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Molfest 2025, Festival della cultura POP e cosplay a Molfetta: ma che ci fanno le Forze Armate?
Si è aperta ieri, venerdì 27 giugno 2025, a Molfetta in provincia di Bari il Molfest, il Festival della Cultura POP e del cosplay, che proseguirà per tre giorni tra stand, spettacoli in costume e stage in giro per le strade e le piazze principali della città. Si presuppone che nell’arco dei tre giorni l’iniziativa richiami migliaia di adolescenti e giovani da tutto il Mezzogiorno, attratti e attratte dalla moda del momento, cioè dai travestimenti aventi come tema i personaggi dei cartoni animati, dei fumetti, dei videogiochi e dei manga, i famosi anime giapponesi. Il Festival è patrocinato dalla Città di Molfetta e ha come partners Radio Norba, il più grande network radiotelevisivo del Sud, Junior TV e Super Six, canali tematici per bambine e bambine, insieme al CNR e a tante altre aziende di videogiochi e realtà legate al mondo giovanile dei fumetti. Tra gli espositori, invece, figurano nell’apposita pagina del sito (clicca qui) aziende di abbigliamento, di giochi da tavolo, carte collezionabili, accessori, fumetti, videogiochi, case editrici, tatuaggi, maglie ispirate ai manga giapponesi, il tutto per affascinare i ragazzi e le ragazze. Eppure, senza figurare tra i partner e gli espositori, il Molfest, il Festival della cultura POP risulta costellato di stand delle Forze Armate, dalla Marina Militare all’Aeronautica, all’Esercito alla Polizia Penitenziaria, che occupano nel complesso un’area maggiore rispetto agli altri spazi dedicati allo specifico argomento del Festival, una sproporzione che è sintomatica del clima guerrafondaio che stiamo vivendo in questi ultimi giorni con il Governo che obbedisce al diktat della NATO e aumenta la spesa per la difesa al 5% del PIL nazionale. Ma, quindi, cosa ci fanno le Forze Armate al Molfest, il Festival della cultura POP con tantittime/i bambine/i nei loro stand? Perché un tale sfoggio di divise e simulatori di strumenti di morte, come cacciabombardieri, portaerei, elicotteri, visori, largamente sponsorizzati da Leonardo SpA, la maggiore industria di costruzione ed esportazione di mezzi di guerra? In tempi di totale disimpegno morale, di generale indifferenza nei confronti dei massacri e dei genocidi in corso per mano di governi fanatici e di militari fuori controllo, qual è il rapporto tra la cultura POP e le Forze Armate? In realtà, le risposte circostanziate ai nostri interrogativi, e questo capita ormai da molto tempo, rimarranno inevase, giacché l’unico motivo per cui le Forze Armate sono presenti in tutte le manifestazioni in cui accorrono i/le giovani obbedisce ad un progetto ben definito, esplicitato chiaramente nel Programma di Comunicazione del Ministero della Difesa del 2019 (clicca qui per il documento) e anche in quello più recente del 2025 (clicca qui per il documento), in cui risulta chiaro l’obiettivo delle Forze Armate, cioè quello di aggredire tutti gli spazi, dalle scuole alle manifestazioni pubbliche in cui sono presenti i/le giovani e presentare la prospettiva di arruolamento, dal momento che, come afferma anche il generale Leonardo Tricarico, «Se venissimo attaccati non potremmo difenderci. I nostri militari? Non bastano». Sono anni, ormai, che come Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denunciamo questa indebita invasione di spazi pubblici della società civile per fare reclutamento e presentare, come scrivono nei loro documenti, «la Difesa e le Forze Armate come elementi essenziali del sistema nazionale e internazionale di sicurezza, al servizio della protezione delle nostre libertà», legittimando uno slogan, ormai diventato istituzionale, secondo il quale «Si vis pacem, para bellum». E, in particolare, la presenza delle Forze Armate al Molfest rientra in una delle “azioni specifiche” del Programma di Comunicazione 2025, infatti: «Per azioni specifiche si intendono le iniziative di comunicazione con cui il Dicastero intende proiettarsi all’esterno. Si continueranno ad utilizzare i tradizionali canali di interazione, ma per tutti vale il tassativo indirizzo che su questi canali, sempre, si dovrà far riferimento a un’unica realtà identitaria che si sintetizza con il termine “DIFESA”. In particolare i canali sono: eventi e attività aperti alla partecipazione della società civile, quali saloni, mostre, convegni, incontri culturali, seminari nelle scuole, ecc. continueranno a svolgere una funzione importante quali occasioni per esprimere le eccellenze peculiari della Difesa. Le manifestazioni di interesse dovranno essere individuate sulla base di criteri che tengano conto di idonei criteri tematici, geografici e temporali, della reputazione delle società organizzatrici, della pertinenza dei contenuti e dell’adeguatezza dei contesti di svolgimento». Prepariamoci, dunque, in tutti gli spazi e in tutti i settori della società civile a questa subdola e aggressiva strategia di comunicazione delle Forze Armate, compatte sotto “l’identità linguistica” #DIFESA, che, mentre mostra gli aspetti più ludici e accattivanti della strumentazione a loro disposizione, contribuiscono a normalizzare l’universo simbolico che legittima le guerre che domani i nostri figli e le nostre figlie affronteranno, giacché quello del 5% del PIL nazionale non è che un investimento economico che dovrà, in qualche modo, dare i suoi frutti. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Puglia
