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Carriere in divisa di Assorienta in Piemonte: formazione per le Forze Armate nelle scuole
Siamo in Piemonte, in una scuola superiore di secondo grado, in cui ormai da alcuni anni – in sede di orientamento in uscita – Assorienta propone un percorso dedicato alle Carriere in divisa. Gli studenti e le studentesse delle classi quinte e quarte hanno partecipato a un incontro, tenuto da una formatrice del suddetto ente, nel quale sono state presentate le carriere nelle Forze Armate e nelle Forze dell’Ordine. L’intervento è stato impostato su una presentazione volutamente neutrale della carriera in esame, paragonandola a qualunque altro tipo di scelta professionale. La formatrice si è soffermata sui vantaggi immediati di una scelta di questo tipo: immediata retribuzione (in un Paese in cui disoccupazione, precariato e bassi redditi compromettono la possibilità di costruirsi un futuro per le giovani generazioni), pagamento degli studi universitari da parte delle Forze Armate o delle Forze dell’Ordine, prestigio sociale garantito da questa carriera. Le carriere in divisa si presentano come una “cornice” all’interno della quale sembra che si possano compiere in modo più facile, protetto e sicuro percorsi di studio più complicati da sostenere (per ragioni economiche soprattutto) in ambito civile. La formatrice si sofferma poi sul fatto che la vita militare consenta l’esperienza, che parrebbe preclusa da scelte di vita diverse, di “vita di comunità”, imperniata sul “noi” anziché su un approccio individualistico: questa affermazione appare però contraddittoria in quanto la scelta di una carriera indivisa implica per altri versi la scelta di un percorso estremamente selettivo, fin dai concorsi, presentati come prove di ingresso durissime sia dal punto di vista delle conoscenze sia da quello della preparazione fisica sia, infine, da quello dell’adeguatezza psicologica dei candidati. La formatrice propone una breve “simulazione” del Minnesota Test: si tratta del Minnesota Multiphasic Personality Inventory (MMPI), un questionario psicometrico standardizzato usato per valutare la struttura della personalità e identificare disturbi psicopatologici, utilizzato proprio per la selezione del personale in mansioni che richiedano una particolare “stabilità emotiva”, che dovrebbe garantire la propensione all’obbedienza agli ordini e al rispetto delle regole. Appare davvero contraddittorio, senza scomodare don Lorenzo Milani, completare un corso di studi superiore, una delle cui finalità sarebbe la costruzione di un approccio critico, con un’attività di orientamento che sottolinei invece il valore e l’importanza del conformismo e dell’obbedienza, “virtù” fondamentali per abbracciare una carriera in divisa. La formatrice intervalla il suo discorso con la presentazione di slides che non evidenziano mai i momenti in cui il personale in divisa è in azione, né in operazioni di guerra né nella gestione dell’ordine pubblico. Vengono invece presentate immagini estremamente patinate, spesso riferite a cerimonie come la consegna degli alamari ai Carabinieri o dello “spadino” ai cadetti delle Accademie Militari. Proprio rispetto alla vita in Accademia viene più volte ribadito il valore dell’etichetta, che induce chi ascolta a una percezione parziale di ciò che è “il mestiere delle armi”. E infatti non appaiono armi, non appare la guerra, che non viene neanche lontanamente menzionata: vediamo scorrere foto di belle ragazze e bei ragazzi impegnati nello studio o nello sport o in cerimonie in alta uniforme o al limite in attività a contatto con la cittadinanza, tutte attività volte alla normalizzazione della presenza delle divise nella vita civile e in attività che non richiederebbero la presenza delle Forze Armate o delle Forze dell’Ordine. Un aspetto che nel corso della formazione viene più volte evidenziato è quello di una vita in cui abbondano le possibilità di contatto con ambienti “esclusivi”, a partire dalla residenza, per esempio, in edifici storici chiusi alla cittadinanza (con buona pace del diritto alla fruizione dei beni culturali), come nel caso dell’Accademia di Modena, che ha sede a Palazzo Ducale. Il tema dell’accesso a contesti socialmente elevati non è  secondario nel processo di militarizzazione della società, se si pensa che nello stesso periodo in cui veniva proposta questa attività, presso la Reggia di Venaria si svolgeva, come da consolidata tradizione, il Gran ballo delle debuttanti, in cui alcune giovani