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Così vicini, così lontani: narrazioni dai Balcani
Martedì 28 ottobre si è tenuto il terzo appuntamento del ciclo di incontri Memorie e resistenze anticoloniali intitolato “Così vicini, così lontani. Vecchie e nuove narrazioni dai Balcani”, ospitato alla Casa della Memoria durante la mostra Il leone, il giudice e il capestro. Immagini della resistenza anticoloniale e della repressione italiana in Cirenaica (1928-1932), a cura di DinamoPress e Un Ponte Per, nell’ambito del progetto Memorie Decoloniali. Un dialogo tra ricerca storica, analisi geopolitica e pratiche di resistenza che prova a interrogare le continuità del passato coloniale e le tensioni contemporanee nei rapporti tra le due sponde dell’Adriatico. Dal Montenegro occupato all’Albania di oggi, passando per le nuove forme di colonialismo alle frontiere d’Europa, Dinamopress ha invitato Federico Goddi (La Sapienza), Lorenzo Noto (Limes) e Fioralba Duma (Italiani Senza Cittadinanza) a intrecciare storie e prospettive per rileggere le relazioni tra Italia e Balcani, tra passato coloniale e presente. Un confronto che invita a ripensare le narrazioni dominanti e a riconoscere le molteplici forme di resistenza che continuano ad attraversare il Mediterraneo. CONDIVIDIAMO QUI IL VIDEO INTEGRALE DELL’INCONTRO: La copertina è di Marta D’Avanzo SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Così vicini, così lontani: narrazioni dai Balcani proviene da DINAMOpress.
Metix Flow – 7 novembre 2025
Abbiamo avuto due ospiti negli studios di Radio Blackout: Mauro e Mafalda che fanno parte del collettivo Mai più CPR-Mai più lager. Mauro è rientrato da poco dall’Albania dove ha partecipato ad un incontro internazionale di realtà che si oppongono al CPR che l’Italia sta gestendo in terra albanese. Mafalda ci ha portato aggiornamenti sul CPR torinese e sul processo per l’omicidio di Moussa Balde.
Nessun CPR è innocente. Domande aperte su violenza e sistema detentivo per migranti
Nel paesaggio giuridico e politico italiano, i Centri di permanenza per il rimpatrio (CPR) sono una presenza strutturale. Eppure, nonostante la loro continuità, restano ai margini del dibattito pubblico. Acquisiscono visibilità solo in occasione di eventi estremi – una morte, un suicidio, una rivolta – mentre il loro funzionamento quotidiano resta avvolto da un’opacità sistemica. Come ci siamo abituatə a considerare “normale” un sistema che consente di privare della libertà persone in ragione dello status amministrativo, in assenza di reato e processo? Giovedì 4 luglio alle 19:00, al Circolo Arci Santa Libbirata (via Galeazzo Alessi 96), analizzeremo il sistema della detenzione amministrativa in Italia attraverso prospettive e strumenti diversi. Lo faremo con Marika Ikonomu (Domani), Sara Marilungo (Stop-CPR Roma) e Chiara Salvini (Infomigrante), nell’incontro “Nessun CPR è innocente. Raccontare, supportare, lottare contro il sistema del trattenimento”. L’obiettivo non è soltanto documentare ciò che accade all’interno dei CPR – già complesso, data l’assenza di trasparenza – ma anche interrogare le condizioni materiali e politiche che ne permettono l’esistenza. Quali logiche istituzionali, economiche e giuridiche lo tengono in piedi? Quali dispositivi lo rendono accettabile? E cosa possiamo fare per metterlo in discussione? Parleremo anche del modo in cui questo sistema viene raccontato. In che modo la narrazione pubblica contribuisce a renderlo invisibile? Come evitare che l’attenzione si attivi solo davanti all’evento tragico, lasciando in ombra la violenza ordinaria che si ripete ogni giorno? Che strumenti abbiamo per dare continuità e radicalità al discorso critico sui CPR, oltre l’emergenza e il fatto isolato? Affronteremo