Incontri sulle devianze giovanili con i Carabinieri: rischio militarizzazione nelle scuole di Napoli
Alla fine dell’anno scolastico appena terminato, il 3 giugno 2025 dalle 9:00 alle 11:00, si è tenuto presso uno storico Liceo del centro di Napoli, il Liceo Statale “Antonio Genovesi”, un incontro rivolto agli studenti e alle studentesse delle prime classi sul tema delle devianze giovanili dal titolo “Oltre il limite. Quando le scelta diventa rischio”, presentato come «un dialogo aperto sulle devianze giovanili e il loro significato. Confronto tra dimensione psicologica, responsabilità legale e prevenzione educativa». Dell’evento, qualche giorno dopo, è scomparsa traccia dal sito dell’Istituto e una ricerca sui più diffusi motori di ricerca, anche tramite immagine, non ha dato risultati; resta quindi solo una foto scattata alla locandina che è stata affissa sul portone della scuola e la testimonianza di alcune persone che l’hanno vista e di una nostra attivista che ne ha parlato con degli studenti e le studentesse all’ingresso della scuola. I relatori dell’iniziativa? Oltre al Dirigente Scolastico per i saluti istituzionali di rito e una docente – si presume dell’Istituto – in qualità di moderatrice, tutti i tre interventi sono a cura di “esperti” dell’Arma dei Carabinieri. Colpisce in particolare che il primo dei tre sia il Comandante del Nucleo di Psicologia della Legione Carabinieri della Campania. Perché uno psicologo interno alle Forze Armate dovrebbe essere preferibile, per dialogare coi giovani all’interno di una scuola, ad un altrə professionista? Quale ragione sta dietro a tale scelta? Per noi dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università il fatto che dei professionisti siano interni ad un corpo militare fa assumere di fatto all’iniziativa un’impostazione diversa da quella che avrebbe con esperti della società civile, improntata a un paradigma securitario, basato cioè sulla norma e la punizione prevista per chi la infrange; un paradigma lontanissimo da quello educativo, che dovrebbe prevedere il dialogo, il pluralismo, la costruzione condivisa di saperi e di valori e una motivazione intrinseca alla base dell’elaborazione personale, da parte degli educandi, di questi ultimi. Nel caso specifico, sul delicato e scivoloso tema delle devianze giovanili (devianze da cosa? da quale norma?) – e in particolare in una città come Napoli e in tempi di “Decreto Caivano” e “Decreto Sicurezza” – ci chiediamo quale dialogo aperto possa essere stato intessuto con gli/le studenti/studentesse da esperti con l’arma d’ordinanza nella fondina. Un altro aspetto di questa iniziativa, ancora poco diffuso e che ci pare assai preoccupante, è la presenza non di semplici Carabinieri, ma di esponenti delle professioni – proprio di quelle professioni che secondo noi sarebbero da preferire ai militari nella scelta di eventuali esperti esterni che intervengano nelle scuole -,  ma interni all’Arma dei Carabinieri. Questo fatto testimonia della crescente militarizzazione delle professioni, evidente anche in alcuni percorsi universitari e post universitari che vengono attivati in alcune facoltà, come ad esempio il master in psicologia militare dell’Università La sapienza di Roma (https://www.uniroma1.it/it/offerta-formativa/master/2025/psicologia-militare). Anche in altre parti d’Italia abbiamo testimonianze di giovani studenti e studentesse che dichiarano di voler lavorare, ad esempio, come biologa/o al RIS di Parma dei Carabinieri oppure psicologa/o nell’ufficio reclutamento della Marina Militare. Il fatto che si stia diffondendo un’attitudine a legare alcune occupazioni alla divisa e quindi all’attività lavorativa nelle Forze Armate è secondo noi il segno evidente che è in atto un tentativo di sovrapposizione tra il mondo civile e quello militare, atto a persuadere che tra l’uno e l’altro non ci sia nessuna differenza; di più: la presenza di queste professionalità nelle iniziative nelle scuole ha come obiettivo quello di aumentare la fascinazione dei giovani per la divisa, come se il mondo militare fosse un luogo in cui tutte le inclinazioni personali e le aspirazioni possono trovare spazio. In territori ad alto tasso di disoccupazione giovanile come il sud Italia, in cui la carriera militare è già vista come una delle poche possibilità di impiego sicuro, ora promette anche la possibilità di realizzarsi in molti campi diversi. Noi crediamo che questa promessa sia ingannevole e vogliamo scuole libere da questa propaganda! È evidente che un professionista stipendiato dal Ministero della Difesa non è più un libero professionista, ma ha l’obbligo di fare gli interessi e di veicolare la cosiddetta “cultura della Difesa”. Alcuni liberi professionisti, come avvocati o psicologi, se assunti da un’azienda devono uscire dall’ordine professionale, a garanzia dell’indipendenza e dell’autonomia che deve caratterizzare queste professioni. Perché, quando si è stipendiati dal Ministero della Difesa e a maggior ragione nel clima culturale denso di militarismo di questi anni, si vorrebbe far credere ai più giovani e alle comunità scolastiche tutte, che questi professionisti in divisa siano davvero liberi nei contesti educativi, e che facciano qualcosa di diverso dal veicolare il militarismo e i suoi valori? Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Napoli
IC S. Giovanni Bosco di Isernia festeggia il 211° annuale di Fondazione dell’Arma dei Carabinieri: perché?