selezionatissime fanno il loro ingresso in società accompagnate dagli Allievi dell’Accademia Militare di Livorno (clicca qui per la notizia): ancora il tema della bellezza, ancora immagini patinate, ancora alta uniforme (e anche, potremmo sottolineare, una tradizione che conferma i più triti e ritriti stereotipi di genere: per quale ragione non è previsto che un’Allieva donna accompagni un debuttante uomo? Perché non ammettere coppie omosessuali?). Un ulteriore elemento che rende discutibile la presentazione di Assorienta è il fatto che il vero “lavoro” di chi sceglie una carriera in divisa non viene praticamente mai né nominato né presentato nei suoi aspetti concreti, così come nel caso delle Forze Armate risulta straniante che non venga mai fatto cenno alla situazione internazionale, ai conflitti in corso, alla posizione e alle alleanze dell’Italia. Vengono nominate en passant le missioni di pace e si sottolinea come, nel rispetto dell’articolo 11 della Costituzione, il ruolo delle Forze Armate sia garantire la stabilità internazionale e la soluzione pacifica dei conflitti “attraverso l’opera di organizzazioni internazionali come l’ONU e la NATO” (sic!). Sobbalziamo nel constatare che un errore che chi scrive ha spesso rilevato, come commissari3 estern3, nel corso degli esami di Stato, possa essere stato alimentato da una formazione volutamente ambigua, in cui la massima organizzazione internazionale da statuto effettivamente impegnata (pur con i risultati inadeguati che sono sotto gli occhi di tutti) nel tentativo di mantenere pace e stabilità internazionale e favorire la cooperazione tra gli Stati venga confusa con la più forte alleanza militare oggi esistente, la cui esistenza è essa stessa fonte di instabilità e conflitti. Ancora una volta, dunque, nonostante la ferma opposizione di alcun3 docent3, un’attività di cui abbiamo rilevato le molteplici criticità è stata proposta alle nostre studentesse e ai nostri studenti, esponendol3 a forme di propaganda e manipolazione sempre più intense e capillari. Invitiamo le lettrici e i lettori a segnalare all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università tutti i casi in cui le carriere in divisa vengono presentate, sia da parte di personale in divisa, sia da parte di formatori di Assorienta o di altre agenzie, alle e ai nostr3 student3. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Udine, mezzi militari e forze armate NATO in un istituto comprensivo: annunciata interrogazione parlamentare
PUBBLICHIAMO LA SEGNALAZIONE E LA NOTA CRITICA CON LA QUALE AVS STIGMATIZZA, ANNUNCIANDO UN’INTERROGAZIONE PARLAMENTARE, LA PARTECIPAZIONE DI ALUNNI E ALUNNE DI UN ISTITUTO COMPRENSIVO DI UDINE AD UNA INIZIATIVA CON I MILITARI DELLA NATO. COME OSSERVATORIO CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLE SCUOLE E DELLE UNIVERSITÀ CONDIVIDIAMO LA PREOCCUPAZIONE E DENUNCIAMO LA GRAVITÀ DELL’INGRESSO ALL’INTERNO DI UNA ISTITUZIONE SCOLASTICA DI MEZZI MILITARI, COME ANNUNCIA LA NOTA DELLA DIRIGENTE SCOLASTICA. IL PROCESSO DI MILITARIZZAZIONE, DOPO LA DISCUSSIONE SUL RIPRISTINO DELLA LEVA, È ORMAI DILAGANTE IN TUTTA EUROPA E PARTE DALLE NOSTRE SCUOLE, DALLA NORMALIZZAZIONE DELLA GUERRA, DELLA VIOLENZA E DELLA DIFFUSIONE DELLA CULTURA DELLA DIFESA E DELLA SICUREZZA. Ieri, con circolare 145, la dirigente dell’Istituto comprensivo V di Udine, annuncia “che in data 2 dicembre 2025 alcuni docenti della Scuola Secondaria di primo Grado ‘G. Ellero’ saranno interessati quali partecipanti nella simulazione di interazione tra contesto scolastico e coloro che operano in difesa dei civili in teatro estero per condurre operazioni nel settore della cooperazione civile-militare a supporto dei contingenti della NATO”. Inoltre, si legge sempre nella circolare, il “CIMIC Group sarà presente con due automezzi all’interno del cortile”. Da quanto ci è stato riferito da alcuni insegnanti, non ci risulta che il Consiglio d’Istituto sia stato informato e abbia deliberato in merito. Esprimiamo tutta la nostra contrarietà a questa simulazione a supporto dei contingenti NATO, con tanto di automezzi militari all’interno del cortile della scuola. Ci opponiamo alla corsa al riarmo e alla militarizzazione della società e ora pure della scuola. Annunciamo due interrogazioni: una alla Camera dei Deputati, che verrà presentata dall’on. Marco Grimaldi (AVS), e una in Consiglio regionale. La scuola sia il luogo della formazione civile dei ragazzi e delle ragazze e portatrice dei valori della pace, non dell’ideologia della guerra. Andrea Di Lenardo (Capogruppo AVS-Possibile Udine) Serena Pellegrino (Consigliera regionale AVS)
