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ECUADOR: il NO al referendum e l’impatto sulle politiche neoliberiste di NOBOA@0
Domenica scorsa oltre 13 milioni di ecuadoriani si sono recati alle urne per esprimersi su tre domande referendarie ed una di carattere consultiva. La vittoria schiacciante del NO può ritenersi sorprendete, se si considerano i successi elettorali del presidente Noboa degli ultimi anni. Le proposte di riforma costituzionale miravano * ad eliminare il divieto di installare basi militari straniere sul territorio ecuadoriano (sancito oggi nell’articolo 5 della Costituzione del 2008), * impedire l’accesso ai fondi pubblici per i partiti politici (articoli 108 e 115) * ridurre il numero di deputati (fissato nell’articolo 118). * Il quesito consultivo, infine, chiedeva all’elettorato ecuadoriano di esprimersi sulla convocazione di un’assemblea Costituente allo scopo di redigere una nuova Carta Costituzionale per l’Ecuador. l’intento di Noboa e dell’attuale classe politica con questo quesito era quello di riscrivere una Carta costituzionale con una chiara matrice neoliberista e rivolta alle privatizzazioni. Il referendum arriva in un momento di forti tensioni in America Latina, legate sia alla presenza di navi da guerra statunitensi nel mar dei Caraibi e nell’oceano Pacifico, contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti, sia a seguito di 30 giorni di sciopero generale contro la sospensione del sussidio sul diesel in vigore dal 1974, misura che ha fatto impennare il prezzo del carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone e ha innescato un focolaio di conflitto sociale dalle grandi città alle province rurali. Abbiamo posto alcune domande a Davide Matrone , docente e ricercatore di analisi politica all’Università Politecnica Salesiana di Quito, capitale dell’Ecuador, che ci ha risposto attraverso un’intervista audio divisa punto per punto. Possiamo considerare questo referendum come un banco di prova per le riforme neoliberali e soprattutto per i rapporti con gli USA, che segna una battuta d’arresto ai successi elettorali di Noboa del 2023 e 2025? Quanto possiamo considerare che abbiano impattato le proteste contro l’abolizione del sussidio sul diesel che hanno portato allo sciopero generale? Possiamo considerare lo sciopero generale come un’occasione per “compattare” un fronte ampio di opposizione democratica oppure il paese è attraversato da una radicalizzazione di soggettività oppresse che determina un’allontanamento dalle logiche democratiche verso un orizzonte più rivoluzionario?
ECUADOR: il NO al referendum e l’impatto sulle politiche neoliberiste di NOBOA@1
Domenica scorsa oltre 13 milioni di ecuadoriani si sono recati alle urne per esprimersi su tre domande referendarie ed una di carattere consultiva. La vittoria schiacciante del NO può ritenersi sorprendete, se si considerano i successi elettorali del presidente Noboa degli ultimi anni. Le proposte di riforma costituzionale miravano * ad eliminare il divieto di installare basi militari straniere sul territorio ecuadoriano (sancito oggi nell’articolo 5 della Costituzione del 2008), * impedire l’accesso ai fondi pubblici per i partiti politici (articoli 108 e 115) * ridurre il numero di deputati (fissato nell’articolo 118). * Il quesito consultivo, infine, chiedeva all’elettorato ecuadoriano di esprimersi sulla convocazione di un’assemblea Costituente allo scopo di redigere una nuova Carta Costituzionale per l’Ecuador. l’intento di Noboa e dell’attuale classe politica con questo quesito era quello di riscrivere una Carta costituzionale con una chiara matrice neoliberista e rivolta alle privatizzazioni. Il referendum arriva in un momento di forti tensioni in America Latina, legate sia alla presenza di navi da guerra statunitensi nel mar dei Caraibi e nell’oceano Pacifico, contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti, sia a seguito di 30 giorni di sciopero generale contro la sospensione del sussidio sul diesel in vigore dal 1974, misura che ha fatto impennare il prezzo del carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone e ha innescato un focolaio di conflitto sociale dalle grandi città alle province rurali. Abbiamo posto alcune domande a Davide Matrone , docente e ricercatore di analisi politica all’Università Politecnica Salesiana di Quito, capitale dell’Ecuador, che ci ha risposto attraverso un’intervista audio divisa punto per punto. Possiamo considerare questo referendum come un banco di prova per le riforme neoliberali e soprattutto per i rapporti con gli USA, che segna una battuta d’arresto ai successi elettorali di Noboa del 2023 e 2025? Quanto possiamo considerare che abbiano impattato le proteste contro l’abolizione del sussidio sul diesel che hanno portato allo sciopero generale? Possiamo considerare lo sciopero generale come un’occasione per “compattare” un fronte ampio di opposizione democratica oppure il paese è attraversato da una radicalizzazione di soggettività oppresse che determina un’allontanamento dalle logiche democratiche verso un orizzonte più rivoluzionario?