Il sito web dell’istituto comprensivo S. Giovanni Bosco di Isernia apre così: «Il coro “Piccole Voci InCanto” dell’Istituto Comprensivo “San Giovanni Bosco” è onorato di intonare l’inno di Mameli alla celebrazione del 211° Annuale di Fondazione dell’Arma dei Carabinieri. Un ringraziamento particolare al Comandante dell’Arma il tenente colonnello Fabrizio Coppolino e di tutti i suoi collaboratori che con generosa accoglienza si è prodigato affinché fossero presenti le voci dei nostri alunni che hanno riscosso un caloroso plauso». Passi per l’intonare l’inno di Mameli in piazza per una qualche ricorrenza, ma che lo si faccia per celebrare uno dei tanti annuali di fondazione dell’Arma dei Carabinieri che per definizione si celebra appunto ogni anno risulta oltremodo misterioso quantomeno sul piano pedagogico ed educativo. Non sorprende, invece, se anche questa attività apparentemente innocente e goliardica nonché festosa sia inquadrata in una strategia più ampia di tipo propagandistico, volta a coinvolgere sempre di più e partendo dalle fasce di età sempre più prossime all’infanzia, la gioventù italiana intorno al concetto di difesa e protezione grazie alle forze dell’ordine o alle forze armate: ogni occasione, dunque, è buona. Il fatto di iniziare fin da piccoli il grande gioco della normalizzazione della “divisa” sempre più presente nelle nostre vite quotidiane, a partire da queste iniziative appunto, all’intervento all’interno delle scuole, agli open-day, alle innumerevoli serie TV, ai fumetti, ecc. ecc. da cosa nasce? Forse dall’esigenza di fare introiettare nel profondo dei giovani questa visione legalitaria, giustizialista e militaresca della convivenza civile che passa, per prima cosa, dal rispetto delle norme e poi semmai e solo in seconda battuta, dalla consapevolezza dei proprie diritti e delle modalità per difenderli? Probabilmente sì, perché le ultime indagini su campioni di giovani e meno giovani vede la percentuale di chi è disposto a dare la vita per la “patria” scendere di pari passo all’età degli intervistati. Secondo un sondaggio Gallup del 2024 solo il 14% sarebbe disposto a combattere per il proprio paese mentre il 78% si rifiuterebbe categoricamente. Scendendo alle fasce giovanili, YouTrend per SkyTg24 ci consegna un dato eclatante rispetto all’ipotesi di servizio militare obbligatorio: il 55% tra i 18 e i 35 anni è contrario e solo il 36% è favorevole. In sintesi, il “sacrificio estremo”, coinvolge non più del 20% dei giovani “arruolabili”. La propaganda militare quindi deve dare fiato alle trombe e mettere al massimo i propri motori facendo leva anche su una parvenza di parità di genere coinvolgendo al figura femminile sempre più spesso presa in prestito per ingentilire la figura militare, soprattutto nei confronti dei più piccoli: non è sorprendente, infatti, che per la prima volta la figura centrale del carosello dei Carabinieri sia appunto una carabiniera. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Rally di Sardegna 2025: c’è anche la Polizia Penitenziaria per la propaganda
«È da un paio d’anni che siamo presenti con il nostro stand al Rally della Sardegna – ci ha spiegato un agente di polizia penitenziaria, seduto sotto il gazebo, in attesa di visitatori, preferibilmente bambini ai quali viene destinato il privilegio di indossare il casco antisommossa – il motivo è perché dobbiamo far capire a tutta la popolazione che siamo presenti con diversi compiti all’interno della società ma soprattutto perché vogliamo rendere conto di come vengono spesi i soldi delle tasse». Mentre rispondeva alle domande, si fa avanti un genitore che entusista, propone al proprio figlio, di indossare il casco antisommossa che viene posizionato dalle rassicuranti ed accudenti mani di un’agente di polizia penitenziaria che, ricordiamolo, all’interno del Corpo penitenziario, rappresenta una ristretta minoranza non superiore al 20% ed è entrata in servizio solo nei primi anni ’90. Le stesse motivazioni ce le hanno fornite i militari dell’esercito, nello stand poco più avanti, dove fanno bella mostra di sé un autoblindo lince della Iveco, una tenuta mimetica per la dissimulazione del militare nelle operazioni nelle foreste e macchia mediterranea, una tenda mimetica con accanto alla razione di sopravvivenza per le esercitazioni outdoor. «Questo autoblindo non è un veicolo di guerra semmai è un veicolo utilizzato in teatri di guerra – ha risposto il militare alla domanda sul perché di questa presenza anomala all’interno di una competizione rallyistica – e noi qui non facciamo propaganda perché sono i genitori stessi che ci portano i loro figli quindi la domanda sui motivi per cui desiderano salire sull’autoblindola posta a loro prima che a noi. Per i bambini, il infatti, salire su un autoblindo e come fare un gioco”. Il tentativo di dialogo basato sul concetto chiaro e semplice di un’offerta, anomala come quella, che di per sé, può creare, in un contesto sportivo-avventuroso, l’offerta (il/la bambina/o) non va molto oltre la classica risposta stereotipata basata sul luogo comune che la pace va difesa con le armi e che “se qualcuno ci attacca dobbiamo difenderci». Più avanti, allo stand della Polizia stradale, staziona la solita Lamborghini, ma fatto un po’ più sorprendente, c’è anche un parco macchinine elettriche di diverse tipologie, destinate proprio ai bambini, per l’educazione stradale. «Siamo noi della Polizia Stradale, i più esperti a fare educazione stradale ai bambini» – sottolinea un’agente donna che ci viene incontro rispondendo al motivo per cui non era presente il Ministero dei trasporti e delle infrastrutture oppure dell’ACI. Intavolando