Tag - Armenia

La ferrovia per il mar Nero progettata dall’Iran dipenderà dall’Azerbaigian
Un popolare canale Telegram ha falsamente affermato che si tratta di uno “scacco matto ai piani statunitensi” e ha perfino condiviso una mappa che mostra un percorso diverso rispetto a quello già confermato, per sviare gli utenti. Il viceministro degli Esteri armeno Vahan Kostanyan, all’inizio del mese, durante il suo viaggio a Teheran, ha dichiarato in un’intervista all’Agenzia di stampa della Repubblica Islamica (IRNA) che il suo Paese prevede che i recenti accordi con l’Azerbaigian mediati dagli USA faciliteranno l’accesso dell’Iran al mar Nero. Secondo il viceministro, “Questo aprirà nuove porte alla cooperazione ferroviaria fra Armenia e Iran, anche attraverso la linea Naxçıvan-Jolfa, che significherà accesso dell’Iran all’Armenia e, in prospettiva, al mar Nero”. Poco dopo, la ministra iraniana delle Strade e dello Sviluppo Urbano Farzaneh Sadegh ha incontrato la sua controparte armena a Erevan, durante il viaggio del presidente Masoud Pezeshkian per discutere la riapertura del corridoio. Il popolare canale Telegram “Geopolitics Prime” ha poi attirato l’attenzione con un post, affermando che questo è uno “scacco matto ai piani statunitensi”, “che contrasta le ambizioni dell’Azerbaigian sul corridoio di Zangezur” e “blocca gli sforzi di USA e Azerbaigian di isolare Teheran”. Nessuna di queste affermazioni è vera. Come Kostanyan ha osservato nella sua intervista con IRNA, il corridoio Zangezur attraversa la Repubblica Autonoma azera di Naxçıvan, quindi la connettività della ferrovia iraniano-armena, dipenderà da Baku. Fra i due Paesi, esiste una strada che passa per la stretta provincia di Syunik, attraverso la quale transiterà la “Strada Trump per la pace e la prosperità internazionale” (Trump Road for International Peace and Prosperity” – TRIPP, precedentemente conosciuta come corridoio di Zangezur). Tuttavia, la geografia montuosa della regione rende la costruzione di una ferrovia da Nord a Sud molto costosa. Di conseguenza, il corridoio progettato dall’Iran verso il mar Nero non è uno “scacco matto ai piani statunitensi”, non “contrasta le ambizioni dell’Azerbaigian sul corridoio di Zangezur”, né “blocca gli sforzi di USA e Azerbaigian di isolare Teheran”, come ha affermato “Geopolitics Prime” nel suo post e come potrebbero fare presto anche altri. Certo, l’Iran può comunque esportare i propri prodotti sul mercato europeo utilizzando la strada nella provincia di Syunik, per poi continuare verso i porti georgiani sul mar Nero, ma tale soluzione non è conveniente e veloce come quella del trasporto ferroviario. Inoltre, l’EU potrebbe in ogni caso non avere mercato per i prodotti iraniani o gli USA potrebbero mettere pressione sul blocco affinché non li acquisti, (data l’influenza che gli USA esercitano sull’EU dopo il loro accordo commerciale completamente asimmetrico), quindi, qualunque corridoio sul mar Nero potrebbe avere poca importanza per l’Iran. Nonostante questo, sarebbe comunque rilevante se l’Azerbaigian e gli USA non interferissero con le esportazioni iraniane, rispettivamente attraverso Naxçıvan e Syunik, cosa che potrebbe attenuare parzialmente le tensioni riguardo la TRIPP. A tal proposito, questa analisi spiega come quel corridoio minacci di indebolire la posizione più ampia della Russia all’interno della regione, rilevante anche per l’Iran, dal momento che anche i suoi interessi nazionali sarebbero minacciati dalla TRIPP, la quale aumenterebbe in modo eccessivo in tutta la periferia settentrionale l’espansione dell’influenza turca appoggiata dagli USA. Mentre alti ufficiali iraniani hanno contestato la TRIPP per via del controllo statunitense su di essa con accordo di leasing di 99 anni che, ha dichiarato Kostanyan all’IRNA, “non comporta una presenza di sicurezza statunitense”, l’Iran ha scelto alla fine di accettarla. La decisione di cooperare con l’Azerbaigian per facilitare il commercio con l’Armenia e oltre rappresenta un compromesso fra lo scontro e la resa, ma entrambi gli estremi potrebbero comunque manifestarsi se quella di Kostanyan fosse stata soltanto una mezza verità e se la sicurezza della TRIPP venisse esternalizzata a compagnie militari private (PMC) statunitensi in Armenia, come alcuni temono. Per ora, e in assenza di uno schieramento permanente delle truppe USA o delle PMC in Armenia, l’Iran sta cercando di sfruttare al meglio una situazione strategicamente complicata, forse nella speranza che questo possa placare l’emergente blocco turco. Traduzione dall’inglese di Sara Cammarelle. Revisione di Thomas Schmid. Andrew Korybko
Subire un genocidio dà diritto a compierne un altro?