il tema della tutela legale: quali possibilità esistono per agire in un contesto dove le garanzie sono ridotte o sospese? Quali strategie legali si stanno costruendo dentro e fuori i centri? E quale funzione politica possono assumere gli sportelli legali, sia nel supportare le persone trattenute, sia nel produrre sapere giuridico e strumenti di lotta? Discuteremo poi delle reti di resistenza: chi si oppone oggi al sistema dei CPR lo fa spesso in condizioni difficili, costruendo relazioni con le persone detenute, promuovendo pratiche di solidarietà, rompendo il silenzio con inchieste, presidi, mobilitazioni. Come si costruiscono queste reti? Che ruolo possono avere le comunità locali e i movimenti nel produrre resistenza? Uno sguardo sarà rivolto anche al cosiddetto “modello Albania”, che con l’esternalizzazione delle procedure e dei luoghi di detenzione rappresenta un’estensione ulteriore della logica dei CPR. Trattenere persone fuori dal territorio italiano, solo formalmente sotto giurisdizione italiana, significa spingersi ancora oltre nella sottrazione di diritti e nella dislocazione della responsabilità. Ma in che modo questa violenza a distanza si connette a quella che continua a esercitarsi nei centri italiani? Possiamo parlare di un unico dispositivo, che agisce su scala differente ma secondo la stessa logica? Uno sguardo sarà rivolto anche al cosiddetto “modello Albania”, che con la delocalizzazione delle procedure e dei luoghi di detenzione rappresenta un’estensione ulteriore della logica dei CPR. Trattenere persone fuori dal territorio italiano, solo formalmente sotto giurisdizione italiana, significa spingersi ancora oltre nella sottrazione di diritti e nella dislocazione della responsabilità. Dall’Albania, dove sono attualmente trattenute circa trenta persone, è stato attuato un primo rimpatrio diretto in Egitto via Tirana. Un fatto gravissimo, che mostra come il nuovo dispositivo agisca non solo come prolungamento del trattenimento, ma anche come acceleratore delle espulsioni, al di fuori di ogni controllo pubblico e in condizioni di isolamento strutturale. Ma in che modo questa violenza a distanza si connette a quella che continua a esercitarsi nei centri italiani? Possiamo parlare di un unico dispositivo, che agisce su scala differente ma secondo la stessa logica? Infine, ci interrogheremo sulle responsabilità politiche e istituzionali. Chi alimenta questo sistema, oltre le dichiarazioni ufficiali? Chi lo rende possibile? E cosa significa oggi costruire pratiche efficaci per contrastarne la normalizzazione, anche sul piano del diritto, della comunicazione, del conflitto sociale? L’iniziativa del 4 luglio vuole essere uno spazio di confronto aperto e plurale Un’occasione per pensare insieme cosa significa immaginare – e praticare – il superamento di un sistema che è non solo ingiusto, ma strutturalmente violento. Immagine di copertina di Shamballah da Openverse SOSTIENI, DIFENDI, DIFFONDI DINAMOPRESS Per sostenere Dinamopress si può donare sul nostro conto bancario, Dinamo Aps Banca Etica IT60Y0501803200000016790388 tutti i fondi verranno utilizzati per sostenere direttamente il progetto: pagare il sito, supportare i e le redattrici, comprare il materiale di cui abbiamo bisogno L'articolo Nessun CPR è innocente. Domande aperte su violenza e sistema detentivo per migranti proviene da DINAMOpress.
No carcere No cpr No zone rosse BARI (e ovunque)
Nelle scorse settimane nei CPR in Italia le persone recluse hanno resistito a diversi trasferimenti nel lager di Gjader in Albania. Secondo i programmi del governo, le prime 40 persone sono state trasferite, fra molte proteste che hanno cercato di impedirlo. Era stato stabilito che il CPR di Brindisi Restinco sarebbe stato il luogo dove […]