poi il discorso sul nuovo codice della strada e virando, lentamente, verso la polemica inerente la persistenza di sostanze da THC nel sangue anche a distanza di giorni, veniamo a sapere di una recentissima indagine scientifica che puntualizza ancora una volta tutti i danni da uso di cannabis addirittura sulla “memoria a breve”. Tocchiamo quindi con mano la svolta proibizionista inerente alcune sostanze stupefacenti messe sullo stesso piano di tante altre obiettivamente più pericolose e che ha come braccio armato tutte le forze dell’ordine e in questo caso quelle che possono incidere anche sul comune cittadino nel momento in cui viene fermato, per strada per un semplice controllo della Polizia Stradale. Non è stato sempre così: la presenza di forze dell’ordine e di forze armate in manifestazioni sportive culturali o artistiche, ha subito un’accelerazione di lungo periodo negli ultimi dieci anni e per alcuni corpi d’armata e di forze dell’ordine “particolari” negli ultimissimi tre o quattro anni. Ne è un esempio concreto la presenza dello stand della polizia penitenziaria alla competizione realistica annuale ad Olbia con sede di partenza ad Olbia. Lo stand oltre alle macchine di servizio e i furgoni per la traduzione del detenuto o per il trasporto di cani antidroga ad Olbia metteva in bella mostra anche un manichino con l’attrezzatura inquietante e le parti speciali (GOM) in tenuta antisommossa. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
InternationalistStandpoint: The spectre of militarism is haunting Europe
BY MARCO VERUGGIO PUBLISHED ON WWW.INTERNATIONLISTSTANDPOIND.ORG ON MAY 29, 2025 Ospitiamo con piacere sul nostro sito l’interessante articolo pubblicato da Marco Veruggio sulla Rivista internazionale Internationalist Standapoint, il 29 maggio 2025 in cui viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. «The Observatory against the Militarization of Schools and Universities, created by grassroots unions together with Pax Christi (a group of peace activists with a catholic background) after the invasion of Ukraine in 2022, has brought together hundreds of teachers and activists. It has been denouncing the intervention of the military in classrooms on a daily basis and promoting debates across Italy and has become an important point of reference for those fighting against militarist propaganda among the youth...continua a leggere su www.internationaliststandpoint.org.
Cremona, Festa della Repubblica: il reggimento Tuscania cerca adepti
In occasione delle celebrazioni per il 79esimo anniversario della nascita della Repubblica, la città di Cremona è stata teatro di una scenografica esibizione dei paracadutisti del 1^ Reggimento Tuscania dei Carabinieri, che sono atterrati “in caduta libera” nella centrale piazza Stradivari, gremita di persone, portando con sé un gigantesco tricolore di 70 metri quadrati, successivamente consegnato al prefetto. La manifestazione, organizzata dal Comune di Cremona, ha altresì previsto l’allestimento, in piazza Roma, di una serie di stand a cura di Polizia di Stato, Arma dei Carabinieri, Guardia di Finanza, Esercito, Polizia Penitenziaria, nonché un’esibizione del Decimo Reggimento del Genio Guastatori dell’Esercito. Il reggimento Tuscania è un’unità dei Carabinieri con una lunga tradizione nel paracadutismo, non solo militare, ma anche sportivo. Al reggimento viene però riconosciuto un forte coinvolgimento nella cd. “terza dimensione” dell’azione militare, ovvero quella dello spazio aereo, con azioni di intelligence, supporto al fuoco nel corso di operazioni di guerra e identificazione di potenziali obiettivi militari. La sua attività si configura, in altre parole, come un particolare esempio di dual use civile-militare. La comunicazione pubblica dell’evento, a cura soprattutto dei media locali, ha infatti posto l’accento soprattutto sul paracadutismo come disciplina sportiva in ambito agonistico, evidenziando il ricco medagliere conquistato dagli “atleti” nel corso di prestigiose competizioni internazionali e sottolineando i requisiti richiesti a giovani eventualmente desiderosi di entrare a far parte del reggimento: preparazione fisica, forza di volontà, tenacia, elasticità mentale, capacità di lavorare in team, spirito di sacrificio.   La rilevanza assunta dall’evento, anche in virtù del suo carattere altamente spettacolare e della comunicazione mediatica di cui è stato fatto oggetto, costituisce un ulteriore capitolo della strategia di promozione del ruolo delle forze armate, tesa ad attrarre nei propri ranghi soprattutto esponenti delle generazioni più giovani. In tale quadro, si può inserire anche l’istituzione della figura del Carabiniere ausiliare volontario, recentemente annunciata dal comandante generale dell’Arma Salvatore Luongo, al festival dell’Economia di Trento, al fine di ovviare al decremento degli arruolamenti, in parte dipendente dal calo demografico (Per i Carabinieri investimento sui giovani tra i 18 e i 24 anni – Il Sole 24 ORE). Osservatorio contro la militarizzazione elle scuole e delle università
Come ti ripulisco l’immagine del poliziotto: Polizia Ferroviaria al Magicland