Leva militare: anche l’Italia, dopo la Germania e la Francia, corre verso riarmo e guerra
Tre sono le notizie di cronaca degne di attenzione: la prima riguarda il grande riarmo tedesco; la seconda il ritorno alla leva obbligatoria o volontaria in Germania (clicca qui), Francia (clicca qui) e Polonia (clicca qui) e Danimarca (clicca qui); la terza, l’annuncio del ministro Guido Crosetto di ripristinare nel nostro Paese il servizio militare (clicca qui per la notizia). Era l’estate del 2023 quando alcuni alti ufficiali dell’esercito tedesco iniziarono a discutere non solo del progetto di riarmo, ma anche di come attuare l’Operazione Piano Germania, il progetto tedesco per costruire un grande esercito capace di affrontare una guerra contro la Russia. Sempre negli ultimi giorni, il Parlamento ha approvato il programma europeo per l’industria della difesa (EDIP) con ben 457 voti favorevoli, 148 voti contrari e 33 astensioni per rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa in Europa e a potenziarne le capacità di difesa. EDIP è quanto auspicato da Enrico Letta e Mario Draghi che si muovevano nell’ottica di costruire un grande complesso industrial militare comunitario. Il programma EDIP prevede stanziamenti per 1,5 miliardi di euro con 300 milioni destinati al sostegno dell’Ucraina senza dimenticare la possibilità di utilizzare i fondi non spesi per altri progetti sempre militari. Una volta votati gli atti e i regolamenti https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/A-10-2025-0084-AM-002-002_IT.pdf si passa alla fase operativa. Ed è bene notare che i contrari sono i parlamentari della sinistra radicale e comunista (ma non tutta) e i patrioti, tra i quali la Lega schierati su posizioni apertamente di destra e conservatrici. Al contrario tra le forze politiche più coese a favore del riarmo troviamo i socialisti, inclusi gli europarlamentari del Partito democratico. Ma torniamo al corposo progetto del Riarmo tedesco oggetto di una inchiesta svelata nei minimi dettagli da un quotidiano finanziario americano per costruire “una mentalità da Guerra Fredda“, non prima di rendere pubblica una notizia non suffragata da fatti ossia il piano della Russia di attaccare la NATO nel 2029. Siamo avanti nei preparativi per allestire intanto una grande Germania bellica, il colosso della Difesa tedesca Rheinmetall ha allestito un campo notturno per 500 soldati, con tanto di dormitori, servizi, tende, cucina da campo, sorveglianza tra droni e guardie armate, una esercitazione vera e propria per saggiare le capacità dell’esercito renano superando le difficoltà derivanti da anni nei quali l’orizzonte bellico non rientrava tra le priorità del paese. Un esperimento utile anche a fini mediatici. In Germania come in altri paesi UE è in corso una discussione sulle norme legislative, l’obiettivo è andare in deroga alle stesse per tutto ciò che riguarderà il Riarmo, la costruzione di nuove basi, la logistica a uso militare per predisporre gare di appalto in fretta e furia. Ma lo sforzo principale è costruire la cultura indispensabile a questo Riarmo, una sorta di riprogrammazione della mentalità indispensabile per favorire la guerra, il cambio di mentalità per prepararsi alla ineluttabilità dei conflitti armati. Tra i piani tedeschi ritroviamo gli interventi infrastrutturali, la riparazione e manutenzione delle reti stradali, dei ponti e in generale delle infrastrutture, lavori di ammodernamento che richiederanno milioni di euro. E veniamo all’ultima notizia, all’idea di ripristinare nel nostro Paese il servizio militare, progetto che accomuna l’Italia a Germania e Francia. Le dichiarazioni del Ministro Guido Crosetto portano alla luce i reali intenti del Governo Meloni, quando ammette che “va fatta una riflessione sul numero delle forze armate, sulla riserva che potremmo mettere in campo in caso di situazioni di crisi”.  