Un anno fa sono stato in Armenia: volevo conoscere un luogo lontano carico di storia, volevo conoscere – per quanto possibile – un popolo che mi ha sempre affascinato. Sono tornato carico di emozioni, di incontri, di immagini di luoghi antichi, di una realtà mite, di un popolo che ha subito un genocidio e che resiste come può. Negli ultimi anni abbiamo imparato questa parola: Nagorno-Karabakh. Ma è solo stando lì che ho capito tra chi fosse conteso questo territorio, come è andata e soprattutto come è finita. Gli Armeni, non dotati probabilmente di un potente esercito e soprattutto con pochi “santi in paradiso”, hanno dovuto lasciare quel territorio all’Azerbaijan (una dittatura bella e buona), e più di 100mila armeni hanno dovuto lasciare le loro case e rifugiarsi in Armenia. Qualcuno nel mondo ha battuto ciglio per quello che è successo? No. Quell’Azerbaijan dove, a Baku, da tutto il mondo sono andati per la COOP 29 per poi scoprire (ma davvero a posteriori?) che i padroni di casa sono grandi produttori di fonti inquinanti di energia e il Paese è stato governato per decenni da un uomo che poi ha lasciato l’incarico al figlio. L’opposizione è silenziata. Così l’Armenia si trova schiacciata tra Turchia ed Azerbaijan, storiche alleate, che se la papperebbero in un boccone e chissà che prima o poi non lo facciano. Anche gli Armeni sopravvivono solo grazie ad un’enorme diaspora sparsa nel mondo, ma legata a quel fazzoletto di terra, quello che è rimasto di un territorio che era ben più vasto. E poi c’è la storia: il genocidio degli armeni è troppo poco conosciuto. Si parla di tre milioni di morti tra il 1915 e il1923, in seguito alla decisione del governo ottomano di far piazza pulita di questi mercanti e artigiani, accusati di essere in combutta con i russi. Vennero uccisi o deportati, a piedi, in condizioni tali da lasciare una scia di morti lungo quelle centinaia di chilometri: uomini, donne, anziani, bambini. Il governo turco in questi 100 anni non ha mai ammesso le sue responsabilità, e nessuno in Europa le ha pretese nè le pretende. Gli Armeni vennero lasciati soli, e in fondo lo sono ancora. Tornando all’oggi, ho visitato il museo di Erevan sul genocidio armeno: impressionante. Ma ciò che mi ha colpito solo le brevi sintesi di vari genocidi compiuti nella storia che vi sono alla fine: Americhe, Germania, Ruanda, Cambogia e Namibia compresi. Ovvero, dicono: il “nostro genocidio” non è stato l’unico. Nella storia ve ne sono stati diversi. Ho conosciuto tra gli altri una famiglia armena, sono stato a casa loro. Ad un certo punto è uscita da una stanza la nonna, di oltre 90 anni, con in mano una preziosa scatolina: mi ha subito mostrato con orgoglio la medaglia ricevuta per essere sopravvissuta all’assedio di Leningrado durante la Seconda guerra mondiale. Lei e migliaia di altri bambini vennero messi al sicuro, andò in Armenia e lì è rimasta tutta la vita. Una volta dagli assedi c’era una via d’uscita, e i bambini venivano messi in salvo. Ci dice qualcosa oggi? Infine, in Armenia ho conosciuto un popolo mite, nella capitale c’è una grande energia e una spinta in avanti, malgrado un paio di anni fa abbiano perso una guerra e abbiano dovuto accogliere (loro che sono 3 milioni) oltre 100mila profughi armeni. Ma in tutti questi anni, abbiamo mai detto “Con quello che hanno subito gli Armeni…” “Si stanno difendendo e dobbiamo aiutarli!”? Non lo abbiamo mai detto, e in questi 100 anni non sono stati certo trattati bene. Eppure credo di non aver mai respirato un’aria più pacifica come a Gyumri, la seconda città armena. Nessuno nel mondo ha realizzato musei sulla loro storia, ben pochi la leggono sui libri o la ricordano nella Giornata della Memoria. Sono il popolo che aderì, primo al mondo, al cristianesimo. Si sono mai sognati di fare uno stato “confessionale”? Un amico armeno, gran conoscitore della lingua e della cultura italiana, sogna di venire in Italia a visitarla, un giorno, perché non c’è mai stato: ai cittadini armeni è praticamente impossibile avere il visto. Come mai non abbiamo il minimo scrupolo di coscienza verso questo popolo? Si sono mai sognati gli Armeni di “farsi spazio” intorno (persero gran parte del loro territorio storico e più di 5 milioni di Armeni vivono fuori dal Paese) a suon di bombardamenti? No. Punto. Chi ha subito un genocidio, dovrebbe sapere cosa significhi e si dovrebbe solo augurare che non succeda mai più nel mondo. La Fiamma dell’Immortalità   Foto storiche dal Museo di Erevan, di Andrea De Lotto Andrea De Lotto