ECUADOR: il NO al referendum e l’impatto sulle politiche neoliberiste di NOBOA@2
Domenica scorsa oltre 13 milioni di ecuadoriani si sono recati alle urne per esprimersi su tre domande referendarie ed una di carattere consultiva. La vittoria schiacciante del NO può ritenersi sorprendete, se si considerano i successi elettorali del presidente Noboa degli ultimi anni. Le proposte di riforma costituzionale miravano * ad eliminare il divieto di installare basi militari straniere sul territorio ecuadoriano (sancito oggi nell’articolo 5 della Costituzione del 2008), * impedire l’accesso ai fondi pubblici per i partiti politici (articoli 108 e 115) * ridurre il numero di deputati (fissato nell’articolo 118). * Il quesito consultivo, infine, chiedeva all’elettorato ecuadoriano di esprimersi sulla convocazione di un’assemblea Costituente allo scopo di redigere una nuova Carta Costituzionale per l’Ecuador. l’intento di Noboa e dell’attuale classe politica con questo quesito era quello di riscrivere una Carta costituzionale con una chiara matrice neoliberista e rivolta alle privatizzazioni. Il referendum arriva in un momento di forti tensioni in America Latina, legate sia alla presenza di navi da guerra statunitensi nel mar dei Caraibi e nell’oceano Pacifico, contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti, sia a seguito di 30 giorni di sciopero generale contro la sospensione del sussidio sul diesel in vigore dal 1974, misura che ha fatto impennare il prezzo del carburante da 1,80 a 2,80 dollari al gallone e ha innescato un focolaio di conflitto sociale dalle grandi città alle province rurali. Abbiamo posto alcune domande a Davide Matrone , docente e ricercatore di analisi politica all’Università Politecnica Salesiana di Quito, capitale dell’Ecuador, che ci ha risposto attraverso un’intervista audio divisa punto per punto. Possiamo considerare questo referendum come un banco di prova per le riforme neoliberali e soprattutto per i rapporti con gli USA, che segna una battuta d’arresto ai successi elettorali di Noboa del 2023 e 2025? Quanto possiamo considerare che abbiano impattato le proteste contro l’abolizione del sussidio sul diesel che hanno portato allo sciopero generale? Possiamo considerare lo sciopero generale come un’occasione per “compattare” un fronte ampio di opposizione democratica oppure il paese è attraversato da una radicalizzazione di soggettività oppresse che determina un’allontanamento dalle logiche democratiche verso un orizzonte più rivoluzionario?