Crosetto ha raggiunto il primo obiettivo, cioè quello di sdoganare un argomento fino ad oggi tabù. Nei prossimi mesi vedranno se ripristinare la leva su base volontaria e non obbligatoria, nel frattempo la Francia parla di 10 mesi di leva e la Germania sta lavorando a un progetto ambizioso per potenziare l’esercito. Si va quindi a passi celeri verso un grande piano di Riarmo che necessita anche di truppe più numerose. Ogni paese dovrà discutere nelle sedi Parlamentari delle proposte riorganizzative con aumento dei militari attivi. Se fino ad oggi la ipotesi accreditata era quella della riserva sul modello Israeliano, è entrata in gioco anche una seconda ipotesi quella di aumentare gli organici delle forze armate ricorrendo anche alla leva obbligatoria in caso di necessità. Staremo a vedere i contenuti del disegno di legge che Crosetto presenterà al Parlamento per la riorganizzazione della difesa, ma il modello di difesa nato dall’esercito professionale al posto di quello di leva oggi non risulta adeguato ai nuovi scenari. Questi fatti ci riportano a quanto avviene in Russia e Ucraina: Crosetto ha almeno il coraggio di svelare quello che pensano tutti gli altri ministri della difesa UE ossia che parte del Riarmo è anche l’aumento del numero delle forze armate, l’approvazione di nuove regole e una cultura diffusa favorevole alla guerra per “costruire uno strumento di difesa per il futuro”. E così i piani di guerra, la leva, il riarmo, gli enormi aumenti delle spese militari, se un tempo erano argomenti tabù, oggi vanno invece annoverati tra le le priorità assolute per la classe politica europea, che crede senza titubanza alcuna nel valore salvifico del Riarmo e della cultura militarista per sottrarsi alla decadenza della sua economia e della stessa civiltà che per definirsi tale deve assumere sembianze militari. Federico Giusti, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Comune-info: Infanzia e ipocrisia adulta
DI RENATA PULEO SU COMUNE-INFO DEL 25 NOVEMBRE 2025 Ospitiamo sul nostro sito l’articolo scritto da Renata Puleo pubblicato su Comune-info il 25 novembre 2025 in cui viene ribadito quanto l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università denuncia da due anni a questa parte, vale a dire un pericolosissimo processo di occupazione degli spazi del sapere e della formazione da parte delle Forze Armate e di strutture di controllo. «Mi preme riflettere su altri due aspetti di questa opacità, fra loro connessi, l’educazione alla guerra e quella all’obbedienza come valore assoluto, entrambe una ferita inferta al diritto all’infanzia e alla crescita serena. Sul primo tema già in molti si sono espressi, soprattutto all’interno dell’Osservatorio contro la Militarizzazione nelle Scuole e nelle Università. La documentazione sulla costante presenza dei militari dei diversi corpi in funzione di informatori, addestratori, formatori è voluminosa e in costante aggiornamento…continua a leggere su www.comune-info.net.
Perugia, il paradosso di un’educazione civica affidata alle Forze dell’Ordine
Il 25 novembre, Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza di genere, vede negli ultimi anni in diverse scuole interventi delle Forze dell’Ordine con l’obiettivo di contrastare la violenza di genere. Succede in tutta Italia, succede in Umbria e succede nella nostra città. Il 25 novembre saranno gli studenti e le studentesse del Liceo “Pieralli” ad incontrare personale del Comando dei Carabinieri di Perugia. Ma non c’è forse una contraddizione intrinseca nell’affidare percorsi di educazione ad una cultura del rispetto, della pace, della libertà, a chi nella società ha il compito di intervenire laddove quei valori siano stati violati? Compito certamente necessario all’ordine pubblico, ma non propriamente compatibile con la finalità educativa della scuola. La presenza crescente delle Forze dell’Ordine nelle scuole, contribuisce a trasmettere una cultura della sicurezza, più che inserirsi nella più ampia finalità dell’educazione civica. Le Forze dell’Ordine contrastano il reato, ma l’ideale formativo della scuola è sradicare la cultura stessa su cui si innesta il reato. E allora il 25 novembre, più che personale in divisa, ragazzi e ragazze dovrebbero forse incontrare testimonianze, operatori sociali, psicologi, sociologi e chiunque possa scuotere le loro coscienze in una società ancora troppo impregnata di una cultura maschilista, violenta, discriminatoria e prevaricatrice. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università è nato a livello nazionale nel 2023 proprio per monitorare e denunciare tutte quelle iniziative che trasmettono negli istituti formativi una cultura securitaria, se non addirittura bellicista, anziché rendere la scuola uno spazio ideale di educazione civile al rispetto, al dialogo, all’accoglienza, alla nonviolenza, esigenza tanto più urgente quanto più si assiste a rapporti globali sempre più improntati alla militarizzazione e alla sopraffazione. Che le giovani generazioni possano, il 25 novembre e ogni giorno dell’anno, formare coscienze non violente, empatiche, rispettose di tutte e tutti, senza che ci siano divise a comunicare l’obbedienza alla legge, ma interiorizzando quello che il nostro Aldo Capitini ha poeticamente espresso nel verso “La mia nascita è quando dico un tu”. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università, Perugia