Il 21 maggio 2025 nella Disneyland “de noantri”, MagicLand, dove il divertimento dei piccoli è giusto accanto a quello dei loro genitori, cioè l’Outlet di Valmontone, si è tenuta una delle due giornate della fiera delle guardie, lo “School-Day” (21 maggio e 5 giugno): accanto a montagne russe, castelli incantati e giardini degli orrori, hanno stazionato almeno una trentina di mezzi delle varie forze dell’ordine coi lampeggianti rigorosamente accesi. Tra questi, ad attirare genitori e figli, spiccava, facendo bella mostra di sé all’ingresso del parco, la “Pantera” della Lamborghini, diventata nota più che per quei dieci viaggi a tutta birra all’anno per portare organi da trapiantare, per aver dato un passaggio alla befana poliziotta che rendeva visita, calze alla mano e pistola nella fondina, ai bambini malati oncologici del Policlinico Gemelli di Roma. Col processo di militarizzazione in atto, sociale, culturale e pedagogico, gli stand che fanno propaganda e a tempo perso, anche una qualche forma di educazione, sebbene con un approccio basato sempre sulla deterrenza e repressione, non ci sorprendono più di tanto. Uno di questi però, ha attirato in modo particolare la nostra attenzione, perché era targato Polizia Ferroviaria: cosa ci faceva una specializzazione della polizia così residuale all’interno di un evento che pretendeva goffamente di essere educativo? Nulla! O, meglio, le indicazioni banali, ridondanti ma soprattutto inutili, perché rivolte ad un pubblico di bambin3 della primaria che notoriamente non vanno in stazione e prendere il treno da soli, avevano in realtà uno scopo sotterraneo più che valido e tutto a favore delle forze dell’ ordine (e di repressione). La risposta del poliziotto alla nostra obiezione che chiedeva conto del motivo per cui, invece di chiamare un capostazione o un ferroviere, per parlare appunto dei pericoli nell’attraversare i binari oppure la striscia gialla all’arrivo del treno o di buttare bottigliette dal finestrino, non ci ha convinto: «È proprio grazie alla nostra costante sorveglianza – ci ha spiegato, infatti, con non molta convinzione il poliziotto – che non accadono incidenti». In realtà, questa presunta costante ed attenta presenza della Polfer lungo le banchine dei treni non ha impedito, per esempio nel 2019, a 165 persone di suicidarsi e a 176 di farlo due anni prima. In realtà, la spiegazione va ricercata andando a ripescare i fatti accaduti il 20 ottobre dell’anno scorso nei pressi della stazione Porta Nuova di Verona. Il ventiseienne Moussa Diarra, originario del Mali, venne raggiunto da tre proiettili tutti sparati ad altezza d’uomo, di cui uno fatale in pieno petto. La tragica storia di Mussa iniziava a dieci anni prima, con l’odissea di un viaggio che passando dall’inferno della Libia lo portò a Lampedusa. Da lì è stato tutto un susseguirsi di atrocità burocratiche di tipo kafkiano, fatto di permessi di soggiorno che scadevano poco prima di essere ritirati negli uffici della questura e tanti altri percorsi ad ostacoli fino ad arrivare a uno stato di esaurimento nervoso che lo portò quel giorno ad aggirarsi per ore a partire dall’alba in preda ai deliri. A nessuno venne in mente di chiamare un’ambulanza, ma in compenso qualcuno dimenticò di riparare proprio quelle telecamere che avrebbero potuto inquadrare la tragica scena in modo adeguato. Il giorno dopo si assistette ad un capolavoro inedito delle istituzioni poliziesche e giudiziarie della città scaligera: un comunicato stampa congiunto, Procura-Questura che attribuiva in tempi record le cause dell’accaduto ad una legittima difesa a causa di un’aggressione con arma da taglio. La Procura di Verona affida le indagini alla Polizia di Stato per indagare su fatti commessi dalla Polizia di Stato. Per fortuna, il caso che da subito si preannunciava ad altissimo rischio di insabbiamento, è stato preso in carico, sul versante della difesa, da Fabio Anselmo, l’avvocato, tra gli altri di Stefano Cucchi, Federico Aldovrandi e Giuseppe Uva. L’immarcescibile teoria delle “poche mele marce”, quindi, passa anche attraverso l’indottrinamento delle piccole menti, fortemente ricettive, di bambine e bambini, soprattutto se immerse in un contesto ludico e coinvolgente come quello di un parco giochi all’americana come MagicLand. Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle Scuole e delle Università
Obiettivi di fine legislatura: aumento spese militari e centralità della “cultura della difesa”
Una nota Ansa parla di un report di 33 pagine, documento datato 8 maggio a cura del Ministero della Difesa, per delineare il programma e gli obiettivi da perseguire fino al termine della legislatura. La cultura della difesa, l’idea e la difesa della patria sono i pilastri culturali ed ideologici del Ministro Guido Crosetto, dietro a cui si celano ben altri, e rilevanti, interessi: il connubio tra ricerca e industria civile e militare, la riforma delle forze armate con la istituzione di una riserva sul modello Israeliano per coinvolgere anche chi è “privo di pregresse esperienze militari” fino ai progetti di riconversione a fini militari di settori industriali. Ed è innegabile l’attenzione del Governo verso le industrie produttrici di armi divenute una sorta di vanto del Made in Italy a sostituire la moda, l’artigianato o qualche prodotto di nicchia destinato ai mercati ricchi del globo. In attesa di conoscere il testo possiamo tuttavia trarre esaustive informazioni da precedenti interviste ed esternazioni del Ministro Crosetto, da documenti e discorsi ufficiali, da articoli sulla stampa o dagli interventi parlamentari per capire il veloce riposizionamento dell’Italia all’indomani degli incontri tra Meloni e Trump. Per esigenze di sintesi e di efficacia della comunicazione ci soffermeremo solo su alcune questioni * Dopo mesi di interviste e di dichiarazioni in apparenza contraddittorie la verità viene finalmente a galla, si conferma il ruolo nevralgico della NATO (per quanto ne dicano quei settori contro la guerra che sulla NATO non prendono mai posizione per opportunismo e comodità politica) e la necessità che l’Italia, al suo interno, acquisti peso assumendosi