Referendum in Ecuador, popolo dice NO alla modifica della Costituzione volta ad introdurre basi militari USA
Domenica scorsa, 16 novembre, in Ecuador si è tenuto un referendum in cui i cittadini erano chiamati a votare su quattro quesiti: proibizione delle basi straniere, riduzione del numero dei parlamentari, abolizione dei finanziamenti pubblici ai partiti e sulla possibilità di convocare un’Assemblea costituente per riscrivere la Costituzione. La popolazione ha votato contro le proposte referendarie. Con circa il 95% delle schede scrutinate, il “no” ha prevalso in tutti e quattro i quesiti. In particolare, la proposta di convocare un’Assemblea costituente è stata respinta da oltre il 60% degli elettori, mentre quella sul ritorno di basi militari straniere USA ha visto più dei due terzi dei votanti contrari. Il risultato frena il tentativo di superare l’architettura istituzionale dell’era di Rafael Correa. Il «no» rappresenta un duro colpo per il presidente conservatore Daniel Noboa, che aveva legato il referendum alla propria figura politica. Noboa ha fatto una grande campagna per cancellare il divieto di ospitare sul territorio nazionale basi militari di paesi stranieri: per farlo sarebbe stato necessario modificare la Costituzione in vigore dal 2008, in cui era stato introdotto il divieto. Quest’ultimo punto avrebbe consentito a Noboa, vicino alle posizioni del presidente statunitense Donald Trump, di imprimere un orientamento più neoliberista allo Stato, rompendo con le politiche sociali dei governi progressisti di Rafael Correa. Ma anche questa proposta è stata bocciata, insieme alle riforme su Parlamento e partiti. Noboa, che è presidente dell’Ecuador dal 2023 e fa parte del partito Azione Democratica Nazionale, è un alleato del presidente Donald Trump e l’obiettivo del referendum era aumentare la collaborazione in materia di difesa con gli Stati Uniti. Non a caso negli scorsi mesi il governo ecuadoriano aveva espresso l’interesse per l’apertura di una base statunitense, e a marzo Noboa e Trump si erano incontrati per discuterne. Il nodo politicamente più delicato riguardava la possibilità di autorizzare nuovamente la presenza militare Usa nelle basi di Manta e Salinas, un tempo fulcro delle operazioni antidroga di Washington. Secondo Noboa, la presenza di forze militari straniere – cioè di militari americani – avrebbe aiutato a contrastare le bande criminali locali e a ridurre la crescente violenza tra la popolazione. In Ecuador sono attive molte bande criminali che commerciano e smistano droghe illegali, tra cui la cocaina, che viene prodotta soprattutto in Colombia e Perù, due paesi confinanti. Secondo Noboa, circa il 70%  della cocaina prodotta al mondo passa per l’Ecuador. I risultati dei referendum in Ecuador, diffusi ieri, mostrano che domenica scorsa gli elettori ecuadoriani hanno respinto il ritorno delle basi militari straniere nel Paese, vietate dal 2008. Il presidente dell’Ecuador, Daniel Noboa, ha riconosciuto la sconfitta nel referendum da lui promosso, in cui l’elettorato era chiamato a esprimersi anche sul ritorno di basi militari statunitensi e sull’avvio di un processo costituente. In un messaggio sui social ha affermato di rispettare “la volontà del popolo ecuadoriano”, assicurando che, nonostante la bocciatura, il suo “impegno con il Paese si rafforza”. La sconfitta pesa sull’agenda di Noboa, che ha legato parte della sua strategia di sicurezza alla cooperazione con gli Stati Uniti, in un contesto segnato anche dai recenti raid ordinati dalla Casa Bianca contro presunte imbarcazioni di narcotrafficanti nei Caraibi e nel Pacifico. Dal governo non è arrivata ancora alcuna indicazione sul futuro degli accordi preliminari già siglati con Washington, dopo la visita nel Paese della segretaria alla Sicurezza nazionale Usa, Kristi Noem. Per Noboa si tratta della prima significativa battuta d’arresto dalla sua elezione nel 2023 e dalla riconferma in aprile.   Ulteriori informazioni: https://ilmanifesto.it/referendum-in-ecuador-no-alle-basi-militari https://www.ilpost.it/2025/11/17/ecuador-referendum-basi-militari-straniere/ https://www.swissinfo.ch/ita/l%27ecuador-al-referendum-dice-no-al-ritorno-delle-basi-usa/90347687 Lorenzo Poli
