ECUADOR: il NO al referendum e l’impatto sulle politiche neoliberiste di NOBOA@0
Domenica scorsa oltre 13 milioni di ecuadoriani si sono recati alle urne per
esprimersi su tre domande referendarie ed una di carattere consultiva. La
vittoria schiacciante del NO può ritenersi sorprendete, se si considerano i
successi elettorali del presidente Noboa degli ultimi anni.
Le proposte di riforma costituzionale miravano
* ad eliminare il divieto di installare basi militari straniere sul territorio
ecuadoriano (sancito oggi nell’articolo 5 della Costituzione del 2008),
* impedire l’accesso ai fondi pubblici per i partiti politici (articoli 108 e
115)
* ridurre il numero di deputati (fissato nell’articolo 118).
* Il quesito consultivo, infine, chiedeva all’elettorato ecuadoriano di
esprimersi sulla convocazione di un’assemblea Costituente allo scopo di
redigere una nuova Carta Costituzionale per l’Ecuador. l’intento di Noboa e
dell’attuale classe politica con questo quesito era quello di riscrivere una
Carta costituzionale con una chiara matrice neoliberista e rivolta alle
privatizzazioni.
Il referendum arriva in un momento di forti tensioni in America Latina, legate
sia alla presenza di navi da guerra statunitensi nel mar dei Caraibi e
nell’oceano Pacifico, contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti, sia a
seguito di 30 giorni di sciopero generale contro la sospensione del sussidio sul
diesel in vigore dal 1974, misura che ha fatto impennare il prezzo del
carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone e ha innescato un focolaio di
conflitto sociale dalle grandi città alle province rurali.
Abbiamo posto alcune domande a Davide Matrone , docente e ricercatore di analisi
politica all’Università Politecnica Salesiana di Quito, capitale dell’Ecuador,
che ci ha risposto attraverso un’intervista audio divisa punto per punto.
Possiamo considerare questo referendum come un banco di prova per le riforme
neoliberali e soprattutto per i rapporti con gli USA, che segna una battuta
d’arresto ai successi elettorali di Noboa del 2023 e 2025?
Quanto possiamo considerare che abbiano impattato le proteste contro
l’abolizione del sussidio sul diesel che hanno portato allo sciopero generale?
Possiamo considerare lo sciopero generale come un’occasione per “compattare” un
fronte ampio di opposizione democratica oppure il paese è attraversato da una
radicalizzazione di soggettività oppresse che determina un’allontanamento dalle
logiche democratiche verso un orizzonte più rivoluzionario?