l’onere di intensificare la presenza di truppe nelle missioni all’estero, ma anche attraverso investimenti veri e propri come il rapido raggiungimento del 2% del PIL per spesa militare (10 miliardi) grazie anche allo “scorporo dai vincoli di bilancio europei”. Cannoni e non burro, deroghe alle norme di bilancio comunitarie per scorporare le spese militari, ma allo stesso tempo occultando che queste crescenti spese saranno finanziabili solo con tagli allo stato sociale. Citiamo a tal riguardo un documento ufficiale «La terza condizione è che si raggiunga il traguardo del 2% in termini di Rapporto tra le Spese della Difesa e PIL, confermato da tutti i governi, e quello attuale non fa eccezione. L’impegno del governo segue il trend già previsto dai precedenti. Di fronte alle difficoltà economiche generali e rispetto al superamento di tali condizioni, un importante risultato è stato già raggiunto ed è rappresentato dallo scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di bilancio dai vincoli imposti dal Patto di stabilità. Tale traguardo è il frutto di una incalzante e instancabile azione del Vertice del Dicastero. Lo scorporo delle spese della Difesa dai vincoli di bilancio è, di fatto, “l’unico modo per non togliere risorse a interventi sociali”, come aveva spiegato lo stesso Ministro in audizione alle Camere. L’impegno del 2% assunto nel 2014 è ormai considerato dall’Alleanza Atlantica un punto di partenza, con numerosi Paesi che già spingono per superarlo. L’Italia si è impegnata a raggiungere tale traguardo entro la fine del 2028, pur nella consapevolezza che il percorso sarà impegnativo». Programma di Comunicazione MD 2025; * In attesa della pubblicazione di queste 33 paginette cogliamo il reiterato, e servile, impegno al raggiungimento del 2% per spese militari, se poi volessimo conoscere nel dettaglio la cultura della difesa e la ideologia della patria basta leggersi le “Linee programmatiche del Ministro della Difesa” (2023) , il “Documento programmatico pluriennale per la Difesa per il triennio 2024 – 2026”  o il programma di comunicazione della Difesa che poi è la fonte ispiratrice di queste nostre considerazioni (Programma di Comunicazione MD 2025); * La strategia comunicativa del Ministero della difesa parte quindi da un presupposto ben preciso: la nozione della difesa prevede ambiti in cui muoversi assai vasti nonchè interventi complessi che vanno dalla ricerca all’economia, dalla comunicazione spicciola a interventi a tutela della sicurezza nazionale ed internazionale, non esiste campo in cui la cultura della difesa non possa inserirsi, concedere patrocini, promuovere iniziative pubbliche, costruire collaborazioni editoriali, cinematografiche, occupare ogni spazio comunicativo e sociale è diventato dirimente a partire dalla spasmodica attenzione riservata alle scuole di ogni ordine e grado. E le giornate ufficiali istituite dalla Repubblica si prestano come occasioni propizie per affermare la cultura della patria e della difesa in una azione costante di legittimazione del militarismo e di affermazione dei suoi valori che necessita anche di parziali riscritture della storia passata; * Siamo lontani anni luce da un’idea della difesa ancorata ai valori e alle pratiche di un tempo, uniti nella diversità significa legare la società civile e la scuola alle forze armate o piegare la ricerca a fini duali che alla fine vanno a indirizzare la ricerca stessa a finalità di guerra. Il militare del presente e del futuro non è quello nostalgico del ventennio, del nonnismo e delle soluzioni autoritarie, ma il militare attento alla diversità, sensibile all’ambiente (nel potenziamento delle basi militari troverete progetti ecologici come l’uso di pannelli solari, il riciclo delle acque, il tema della riduzione nel consumo di suolo o del risparmio energetico fino alla tutela della biodiversità), esperto in comunicazione, rispettoso dei dettami costituzionali debitamente depurati da ogni forma di pacifismo avanzato, il militare che sa andare nelle scuole interagendo con alunni e docenti attraverso progetti civici. Ma alla fin fine il militarismo esce sempre fuori e con esso l’idea di una società della sorveglianza nella quale gli spazi di democrazia reale vengono compressi in nome della sicurezza nazionale e internazionale; * Non è facile convincere una opinione pubblica acritica e refrattaria a ogni approfondimento e discussione che sotto i suoi occhi sta crescendo una pratica militarista nella società assumendo sembianze, caratteristiche e funzioni in apparenza innovative e civili. Non ci aiuta una stampa becera e asservita ai poteri economici e finanziari dominanti, una stampa che alla fine svolge il mero ruolo di cassa di risonanza del potere politico. Prendiamo ad esempio il concetto della Difesa al servizio del paese. Parliamo di: “funzioni industriali” “funzioni sanitarie”, “funzioni formative” “funzioni giurisdizionali, “funzioni di ricerca, sviluppo e innovazione” . Se si vuole comprendere il ruolo odierno delle Forze armate diventa imprescindibile addentrarsi in queste articolate connotazioni che poi sono elementi fondanti  della “Cultura della Difesa”. Emerge non solo la necessità di connettere il militare ad ogni sfera della società e dell’economia ma traspare il fondamentale ruolo della comunicazione istituzionale e non. Il rapporto tra ricerca e industria civile e militare diventa sempre più stringente, prova ne sia la presenza di Fondazioni e aziende dentro gli atenei e le scuole con finalità molteplici, alla occorrenza anche nella veste di finanziatori della scuola pubblica visti i crescenti disinvestimenti Governativi. Quando si parla di autonomia scientifica e tecnologica all’interno di un documento dedicato alla cultura della difesa è evidente che siamo andati assai avanti nell’opera di piegare la ricerca e lo studio a fini di guerra.  