Magliano Sabina (RI): student3 della scuola primaria portati alla cerimonia del 4 novembre
UNA SCELTA CHE APRE INTERROGATIVI SUL RUOLO EDUCATIVO DELLE SCUOLE Lo scorso 4 novembre, presso il Monumento ai Caduti in Viale XIII Giugno, si è svolta la cerimonia dedicata alla Giornata dell’Unità Nazionale e delle Forze Armate, come riportato nei comunicati ufficiali del Comune. L’amministrazione ha definito l’iniziativa “un momento di raccoglimento e memoria” e ha sottolineato come particolarmente significativa la partecipazione degli studenti e delle studentesse delle scuole del territorio. Questa informazione — l’unica confermata dalla fonte istituzionale — è sufficiente a sollevare alcune domande sul rapporto tra scuola ed educazione civica, e su come venga gestito il coinvolgimento dei bambini e delle bambine in celebrazioni dal carattere dichiaratamente militare. La presenza degli studenti e delle studentesse, infatti, viene presentata dal Comune come un elemento di valore, utile alla “trasmissione dei valori di unità, libertà e pace”. Ma senza ulteriori dettagli da parte della scuola, non è possibile sapere come sia stata introdotta e spiegata l’iniziativa agli alunni e alle alunne, né se agli/alle insegnanti sia stato richiesto un accompagnamento critico o solo una presenza formale. Resta il fatto — spesso ignorato nella narrazione pubblica — che il 4 novembre non è una festa nazionale non lavorativa. Non lo è dal 1977, quando venne eliminato dal calendario festivo per ragioni economiche e organizzative. Da allora, la ricorrenza è rimasta una giornata celebrativa dello Stato, ma senza obblighi di partecipazione civile, e soprattutto senza alcun vincolo per gli istituti scolastici. In altre parole: non è una festa, e tantomeno una ricorrenza che la scuola è tenuta a celebrare con uscite, rituali o presenze ufficiali. È proprio qui che nasce la questione educativa. Quando una scuola — o un’amministrazione — decide di inserire bambini, bambine e ragazzi, ragazze in cerimonie ufficiali legate alle Forze Armate, dovrebbe farlo con un progetto chiaro, condiviso, spiegato, che permetta agli studenti e alle studentesse di comprendere la complessità storica del 4 novembre: la fine della Prima guerra mondiale, le sue conseguenze, il dolore sociale che ne derivò. Senza un percorso formativo, il rischio è quello di trasformare la memoria storica in un gesto simbolico che schiaccia la comprensione critica a favore della ritualità. E soprattutto, ci si deve chiedere: è davvero compito della scuola “trasmettere valori” attraverso cerimonie militari? O il suo ruolo dovrebbe essere quello di formare cittadini capaci di leggere la storia e le istituzioni con consapevolezza, autonomia e spirito critico? Il Comune ha rivendicato con orgoglio la partecipazione degli studenti e studentesse. Ma finché non verranno chiariti modalità, obiettivi educativi e natura della loro presenza, rimane aperto un nodo centrale: la scuola deve accompagnare, spiegare e contestualizzare — non semplicemente esporre i bambini e le bambine a rituali istituzionali che possono essere percepiti, di fatto, come una forma di educazione militarizzata precoce. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Repressione ed insulti a scuola verso un attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione
Quando due anni fa in una scuola del litorale romano un docente-attivista dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università girò per i corridoi della scuola incuriosendo soprattutto gli/le student3, lo slogan portato dal “docente-sandwich” era: «Fuori i militari dalla scuola, non farti fregare anche dietro una scrivania sarai sempre un militare». In quella occasione riuscimmo ad evitare l’assurdo incontro cosiddetto di orientamento che avrebbe visto entrare in azione con tutta la loro potenza di fuoco, gli artiglieri di Bracciano. Bisogna però sempre mantenere alta l’attenzione perché interventi meno appariscenti, ma direttamente riconducibili alla mobilitazione contro la cosiddetta e attualissima “guerra ibrida”. Gli interventi giustificati dalla presenza di questa guerra impalpabile a suon di algoritmi o di articoli tendenziosi