ECUADOR: BOCCIATI TUTTI I REFERENDUM PROPOSTI DAL PRESIDENTE CONSERVATORE NOBOA
Il presidente dell’Ecuador, l’esponente di destra Daniel Noboa, ha riconosciuto la pesante quanto inattesa sconfitta nella consultazione refendaria da lui promossa domenica 16 novembre. Il “no” ha prevalso in tutti e quattro i quesiti, a partire dal primo, relativo alla richiesta di eliminare “il divieto di istituire basi militari o installazioni straniere per scopi militari e di cedere basi militari nazionali a forze armate o di sicurezza straniere”, con esplicito riferimento agli accordi politici tra Noboa e il suo sodale Trump, negli Usa, per la riapertura della base di La Manta, nel Pacifico, e di quella (nuova) ipotizzata nell’arcipelago delle Galapagos. In questo caso, i no hanno raggiunto il 61%, contro il 39% di sì. Il secondo quesito, il B, era relativo all’eliminazione delle “risorse del bilancio generale dello Stato alle organizzazioni politiche”, riducendo ancora di più così la partecipazione popolare. In questo caso, i no sono arrivati al 58%, contro il 42% di sì. Lievemente più combattuto – 54% di no, 46% di sì – il quesito C, che chiedeva di ridurre i parlamentari. Nettissima infine, la bocciatura arrivata sul quesito D, con cui Noboa puntava a convocare “un’Assemblea Costituente…per redigere una nuova Costituzione della Repubblica dell’Ecuador”. In questo caso, il 62% dei votanti ha respinto l’istanza, contro un 38% di favorevoli al progetto noboista di “riscrivere una Carta costituzionale con una chiara matrice neoliberista e rivolta alle privatizzazioni” scrive su Pagine Esteri Davide Matrone, docente universitario e ricercatore italiano, da Quito. Dietro lo stop a Noboa, rieletto trionfalmente come presidente solo pochi mesi fa, nell’aprile 2025, ci sono anche le contraddizioni sociali e politiche dell’Ecuador, che lo stesso Matrone identifica in particolare nel durissimo sciopero nazionale durato 30 giorni a seguito al taglio del sovvenzionamento statale alla benzina, in ossequio ai diktat dell’FMI e contestata radicalmente da sindacati, studenti e comunità native; mobilitazioni a cui esercito, polizia e governo hanno reagito con “l’uso spropositato delle armi, l’abuso di potere e la prepotenza […] la repressione e l’unilateralità di Noboa non gli hanno giovato in questa tornata elettorale”. Su Radio Onda d’Urto la corrispondenza, da Quito, con lo stesso Matrone, nostro collaboratore.  Ascolta o scarica  
Referendum in Ecuador: un NO categorico al governo di Noboa
Con il 60% dei voti a favore del NO, secondo i dati più recenti del Consiglio Nazionale Elettorale, il popolo ecuadoriano ha respinto le proposte che il governo di Daniel Noboa aveva sottoposto a consultazione popolare e referendum. Nella scheda elettorale sono state poste quattro domande chiave con profonde implicazioni costituzionali: i cittadini dovevano pronunciarsi sull’installazione di basi militari straniere in Ecuador, l’eliminazione del finanziamento pubblico ai partiti politici, la riduzione del numero dei membri dell’Assemblea e la convocazione di un’Assemblea costituente per redigere una nuova Costituzione. Gli ultimi risultati ufficiali hanno indicato una chiara vittoria del “No” su tutte e quattro le domande. Con oltre il 60% delle schede scrutinate, il 60,21% ha rifiutato di consentire l’installazione di basi militari straniere, mentre la convocazione di un’Assemblea costituente ha ottenuto il 61% di voti contrari. Diversi settori sociali – movimenti indigeni, sindacali, ambientalisti e di sinistra – hanno accolto con sollievo e soddisfazione i risultati del 16 novembre. Organizzazioni come la CONAIE hanno guidato la campagna per il “No”, sostenendo che le riforme proposte da Noboa, in particolare la convocazione di un’Assemblea costituente e l’apertura alle basi militari straniere, mettevano a rischio la sovranità nazionale e i diritti delle comunità. Anche sindacati come il Fronte Unitario dei Lavoratori (FUT) e l’Unione Nazionale degli Educatori (UNE) si sono mobilitati nelle settimane precedenti, denunciando che le riforme costituzionali avrebbero potuto minare i diritti sociali e quelli del lavoro. I leader