Leggiamo testualmente: «Si dovrà partire dal rafforzamento delle sinergie tra il mondo accademico, i centri di ricerca e il comparto industriale, non trascurando le piccole e medie imprese, le Start-Up e i gruppi informali di esperti. Occorre valorizzare al massimo le collaborazioni con il mondo accademico e quello industriale, evitando la dispersione di energie ed incoraggiando gli sforzi dell’industria verso la messa a punto di prodotti ad elevato potenziale di mercato e di reale interesse per lo Stato. È necessario, inoltre, sviluppare un piano per il supporto dell’Industria nazionale, anche attraverso l’applicazione in ambito Difesa dei Poteri Speciali, la cosiddetta Golden Power, finalizzati alla tutela di asset e know-how strategici nazionali che, dato il contesto globale sempre più complesso e ibrido, sono oggi più che mai a fortissimo rischio di ingerenza straniera. Parte di questo piano sarà anche il rafforzamento degli accordi Gov-to-Gov, per aumentare la rilevanza del nostro export, colmando il divario commerciale e industriale nel confronto con altri Paesi. L’industria della Difesa dovrà diventare una leva ad alto contenuto tecnologico che possa abilitare le Forze Armate ad operare in modo predittivo in tutti i futuri scenari di crisi. Programma di Comunicazione MD 2025 Quando leggiamo della presenza di aziende produttrici di armi e di militari nelle scuole non soffermiamoci alle note ufficiali, ma interroghiamo a fondo le trasformazioni in atto, riflettiamo su quanto accade sotto i nostri occhi, sulle finalità di questa onnipresente cultura della difesa domandandoci quali saranno gli effetti sulla nostra società. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Sulle montagne del Piemonte la polizia insegna alle scuole dell’infanzia il controllo delle frontiere
A Robilante, località di tradizione occitana in provincia di Cuneo, quasi al confine con la Francia, le maestre della scuola per l’infanzia hanno condotto i bambini e le bambine a fare le/gli “agenti per un giorno” per imparare dalla polizia di frontiera di Limone Piemonte e di Borgo San Dalmazzo come si controllano i confini. La militarizzazione dell’infanzia incrocia dunque la questione delle migrazioni e per questo abbiamo chiesto alla sociologa Maria Perino, di OnBorders e ADL Zavidovici, di analizzare il comunicato della Questura di Cuneo del 23 maggio 2025, “Agenti per un giorno”: avventura e scoperta con la polizia di frontiera, ripreso da diversi quotidiani locali. «Il comunicato in questione è esemplare e inquietante: le categorie interpretative usate per descrivere i fenomeni migratori, la connessione tra sicurezza e migrazioni, la presenza della polizia nelle scuole – già dell’infanzia – presentata come forza rassicurante ed educativa, sono date per scontate, pensiero dominante indiscutibile. Si racconta dell’esperienza dei bambini che hanno partecipato alle giornate organizzate dagli agenti del Settore della Polizia di Frontiera di Limone Piemonte “all’insegna della scoperta e dell’entusiasmo”. Il quadro interpretativo e le modalità comunicative (un “linguaggio semplice e coinvolgente” adatto alla loro età) richiedono attenzione. Il testo, che riporta le posizioni degli agenti di polizia e presumibilmente di molti insegnanti, infatti: * Sottolinea che si è trattato di un’esperienza tra “avventura e scoperta”, enfatizzando il fascino degli strumenti della polizia presentati in forma di gioco. * Condivide l’immagine del “confine” come “soglia di casa” per accedere alla quale “occorre chiedere permesso”.  E la polizia, “proprio come mamma e papà” fanno riguardo alla casa, controlla chi entra nel “nostro paese”. La similitudine paternalistica e la funzione di maternage della polizia forniscono una interpretazione delle società in cui il territorio è “proprietà” dei cittadini – ed è implicito il fatto che si è tali per origine, “sangue”, o per “concessione” – che possono “tollerare” ingressi di “altri” a certe condizioni. Con l’ulteriore problema di collocarvi le persone che nascono in Italia e sono “straniere”, come sicuramente alcuni dei bambini presenti all’iniziativa * Connette le migrazioni al tema della sicurezza. Lo spostarsi non appare come normale, ma un movimento minaccioso per l’isomorfismo tra territorio, stato, “popolo”. Il primo confine è quello tra “noi” e “loro”, di difficile definizione, ma molto evocativo.  * Implicitamente richiama la dicotomia tra l’immigrato bisognoso che viene “accolto” e l’immigrato minaccioso da respingere come categoria risolutiva per descrivere le migrazioni. * Sostiene che l’ascolto dei racconti degli agenti è stato occasione di imparare “il rispetto delle regole e della collaborazione”. Infatti “l’iniziativa si inserisce in un più ampio progetto volto a promuovere la cultura della legalità e la conoscenza delle istituzioni tra le nuove generazioni, sottolineando l’importanza della collaborazione tra la Polizia di Stato e le scuole del territorio”. Grande lavoro per gli insegnanti. Il breve comunicato può infatti essere letto come esempio del “banale” nazionalismo, militarizzato e integrato continuamente nel senso comune da meccanismi istituzionali, il che di fatto lo rende meno messo in discussione e quindi molto più forte. Fornire “altre lenti” per guardare e stare nella realtà è difficile e urgente». Maria Perino, OnBorders e ADL Zavidovici
Fuori i militari da scuole, boschi e città! Italian Raid Commando mai più!