volti a contrastare le fake-news del “nemico” di turno, oggi la Russia e la Cina, domani chissà, poggiano anche sul contrasto al cyberbullismo, come se il bullismo fosse un fenomeno in cui la rete e i social fossero il fulcro del problema, il medium che diventa il messaggio. Su questo aspetto il ministro Crosetto, il 17 novembre 2025, in occasione della discussione in seno all’ultima riunione del Consiglio Supremo di Sicurezza (clicca qui per l’articolo), sulle strategie per il contrasto alla guerra ibrida ha proposto una task-force dedicata di 5mila unità. Passati due anni sempre nella stessa scuola, pochi giorni fa, una pantera della Polizia di Stato parcheggiata davanti l’ingresso segnalava la presenza di agenti di PS all’interno. Due poliziotti in divisa e armati, infatti, parlavano di bullismo e cyber-bullismo, due vecchi cavalli da battaglia (è il caso di dirlo!) che da anni infestano le menti de3 nostri ragazz3  che in mancanza di una formazione adeguata da parte di psicologi, sociologi, responsabili di case di accoglienza o studiosi del  fenomeno, in una fase per definizione fragile, possono essere attratti più dalla figura rassicurante in divisa, con pistola nella fondina che da quella dello/a psicologo/a. Tutto ciò senza contare il percorso di vittimizzazione secondaria fatta di udienze nei tribunali, colloqui con testimoni, poliziotti/e e gli avvocati, lo “sbatti il mostro in prima pagina” dei mass-media che sguazzano in questo brodo di cultura panpenlista e repressivo. Forte di questo retroterra di studi e di impegno sincero in vista di una smilitarizzazione almeno dei processi di apprendimento, l’attivista entra per andare a salutare e chiedere al collega che aveva portato la propria classe davanti ai poliziotti se non ci fossero proprio alternative al figura impropria di un poliziotto che parla di questi temi. La domanda però non ha raggiunto il destinatario ma è stata rivolta in extremis a tutta la platea e ai due poliziotti, perché il responsabile del progetto di cosiddetto “orientamento” lo ha immediatamente apostrofato in pubblico con un “sei un imbecille, questo è il MIO progetto!” In una situazione di sano conflitto e di sana dialettica, la situazione si sarebbe raffreddata velocemente, ma forse la presenza dei poliziotti ha dato coraggio al collega violento che urlava come un ossesso davanti gli studenti e alle studentesse. I poliziotti sono, quindi, intervenuti con il solo modo in cui riescono ad intervenire, anche a “casa” d’altri, dove solo la preside avrebbe titolo ad intervenire ovvero col solito braccio intorno alla spalla del docente “contrastivo” con una leggera pressione in direzione della porta, a mo’ di semplice avvertimento di stampo paternalistico. Il docente poi si allontana, ma inaspettatamente si affaccia dalla finestra posta a piano terra e tra le risate festose di tutta la giovane platea, lancia un messaggio incentrato sul rispetto della persona e contemporaneamente di un collega insegnante come lui, nella stessa scuola, “comunque imbecille non si dice!”. Questo semplice episodio di disobbedienza civile, non-violenta forse un risultato lo ha ottenuto: una sorta di dissonanza cognitiva in tutta la platea presente tutta avvolta da un clima silenzioso di apparente concentrazione, complice la presenza delle divise armate, il loro tono paternalistico ed assertivo dei due relatori e i docenti in piedi in stile panopticon. L’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università più volte ha stigmatizzato queste presenze inopportune soprattutto in un momento storico come quello attuale, ma oltre al concetto di dissonanza cognitiva applicato all’attivismo sul campo, questo esempio ci riporta dritti dritti al concetto ormai storico di McLuhan secondo cui il medium è il messaggio: prossemica, tono della voce, setting dell’aula, modalità comunicative in un’andirivieni di toni, ora paternalistici, ora seduttivi, ora assertivi ed autoritari, si adattano alla perfezione di gran parte di questi interventi quando si è avuto modo di assistere come osservatori non partecipanti. Gli strumenti, quindi, ci sono anche dal punto di vista didattico e delle tecniche di comunicazione. Basta solo tenere gli occhi aperti e un pizzico di voglia di sperimentarsi sul campo! Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Il carcere “Beccaria” di Milano apre le porte agli eredi della X^ MAS