della sinistra, come quelli del Partito Socialista dell’Ecuador, interpretano la sconfitta delle proposte come un “richiamo all’ordine” per l’esecutivo, sottolineando che il governo è stato troppo autoritario e ha trascurato questioni cruciali come l’istruzione, la sanità e la sicurezza. La schiacciante vittoria del “No” evidenzia il lavoro organizzativo nei territori urbani e rurali, che hanno lavorato a una campagna di base che ha coinvolto i settori più diversi della popolazione. Si tratta, ovviamente, di una grave battuta d’arresto per il presidente Daniel Noboa, che perde la capacità di portare avanti il suo programma di riforme strutturali. Gli analisti ritengono che il suo impulso a riscrivere la Costituzione e a ridurre i meccanismi di controllo sia stato chiaramente respinto, il che indebolisce immediatamente la sua tabella di marcia. Inoltre, questo risultato potrebbe rafforzare l’opposizione politica e sociale, poiché dimostra che una parte importante dell’elettorato non appoggia la sua strategia di cooperazione militare internazionale né i suoi piani di concentrazione del potere. D’altra parte, Noboa ha affermato che rispetterà la volontà popolare e continuerà a lavorare “con gli strumenti a sua disposizione”, il che implica un possibile riorientamento politico verso riforme più moderate o negoziate. Il popolo ecuadoriano, duramente represso durante l’ultimo sciopero, ha espresso la sua volontà alle urne. Traduzione dallo spagnolo di Anna Polo   Redacción Ecuador
L’ANM si mobilita per il No nella campagna referendaria
L’assemblea dell’ Associazione Nazionale Magistrati, di cui Cesare Parodi è presidente,  lancia la campagna referendaria per votare no alla separazione delle carriere e dei due Csm. Il documento unitario spiega: “L’ANM: non può restare inerte di fronte a una riforma che altera l’assetto dei poteri disegnato dai Costituenti… L’Alta Corte disciplinare è uno strumento di condizionamento dei magistrati; la separazione delle carriere indebolisce il giudice e avvicina il pm al potere esecutivo; il sorteggio dei componenti togati del Csm svuota la rappresentanza democratica e altera gli equilibri in favore della componente politica. La sostanza della riforma,  che va spiegata ai cittadini, è che non c’è una bega tra magistrati e politici ma una battaglia che riguarda la qualità della vita democratica di tutti. L’Associazione Nazionale Magistrati e le opposizioni punteranno sulla politicizzazione del referendum e sul pericolo della svolta autoritaria: “il pm sotto l’esecutivo”, che favorisce politici e colletti bianchi, e magari rimarcando che la giustizia diventerebbe ancora meno uguale per tutti: già ora favorisce potenti e ricchi, già ora è giustizia di classe. Invece,  la maggioranza di governo, con il grosso dell’apparato mediatico, costruirà la campagna sugli errori giudiziari, sulle lentezze della giustizia e sulla “casta” delle correnti: l’obiettivo di Palazzo Chigi è quello di puntare  su una strategia popolare, incentrarla sugli errori giudiziari (dai casi di Berlusconi a Garlasco passando per Tortora), ma anche sui presunti privilegi della “casta” dei giudici fino alle “incrostazioni delle correnti”; tutto inquadrabile in un concetto semplice e comprensibile ai cittadini: “Chi sbaglia paga”. Clicca qui un commento di Henry John Woodcock. Pubblicato il30 Ottobre 2025 RETE Ambientalista – Movimenti di Lotta per la Salute, l”Ambiente, la Pace e la Nonviolenza Redazione Italia
Sulle proposte di legge di iniziativa popolare la Regione non vede, non sente, non parla
Nella mattinata di oggi una delegazione di una trentina di persone AMAS-ER ( Assemblea Movimenti Ambientalisti e Sociali Emilia-Romagna, che raggruppa diverse Associazioni e comitati, tra cui RECA, Cobas Bologna, USI-CIT, Comitato Besta Bologna, Un altro Appennino è possibile, Comitato contro ogni autonomia differenziata ER) e di Legambiente regionale ha presenziato ai lavori dell’Assemblea regionale. Tale iniziativa, svolta anche alzando in Aula uno striscione apposito, ha voluto evidenziare il grave ritardo e il sostanziale disinteresse della maggioranza di governo regionale rispetto alle 4 proposte di legge di iniziativa popolare