibile. E la repressione del cosiddetto
nemico interno, una repressione preventiva per chiudere il cerchio della
narrazione securitaria tra voto in condotta, soluzioni repressive e
militarizzazione del corpo sociale utilizzando innumerevoli messaggi social che
vedono la presenza, ormai asfissiante, delle forze dell’ordine in veste di
educatori su qualsiasi materia, modelli di educazione civica per militarizzare
l’immaginario collettivo. E questa strisciante opera di omologazione diventa
determinante nell’attuale contesto storico con il riarmo europeo, l’aumento
della spesa militare a discapito di quella sociale, alla idea che un continente
di guerra e in guerra debba essere in grado di affrontare un fronte doppio,
quello interno (contro le devianze sociali) ed esterno. Siamo davanti a un
modello sociale senza ritorno rispetto al quale non bastano risposte parziali
che poi sono incapaci di cogliere l’ampiezza del problema.
Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle
università