Come mai un minore detenuto al carcere “Beccaria” di Milano, uno dei circa 600 detenuti nei vari IPM, Istituti Penali Minorili, si presenta in un’aula, per un’attività formativa con un braccio fasciato fino alla spalla? «Abbiamo fatto – risponde con sincerità il ragazzo – un’esercitazione pratica con dei tipi della Marina Militare». In realtà, non sono dei militari “qualunque” quelli entrati al “Beccaria” nel quadro del progetto “Palla al centro” organizzato da un colosso delle attività di assistenza soprattutto rivolte ai giovani in tutto il mondo, in particolare in centro America: la Fondazione Francesca Rava vanta, infatti, oltre 28 milioni di euro nell’ultimo stato patrimoniale pubblicato in rete. Siccome poi c’è fondazione e fondazione, cioè c’è chi lavora bene di pubbliche relazioni e chi invece lavora dietro i riflettori, ma portando lo stesso un proprio contributo altrettanto incisivo, nel 2023 la Fondazione Rava ha firmato una convenzione anche con la Marina Militare, per collaborare sul versante umanitario (vedi “war-washing”) in occasione di uno dei più grossi progetti propagandistici della Marina Militare come il giro del mondo o tante altre missioni pubblicitarie portate a zonzo dall’Amerigo Vespucci. I marinai in questione entrati nel carcere “Beccaria” fanno parte del corpo di élite COMSUBIN, quello che immancabilmente viene presentato, con uno stand/gazebo a lui dedicato, nelle varie kermesse militaresche, proprio per l’indubbio fascino avventuroso che può suscitare nei giovani. In quei giorni, inoltre, erano presenti con tutto il loro adrenalinico apparato d’assalto, il Gruppo Operativo Subacquei (GOS) e il Gruppo Operativo Incursori (GOI), tanto che le foto li ritraggono, ora in fondo alla  piscina del Beccaria ora nel cortile interno dove appunto si svolse un’esercitazione a corpo libero, durante la quale, in una simulazione forse un po’ troppo muscolare, il giovane si è infortunato. «Sono stati tre giorni intensi, ricchi di momenti di condivisione e attività con lo scopo di favorire uno scambio di valori centrato sul rispetto e sullo spirito di squadra – si legge sul sito della Fondazione che poi, rincarando la dose in pieno stile Istituto Luce anni ’30,  descrivendo come – nella piscina dell’IPM, guidati dagli istruttori Palombari, i detenuti (N.B. non “i ragazzi”, n.d.r.) hanno indossato mute, maschere e bombole d’aria per svolgere attività in immersione. In palestra e all’aperto hanno affrontato insieme agli istruttori Incursori esercizi ginnici e a corpo libero e in aula hanno avuto modo di conoscere il mondo e i valori della Marina Militare, in particolare il lavoro delle Forze Speciali». La retorica raggiunge poi l’apoteosi nei saluti/ringraziamenti finali: «Ringraziamo il Contrammiraglio Stefano Frumento e tutta la squadra di Comsubin che è stata al nostro fianco, per noi è sempre meraviglioso vedere i ragazzi dell’IPM (N.B. non “i detenuti”, perché nei saluti finali si diventa più umani! n.d.r.) pronti ad accettare tutte le sfide, anche le più difficili, proposte dagli istruttori del Comsubin». A quali sfide ci si riferisce? E quali sarebbero, tra queste,  le “più difficili”? Siamo sicuri che la Marina Militare e, in particolare i propri incursori, quelli che nelle parate del 2 giugno urlano a squarciagola e con orgoglio la loro origine “X^ MAS!” col  braccio destro teso che ogni volta viene confuso col saluto fascista ma in realtà non lo sarebbe, sia in grado di svolgere un ruolo di inclusione sociale? Dopo le “carriere in divisa” o “gli studenti con le stellette”, per citare solo alcuni degli slogan pubblicitari di alcune agenzie di orientamento alla guerra, ora abbiamo anche “gli ex-galeotti in divisa”? Forse vogliamo fargli pagare col sangue o sacrificare la loro stessa vita per risarcire la società di qualche malefatta o per essere entrati “clandestinamente” sul suolo patrio? A questo punto ci chiediamo e chiediamo al Ministro Nordio e al direttore del DAP, ma anche al direttore di un carcere, un tempo fiore all’occhiello ed esempio per tutta Italia, ma che negli ultimi due anni ha visto crescere del 50% quella ristretta minoranza (poco più del 3% sul totale inseriti nel circuito penale) di giovani e giovani adulti ristretti: qual era e qual è precisamente la finalità educativa di un’attività che è propedeutica alla guerra? Perché si è scelto proprio un corpo di élite con quel tipo di retroterra storico? Dal momento che il numero di giovani dell’area non-Schengen è aumentata esponenzialmente, per caso si pensa anche alle Forze Armate come modalità di inclusione sociale con acquisizione contestuale della cittadinanza italiana? Una cittadinanza…con le stellette? Stefano Bertoldi, Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