sui temi ambientali Infatti, le 4 proposte di legge sui temi ambientali sono approdate in Regione già nel novembre 2022, sostenute da più di 7000 firme di cittadini emiliani-romagnoli, e il loro iter si era interrotto a causa dell’interruzione anticipata della legislatura regionale. Poi, con l’attuale legislatura, hanno ripreso il loro percorso e sono state assegnate alla Commissione Ambiente il 12 febbraio scorso. La proposta di legge contro ogni autonomia differenziata, su cui sono state raccolte più di 6000 firme, era stata sempre presentata nella legislatura precedente e, poi assegnata alla Commissione Affari generali e istituzionali sempre nel febbraio di quest’anno. Da quel momento, la discussione sulle 4 proposte di legge sui temi ambientali non è neanche iniziata, mentre sul tema dell’autonomia differenziata la Regione, perlomeno, ha prodotto una risoluzione con cui ha deciso di ritirare la preintesa raggiunta precedentemente con il Governo. Nei mesi passati sì è anche sviluppato il confronto tra AMAS-ER e Legambiente regionale e i capigruppo regionale di maggioranza sulle 5 proposte di legge, confronto che di fatto si è interrotto il 5 settembre scorso, dopo che gli stessi capigruppo avevano evidenziato la necessità di approfondire la discussione al loro interno. Non abbiamo più avuto notizie per la ripresa del confronto, né del fatto di iniziare un percorso per arrivare ad una legge regionale che sancisse definitivamente l’intenzione da parte della Regione di non chiedere, anche per il futuro, nessuna forma di autonomia differenziata. La situazione che si à determinata ci porta a concludere che il governo e la maggioranza regionale non hanno nessuna intenzione di discutere, e tantomeno di approvare, le proposte di legge sui temi ambientali che riguardano la gestione del servizio idrico, incentivandone la ripubblicizzazione, la gestione dei rifiuti, che guarda alla minimizzazione dei rifiuti non riciclati, il consumo di suolo, con l’obiettivo di azzerarlo al 2030 e le scelte in materia energetica, promuovendo una forte spinta per arrivare alla copertura dei consumi regionali con le energie rinnovabili. Ci tocca constatare che anche la Regione Emilia-Romagna si sta di fatto adeguando agli orientamenti che provengono dalla presidenza degli USA, dall’Unione Europea e dal governo italiano nel mettere da parte le politiche di contrasto al cambiamento climatico e della transizione ecologica, subordinandole  all’imperativo della competitività dell’apparato industriale e alla logica dell’economia di guerra. Anche per quanto riguarda il tema dell’autonomia differenziata, ci tocca constatare che non si intende sancire la scelta di rifiutare qualunque ipotesi di autonomia differenziata che si possa riproporre da qui in avanti. Emerge, inoltre, un tema forte rispetto al ruolo della partecipazione dei cittadini e dei movimenti e Associazioni di rappresentanza sociale, nel momento in cui si ignorano le proposte che essi avanzano e che, invece, dovrebbero essere considerate un elemento fondamentale per rispondere alla crisi di rappresentanza che investe la politica e le istituzioni. Insomma, siamo ben lontani dal produrre una svolta nelle politiche ambientali e nell’architettura istituzionale, che, per noi, continuano a rimanere una necessità ineludibile per affrontare la crisi ambientale, economica-sociale e istituzionale che è in atto anche nella nostra Regione. Obiettivo per il quale continueremo a batterci, anche dando continuità all’iniziativa svolta nella giornata odierna, avendo ben presente che l’approvazione delle nostre proposte di legge di iniziativa popolare costituiscono un passaggio fondamentale di questa prospettiva. AMAS- ER LEGAMBIENTE ER Redazione Bologna
Empoli, il 9 novembre si vota per l’acqua pubblica
Un referendum per restituire libertà e trasparenza alle scelte sui beni comuni Il 9 novembre i cittadini e le cittadine di Empoli saranno chiamati a esprimersi su un referendum comunale di grande valore politico e civile: l’abrogazione della delibera del … Leggi tutto L'articolo Empoli, il 9 novembre si vota per l’acqua pubblica sembra essere il primo su La Città invisibile | perUnaltracittà | Firenze.