Appreso che per il secondo anno consecutivo l’esercitazione si sarebbe nuovamente tenuta nei territori di Monza, della Brianza e del Lecchese, e memori dello sconcerto per la presenza di pattuglie militari nel Parco di Monza e di carri armati nelle campagne del lecchese, cittadine e cittadini e associazioni delle due provincie hanno deciso che si sarebbero mobilitate per contrastare la 37° edizione di Italian Raid Commando https://osservatorionomilscuola.com/2025/05/12/monza-25-maggiio-campagne-militarizzate-brianza-parata-militare/ Monza per la Pace, Assemblea permanente contro la guerra di Lecco, Rete Lotte Sociali Monza Brianza si sono attivate per promuovere una campagna di sensibilizzazione e di mobilitazione contro Italian Raid Commando 2025 che, spacciata come una semplice gara è sempre stata, per ammissione degli stessi organizzatori, una vera e propria esercitazione militare per pattuglie militari NATO provenienti dall’Italia e da altri Paesi, con patrocini istituzionali e sponsorizzata da fabbriche che si arricchiscono nella produzione e nel traffico d’armi. Tra gli sponsor la nota Fiocchi Munizioni. L’impiego della scuola media di Briosco come base logistica per i militari ha ulteriormente motivato il contrasto a questo appuntamento. > Italian Raid Commando 2025: NO propaganda militare Monza, Brianza, Lecco e NO > Rearm Europe Se lo scorso anno Italian Raid Commando era più o meno passata sotto silenzio, anche perché l’informazione è sempre stata celata alla popolazione, la mobilitazione di quest’anno ha avuto una notevole eco anche sulla stampa nazionale. Numerose sono state le prese di posizione di associazioni, organizzazioni sindacali, forze politiche, con proteste di sindaci di Comuni interessati dalle esercitazioni ma non informati, e interrogazioni ai presidenti delle istituzioni patrocinanti quali le Provincie di MB e di Lecco, Regione Lombardia, e al ministro Valditara per l’utilizzo della scuola come base logistica. Unuci Lombardia, pochi giorni dopo la pubblicazione dell’articolo su Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole delle università, ha oscurato il sito di Italian Raid Commando rendendolo accessibile solo con password. I volantinaggi e i flashmob nella città di  Monza organizzati da Monza per la pace https://www.instagram.com/monza_per_la_pace/   al cui appello hanno aderito numerose realtà, e quelli organizzati in Brianza e nel lecchese da Assemblea permanente contro la guerra di Lecco https://www.instagram.com/assembleacontroleguerrelc/ , Rete Lotte Sociali Monza Brianza sono infatti culminati con il presidio alla scuola media di Briosco la sera di giovedì 22 maggio per contestare e disturbare rumorosamente l’arrivo delle pattuglie https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/05/23/in-brianza-la-palestra-scolastica-diventa-la-base-per-una-competizione-militare-la-protesta-dei-cittadini-cosi-si-normalizza-la-guerra/7999336/ (articolo e video racconto) https://www.mbnews.it/2025/05/presidio-contro-litalian-raid-commando-a-briosco-in-centinaia-per-dire-no/ (articolo e foto) https://radioblackout.org/2025/05/briosco-dice-no-allitalian-raid-commando-nella-scuola-del-paese/ (interviste) e la mattina del 25 maggio a Monza, con un presidio in P.zza San Paolo contro il riarmo in Europa e contro il genocidio del popolo palestinese a Gaza e con la contestazione lungo il percorso della parata militare verso la Villa Reale a Monza. https://www.mbnews.it/2025/05/italian-raid-commando-a-monza-proteste-e-sfilata-dei-militari/ https://primamonza.it/attualita/i-militari-sfilano-tra-applausi-e-contestazioni/ (articoli e foto) Qualcuno ha fatto notare che dopo ben 36 edizioni di Italian Raid Commando in altri territori della Lombardia, questa è la prima edizione che viene contestata https://www.difesaonline.it/evidenza/lettere-al-direttore/lettera-difesa-online-italian-raid-commando-e-polemiche-dopo-quasi-40 È vero! Come è vero che le recenti chiamate al riarmo con l’azzeramento della spesa sociale hanno strappato la maschera e reso intollerabile la presenza dell’esercito in eventi a carattere sportivo o di protezione civile e reso evidente che la “guerra per gioco e la guerra esibita (…) ha sempre più il sapore amaro di quella reale che alcuni vorrebbero instillare nella mente delle persone come un evento inevitabile”. Da questa consapevolezza e da questa mobilitazione indietro non si torna, in un quadro più ampio di opposizione all’incremento delle spese militari, all’economia di guerra e alla retorica guerrafondaia che contraddistingue governo italiano e Unione Europea. MAI PIÙ ITALIAN RAID COMMANDO NÈIN BRIANZA NÉ ALTROVE! FUORI I MILITARI DA SCUOLE, BOSCHI E CITTÀ!