Sarroch, educazione civica o condizionamento? Militarizzazione con i carabinieri
Sebbene chi scrive per l’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università sia abituato a rilevare la sempre più capillare presenza delle Forze Armate e delle Forze dell’Ordine nelle scuole italiane, appare comunque sconcertante che tali interventi siano con sempre maggiore frequenza indirizzati a bambin3 sempre più piccol3. É il caso di 45 bambini della scuola dell’infanzia di Sarroch (https://www.sardegnalive.net/in-sardegna/cagliari/educazione-civica-in-caserma-i-piccoli-alunni-di-sarroch-incontrano-i-carabinieri-spbu9zfj), piccolo comune sardo in provincia di Cagliari, che alla fine di ottobre hanno partecipato a una visita nella locale caserma dei Carabinieri, presentata come attività di “educazione civica ludica”, volta a “scoprire il mondo dell’Arma e i suoi valori”. Come spesso accade con le/i più piccol3 gli elementi su cui si è fatto leva sono quelli della curiosità e del gioco, con la presentazione dei mezzi e delle divise e della immancabili unità cinofile coinvolte in una simulazione di attività antidroga. Leggiamo che: “l’entusiasmo è cresciuto durante la dimostrazione del motociclista dell’Arma” […] che ha invitato le/i bimb3 a “salire in sella per qualche foto ricordo” (si veda la foto in allegato ). Le/i bambin3 sono presentati come “entusiasti” e coinvolti “un’atmosfera serena e gioiosa”, illuminati da “un sorriso luminoso e affettuoso”. Denunciamo ancora una volta come un’attività di questo genere rivolta a bambin3 così piccol3, in cui il senso critico non può chiaramente essere ancora sviluppato, rappresenti una grave manipolazione delle menti in crescita e denoti anche gravi carenze in ambito pedagogico da parte delle scuole aderenti a questa come ad altre iniziative. É estremamente grave indurre in giovani menti in formazione idee che si radicano nelle loro coscienze non per aver potuto elaborare una propria visione del mondo, ma per essere stati vittima di una sorta di condizionamento che l’aspetto ‘affettivo’ (l’agente che “con semplicità e simpatia alle loro curiose domande”) e ‘ludico’ di simili attività subdolamente sottende.  Da parte loro le Forze Armate si confermano attive nella strategia, elaborata nell’ambito del progetto di diffusione della ‘cultura della difesa’, di penetrazione di sempre maggiori spazi della società civile: la militarizzazione delle scuole è appunto uno degli aspetti di questo processo. Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università
A Napoli il “Villaggio Esercito” con sfoggio di carri armati da ammirare per le scolaresche
In occasione dei 2500 anni di storia di Napoli, venerdì 14 novembre è stato inaugurato anche nella “Città di pace”, sul lungomare Caracciolo, il “Villaggio Esercito”, che resterà aperto fino a domenica 16, con il patrocinio del Comune e l’attiva partecipazione della Giunta nella persona dell’assessore alla Legalità, che ha sottolineato come l’iniziativa sia stata pensata soprattutto per i giovani e si è compiaciuto per la presenza di diverse scolaresche. Uno spazio espositivo di oltre 17.000 metri quadrati, in cui gli studenti, le studentesse e la cittadinanza tutta sono invitati per “vedere di persona le novità tecnologiche, l’addestramento e le possibilità professionali offerte dal mondo militare”. Nel villaggio sono proposte attività sportive e tecnologia all’avanguardia, compreso un cane robot, musica e intrattenimento, presentando un’immagine patinata e distorta che glorifica il ruolo delle forze armate e tace completamente sulle atrocità della guerra e sullo scopo di questi strumenti di morte, configurandosi come l’ennesima iniziativa di propaganda militarista volta a reclutare giovani pronti a uccidere e a morire per la patria e a produrre consenso nella popolazione, chiamata a sopportare sacrifici di ogni tipo per la stessa idea astratta, dietro la quale è evidente il concretissimo interesse di quei pochi che dalle guerre hanno da guadagnare. ESPRIMIAMO TOTALE CONDANNA NEI CONFRONTI DI TALE ESIBIZIONE MILITARISTA, IN UN MOMENTO COSÌ DRAMMATICO IN CUI LA PACE E LA COOPERAZIONE INTERNAZIONALE DOVREBBERO ESSERE AL CENTRO DELL’ATTENZIONE. Alcuni scatti dell’iniziativa a Napoli. Fonti: (https://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/55676) https://www.ilmattino.it/napoli/citta/villaggio_esercito_lungomare_napoli_piazza_plebiscito-9188733.html