Appello a firmare il referendum che modifica il Rosatellum
Finalmente la campagna VotoLibEguale.it arriva sui media. Una televisione ha accolto un rappresentante di Lista Civica Italiana che ha esposto la campagna con l’obiettivo che sembra impossibile ma non è: raccogliere 500.000 firme entro il 30 settembre per eliminare dalla legge elettorale il voto congiunto e le pluricandidature. Questi due aspetti complicano terribilmente il meccanismo elettorale per determinare l’attribuzione dei seggi al punto che un elettore non sa dove finirà il suo voto: un assurdo legalizzato che getta discredito sul parlamento! Questa iniziativa non dà alibi a nessuno. Al giorno d’oggi la raccolta di firme è tutta on line e quindi basterebbe che le persone citate una a una durante l’intervista agissero immediatamente e informassero via mail i loro associati della possibilità di andare a firmare tramite il sito dell’associazione www.votolibeguale.it L’invito insomma è quello di non lasciare soli questi cittadini e cittadine che credono nella difesa dei diritti costituzionali. Le persone chiamate in causa sono state: Maurizio Landini della CGIL, Elly Schlein del PD, il Cardinale Matteo Zuppi della CEI, Raffaella Bolini vicepresidente dell’ARCI, Giulio Marcon di Sbilanciamoci, che con Francesco Vignarca della Rete Pace e disarmo hanno organizzato recentemente il forum l’Altra Cernobbio incentrato sull’assurdità del riarmo, Angelo Bonelli di Aleanza Verdi e Sinistra, Duccio Facchini direttore di Altreconomia, Miriam Giovanzana direttrice di Terre di Mezzo che organizza “Fa la cosa giusta”. Leonardo Becchetti di NEXT economia che sta organizzando il Festival dell’economia civile a Firenze e per finire Alex Zanotelli il missionario Comboniano, non nuovo a campagne sociali come quella per l’acqua pubblica. Ma potrebbero essere molte di più. Non ci sono alibi. L’operazione per diffondere l’iniziativa non richiede discussioni perchè si tratta di un diritto costituzionale negato, mentre per  l’attuazione tecnica occorrono solo due ore per allestire una mail e spedirla agli associati.  L’esponente di Lista Civica Italiana ha anche auspicato che si muovano le giovani generazioni e le associazioni Extinction Rebellion, Fridays For Future, Ultima Generazione perchè un parlamento non “blindato”! e aperto ai giovani sarebbe sicuramente più attento alle loro istanze di tutti. Organizzare le manifestazioni di piazza e i sit in é importante, ma per qualsiasi obiettivo ci si batta,  alla fine si arriva alle istituzioni e quindi se non si hanno rappresentanti sensibili in parlamento raggiungere gli obiettivi è molto dura e richiede molte più energie. E’ ora di agire! Cosa racconteremo il prossimo 25 aprile?   Ecco il link alla trasmissione  https://www.youtube.com/watch?v=qzynzS3S4Tw C’è tutto spiegato su una paginetta del sito www.votolibeguale.it . Lista Civica Italiana Per informazioni info@listacivicaitaliana.org Lista Civica Italiana